M ADRIGALE Schema strutturale del madrigale trecentesco: – due terzine (raramente tre) di endecasillabi, con diverse combinazioni rimiche; – un ritornello (raramente due) di due endecasillabi en decasillabi a rima baciata (o anche a rima alternata, in caso di due ritornelli). La sua funzione, in realtà, non è quella di ripetersi, ma il nome deriva forse da una forma arcaica di cui non ci è giunta attestazione. Il madrigale trecentesco è intonato utilizzando due sezioni musicali: Sezione A = viene intonata sulla prima terzina e ripetuta identica per la successiva (o successive, in caso di tre terzine) Sezione B = viene intonata sul ritornello e di solito ha un metro diverso rispetto alla sezione A. Il madrigale è usato soprattutto dai compositori settentrionali nella prima fase trecentesca (Piero, Jacopo da Bologna, Giovanni da Cascia, Gherardello, Lorenzo, Vincenzo), ed è normalmente a due voci. Nella seconda metà del secolo, a partire dal anni ’70, venne progressivamente abbandonato a favore della ballata (Landini, ad esempio, compone solo 12 madrigali contro 140 ballate) Costanti compositive del madrigale: – il tenor ha valori relativamente più lunghi, la parte superiore è abbellita con melismi tipicamente italoarsnovistici, che in qualche modo richiamano lo stile del secolo precedente (in quanto più squadrati rispetto alla polimetria francese) – entrambe le voci hanno il testo, il che indica con chiarezza una concezione assolutamente polivocale Il madrigale a tre voci rappresenta un’eccezione nel panorama generale e ha delle caratteristiche particolari; se prendiamo i tre madrigali a tre voci di Landini, Sì dolce non sonò con lira Orfeo è isoritmico nel Tenor (potrebbe essere stato scritto in memoria di Philippe de Vitry, morto nel 1361, o per qualche altro compositore francese; cfr. il v. 4 «lo gallo mio»), Musica son / / Già furon / / Ciascun vuoli è politestuale (il testo è di carattere polemico, e Landini utilizza nel madrigale il linguaggio della ballata polifonica), e Deh, dimmi tu utilizza utilizza la tecnica canonica appartenente alla caccia (giustificata dal testo)
Jacopo da Bologna, Non al suo amante piú Dïana piacque , madrigale (Francesco Petrarca) Non al suo amante piú Dïana piacque, quando per tal ventura tutta ignuda la vide in mezzo de le gelide acque, ch’a me la pastorella alpestra et cruda posta a bagnar un leggiadretto velo, ch’a l’aura il vago et biondo capel chiuda, tal che mi fece, or quand’egli arde ‘l cielo, tutto tremar d’un amoroso gielo.
A B A B C B C C
I terzina
→ A (metro binario)
II terzina → A ritornello → B (metro ternario)
B ALLATA Schema generale della ballata – una ripresa di un numero variabile di endecasillabi o settenari; il numero di versi e il loro tipo caratterizza la ballata nel suo insieme, per cui si parla di ballata grande con ripresa di quattro endecasillabi, mezzana con ripresa di tre endecasillabi o di quattro non tutti endecasillabi, minore con ripresa di due endecasillabi, piccola con ripresa di un endecasillabo, minima con ripresa di un settenario o verso minore, stravagante con ripresa di più di quattro versi; – un certo numero di strofe chiamate stanze; ogni stanza presenta due piedi o mutazioni con numero di versi uguali e stesse rime alternate e una volta con lo stesso numero di versi della ripresa, dei quali il primo rima con i piedi e l’ultimo si collega a una rima della ripresa; – la ripetizione della ripresa dopo ciascuna stanza. La ballata è intonata con due sezioni musicali: Sezione A = serve per l’intonazione della ripresa e della volta Sezione B = serve per la coppia di piedi, ed è normalmente ripetuta identica, almeno nel primo periodo; nella tradizione più tarda frequentemente le due ripetizioni sono differenti nella sezione cadenzale, con un verto e un chiuso (evidente una italianizzazione dell’ ouvert e del clos francesi). Si deve anche osservare che buona parte delle ballate intonate dai compositori trecenteschi sono attestate solo da testimoni musicali e presentano una sola stanza; non sappiamo se la ballata fosse già originariamente monostrofica (sul modello petrarchesco; nel Canzoniere cinque ballate su sette hanno una sola stanza) oppure no. La ballata è la forma preferita dai compositori fiorentini della seconda metà del secolo, eredità dello Stil novo assimilata anche da Petrarca. Nella ballata a due voci le due sezioni sono spesso identiche, mentre in quelle a tre è più frequente trovare la cadenza diversa nella ripetizione della sezione B; nella composizione a tre voci il Contratenor si pone di consueto come voce intermedia tra il Cantus e il Tenor. Il testo è solitamente collocato sotto entrambe le voci nella ballata a due voci, mentre in quella a tre si può trovare nella sola voce superiore, nella coppia di voci Cantus Tenor o in tutte e tre.
Francesco Landini, Ecco la primavera , ballata mezzana monostrofica Ecco la primavera che ‘l cor fa rallegrare; temp’è da ’nnamorare e star con lieta cera.
x y y x
No’ veggiam l’aria e ’l tempo che pur chiam’ allegreza; in questo vago tempo ogni cosa ha vagheza. L’erbe con gran frescheza e’ fiori copron prati e gli alberi adornati sono in simil manera. Ecco la primavera etc .
a b a b b c c x
ripresa
A
I piede (o I mutazione)
b
II piede (o II mutazione)
b
volta
a A
(Da Poesie musicali del Trecento , a cura di Giuseppe Corsi, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1970, pp. 167-168).
C ACCIA Rappresenta forse la forma poetico-musicale più tipica del Trecento italiano; i testi sono di argomento venatorio, ma vi sono anche scene di mercato, con dialoghi e suoni onomatopeici. La struttura metrica non è rigorosamente prefissata, e i metricologi hanno formulate diverse ipotesi e soluzioni. La composizione musicale è a tre voci; le due superiori sono in stretta imitazione canonica all’unisono, e la seconda voce comincia dopo sei o più misure di breve della prima; il Tenor, che funge da elemento di fondamento, di solito non ha il testo. Alla fine vi è una breve sezione denominata ritornello, con le voci superiori spesso ancora in canone, relativa al distico di endecasillabi conclusivo.
Maestro Piero, Con bracchi assai e con molti sparvieri , caccia Con bracchi assai e con molti sparveri uccellavam su per la riva d’Adda. E qual dicea – Dà dà – e qual – Va cià, Varin; torna, Picciolo! – e qual prendea le quaglie a volo a volo, quando con gran tempesta un’acqua giunse. Né corser mai per campagna levrieri, come facea ciascun per fuggir l’aqua. E qual dicea – Dà qua, dammi ’l mantello, – e tal – Dammi ’l cappello –, quand’io ricoverai col mio uccello dove una pasturella il cor mi punse. Perch’era sola, in fra me dico e rido: – Ecco la pioggia, il bosco, Enea e Dido –. (Da Poesie musicali del Trecento , a cura di Giuseppe Corsi, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1970, p. 9).