LEZIONE “LA R RESILIENZA”
PROF. NICOLA PAPARELLA
La resilienza
Indice
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Resilienza e Formazione -------------------------------------------------------------------------------- 3
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Il concetto di resilienza ---------------------------------------------------------------------------------- 5
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Per una formazione resiliente: alcuni criteri ------------------------------------------------------ 10
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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La resilienza
1 Resilienza e Formazione È necessario soffermarsi sul concetto di resilienza, importante per la comprensione di fenomeni straordinari. Certe volte, in certe situazioni di famiglia anche, o in certe situazioni personali, si determinano delle condizioni di vita che sembrano proprio segnate da una volontà contraria; è come se, un certo signore, andando innanzi nella sua vita, dovesse incontrare ripetutamente degli ostacoli; e incontra ostacoli ogni giorno, ogni volta, e qualche volta sono ostacoli anche grossi. Tutti, davanti a quegli ostacoli, sarebbero caduto e si sarebbero perduti: ma questo signore invece no. Anzi, esce da questi ostacoli con una forza nuova, con una originalità imprevedibile, con risorse che non si capisce bene da dove egli sia riuscito a trarle. Questa capacità di reazione positiva alle sventure, ai disagi, e comunque alle note negative, questa capacità di reazione positiva si chiama “resilienza”. Si usa questa parola che deriva dalle scienze fisiche. Se questa è la resilienza, l'obiettivo di questa lezione è duplice: da una parte vogliamo approfondire la nozione di resilienza, e dall'altra vogliamo capire che tipo di utilizzazione possiamo fare di questo concetto nei contesti formativi. Questi sono i due obiettivi di questa nostra lezione. Approfondiamo la nozione di resilienza. Qui io vi do una definizione, una delle tante: “per resilienza si intende la capacità umana – vi ho già detto che la parola “resilienza” viene dalle scienze fisiche: quando questa parola la spostiamo nei contesti umanistici, e quindi la riferiamo alle persone, può essere definita così: la capacità umana di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne rinforzato a addirittura trasformato positivamente. “La resilienza”. È possibile che il termine risulti estraneo: esso in realtà si riferisce a fenomeni che, per certi aspetti, appaiono straordinari. Talvolta può accadere che alcune vicende familiari o personali lascino intravvedere l'ombra di un destino avverso: problemi, ostacoli, avversità che minano l'esistenza e rendono vulnerabili la maggior parte delle persone. Esistono tuttavia individui che sono in grado di reagire efficacemente anche di fronte agli ostacoli più gravi. Tutti, davanti a quegli stessi ostacoli, sarebbero caduti e si sarebbero perduti: per alcuni individui questo non accade. Anzi, questi ultimi escono dai momenti difficili con una forza nuova, con una originalità imprevedibile, con risorse di cui non si comprende l'origine. Questa capacità di reazione positiva alle sventure, ai disagi, e comunque alle note negative, questa capacità di reazione positiva, si chiama “resilienza”. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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L'obiettivo di questa lezione è duplice: in primo luogo sarà approfondita la nozione di resilienza; in seconda battuta vedremo come tale concetto può essere utilizzato nei contesti formativi.
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2 Il concetto di resilienza Esistono molte definizioni del termine, che trova origine nell'ambito delle scienze fisiche. In relazione agli esseri umani, la resilienza è definita come la capacità umana di affrontare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzato e addirittura trasformato positivamente i . Allora se è questa la definizione di resilienza, domandiamoci quali sono le caratteristiche della resilienza. Per giungere all'elenco di queste caratteristiche, la ricerca scientifica ha dovuto fare delle operazioni molto complesse che qui non sto a ripetere; ha dovuto fare un'analisi di situazioni diverse per vedere quali sono gli elementi costanti, ha dovuto fare delle comparazioni di fatti e fenomeni provenienti da culture diverse, da epoche storiche diverse, ma adesso, alla fine di tutti questi studi, c'è un tentativo di sintesi – io non so quanto sia riuscito nella sintesi, ma... Ecco, si possono sintetizzare le caratteristiche della resilienza e farle risalire a sette connotazioni precise. Primo: la resilienza comporta un insight , una introspezione, una capacità di introspezione. Cioè non c'è resilienza in una persona che non sia capace di leggere attentamente dentro di sé. La persona che manifesta fenomeni di resilienza è anche una persona che è convenientemente e adeguatamente trasparente a sé medesima. Facciamo una piccola parentesi. Noi qualche volta diciamo di non capire i nostri vicini; qualche volta nella discussione anche familiare la moglie dice al marito, e il marito dice alla moglie, “non ti capisco”. Guardate che una delle cose più difficili non è capire o non capire l'altro: una delle cose più difficili è capire o non capire se stessi. Perché noi qualche volta ci ritroviamo carichi di desideri o delusioni, di amarezze o di speranze, senza sapere da dove vengano. Desideri, delusioni, amarezze, speranze. Allora dobbiamo incominciare a esercitarci ad essere trasparenti per capire esattamente donde vengano questi sentimenti che pure caratterizzano il nostro comportamento. In diversi studi l'attenzione è stata posta sulle caratteristiche distintive di un individuo resiliente. Attraverso l'analisi di casi e le ricerche comparative e cross-culturali è stato infatti possibile individuare alcuni elementi costanti che si presentano negli individui definiti come resilienti 2 . Si tratta naturalmente di una prima sintesi che va ulteriormente sottoposta al vaglio scientifico. È possibile individuare sette aspetti specifici della resilienza negli esseri umani. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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1. La resilienza comporta una capacità di introspezione (insight ): non vi è resilenza in una persona che non sia capace di leggere attentamente dentro di sé 3 . La persona che manifesta fenomeni di resilienza è anche una persona che è convenientemente e adeguatamente trasparente a sé medesima. Talvolta può accadere di pensare che arrivare a comprendere gli altri sia opera più ardua rispetto alla comprensione di se stessi. In realtà è vero il contrario: capire se stessi è un obiettivo ambizioso e non sempre raggiungibile. A fronte di desideri, di delusioni, di amarezze o di speranze, che pure percepiamo in noi stessi ma di cui non sappiamo dare una spiegazione, è necessario incominciare ad esercitarsi per rendersi trasparenti a se stessi, cioè per capire esattamente donde vengano questi sentimenti che pure caratterizzano il nostro comportamento. Il secondo punto, la seconda caratteristica della resilienza, è data dalla indipendenza. Cosa vuol dire “indipendenza”? Nello schema che vi viene fatto vedere c'è scritto “indipendenza – ovvero distanza emozionale”. Permettetemi un esempio. Se io voglio leggere bene il titolo di questo libro, io debbo collocare questo libro alla giusta distanza percettiva. Se lo metto troppo vicino, soprattutto io che ho bisogno degli occhiali, c'è rischio che io non riesca a leggerlo. Lo debbo mettere alla giusta distanza. Non confondermi col libro. Ecco, anche nell'esperienza quotidiana, noi abbiamo bisogno di guadagnare una sorta di distanza emozionale dalle cose: anche gli avvenimenti, quelli lieti e quelli tristi, hanno bisogno di essere considerati, vissuti, da noi a una certa distanza, perché sennò ci confondiamo con essi e in questo modo non riusciamo ad interpretarli. Come faccio ad interpretare il piccolo incidente che ho avuto stamattina? Come faccio a interpretare il piccolo conflitto che ho registrato ieri sera? Se io resto prigioniero di quel conflitto? Ho bisogno di mettere la giusta distanza percettiva. Il terzo punto, la terza caratteristica che si coglie tutte le volte in cui troviamo persone caratterizzate dalla resilienza, la terza connotazione è l'interazione. Si tratta sempre di persone che osno al centro di un fascio di relazioni abbastanza ricco e vivace con il gruppo sociale di riferimento. Non si tratta di persone isolate, non si tratta di persone che non sanno parlare con gli altri, non si tratta di persone che si nascondono al mondo, ma si tratta di persone che vivono nel mondo e che relazionano con gli altri. 2. La seconda caratteristica della resilienza è rappresentata dalla indipendenza. Cosa vuol dire “indipendenza”? Nello schema allegato c'è scritto “indipendenza – ovvero distanza emozionale” 4 .
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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Così come per leggere un testo, è necessario collocarlo alla giusta distanza percettiva (né troppo vicino, né troppo lontano), anche nella esperienza quotidiana è indispensabile seguire lo stesso criterio. In altre parole, noi abbiamo bisogno di guadagnare una sorta di distanza emozionale dalle cose: anche gli avvenimenti, quelli lieti e quelli tristi, hanno bisogno di essere considerati e vissuti da noi a una certa distanza. Se così non accadesse, il rischio sarebbe quello di confondersi con essi e di non riuscire ad interpretarli. Come potrei interpretare un piccolo conflitto se io stesso resto prigioniero del conflitto stesso? Ho bisogno di mettere la giusta distanza percettiva. 3. La terza caratteristica della resilienza è l'interazione. Gli individui che possono essere definiti resilienti solitamente si trovano al centro di un fascio di relazioni abbastanza ricco e vivace con il gruppo sociale di riferimento 5 . Non si tratta di persone isolate e incapaci di parlare con gli altri, né di persone che si nascondono al mondo: al contrario, gli individui resilienti vivono nel mondo e sono in grado instaurare relazioni autentiche con gli altri. Un'altra caratteristica: creatività. Anche per la creatività dovremmo fare un lungo discorso, che invece il tempo non ci consente di fare. Fermiamoci a una caratteristica, a un aspetto specifico della creatività: abbiamo bisogno di affinare quella sensibilità che ci permette di cogliere la regolarità anche al di sotto del caos, del disordine che certe volte cogliamo nella nostra vita. Noi usciamo al mattino e ci rapportiamo agli altri sulla base della nostra identità professionale; abbiamo lasciato a casa la nostra identità affettiva, familiare e assumiamo quella professionale; poi andiamo al club e realizziamo condizioni relazionali nelle quali cogliamo una nostra diversa identità. Insomma, ciascuno di noi, nel corso di un'intera giornata, a volte indossa abiti diversi; a volte anche motlo diversi. Dobbiamo riuscire a cogliere ciò che permane, ciò che è permanente e sempre uguale al di sotto della diversità. Dobbiamo cogliere la regolarità che è nel disordine, sotto al disordine. Altra caratteristica che è stata colta nelle persone portatrici di resilienza: allegria. Non l'allegria stupida e sciocca di quelli che sono superficiali; ma l'allegria di chi è caratterizzato da una fondamentale positività; di chi anche nel disagio riesce trovare la nota comunque positiva; di chi ha una incrollabile fiducia nei confronti della vita, di chi ha una incrollabile fiducia nel confronti della persona, una incrollabile fiducia nei confronti del futuro. Per ultimo: moralità. La parola moralità qualche volta fa pensare a cose strane. Qui voglio dire semplicemente: la accettazione dei valori condivisi dal gruppo di appartenenza. Cioè, la condivisione del gruppo di appartenzenza è data dal fatto che certi valori vengono condivisi, in Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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modo da poter dire che ciascuno di noi spera così come sperano gli altri; soffre così soffrono gli altri; gioisce così come gioiscono gli altri; giudica così come giudicano gli altri. Non per essere la fotocopia degli altri ma per capire gli altri e per poter costruire su questa condivisione l'originalità della persona. 4. Una ulteriore caratteristica degli individui resilienti è la creatività.
Anche per la
creatività dovremmo fare un lungo discorso; ci limiteremo in questa sede a considerare un aspetto specifico della creatività: la capacità di cogliere l'ordine al di sotto dell'apparente caos. In altre parole è necessario affinare quella particolare sensibilità che ci permette di cogliere la regolarità anche al di sotto del caos degli eventi e del disordine con cui talvolta la vita si manifesta. Ad esempio, quando usciamo al mattino ci rapportiamo solitamente agli altri sulla base della nostra identità professionale, lasciando a casa quella affettiva e familiare. Qualche ora dopo potrà accadere di frequentare un'associazione, un club, “indossando” ancora una ulteriore identità. Insomma, ciascuno di noi, nel corso di un'intera giornata, a volte indossa abiti diversi; a volte anche molto diversi. A fronte di questa mutevolezza, è necessario riuscire a cogliere ciò che è permanente e sempre uguale al di sotto della diversità. 5. Gli individui resilienti sono generalmente caratterizzati dall'allegria. Non
l'allegria
stupida e sciocca che si accompagna sovente alla superficialità: si tratta invece di quella allegria che affonda la sua origine in un atteggiamento di fondamentale positività. Gli individui resilienti sono in grado di trovare, anche nel disagio, una nota comunque positiva; in altre parole la resilienza si accompagna ad una incrollabile fiducia nei confronti della vita, della persona, del futuro. 6. Per ultimo: gli individui resilienti mostrano un alto livello di moralità .
Il termine
moralità può talvolta indurre in equivoco. In questa sede la moralità è intesa semplicemente come la accettazione dei valori condivisi dal gruppo di appartenenza. Non vi è appartenenza senza una autentica condivisione dei valori: tale condivisione ci permette di sperare, di soffrire, di gioire come gli altri e con gli altri. Soltanto su questa comprensione profonda è possibile costruire l'originalità della persona. Guardate, il primo passo per l'originalità della persona è l'accettazione. Se permettete faccio un esempio un po' banale. Siamo qui in terra napoletana, vicino alla zona degli alberi e degli agrumi rigogliosissimi. Perché un albero di agrumi possa darci quello splendore meraviglioso del frutto dorato che è nuovo, originale a ogni stagione, abbiamo bisogno che quell'albero affondi le radici nel proprio terreno; soltanto l'albero che accetta il suo terreno, e la Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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condivisione dello stare nel terreno, è capace di rami nuovi e di frutti nuovi. Questo qualche volta ci sfugge: pensiamo che la originalità della persona sia la fuga dalla propria provenienza; l'originalità della persona si costruisce a partire dall'accettazione della propria provenienza. Ecco, noi abbiamo colto questi elementi nelle persone che hanno manifestato situazioni di resilienza. Le abbiamo colte e io ora qui le dico e basta. Me vediamo di ricavare da queste alcuni insegnamenti. Alcuni insegnamenti in ordine alla formazione. Se vogliamo quindi che la formazione possa costruire persone tanto sicure da poter reagire positivamente anche nelle situazioni difficili, cioè se vogliamo che la formazione possa produrre persone capaci anche di essere resilienti, abbiamo da fare alcune cose e qui ne dico solo alcune, ma vorrei richiamare la vostra attenzione su ciascuno di questi punti. Dare un senso all'esperienza. Cioè quando noi durante un corso di formazione, o anche durante una lezione in aula, o anche durante un'attività di laboratorio, o anche durante una lezione in palestra, ci mettiamo a contatto di alcuni allievi in modo da fare esperienza, e di far fare esperienza, dobbiamo preoccuparci sempre di chiederci che senso ha questa esperienza per loro. E il senso non è dato dal che cosa si fa, ma dalla qualità del che cosa si fa. Il senso, il significato. [Condivisione non significa omologazione e perdita della propria identità, al contrario:] il primo passo per l'originalità della persona è proprio l'accettazione. Un albero di agrumi può produrre quelle che Montale chiamava “le trombe d'oro della solarità” soltanto se quell'albero affonda le radici nel proprio terreno; soltanto l'albero che accetta il proprio terreno è capace di rami nuovi e di frutti nuovi. Questo aspetto talvolta ci sfugge: pensiamo che la originalità della persona sia la fuga dalla propria provenienza; l'originalità della persona si costruisce a partire dall'accettazione della propria provenienza.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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3 Per una formazione resiliente: alcuni criteri In situazioni di disagio gli individui resilienti sono caratterizzati dagli aspetti appena visti. È possibile ricavare da tali caratteristiche alcuni insegnamenti in ordine alla formazione. Se vogliamo che la formazione possa contribuire a creare individui resilienti, cioè tanto sicuri da poter reagire positivamente anche nelle situazioni difficili, è opportuno seguire alcuni criteri su cui richiamerò l'attenzione nelle pagine seguenti. A. In primo luogo è necessario dare un senso all'esperienza . A prescindere dal contesto formativo – un corso di formazione, una lezione in aula, un laboratorio, ecc. – è sempre indispensabile domandarsi quale senso abbia per gli allievi l'esperienza che stiamo proponendo. Il senso non è dato dal che cosa si fa, ma dalla qualità del che cosa si fa. Dobbiamo curare gli aspetti qualitativi della relazione interpersonale, secondo punto. Curare gli aspetti qualitativi della relazione interpersonale. Quante volte noi viviamo accanto agli altri ma non con gli altri. Nella relazione con l'altro dobbiamo cogliere un aspetto qualitativo, che è la soddisfazione di stare insieme, a volte il disagio di stare insieme. Ma l'aspetto qualitativo dev'essere chiaro ed evidente. Se andiamo a mangiare una pizza insieme, deve essere chiaro ed evidente che mi interessa molto più e molto prima della qualità della pizza, la qualità della relazione, la gioia di stare insieme, di condividere un'ora della serata. Terzo punto: fare ricorso ai giochi di ruolo. Nella attività di formazione qualche volta dobbiamo pensare che interrompere la lezione e imbastire un'attività ludica sia produttivo. Giochi di ruolo. Giochi di ruolo significa che nella situazione ludica i diversi partecipanti interpretano un ruolo. Incominciano a fare un gioco di ruolo i bambini quando fanno il gioco del dottore: uno interpreta l'ammalato, l'altro interpreta il medico. Ma possiamo fare giochi di ruolo quando facciamo tirocinio, quando per esempio discutiamo delle competenze da esercitare all'interno di una situazione professionale. Ancora, è utile nell'attività di formazione – questo è il quarto punto – organizzare esercizi di ri-organizzazione di ciò si è appreso o esperito. Dopo che noi abbiamo finito la lezione, noi dobbiamo in qualche modo guardare tutto quello che abbiamo fatto, perché in questa maniera riorganizziamo, ri-leghiamo, stabiliamo una rete di connessioni fra ciò che abbiamo appreso e ciò che abbiamo esperito, cioè ciò di cui abbiamo fatto esperienza. Altro punto: dobbiamo fare tirocinio, esercizio, sul transito norme-regole. Spiego bene: altro è la norma, altro è la regola. La norma è ciò che ci viene imposto dall'esterno. Quindi il Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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Comune ha stabilito il divieto di transito: ecco la norma. “Non si passa”. Chi l'ha stabilito? Gli altri. B. È necessario curare gli aspetti qualitativi della relazione interpersonale . Spesso può accadere di vivere accanto agli altri ma non con gli altri. Nella relazione con l'altro dobbiamo cogliere un aspetto qualitativo, che è dato dalla la soddisfazione di stare insieme (oppure, al contrario, dal disagio di stare insieme). Tuttavia è importante che l'aspetto qualitativo sia sempre chiaro ed evidente. Se andiamo a mangiare una pizza insieme, deve essere chiaro ed evidente che mi interessa molto più e molto prima della qualità della pizza, la qualità della relazione, la gioia di stare insieme, di condividere un'ora della serata. C. Terzo punto: fare ricorso ai giochi di ruolo. Nella attività di formazione qualche volta dobbiamo pensare che interrompere la lezione e imbastire un'attività ludica sia produttivo. In tali giochi ai partecipanti è consentito di assumere un ruolo in un contesto che rimane ludico. I giochi di ruolo sono familiari fin da bambini; anche nell'educazione degli adulti è possibile realizzare giochi di ruolo ad esempio in situazioni di tirocinio, quando discutiamo delle competenze da esercitare all'interno di un contesto professionale 6 . D. È utile nell'attività di formazione approntare esercizi di ri-organizzazione di ciò che si è appreso o esperito. Al termine di una lezione è opportuno guardare a tutto quello è stato fatto, perché in questa maniera è possibile ri-organizzare i concetti, stabilire una rete di connessioni fra quanto è stato appreso ed esperito. E. È altrettanto fondamentale realizzare esercizi sul transito norme-regole. È bene infatti distinguere: altro è la norma, altro è la regola. La norma è ciò che ci viene imposto dall'esterno. Il Comune che stabilisce un divieto di transito difatti impone una norma. La regola: è ciò che abbiamo stabilito noi al nostro interno. Lì dobbiamo lavorare, quindi io non passo. Questa è una regola: sono io che mi do una regola; le norme mi vengono dall'esterno; le regole le do io a me, nel mio comportamento verso l'esterno. Ecco, devo esercitarmi parecchio per passare dal piano delle norme al piano delle regole. Ancora un altro passaggio, un altro punto. Dobbiamo fare tirocinio di elaborazioni progettuali. Nell'attività di formazione, l'allevo non è soltanto colui che sente delle lezioni e le memorizza: l'allevo è anche colui che progetta alcune attività. E quindi dobbiamo veramente trovare l'occasione perché l'allievo abbia il tempo, e la volontà, e la disponibilità, a progettare. Studiare attraverso soluzioni di problemi: qualche volta, nell'apprendimento, non diamo già la risposta. Qualche volta facciamo in modo che gli allievi abbiano da affrontare dei problemi, e abbiano da trovare la risposta. Ma questo è già vorrei dire dalla scuola elementare, dalla scuola Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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primaria, si dice oggi. Cioè già dalla tenera età. Cioè qualche volta l'insegnante non si deve precipitare ad avere le risposte, ma lasciare che il ragazzo si interroghi. “Perché mai il frigorifero fa freddo?”; “Perché mai gli uccellini si posano sui fili della corrente elettrica e non pigliano la scossa?”. E lasciamo che i ragazzi giungano alla risposta; con il nostro aiuto, ma giungano da sé. In modo che qualche momento di apprendimento per loro sia un apprendimento che si realizza attraverso soluzione di problemi. Qualche volta è anche utile, andiamo a un altro punto, far progettare viaggi, gite, feste, occasioni di lucidità. Perché vedete, quello che importa non è il viaggio, la gita, la festa, ma è l'impegno, e il modo, e la regola con cui i giovani, le persone, gli adulti, si mettono a lavorare per fare il progetto. La regola è ciò che abbiamo stabilito noi al nostro interno: “Lì dobbiamo lavorare, quindi io non passo”. Questa è una regola: sono io che assegno a me stesso una regola. È necessario realizzare molti esercizi per facilitare il passaggio dal piano delle norme al piano delle regole. F. Dobbiamo fare tirocinio di elaborazioni progettuali . Nell'attività di formazione, l'allevo non è soltanto colui che ascolta le lezioni e le memorizza: l'allevo è anche colui che progetta alcune attività. E quindi dobbiamo effettivamente cercare e creare le occasioni in cui l'allievo abbia il tempo, e la volontà, e la disponibilità, a progettare. G. Studiare attraverso soluzioni di problemi : talvolta è opportuno, in contesti di apprendimento, non fornire già la risposta. Qualche volta è auspicabile progettare percorsi di apprendimento attraverso cui gli allievi abbiano da affrontare alcuni problemi rispetto ai quali individuare una o più risposte 7 . Tale strategia didattica è realizzata già a partire dalla scuola primaria. In generale è talvolta auspicabile che l'insegnante non si precipiti a fornire risposte ma, al contrario, permetta all'allievo di porsi domande: “Perché mai il frigorifero fa freddo?”; “Perché mai gli uccellini si posano sui fili della corrente elettrica e non pigliano la scossa?”. È opportuno che gli allievi giungano da soli alla risposta: con l'aiuto dell'insegnante, certamente, ma preservando la loro autonomia di apprendimento. H. Talvolta può essere utile far progettare viaggi, gite, feste, occasioni di ludicità. L'elemento fondamentale non è il viaggio, la gita, la festa, ma è l'impegno, e il modo, e la regola con cui i giovani, le persone, gli adulti, si mettono a lavorare per realizzare un progetto.
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Un altro punto: curare gli spazi relazionali. Cioè fare in maniera che chi è in formazione non sia un isolato, ma sia qualcuno che stabilisce rapporti con altri. E pensiamo sempre ad una relazionalità che sia allargata. Noi quando parliamo di relazione pensiamo sempre alla relazione fra uno e un altro; le relazioni, non la relazione. Qualche volta, è un altro punto, lasciamo che i nostri interlocutori gettino lo sguardo verso mondi lontani: facciamo in maniera cioè che ciascuno si convinca che il mondo va al di là del proprio paese; che al di là del proprio paese ci sono altri paesi, altre nazioni, altre città, altri mondi, altre persone, che hanno un volto umano e che si impegnano nella quotidianità tanto quanto, e forse anche di più, di quanto ci impegniamo noi. Un ultimo punto: giocare alla transizione fra realtà, virtualità, irrealtà. Attenti: non sto suggerendo di giocare al “Grande Fratello”, che è un grande imbroglio. Sto invece cercando di far capire che la virtualità non è il mondo dei sogni o dei trucchi (spesso ci sono anche i trucchi). La virtualità è il mondo del possibile. L'irrealtà è il mondo dell'impossibile. E noi dobbiamo con estrema flessibilità andare da una parte all'altra, sapendo che qui stiamo nel mondo delle cose, della realtà, e che qui ci spostiamo nel mondo del possibile, e che qui invece è il mondo dell'impossibile. Se io sogno di vincere al totocalcio, e che male c'è a sognare di vincere al totocalcio. Se io sogno di vincere al totocalcio, attenzione, sto soltanto nel mondo della virtualità, del possibile; ma so bene è che è un possibile remoto, anche perché io non gioco mai al totocalcio, quindi sono veramente scarse. E se invece sogno un cavallo a tre teste, qui siamo nella irrealtà. Allora debbo poter sognare e tornare a ragionare coi piedi per terra; soganre di vincere al totocalcio e fare i conti con lo stipendio per vedere se mi basta alla fine del mese. E questo pendolarismo è estremamente utile per la salute della persona e per la efficacia della formazione. I. È necessario curare gli spazi relazionali, cioè operare in modo tale che l'allievo in formazione non sia un individuo isolato, ma abbia l'opportunità di stabilire rapporti con gli altri. E soprattutto è opportuno pensare a una relazionalità allargata: quando si parla di relazione spesso il pensiero va alla relazione uno-a-uno. È invece necessario pensare alle relazioni plurime fra più individui. L. Talvolta è opportuno permettere che i i nostri interlocutori gettino lo sguardo verso mondi lontani: facciamo in maniera cioè che ciascuno si convinca che il mondo va al di là del proprio paese; che al di là del proprio paese ci sono altri paesi, altre nazioni, altre città, altri mondi, altre persone, che hanno un volto umano e che si impegnano nella quotidianità tanto quanto, e forse anche di più, di quanto ci impegniamo noi. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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M. Un ultimo punto: giocare alla transizione fra realtà, virtualità, irrealtà 8 . Ciò non significa giocare al “Grande Fratello”: la virtualità non è da intendere come il mondo dei sogni o dei trucchi. La virtualità è il mondo del possibile – la irrealtà è il mondo dell'impossibile. E noi dobbiamo con estrema flessibilità andare da un polo all'altro, sapendo nondimeno distinguere fra il mondo delle cose e della realtà, il mondo del possibile e quello dell'impossibile. Sognare di vincere alla lotteria significa abitare il mondo del possibile, della virtualità; non vi è nulla di dannoso, a condizione di essere consapevoli che si tratta di un possibile remoto, soprattutto se non si comprano biglietti della lotteria. Per altro verso, sognare un cavallo a tre teste significa abitare il mondo della irrealtà. È giusto e opportuno esperire questa oscillazione fra realtà e virtualità: debbo poter sognare e tornare a ragionare coi piedi per terra; sognare di vincere al totocalcio e fare i conti con lo stipendio per vedere se mi basta alla fine del mese. Questo pendolarismo è estremamente utile per la salute della persona e per la efficacia della formazione.
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B. CYRULNIK , E. MALAGUTI, Costruire la resilienza. La riorganizzazione positiva della vita e la creazione di legami significativi, Erickson, Trento, 2006; E. Malaguti, Educarsi alla resilienza. Come affrontare crisi e difficoltà e migliorarsi, Erickson, Trento 2005; Putton A. Fortugno M., Affrontare la vita. Che cos'è la resilienza e come svilupparla, Carocci, Roma 2006 E. MAVIS HETHERINGTON, E. A. BLECHMAN, Stress, Coping, and Resiliency in Children and Families, 2 Lawrence Erlbaum Ass., Mahwah, NJ, 2006; C.A. R YAN, J. H. HOOVER , Resiliency: What We Have Learned in “Children and Youth”, 14, 2005; J.SIMMS SHEPARD, Multiple Ways of Knowing: Fostering Resiliency through Providing Opportunities for Participating in Learning , in “Reclaiming Children and Youth”, Vol. 12, 2004. 3 J. HIPPE, Self-Awareness: A Precursor to Resiliency , in “Reclaiming Children and Youth”, Vol. 12, 2004 M. JANAS, Build Resiliency, in “Intervention in School & Clinic”, Vol. 38, 2002 4 HENDERSON, BENARD B., SHARP-LIGHT N. (Eds.), Schoolwide Approaches for Fostering Resiliency , Newton, 5 2000; NORMAN E., Resiliency Enhancement. Putting the Strengths Perspective Into Social Work Practice , Columbia University Press, New York 2000 6 M. CASTAGNA, Role playing, autocasi ed esercitazioni psicosociali. Come insegnare comportamenti interpersonali , F. Angeli, Milano 2002 7 AUSUBEL D., Educazione e processi cognitivi, Franco Angeli, Milano 1988 8 PAPARELLA N., L’esperienza del bambino: ambienti, relazioni, artifici, in AA. VV., Il bambino tra reale e virtuale, La Scuola, Brescia 2000, p. 25 e ss.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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