t
L
A
DONNA IMMAGINARIA
CANZONIERE DIVISO IN CLU INDICI
SUBLIMISSIME CANZONI.
é è
•
•
•
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DONNA IMMAGINARIA
CANZONIERE del celebre coste
LORENZO MAGALOTTI ORA PER LA PRIMA VOLTA DATO ALLA LUCE
E
DEDICATO
ALLE NOBILISSIME DAME ITALIANE.
FIRENZE
IN ApprcfTo
MDCCLXII.
Andrea Bonducci
CON LICENZA
DE'
SUPERIORI.
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V
A QUELLI CHE LEGGERANNO 4
EDITORE.
V
L Conte Lorenzo Magalotti tra
più
le
dimora
Europa
,
,
Mondo gli
tutto, che
il
fue
per
,
folo fuo
,
Corti
filofofiche, sì
nome può
da* fuoi
leggitori
riportare
in
zio il
,
che
celebre
dr
,
credo
sì
,
luogo
quello
al
fervir-
Per giuftificazione' poi
.
particolare ha egli
in
lumi-
e sì noto
di quella lode, che in riguardo al prefente
zoniere
la
impieghi
Soggetto
Letteraria
pienamente d’ elogio
gl*
più brillanti
è un
,
Repubblica
nella
e per
e per le mirabili
e poetiche produzioni
nofo
nazioni
cultc
fatta
foftenuti nelle dell*
per
eruditi viaggi da eflo intraprelì
gli
diritto di
che il
farà
Can-
elìgcrc
ballante
il
vantaggiofo giudi-
nobile
Componimento formò
ed
eccellente Giureconful-
Letterato
,
-
to
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.
.
AVVERTIMENTO-
VI
Quelli nella Orazione fu-
to Giufeppc sAverani
nerale da erto recitata in morte del noftro il
di
Agofto
d’
18.
anno 1712.
dell’
Autore
nella rag-
guardcvoliflìma Accademia della Crufca, parlando del Canzoniere della Donna Immaginaria
me
guifa
in tal
=
Non
sbigottimento
cftatico
egli
fc
1
immaginava
'
Canzoni
fublimirtime
le
Donna
divifanti le Bellezze di quella le
nella
Ideale, qua-
Che
mente.
alcuno poco efperto ne’ Mifteri Platonici ofeure
dicarti-
,
troppo
c
più
fublimi
mortai bellezza convengali; confideri bellezze,
fono 1
*
quali
le
ideali
e
,
Amore , che
tonica
il
Uomo, mi la
tant’ alto
e
,
Poeta
del ,
Donne
poetica
prerogative
1
*
,
alle
,
,
nientemeno Plache
deferirti
le
ove non ghigne
dcfcrizione di
sì
che quelle nobili
quali
quella
ho
a le
lodare,
a
autorevole fentimcnto di
lufingo
fe
Platonico altresì è
;
contempla
fc
giu-
che
,
a
corto intendimento del baffo volgo
Dopo rofe
le
Mente
c la
onde poggia rare
Platoniche
le
che
,
imprende
Poeta
il
efpri-
fi
,
poflono leggere fenza
fi
intefo
di
,
.
;
mi=-
grand’ e valo-
confacrarc
delle
cftcrnc, ed interne
loro
prodigiofa
Sorella
,
par-
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AVVERTIMENTO. parto
di elevati /Timo
cortefementc
Tanto più
,
,
c
me
Spirito
la
grado:
bellezza di quelle do-
vanno ancor’ cileno adorne
cui
di
buon
fapranno
ne
VU accoglieranno
che in E/Ta o potranno molte di lo-
ro ravvifar con piacere ti,
1* ,
j
o avran-
1
-
no T opportunità nella
alcune
altre
•
contemplare
di
medefima un grande Originale, onde poter
fornirli
di tutto
gnanimità
,
ciò
,
che di gentilezza
e di religione
ftenere lodevolmente quel
ciuto
Vivete
alla
Suprema
,
,
di
ma-
è neccflàrio per fo-
grado
Providenza
,
in
di
cui è piacollocarle
.
felici.
IN-
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Vili
INDICE delle CANZONI. rANZONE
I,
Capelli
I
III. Il
Seno
Il
pag.
.
IL Gli Occhi
19
•
29
.
La Voce. V. La Mano
38
IV.
47
.
59
VI. Il Piede. VII. Il Riso e le Lacrime Vili. Il Riso e le Lacrime
TX. Il
X.
Sonno
la
1
69
.
la II.
78 87
•
98
Le Gale.
109
XT.
I
Diletti
XII.
1
Diletti
la
IL
117
XIII. 1 Diletti
la
III.
125
la
I.
XIV. La Mente.
133
XV. La Pietà.
145
LET-
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•
r
LETTERA DELL’ AUTORE A
PAOLO FALCONIERI A ROMA NELL’
AL XX
NVtARLl
i
PRESENTE CANZONIERE.
IL
che partì Domenica mattina , una fcatola bene ammagliata , e ftgillata , una Copia del mio Canzoniere della Donna Immaginaria diretta a voi . La ragiodi quefla mia liberalità dopo avervi fatto ne 'Procaccio
feci confegnare
fìentare
prime quattro
le
da galantuomo revocabile
di
voi
è
,
cefi fopra
tato
:
che
del
V
da
dattorno a
dattorno
.
quelle
,
che
non voglio altro te/limonio
e
,
Canzoni , a parlarvi ir, che una ferma
non voler faper altro Voi fapete
di
fatica
durata
medejimo
fare della ciato
più
bo
avuto
peggio
non è altro
,
refoluzione
durarci
quanta n vete
,
in
poco
ijleffo
capo
.
quello
,
profittato
fe
bo afai
Io
Madre Natura
rade volte
bo
che
>
farebbe
:
,
mi
del
ci
.
Il
rifa -
modo
di
di molto , e abborrac-
che non mi vien but-
giù felicemente da principio
A
io
a
che
,
,
mi vien fatto ài
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*
LETTERA
2
di migliorarlo poi
tre ci
:
,
dalla
giacché
più d
'*
fon
corft
di
oltre
di peggior
anche fate
fono
prima
che
Canzoni
quefe
condizione delle
al-
decimaquinta non
alla
otto mefi y e giorni
.
Non
c’
è
non fon Toeta , voi lo fapete Ve penfteri me ne fovvengono , ma a mettergli giù ti allora me ne voglio . isfllora come foddtsfò , perchè intendendomi io , mi pare che m abbiano a che
dire
io
,
.
intendere anche
mi
accorgo
perchè
gli
altri
riveder quello
a
io flia
,
volte
non
Vitelli
leggere
a non fo chi la
ave a
leggere
quello
la ,
niente
niente
che io
,
fa
,
,
che
allora
intefc
m intendo io medefmo ; V avventura , che m oc*
anni fono in camera del Marcbefe Cle-
tre
mente egli
ma
che ho compojlo
che non è pojfbile
molte
a conto di che è celebre corfe
;
,
,
fui
da
lui
Canzone tavolino , io non
della
che obbligato
terza flrofe
che
m
avejf
,
medefmo a Voce, che
avevo finito di
mi rinvenivo
che non
di
voluto
ancora quattr* anni finiti ,
dire y e non erano che quella Canzone erta
fatta. Tot refe dirmi , perchè componi tu ? Ter la
feffa ragione , per la quale talora componete anche voi : alle volte per divertirmi , e alle volte ancora per attutire quel prurito
,
che propriamen-
mi fa nel cervello quella fantafa , che di mano in mano mi fi eccita , e che mi tiene in moto la mente . Ecco : quejlo Canzoniere me T ha te
fatto fare la reminifeenza rifvegliatami dopo ven~ ti due .
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dell’ autore. tidue
point
anni
de
&
qui
,
getlo
fa
uno
d’
genio
e
,
di
può
dorè
,
della quale
Pìutarco,
arrivare
galanteria
la
3
qui nc fc trouvt^ fc trouvcrà giamais del no,
forma
ei
quei fuoi Opufcoletti
di
foggia
alla
infin
nc
Evrcmond
S.
firo
Fcmme
la
una penna
d'
cb’
ei
un Anzi mi
delicatezza
la
*
fog-
il
,
ne ’ quali fi vede
e
.
d’
trovammo a fentirlo leggere infeme , e fu a Londra un giorno di Tafqua , che avevamo defnato da Mjlord S. Air ban , e fu egli medefimo , che lo lejfe dopo tavola , mandatogli pochi giorni prima dall * AuIl mio primo penfietore , che era all’ Afa ro fu di riveftire un * idea affai fu V aria di
fovviene
adejj'o
,
che
ci
.
quefla con
mi
le
gale della
a
poterla
cbi
fenza altra
a
poffa
fervire
verità
di
di
che
a
piedi
pajjtone
in-
mi par
che
,
dico
io
,
fortiffìmi
concludente
affai
refio ,
mia
la
vera
che
,
ejfermi fov-
capo
tanti
ejfer
riprova
di
tutto il
da
che
,
fronte
da aver potuto
centivi
fu V
veflire
di finto
cofa
cui finzione
la
,
quello
e
‘Poefia ;
maggiormente
rifcaldò
ci
venuto
di
della
quefla
Donna , *
fatto
Se
volete
rifolvere
adeffo
levar
i
motivi
,
mani
che d’
mi hanno
per componimento , eccovegli . uno , /’ infinfe non totalmente il primo , e primario , gardaggine unita a quella incompatibilità , che ha
fempre a
a
le
addoffo
V
quefio
A
2
il
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:
LETTERA
4 mio genio
il
fperienza
cbe
,
quando mi
mare
tender di
V
non
,
E
poi
di
quarantacinque
a
,
Y
io
farei
fperar
momenti
que’
con-
il
,
li-
,
fenza pre-
dattorno del-
di
cbe
migliore
bo per
io
,
Canzoni tropvenirne
rubati e
,
V impiego
dirvela
le
eff'er
prefentemente
loro
ne ,
di
perdervi
con
Il quarto
per poter
forza
a
potrei dar li
.
terzo
Il
.
,
fon
cinquanta anni non è pomandare in volta componimen-
il
fatti
bifognafe
capo
,
,
ci
ho prefo a
cbe
e-
riefco
cbe
i
ricrefcerla
altro tempo
po
,
pajfati
difinvoìtura
amorofi
ti
ci
anzi del poco
quel pocbifftmo
cbe
,
che
,
V
fecondo,
Il
.
poco
del
di quefl' opera medefima
federare
ca
ho
metto
ci
in
riufcito
rappezzare
co 1
a
cbe
,
io
dandogliedi
difficile
tutti
.
cbe a
,
me,
come me, poteffe riufeire quefa faccenda perchè a meno cbe d' ogni flrofe non fe ne faceffero due , o tre , difgrado , ardifeo dire , chi di poter rendere intelligibili molti penfiefi fia ri , cbe fono in quefìe Canzoni, tanto il più del-
Io fono ajfoltati y e detti Jlrettamente non fo approvare la “inaffìma di cer-
volte
le
.
veramente ti
re
cbe
,
più
il
ne‘
medefime
meno re
il
.
in
forte
della
modi di Io
ci
vorrei
pari grado
abbia
Toefita
dir
le
cofe
V uno
,
,
e
l’
non piacendomi
,
a
confife-
cbe nelle cofe
in alto
mare
.
Direi
,
vede-
di
fentimento galleggiare nell* elocuzione
una finca
al-
altro,
,
cbe volejfe
come farci
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-
.
dell’ autore.’
5
come una galera in una darfina : ma io , che lo dico , non lo fo foi fare , riducendo i miei a farvi più miferamente , che non Jìa la fcafa di ci
j
quefa medefima galera nell ’ arfenale , e fpeffo , come una boccia dopo vota fta fu la neve frutta della fua cantinetta , venendomi fatto di dilucidare
fpef'o
de’
primi
tendejfe d’ allungare la
diagrante
to
del
vi
giuro fu
1'
che con
e
,
chiarimento
di
puf
penferi
i
medefmi
feri
.
E
onor
i ,
le
co’ pen, più bifognof come chi pre-
parole
fecondi gì ufo
con fruggervi dren
cera
quefo è tanto vero , che mio , che a quefi giorni
meforni
talora a rileggere qualche fquarcio di quefe Canzoni , fecondo che il Copifa me le riportava , ho più d’ una volta prorotto in dire ,
che diavolo ha mai voluto dir quefa befia? On-
de concluf
,
non poter quefo
Canzoniere
,
ma una
rimata
,
Toliantea poetica
contenente una felva di penferi
Iraordinarj
(
,
un
altrimenti dirfì di
fpezie
un poco
folamente buoni a mettere in ardenza
fantafa d’ un Giovane , che voglia aver la pazienza di lambiccarcif fopra il cervello a punla
ti
«
Luna
di
Foi vedete che fncerita di confeftonc è mai : e pure ne pretendo alcun meio non poiché V ifef'a compiacenza di trovarf ,
quefa rito
tanta
mio
difnvoltura di poterla fare bafhnte
dell’
averla fatta
.
,
pre-
diventa
Una
fola
cofa
v o-
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LETTERA
6
ricordarvi
•voglio
non per
;
mando
vi
quale
nel
dello
ifcufa
Canzoni
quefle
flato
,
quo-
che
,
non baflerebbe a fcufarlo ne anche 1’ efpreffo comandamento , fe queflo comandamento non fi rifcontraJJ'e a venire da un amilo , col quale ,
flo
può
fi to
a
to
,
dire
fi è andato
è fervilo
vi
però
Canzonieri
moderni pofja
cuno
non
;
fretto
e
,
po , e d un
in
bene
un
da
}
tutte ,
anima
tutto alla
.
Che
trovino
varj
,
non
fe
e
antichi
quel poco
che finora
di
e
,
che
buono
in
ve ne fia un aflunto
,
alcosì
dipintala
e
,
,
il
,
veflirla
quale
lafci
,
la
non già libertà
che fi vuole , e che tor, ragione o comodo alla rima : ma , J O quello
abito fecondo e
,
,
qua-
la
cofe
laboriofo , com è V impegnarfi a Donna da imo a fommo , in cor-
così
abito pittorefco
'
di dire
d’
mi pare
una
dipingere
imparato
tollerabile
quale fi fia legato ad
il
,
Alaeflri
grandijfimi
di
con
,
dimoltijftme
quantunque fi
che
,
di
fatferi-
fi è viaggiato , fi parte del comun
infelicità
in
da' quali ho
,
effer
queflo
na
fi è
>
Intendo foto di ricordacela per
efpreffo
dico
,
tanta
fomma
quella
mi fono
[cuoia
alla
,
ifcufa di le
fi è rallevato
,
vijfuto
fi è infieme .
vivere
ti
fi è nato
,
mofcacicca, a Monsignore fono ftato
veflitala
più fretto rigor della moper minuto in
il
rapprefentarla
,
quelle
azioni
ne’ quali
può
,
e
in
tutti
quei divertimen-
occuparfi dalla mattina alla fera
Digitized by
Googl
--
DELL* AUTORE.una gran Dama mente da biafimarfi ra al
quale
ze
.
que-
grazia
di
benignità
con
ajjoluto
0
,
l'
non fojfero cor rifondenti le mie fordopo condannato con rigor di giufii-
Ma
ezia
7
Nel cbe può ejfer veraelezione d’ un impegno ,
:
fio
primo errore , bifogna poi compatire per equi
-ta
tutti
delle
da
ejfa
nobiltà
natura
li
ardite
e
,
V
0
,
più
alla
ef-
quella
,
per
di connivenza parranno qua-
isfuggir la
circofrizione
delle volte
forfè avvenuto
,
ed ejfendomi convenuto
,
de’ fuddetti
altro
dire
né
un componimento di que-
d’ efprimerfi , cbe
quali ofcure
del proprio
0 al traslato to fatto il
,
con
dirle
e
vuole qualche poca
ci
,
per molte maniere
za
altri
confeguenza alcuna fcuola ì dove aver-
cbe richiederebbe
,
convenuto
ejfendo
imparare a dire
potute
fia
occorfi dependen-
cbe fono
,
Poicbè
.
non fiate mai dette da
cofe
fendoci per le
altri r
quegli
temente
,
Ciò non
.
venu-
è
uno ,
di dar nell’
difetti
baffuz-
ricorrere
m
e nel
mi farebbe
nè così fpeffo , nè in tanto ecceffo , fe al Petrarca , o al Cala, o al Tafìfo, 0 al Prior Rucellai , o al Filicaia , o al Redi , 0 al
Menzini a voi terare
che
a
tant ’ altri
direi a voi
,
fcrivere
fanza
0
,
,
il il
far conferve
latte
con
d’ Inghilterra
di
Cunzia
,
0
e
,
medefimo
,
il
non
fcrivejji
di frutte in gelo
diverfi odori ,
io
s’
foffe piaciuto
0 il conciar
vefiir
,
0
,
di dee
al-
l’
fapori all u’
guanti , 0 radi-
donne in
tutta ga-
-
LETTERA
8 la
o
,
Hombre ,
farle giuocare all’
il
di forbetti
o
regalar
il
gara pegna la con-
in
e di cioccolate
,
verfazione , impiegandovi Canzoni intere , o il mandarle alla caccia delle lepri , e molte altre co fe di quefìa natura : effendo verifimile , che fc-
come farebbe prietà teria te
altre
trine
me
quale
con la
,
felicità
niera
da*
e/Ji
tan-
tante
dot-
fato più far
il
a
facile
maggiore
coti
riufcito
è
dir
ma-
di
.
incora ralmente ancora
la
nel
,
cofume può Italia
noflra
trovino
da
condizione
ma quefa
;
lunga
vita
anche
avuta
mentre
,
V
con
far
circofanze
na vien figurata
,
a
altro paefc
troppa
figurata
di
li-
gran
querela non dovrebbe aver
,
d’
preveduta , ho alla parata
io
andare
luogo
e
tali
chi
i
,
fatti parti-
che pojfono facilmen-
,
legge
nativa
o
che gene-
,
qualche
Donna
attenzione
riconofcere
efere
qualche
avendola
accompagnando a tempo colari
e
,
cenfurare
converfare per
bertà di
te
di
originali
loro
m
non
che
,
taluno
galan-
quella
hanno fapute
farebbe
così
;
copiar
con
e
,
ne
/piegare
e
,
alti/ftmc il
nobiltà
quella prò*
dirle con
loro riufcito il
quella
con
,
,
,
quefa Don-
che
o abitante
di paefì ,
maniere fono correnti per le Dame alta qualità , e vengono talmente ca-
dove fmili della
più
nonizzate inferirebbe
dall ’ ufo ,
o
nota
,
che
anzi
il
di fngolarità
non praticarle ,
o
inferiorità
di
Digitized
by
Googl
.
.
DELL* AUTORE.: di
condizione
altre
piccole
V
e
:
cofe
iflefio
Madre
,
rapprefentare
rozze
è
a
tifante
delil
,
le
car-
noi
non
fccome V a fumo , che ho prefo , in un certo modo a Poefui ,
con fottopormi
febiavitudine di feparare
più famigli ari
cofe
Lacchè fu
i
fonili
Poefa amorosa
la
vagliofa
e
,
figliuoli
i
verde
di
ridurre
di
flato
per
re/lo
e
,
alarne
baiedizione
la
Cacciatori
i
Paggi
i
Padroni
de’
comuni Del facra
ve/lire
il
per
V introdurre
come
,
a venir la mattina a pigliar la
9
detto
fia
fenf ,
a’
e
alla tra -
dal fenfbile
le
di fpiritu alizzare
,
materie , che fono incentive de’ , le medefimi fenf , e maggiormente capaci di lufrugargli ed accendergli ; così può ambe ejfere , che dire
cos)
quefo
medefmo
talora
de’
parere
ad alcuno
ta
confufa
e
^
kA
mi
af'unto
che
,
io
facra
colla
valere
abbia fatto
fentimenti Platonici in modo abbia
,
troppo
profana
la
pofa mefola-
che
Teologia
quefo mi pare , che fenza bifogno mie gi ufi fìc azioni pofa fupplire bafant emerite il giudizio di chi legge , confider andò , eh' io non ho prefo a coment are in ver fi le dotd’
tutto
altre
trine
Platoniche
fervirmi glio fiotto
e
di
,
tutte
ma
femplicemente
quelle
tinte
,
ho
attefo
che potevano
a
me-
farmi rilevare quefla Donna fecondo V idea , la quale l’ bo concepita nella mia mente ,
che
forfè
ancora la vedo non afatto con *
B
l’
im-
ma-
Digitized by
Google
LETTERA
IO macinazione tervi dire riverifco
ftro
;
in
con
che
è
quanto
propojito tutto
io
di
mi fovviene
quejìe
fpirito
,
frottole
po-
di ,
e
vi
fempre più vo-
.
Firenze y* Settembre i5$o*
I
CA-
Digitized by
Googl
1
,
1
CAPELLI
I
CANZONE
N
I.
memorando formidabil giorno il Sol di raggi a me fatali
e l
Che
accefc.
Capei d’ oro all' aura fparfi. All’ aura, che parea tutta infiammarli D’ un bel roflòr , perchè quel facro pegno Toccava ignudo, e fcnza che alcun velo Per lei fcufar gliel ricopriflc intorno, E tra T interne fue dubbie contcfe
Erano
Di
E
i
rifpcttofo zelo,
immenfo
d'
Era
il
piacer,
non dubbio fegno
lor tremolar del fuo fpavento.
Ben dell’ alto ardimento, Troppo alle leggi d’ Oneftà
rubello.
Mille vendette a fuo piacer prendea
Mentre qua, Per
e là fcorrca
)
vifcere fue 1* aureo flagello. qualor percuotea. Sanava infieme , e fca contente c paghe le
Che Le
delicate piaghe
Di mille
Onde
eletti
fpirava
,
orientali odori,
e n' avean vita
B
z
i
fiori
.
j Al
Digitized by
Google
,
,
I
1
2
CAPELLI.
I
Al miracolo nuovo, onde i’ fui prefo, Qual mi rimafi , per me '1 dica Amore, Ch' io noi porria , tanta pierà m’ accora Pietà di
me
,
che in ripenfando
all'
j
ora
E al punto, in cui l’alto ftupor m'apparve, Tal mi fa il giel , qual mi fé allora il fuoco : Sol quello mi fovvien , che a terra flcfo Caddi adorando, e d’ un eftranio ardore La prima vampa un poco Cosi d' intorno al cor fenrir mi parve: Quel che pofeia del cor, di me divenne.
Chi
'1
vide, o
Quella Superba
il ,
fa, V accenno. che già ccner cadde.
Allo fvelar del trasformato Amante,
Mi fa tener collante. Che un qualche cafo al
fuo firmi m’accadde.
Se non che ’1 mio volante Polve in palTar per quella gloria adotto, In nuova vita è forto Sotto V iflefTa imago ad altro flato In fembianza mortai corpo beato . Che qual fottcrra 1’ invilìbil polve Degli atomi più fciolta in un riduce,
E E
tra
ingegnolì raggi
il
Sole implica,
ad arricchir quella gran Madre antica O la ferra in metalli , o la difpicga In piante , e varia in lor virtute afeonde
Cosi mentre
in volar s’ arrefta, c
;
involvc
A que-
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,
1
C A P E L L
A
quella rete di
Il
ccncr mio, gl’ infonde.
filata
I
.
,
,
J
. ;
3
Luce
Nè
fol gl’ infonde, ma vi ftringe, e lega Tuoi nodi poffenti , e fenfo , e vita dofe ampia infinita Di mille al fuo mortai virtudi ignote,
Con
E
E
fol
conformi
al
nuovo,
a cui lordilo.
Lieto flato tranquillo, E di lumi , c di grazie immenla dote E pofeia che aflorbillo. In quanta gioia in Ciel gioia
s’
>
appella,
Gli fa fentir di quella
Alle beate Menti afeofa vena
Che ftilla dal delire , c dalla pena Una parte del Mondo al Mondo apparfe, Non è gran tempo, tutta gemme, ed oro, L' ultima prefso dove ha tomba il Sole, Quivi la gente i fenfi , e le parole Non fegna in carte, ma in ritorti ftami Di varj nodi in varie cifre efprimc E de’ fuoi Regi le memorie fiparfie Tra i Miftcrj del cupo alto lavoro Difcifra, c ’1 cor ne imprime. Tal fiotto i fiacri miftici velami
Anch’ io de' biondi avviluppati Degli erranti Capelli
Che non
rileggo,
anelli
oh Dio, che non ravvilo
Vi leggo Onnipotenza, c
vi dificerno
Al-
.
14
,
.
CAPELLI
I
Alto Sapere eterno,
E E
lontananza efprcffo
in
il
Paradifo;
quindi nel fupcrno
Solo»
all’
occhio d’ Iddio
vifibil
Mondo
Penetro, e nel profondo Mare mi fpazio dell' eterne Idee, La dove più fvelato Iddio fi bec Nò ciò m’ afeonde i pregi ancor di lei. Che ne fa vela in fu 1’ altera fronte, Fatta a fe fteffa vivo tempio , e iftoria ; Quivi efprefla è ogn’ imprefa, ogni vittoria.
Qua
di balli penficr miro, e d’ affetti,
El'crciti,
E
e trincee, vinti, e disfatte,
di fpoglic rapite alò trofei
Colà navi
d’ orgoglio agili
,
;
e pronte
In gonfie vele, c ratte In mar d' affanni a navigar diletti.
Armate in guerra da fperanza U’ lo ftcndardo eftollc Ardir
E
al
Ove
folle,
, che in fuo desio bolle , c vaneggia folgorar di due zaffiri ardenti,
frange
i
;
cocenti
Suoi raggi il cafto Sol, ch’entro fiammeggia, Le miro in fiamma a’ venti,
E
palpitar per
1’
Tra ’J fumo, c Al caldo fiocco
acqua a mille a mille
le
faville.
de’ lanciati ardori
Dall’ alte antenne gli fpennati
Amori Per
Digitized
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1
CAPELLI.
I
Per
, ,,
,
altri
nodi
TrapafTo
15
come Amor mi fprona regio Cor, ch'c il Campidoglio,
,
al
fua Ragione altera
Dov’ ha trionfo
Qui barbare Potenze
i
in lunga fchiera
Veggio in catena, e pur han fcettro altrove; Qui fiuol di fenfi in lucida armadura Inni di laude in liete voci intuona,
Converfo
in fede
il
Della vinta Natura
ribellante orgoglio
;
Altri innalza le fpoglie, altri
G
J
commuove
>
applausi
incliti
,
e
all
alta
Vincitrice
In urne d' oro elice Fiamme odorofe, e vittime
le accende: Sovra Carro di perle eccola intanto
Ricca di
E
fielle
Al
il
manto,
gloria d’ umiltà
in tanta
bel trionfo
il
Crefce turba d’ Amanti in Di gran roffor dipinta,
E
paflàr tra
la
rifplende
;
vanto
folla
lacci
avvinta.
io raffiguro
1/ antico me, nè del fuo mal mi curo. Aozi sbeffando il moflro addito, e rido. Tanto il mio me novello erge il penficro!
•
J
1 mio gioir penetra , e vede , che La man mi Rende, e là ve in cima fiede, A fe mi tragge , e mi fa lato in parte Ove alzato per me non fare’' mai : Indi fi volge , e mi iorride , .c 1 fido
Ella
Ma
6
,.
,
.
,
?
I
1
Ma
C A P E L L
grave sguardo
Mi mette
Tempo
Come
e dice
,
era
ben
,
infili* al
.
cor d' impero
Ornai che tu prova fli
:
fenza dolore arda
Quello è quaggiù
I
fol
il
in parte
desio
mio
Mirabil pregio, altrui da fc in un punto Netto partir fenza lafciar fua fpoglia
Come da E quanto
talco sfoglia,
avea di bene in fc congiunto
Nella sdoppiata foglia
Far, che tutto trapalli , e rclti folo il male, il duolo,
Nell' altra
E apprenda Tuoni, ficcome ad uom convieni, Ad infiammar d* Amore, altro, che fenfi Che
qual avvicn ne’ dolci , ed odotofi che T uno , ove fol T altro ci tocchi ,
Pomi
Tolto fermenta, e T inquieto feme D’ un bugiardo pregnar mentre la fpeme Prende, il frutto corrompe , e '1 fuo veleno Suda , e nell’ altro a poco a poco iltilla ; •
Tal fenfo , e fenfo in tiepidi amorofi Bagni , ove caldo indi *1 piacer trabocchi fc produce, e Itilla
A
Morte ,
nell* altro,
Alla sfera dell’
e del piacer
Alma
il
fumo
nemmeno arriva
.
•
Mercè che quella e viva
Gemma del vero lucido Oriente, E a fegnar lei, eh* ogni durezza
Ipunta,'
Fra-
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,
.,
\ i
CAPELLI*
I
179
1
<
.
Fragile ottufa punta
Di corporeo
Che come
non è portento van s' appunta,
piacer
in
Fuor che diamante , acciò diamante * Di vera gioia, e fida,- (
;
incida
’
.-
.
.
la piaga vitale in alma acccfa Aprire, è rtol d’ alta Ragione imprefa. Così mi parla di quei cari Nodi Ne’ caratteri d’ oro al volgo aftrufi,
Sì
.
Ed intefi da noi foli ambedue: Torna Y Aura frattanto, c in una in due ScoìTe dell* auree profumate piume Quivi incrcfpa, ivi lega, ivi dilcioglic;' Qui lo fciolto inanella, e in varj modi Geroglifici mille in un confidi - -~ J Di nuovi- pregi accoglie *
Su
E
le
di
—
volume, nuovo ftupor m’ ingombra il petto carte del facro aureo
Qual
lartò
Che
a
il
pargoletto.
combinar le prime note impara fin pur giugne, e voltar carta ci mira,
Se al Sgomenta , e ne rtortpira ; Tal al nuovo lavor, che mi prepara La dolce Aura, che fpira.
Mi perdo, e
tremo, e in quel, che umìl m’arrendo. ne leggo, c intendo: Quindi il Fato fue trame arma , c afifortirtee ;
Ciò
fol
Quindi J*
—
-V
la
Parca
le
gran Vite ordifee.
C
Voi-
*
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l8
CAPELLI.
I
Volgi, Canzon, I
diritti
paffi, u’ ficdc in fu
'1
famofo clivo
Ricco di marmi, c d’ oro il Regio Titti D’ Etrufchi Numi augufto Tempio , e divo Là dietro a cento incoronate altere Di grand’ Olirò lucenti auree portiere Ricovra un Saggio *,
a
Coo,
il
Digli
Di
Atene, ben degne fon
Stagira, i
cui
non feorfe
fimil
Mondo
T
forfè:
quell’ auree
fila
voltre perle, altra, crcd’ io, ghirlanda.
Che
i
pochi
Quella povera
fiori,
onde
man, che
1’
intcllè,
a voi
e infila
mi manda.
* Intende del celebre- Prtncefc* Ulti » Archiatro- in quei tempi della Cotte di Torcia* , » cui f Autore indimi^ U preferite Cincone -
GLI
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,
.GLI
.
OCCHI
CANZONE
oiché la Morte è certa E Io Spirto vien meno all’alta
P •
II.
imprefa
Pria che fol di penfarne abbia
1’
Poiché pietà non morta Chi contr’ a vento di Ragione
intefa
ardire
;
Ali fpiega d’ orgoglio, c di delire, E penfa, che capire PofTa
E
il
lago del Cuore un mar di lume,
quindi ancor prcfumc
Temprarlo in rime, acciò l’ammiri il Monde periglio, che là dove ci fteropra In fua più acccfa tempra e L’alto Ciel,l’umil Terra, ’I Mar profondo: Morte, dell’ ardir mio Cara .pena foave, c premio acerbo, Qualche grazia: Il fuperbo Spirto di là dal formidabil Rio Del nero eterno Oblio Tra’ Tuoi pari aJmcn polì, ed abbia loco Tra chi di lume in vece accefc in foco La terra, e 1’ altro, che diè nome al mare.
Con men
.
Ed
entri
.
terzo tra cotanto ofarc
C
1
a
-* ?c-
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,
G L
20
Q C C H
I
i
,
•
I
Temerario penderò Sperar, che il gran lavor, che appena arreca !
V
in feimil’anni
Eterno Artifta
a fine,
Lavoro, al cui primiero Sbozzo, accennato in fu la bella Greca, Fu il fuperbo Ilion fiamma, e mine, ,
Polla
nel confine
l'ol
che avanzar potricno Di , chi trafeorfo a pieno Ha il nono luftro, e sì (tracciato ha’ il petto, quei poch’ anni
A
Pofià
dico
,
Se non
E
,
ritrarfi
in fu le carte ,
in tutto, in partei
del grande arrenale, e così eletto.
Che
quivi
raflcrra,
fi
Tutto moftrarfi F apparecchio immenfo In ltmg' ordine , c denfo poi nell' afpra incontraftabil guerra
Che
Ogni
,
difefa atterra.
Fieri inviti a pugnar timballi, e
trombe,
bombe
Carcafle ardenti, ampj mortari, e
Archi
faci
,
,
faette
Opra fon qui
di
,
e
fiamme
variati
,
c dardi
fguardi. *
Pur, com’
Che il
Sol non
Sente virtù
Anzi qual F
Che .
Vede
radice,
alta
vede, c allor
dall'
'
.
che
Tauro accende
,
infiammate corna:
infelice,
aprir dell' aria le fucine orrende tra*
lampi, ove tcrror foggiornaj
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GLI OCCHI. Qualor tremante
Al
,
,
-
21
torna
ei
caro albergo, ove
diluvio ardente
il
Si rovefeiò fremente,
Mira, c ftupifee, c ravvifar non puotc Negli fquarci, che fcopre d’ ogn* intorno. Il perfetto contorno Dell' arme invitta, che qualor percuote Tutta in fiamme fi vela > J Cosi avvicn , che 1 mio cor tutta rifenta
La vampa, che
•
Un
O
fuoco
,
fc talor
gli avventa che in piacer tutto
fi
Dunque Se
Dolce
Che Che Le Le Or
morte
in voi fietc
in
Ior ferena
ardete.
,
ed
,
e
’1
,
e
ben fu
fola
gloria
forfè ancor le vede > rimembrarlo , or mi confola
altri
il piacer nT invola ; Veder mi parve infra due Vie del più puro latte
belle intatte
bei Zaffiri Orientali eletti,
quai
le
Stelle in
rugiadofo gielo
Più sfavillano in Cielo,
. *
,
J
memoria
vidi
Due
;
per fogno quefto fol mi riede.
quella prima volta
vidi
.Che
cela
in
dirò quali in altrui vo
nella
Come
la
non faprò quali
ridir
AImcn
fi
fvela.
fuo (plendore Luci beate, eterno ardore.
Porta afeofa
.
Fa
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,
OCCHI*
GLI
Il
Fa
un chiaro vapor, mentre umidettì Rcndeangli in Tuo paflfaggio Nube cfterna di rofe orlata d’ oro, d’
Scoprian caro teforo
Di
E
lieti
tal
afpetti
temperato raggio
in
:
parcan dar faggio
Scevro, e
da' micidiali influfli,
ficur
Ch’
andai fenza fofpetto, ond’ è eh’ io fufli Lor, non mia colpa, in- rimirarli audace.
Che
s’
or fan guerra, allor promifer pace.
Pace, pace feconda De’ più foavi frutti, onde la fpeme Amorofo conforto unqua concdlcj Pace, che dove inonda, 'Reca la gioia, e vi dcponc il feme, Ond' è sì ricca , di beata mette ; E quanto altrui promclfe, Qual forza è di terreno, o di coltura. Scorge a frutto, e matura: Agli animi gentili in fronde, e in Rifponde d’ amorofi almi penfieri;
Ai
fiori
più fchivi, e feveri
Pur Agli
in
qualch’ erba di celefti odori
alti
poi
Sacri Intelletti
Spiegano
Con
,
alteri,
Dell’ altrui
;
felici
che e
i
fuperbi voli
foli.
fama, e di
lor gloria amici.
penne etcrnatrici.
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C L
O C C H
!
I.
23
Quai di mirto, e d’ allor folte ghirlande Non produce, cd infiora, e quai non fpande Palme vittoriofe trionfali A quei , che col morir fanfi immortali Di quella pace, ahi laflo. Sperai goder anch* io finché quel fogno Regnò nel cuor col fuo beato inganno ; !
.
E qualor vi ripalfo 1/ egro pcnfier, qual fpeflò fare agogno. Capir non fo , come 1* orribil danno Del mio sì vero affanno Del fognato piacer mai regga a fronte » Che
così vive e pronte
Riedon
D'
cuor queir adorate larve,
al
aita, e di pietade intente
Che
all’
opra.
più pofTente adopra
Quafi del mal, che reità E sì ricche conferve
,
il
ben , che (parve
:
Reftanmi ancor di quella dubbia luce, E quel che ne traluce
Raggio poflènte così caldo ferve;
Che
qualor
le
proterve
Nebbie, ond'ho Tocca gentil, vi
•
1'
alma
fi
colora, e inarca
sì
Iride
vaga, e tanta pace
Che
in quel falfo chiaror
Un
dubbio
Com'
gravata, e carca.
ifpira.
V alma refpira m' àlTale ; che quelle Luci fante. può,
-
allor
elfer
Che
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.
OCCHI.
GLI
24
Che Che
placide Icorfi ( e giurerei in tempra a quella uguale
sì
Splcndcan Tempre in fcftefle) Dolcezze, e illuftri di beltà Sì micidiali
Piovano
Che
,
e
in
mezzo
a tante
trofei,
rei
influflì ?
E
mi rimembra.
torto
qualor più raflembra
Per fcrcno fplcndor l’aria tranquilla. Si turba , e in prima il bell’ azzurro inalba •
Qual è Indi
fi
Tutta
E
il
mattin fu
,
T Albai
vela in latte, indi sfavilla in
baleni, e tuona,
denfa pioggia, e congelate pietre
Da
Tue molli faretre
Saetta; e pur allor, che più rifuona, E fulmini fprigiona.
Se la miri in fc ftclfa, eli’ e qual’ era. Rara, molle, foave, alma, leggiera; •
Vapor’
E
E
ei
fu, che a
lei
poggiar pretefe,
convcrtito in furia indi ne fcefc
quale invelenito
Del gran rifiuto, onde rifpinto ei giacque, Forfentuto delira, ed impcrverfa. Ed il materno lito Fulmine lquarcia, in cui vii fumo ei nacque.
Ed Il
in
turbo crudel fettunta, e riverfa
>
vicin bofeo, e fperfa
Ne manda in
pioggia
,
j
e in tempeftofo ghiaccio
Con
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,
, ,
.
GLI OCCHI* Con
invifibil
allattò
fi
ardito le grand’
crfc;
s’
tenne aperfe
ali
ver quelle
Fontane di piacere, alberghi diletti
non
fin eh’ e’
Tal un dolce penfier, finché Nel core, il cor fioftenne:
Di
*5
braccio
La fipeme, che
Ma poi che E le batreo
,
eterni
fupcrni,
AI
folgorar di placide fiammelle Furia farfi, e ribelle
Contro il povero core, ove pur dianzi Dole’ ebbe il nido , e il lufingò poc’ anzi Del proprio delirar come in vendetta Se penfier ne parti , torna faeta
Dunque
,
Non è Da noi
E
Luci beate voftra la colpa, e a ' vofiri sdegni
vien prima
feme, e
il
in
un
la
lcufa:
quella fcritate,
Ch’
altri
pur chiama voftra
in
indegni,
fenfi
Sol tanto è voftra, quanto lua dir Macchia, onde ’\ Sol s* accufa
Da
chi molto prcfumc, e
Nè
fa, che in tutto efterne
s*
ufa
poco fccrnc.
Son quelle a lui , e nulla fe n' immerge Anzi fon Tuoi rifiuti, e prcziofe
;
Reliquie luminofe
Di
E
filigini
fiacre,
con luce più
ond’ lieta
,
D
ci
fi
terge, -
j
-
-*•
Se
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,
GLI OCCHI*
*6 Se mai
E
Te
da
N’ ha
E
le
fc
bel
ben così
riforbifee le
,
indi ne (maglia
(caglia
manto, o corona la
alta
Cometa:
queta
Voftra placida luce altera fama
E
Prende da ciò, che mal tra noi fi diiama Ombra di sdegno, e fcritate, e in quella Noftra morte s’ adorna, e fi fa bella. qual appunto il Sole
Nel Cuor del Mondo alteramente affifo Creder gli antichi (ci fofpcttir de’ Saggi Moderni anche le Scuole ) Con forza invitta a immobtl centro affifo Trarre in catena di poflenti raggi
Per
gli
eterei viaggi
Le vaghe (Ielle., e dal fuo trono immoto Può regolarne il moto. fteflò egli fi volva, manfueto Giove,. e Marte irato, Saturno fpictato, collante la Luna in fuoi deliri Con quanto in Cicl fi rota: Tal voftra luce ancora, Occhi fcrcni
Sol, che in fe
e giri,
E E E
D'
alto valor ripieni
.
Ove
s' infonde, e mefee, ancorché immota Regge con forza ignota Di noftrc menti il mal ficuro corfò, Eir è fpronc al timore, all' ira è morfo, Onc-
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Googl
.,
GLI OCCHI.
,
*7
Oneftadc a bellezza , ad Amor norma Ad ogni alma Virtude, e moto, e torma. Guardine il Ciclo amico 1
Però dal rimirarvi allor , che piene D’ alto dolor piovete in dolci pianti In fui bel fen pudico Rivi di perle ardenti, e ricche vene
E
tremole, e infocate, e agonizzanti,
E
dolce palpitanti
Di moribonde gioie,
Che
fe
Palli
uom
e di
deliqui!
con lenti, e obliqui fùgge, e non fuggc,e Ha
tra via,
Chi mi rammenta più fenno , o ragione
E
?
tu con tue canzone
Mutola, e forda vai Filofofìa:
Che
così caldo bolle
Indi
'1
E
piacer; quindi
desìo trabocca,
’l
-
così folta fiocca
La velenofa fiamma,
Che
e sì
s’
cftolle.
qual, fe mai ribolle
Etna di
zolfi
ardenti
,
in
gran faville
Divampa
il mar, non che campagne, e ville; Tal fe pianto a fplcndor fue forze accorda fargli fronte ogni virtude è forda Per altro io penfo, e credo, Che gran Fattor dipoi , che indarno ci vide
A
*
Chiamarci il Ciel con fua bellezza eterna,Quali il fuperbo arredo Di tante fiamme invano ornai ne sfide
D
2
No-
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,
GLI
28
.
OCCHI*
Noftrc pupille di Tua man fupcrna. Per quanto io ben difeerna,
Formonne voi, Quel, che fe
Lume
A
c tutto vi raccolfe
nel Sole, e nelle Stelle,
incallito
'
pria difciolfc
ftupor toccò
le
appena
ciglia
Perchè, qual fe fi piglia La vaga Luce in picciol vetro, è vena Talor d’ incendio iminenlò ; E quale in chiufa tromba il muto vento E’ voce in un momento Voce d' orror, che nel fuo Tuono intenfo Rinfondc cuore, e fenfo: Tal fuo fparfo valore in voi raccolto Tragga in fiamma d'amore il Mondo involto, E agli occhi troppo, o timidi, o fmarriti, Rinfonda ardi;, che a lui mirarne inviti. Venian quell' Occhi ardenti Forfè da rimirar quel così chiaro Bel Maufoleo, che i tuoi divini accenti, *Menzini, agli Occhi di tua Donna alzalo: Quando appena rivolti quella, che a lor glorie ofeura Tomba In quelle rime il mio cantar prcfcrilfe, Gridaro in belle lacrime difciolti.
A
Oh fortunati, che sì chiara Tromba Trovalle, e chi di voi sì alto fenile! •
r Quella Canzone dall’ Autor? fu ecuùotata Mattini fiorentino.
al
•
#
fimoio Poeta Stntictt»
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,
,
29
SENO
IL * 414 ** 14
*4
* 4 * 1 4*4 4*44 4 4144 **
1*
411441 ** 1*4 41441 14*4 * 4 *
CANZONE
III.
vo’ cantar del tuo bel Seggio, Amore, Cantar del nobil loco, ove fuperbo al regno acerbo Sovente afpra ragion fai deir Impero,
’
I
Fanciullo
Onde
il Deftino incontr’ a noi guerriero Ti fé conquifta , e abbandonare il volle quel, che in fen ti bolle, D’ altrui tiranneggiar genio, o furore:
A
•
Del leggio tuo, non tuo, ove d' orrore Cinto, e d’ empj Miniftri al fanguc avvezzi. Qual fpeffo fuolc un giovenile ingegno,
N’
afcolti
Empj V
E E
le
lufinghc in fuon di lodi,
conforti
mal ufar del Regno:
a
fuperbi difprezzi,
i
ed i perverfi modi Hai per lufinghc , o vezzi duri tratti,
i
E rei coftumi di pietà rubclli, E sdegno, e ferità, clemenza appelli Ma pur feioglia e fia fublimc Canto i
.
fi
Che Di
fe
indegno
il
,
n’ e
il
Re , degno
n' è
il
Trono
,
cui ferivo, e ragiono.
M.i
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.
SENO.
IL
JO
Ma
di
L’
aitici
qual dirò io, però che tanti -
n’ ufurpa
in
fra
i
mirabil vanti
Della Bellezza, che cantando onoro?
Non
quel , che in lucici’ oro Per man dell’ Aure effigiato ha quanto Refe illuftre il fuo grido, c 1’ altrui pianto
Con T auree Cifre di volanti Crini Non quei, che d’ Orientali almi Zaffiri ;
In bianco fmalto intorno intorno avvinti Formano gli Occhi in due lucenti giri >
Nè
Ma
,
che
i
be’ denti in vago orditi dittimi
quelli
Labri
c
,
Fanno
in
i
divini
perle, e rubini:
quel, che d’ un candor chiaro, c fereno
in avorio F amorofo Seno Seno, oh catto Seno, almo foggiorno De’ miei penfieri immacolati eletti j Di puriffimi affetti Sacrato Alilo, incfpugnabil Rocca
Scopre
Oh
Oncftadc, intorno a cui trabocca ha guado , onde la tenti un core Reverenza, c Stupore! Benché in te fembri di tal gloria adorno Seder 1’ ingiufto Re, non c tuo feorno. Che ufurpato è 1' onor , non è conccfTo :
I)’ alta (
E non
E
ti
v’
rifpetta
Contaminar
Ma
fol
ti
non
sì, eh’ ei col piede
vola intorno
ardifee
tuoi candori
i
,
)
;
e infuperbifee
,
.
.
Che
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,
I
-
Che
E
a te
fol
Così
di
fi
L
S
,
,
,,
.
ENOi
31
veggia appretto
tanto avvicn, eh’ egli
s’
onori.
talor fe pretto
Reai Magion vano fanciul patteggia Ch'un ne '1 creda fignor, gonfia, e vaneggia. Ond' io, che lo, che in te ragione alcuna Non ha il perverfo, a te ficuro invio, Qualor me fletto obblìo, L anima in zelo accefia , e innamorata '
Che
qual
Coir Caro
ali
Colomba
dal desio porrata
aperte, c intente a te Tuo nido
di gioia
,
e fido
Vola dritta, e fpedita, e tanta aduna o fortuna. Che in lui ripiega le fuperbe piume: E dal perfetto loco, ove s'accoglie. Di fuo valor conccpe , ed in brev’ ora Nell' animofo volo arte,
Mille parti gentili ella raccoglie
Su quei , che '1 vicin lume De' begli occhi amorofi apre, Candidi fiori, e De’ noftri pianti Prova alla sfera
E
fe
c colora
fiume
irriga, e
l'
alta
la
D’ alto ftupor ripiena Col batto immaginar tanto non
Che
prole
dell' Eterno Sole vede a quella luce, pupilla immortai foftiene appena
regger
Che
'I
intenda
la
ragione
,
ond’
fiale.
uom
mortale.
Cui
.
31
L
I
S
E
N 0
..
Cui picciol lume in un momento abbaglia, Tempre sì fine ei vaglia Dar a un nuovo pcnlicr , che in fé produce
Che
intrepido ci
ove
s’ affili,
;
riluce
Quel chiaro Sol, che di fc fteffio accefo Per P univerfo penetra , c rifplcndc ,
E
infin di
quelle Tue fparfe faville,
Cui materia velò, 1’ anime accende: E mentre al non difeelò Da lei valore, onde gucrnir fortillc Suoi parti , il guardo intefo In fc rivolge , e fc in fc fteffa mira L’
E
alta virtù
del caro nido
,
ammira
qual’ Aquila fuoJ fu balze alpine
Di rupe in rupe, ovver Ai mattutini raggi Provar
al
volo
i
d’ abeti in faggi
generofi
Pria che curvar gli miri
Taf
ella
De’ fuoi Sovra 1' Fra
E D’
E
prova calli
ali,
i
Di
artigli
;
alteri
di cui alte rapine ,
c incoronarli al
fine
:
torto clic guernito aver gli vede affiai
gli
robufte penne
ftima
affili
Pria che fidargli
E
forti
pcnficri
difegna
fe
figli i
nuovi germi
all’
deliri all’
il
fianco, c
effier
fu
1’
’l
dorfo,
ali.
alto aereo corfo,
onorate prede
fuperni piaceri, ed immortali,
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SENO.
IL Trar dal bel nido Infcgna loro, indi
Di puro
Ed
fcorgc al mare quoto appare. incfperte penne
gli
latte, che
a fior d’
acqua
33
piede
il
sì
1*
In ficuro cimento a feior
gl' invita
,
Mcntr’ ella in aria ardita , Scn vola innanzi all’ aleggiar di quello Stuolo innocente al Tozzo Amor rubello;
E
mentr'
ei
corre
dolce feno ondofo.
il
Cui r eterno ripofo Fiato avverfo a turbare unqua non venne,' Gran prore vede, c trionfali antenne, Onde armata Oneftà Teorie tra due
Bei promontorj,
le
cui l'acre nevi
Saetta invan de’ caldi
Che Con
lumi
il
raggio,
le
notti d’ orror fa chiare
le
faville
Tue
A
chi tenta in quel
E
qualor legno fue
, •
mar
1’
c brevi
/
{ ,
;
alto viaggio
;
D’ impuro Amor tra baffi fondi alforto, Ei lo guidò di Caftitade al porto. Or poiché la gran Nave agile, e forte,, ; U’ la calla Guerriera è in alto alfifa.
Da
lungi
il
guardo
fifa
>
Al
folto lluol de’ Volatori arditi r Tocca 1’ ufato allarme , c i più fpediti
Su ben armato
Ad ,
palifcalmo invia
ifeoprir qual fia,
E
D’ on-
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, ,,
SENO'.
L
34
.
ei vada , e quel eh’ ci porte : Rifponde il Duce lor, che lieta forte In bel nido di fior fparfo, e di gielo, Nafcer gli fece alla beata riva Di quel vergine Mare, e che fen vanno
D’ onde
Con
ei
venga, ov*
balfo voi così di riva in riva
Carchi di fede
,
e zelo
A
mirar fue ricchezze, c un, dì feiorranno Forfè le piume al Ciclo
Amor, ma
Servi d’
d* Oneftade amici:
Dunque , rifpondon quelli ite felici Vanno felici , e dalle placid' onde >
Aura fpjra gentil, che gli ricrea. Anzi gli avviva, e bea, Ed un vapor d" ambrofia umetta , e impingua Lor piume sì, che mal ridir può lingua, Qual dell’ alata fchiera il vago arnefe
Ne crebbe , Con quello Lafcianfi a
Aure per Con-
e fen diftefe alzati, a
le foavi
rinforzato- voi
E ammirano
E
a
man
le
fponde
perle
ondofe valli traggon nell' alto,
frattanto in ricche vene
Correr a nuoto
Ambre ,
mano
tergo, e dietro alle feconde
,
fui
bel latteo fmalto
e coralli
Grazie, e Amori, e vergini Sirene
Alternar canti
,
e balli
E
tuu*
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Googk
SENO.
IL
E
L’ un
Or
35
tutta la gentil dolce famiglia 1’
altro a
poi che fcr
la
ben amar
riconfiglia.
fi
nobil voglia paga
In rimirar tante ricchezze, e tante, Eccogli in un iftante
Nel molle fen de’ profumati venti Librarli immoti, e contemplare intenti Il mirabil refpiro, onde pian piano Quel placid' Oceano Enfia foavemente, e con la vaga Sua candida marea le fpiagge allaga :
j
,
Indi torto
Avido
fi
s’
arretra, e nell' interno
.
,
ribee quel puro latte,,,
Onde appena libar pcrmife, e breve.. Grazia ne fece alle fuc rive intatte: , E mentre dell* cfterno v
,
•
,
Élulfo, e rcflulTo, ond' ci dona, c riceve.
Serba
il
periodo eterno,
Al Mondo,
a' di cui lidi
• .
or manca, orcrefce.
Ricche merci di vita infonde, e meicc Sovente in fui mattino, ove un fiottile
Candido vei
dal tralparentc
Scioglie di crini
il
grembo
nembo,
.
..
:
Qual villa, oh Dio, qual villa allorché Giù cade in fu la tremola marina
La
A E
ricca
pioggia, e T auree
fila
fina
elette,
quei candor fiammettcl
quale allor, che un lagrimar gentile
E
2
‘
Di
Digitized by
Google
,
.
36
L
I
Di due dogliofe
N o
È
S
•
in
(Ielle
.
.
bel
monile '
Si
trasforma di perle in fu quell' acque
Or
!
quella, ed altre mille alme vaghezze
Mentre
dell’ aria
peregrini alati
i
Paffan ebri di gioia, e di dolcezze.
Onde .
poi gloria nacque,
Giunti agli eflrcmi margini beati
Tra cui
'1
bel
mar
giacque,
fi
Lcggonvi
fcritti alla ventura etade ; Fin qui giunfer Bellezza , ed O.icftade Or qui 1’ onor delle lue penne altere Mi predi quel, che in fempitcrno vólo
Vive, e ne pafee folo Nettar
•
dall’ aria
in
Oricrinito
Augel
Perchè
volo, che
il
fu le nubi affido
di Paradifo, s*
alza, e
fi
dilegua,
De’ miei penfieri io fegua Già trapaflàn le nubi, e le carriere De’ venti, e le gelate ampie miniere De’ cridalli dell’ aria alta nevofa: E Luna, e Sole, e Lumi erranti, e Smarrifcon già, tant’
aria
filli
gli difparte
Dagli occhi loro, e ne’ lucenti abiffi. fi Ipazia, e pofa L’ Eterna Mente , alla fua pace han parte
Dove Pace
lieta
Così
di
,
amorofa ; Seno in Seno alle fuperne Acque fi ya delle dolcezze eterne* -
Bat-
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.
SENO.
IL Batti
,
Canzone ,
i
37
vanni
Là ve dell’ Elfa all' odorate rive Gode gli ozj beati a Flora illuftri *Quel Grande, che cantò d'Afia gli
E
i
affanni,
cui fudori induftri
Sparfcr d’ oblio Latine penne, e Argivc.
Ma
guarda, che V altera Vergine Mufa incontro Amor guerriera A prima fronte non $' adombri, e penfì Che porti di vii fuoco accefì i fenfì : Dille
,
dritto
fe
il
mio
penfier mifura
,
Povera fon, ma pura:
Ben più Qualor
*
terfi
gli
faranno
i
detti
noli ri
afpergan tuoi famofi inchioftri.
Intende del Sente or Vincenzio da Filicajt inGgne Poeta ditele la fopra riferita Canzone
,
• cui
l’
Autore
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,
,
,
38 T. -
'
CANZONE
A
m
o a
,
fc
Temuto
Come
qui
fcnfi
confini
i
Dio
c quale a
,
colafsù tra
che
,
oltre
veflilli
Mondo
farti
fei
ir.
vincer bramì altro
Se portar tuoi
Del noftro
'
VOCE
A
L
convienfi
,
tuoi.
i
noi,
tra
Quelle, che tempri, e
Nel noftro pianto E d’ un più beir
affini
armi fpczza,
orribil’
ardir fervido
il
fieno.
Dell’ arco in vece, e dell’ immenfio treno
De
i
dardi onnipotenti,
Quella a ferire avvezza
La terra , il mare , Voce angelica prendi i
T’ arma
di
Archi d’ avorio, fai
di
,
•
cortei
1
>
Uomini, e Dei.
c lacci d’
c
1
oro
punte di zaffiro, ampio teforo.
tue forze
Ben fanno ( e fallo Tremar la carne, e
Ma
di
quefta, e sfida
Carceri d’ alabaftro
Ove
J
venti
il
’1
cor, che sì ne languc)
fangue
i
quelle, che faliro
Del mortai
noftro in cima alte Rcine,
Che
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j
.
VOCE-»
.LA Che
nate appena induftre
39
man fupema
Fatò nell' acque di fua Elfenza eterna Contro materia ardita i Gentil cole divine
>
1
mai sì forbita,. E fcegli pur tra le più falde, e crude, Saetta , che giammai le colga ignude ? Contro quelle guerriere or che riferbe?
Qual
fia
,
.
Ben fei tu difarmato, elle fccure Amazzoni invifibili fuperbc.
Non
fai dove ferirle, e fc pur fiedi Torto qual* aura vedi Le molli clfenze, e pure. Dar luogo al ferro , e non ferbarne il fegno Pur fe volto in furor d* alti deliri L* orribil carro di tue glorie afpiri Le giunga, e le calpcrtì. Con quella Arcier più degna
Voce
Che
altera
1*
invelli.
innanzi a volo d* incorporeo llralc
Anche fuga di Voce pofTcntc in Voce foave in Voce di tuono I*
:
fpirco
ha corre
1*
tua portanza umile
tua dolcezza forte
ale i ;
in tuo tuonar gentile
t
vorrei ben della futura ctade
D’ Invidia , e di pietade Per mia beata forre Ferire
il
cuor con*
la
tua bella
imago
:
Ma
Digitized by
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VOCE
LA
4° •
Ma
qua! pofs’ io tra
le
create
cofe
Dir, che a te fu limile, c che vi pofe Quanta in te forza il Cielo ? Quello può fol far pago Il mio diyoto zelo ; Dir , che altrove giammai non forti cfpreflà Nella Terra, e nel Cicl, fuor che in te ftcrtà. Che miracolo è quel, quando dificrra La barriera di perle, c di tutt' arme Guerriera armata, urta, fracarta, e atterra Quei, che alla rocca del rubino ardente
Fan
batteria poflèntc,
E
dan perpetuo allarme, Caldi desii di non fpcrati baci ? E mentre a fecondar da cccclfo loco La gran fortita, un invifibil foco Piovon tonando i lumi,
Niun
di
Speranze
quei, che in
riva
1'
ai
audaci
fiumi
D’ amaro pianto alti lavori alzaro, Evvi per foftencr forza, o riparo. Qual di dolcezza poi rapifee, e fura L’ alme a fe ItclTe, all or che '1 fiero arnefe Spoglia, e pon le faette, c ralTecura
Al dolce Tuono
E
fe
il
Ciel,
la
Terra, e Y Acquei
giacque Quali in aguato, c attefe Al bel varco di rofe un Core, un’Alma, talor
fi
Un
Digitized
by
Google j
,
,
VOCE.'
I A
Un Core, un'Alma Qualor
tra 1*
Legargli
Tolto
al
.
41
ad Oncftade amici,
odorofc alme pendici
fin
fortille.
calma
in fcrena
le piume, c mille Care fragranze elette indi
Batte
Onde
E
il
follcva
rcfpiro altrui vita riceva..
qual da fua miniera in ricca vena Efce la luce in luce, c fenza alcuna Ignobil lega di colore, c appena Tocca quaggiù, che della in varie forme La materia, che dorme, E color varj aduna ;
Quale
il fubictto al fuo valor rifponde Tal quella nuova ancor luce fonora
Spira
,
e fe
llellà
variamente onora
Luce fi fa nel Sole, Azzurro in Ciel, nell’ onde,
Odor
>
:
•:
nelle viole
Nelle perle candor chiaro, e vivace.
Lume Se
nell' aria
,
in noi letizia
,
e pace
in quelle note sì foavi e care All’incauto Narcifo Eco rcndea
Le
difperate fue querele amare,
D'
altro, che di mortai bellezza accefo,.
A
vagheggiare intefo
D' amor
novella idea,
Nello fpccchio
dell’ aria
F
i
Tuoi cordogli,'
Del-
,
.
1.
A
.
VOCE»
Della propria Tua voce in queir, iftante
Languìa
E E
trafitto, e diveniane
amante}
d' alto ftelo in vece, d’ odorofi invogli.
Se tanto dir mi lece, Metteva piume, e penne, e in lieto volo Sen già col canto a fercnare il Polo Or qual voce fia mai, che ne difeopra,
Voce, tua forza, e Y Di tuo mirabil canto,
alta
maraviglia
e quel eh' egli opra?
E certo ove rifperto il feno ignudo Non armi, e ne fia feudo, Se V ardor delle ciglia Mufico fiato favorifee, c infiamma, Forza d' arte , o configlio , inutil rende Fulmin così, fe i noftri tetti accende. Benché dal ciel ne venga. Si tragge alla gran fiamma, ,
.
E talor Ma fe
fi fpenga i vento v' accorre, acqua, e rovine Son vano fchermo , e tutto è fiamma al fine La Tirannia gentile intanto applaude quei begli occhi, a cui tal forza infpirai
fia
il
A E
la
Gloria crudele a ornar di laude
Più poflènte che mai D’ armoniofe note,
E
1'
aria
percuote
vi diftempra, e fpira
D’ almi Tuoni,
e d’
odor -
quali
un concento:
Ro-
!
Digitized by
Google
,
,
VOCE»
LA: Roma
»
4*
così nel fuo mortale affanno
Vide del Lazio D’ eccelfa torre
barbaro Tiranno
il
cima L’ acerbo fuo lamento in
Schernir con lieta rima,
E
fiamme , e
difperata in fra le
Udì
’1
pianto
,
fuo rogo confacrar col canto. Vero egli è ben, che nel crudele efempio Sol non T imitai ma qualor rinfranca, •
il
E' magnanimo , e grande il grande feempio E d’ umil tetti in vece, aurati jncarchi
Di gran palagi, e d’ archi. Fa Roma in regger Ranca Che tale anch' ella in fu mine fparte Di baffi affetti , e di deliri indegni Erge moli fuperbc, ove fol regni Vittricc alta Ragione, ;
E T orna a parte a parte, E gran Trofei vi pone, E di gran gemme, e di grand' Di Virtù
Dì
quella
Già
Da
E
eccelfe
Voce
concertar
i
T
oro onufti
Simulacri augulti.
in fu alta
T
idea perfetta
armonia
le
Sfere;
quella ufcì quanto quaggiù diletta, per gli orecchi al cuor difeende, c moke
Di foave,
Che
e di dolce»
fue reliquie altere
Sparfe per
T
aria, e dille
F
2
il
Mallro eternò, Qijc-
.
.
LA
44
Quelle vo’, che
Ed
agli Augelli
V O G Ei dote
fian
alle
Sirene,
e tcmprcran lor pene
,
Se quella voce udio.
Ne
rcfpira
1'
Inferno
:
In quella voce Iddio Il
Ne Ei
gran Fiat produttivo almo e fecondo gridò fu V Abiflò, e nacque il Mondo.’ riprefe
la
pofeia, e nel più alto
La ripofe del Cielo, e poiché feorfe La pienezza del tempo, e che dall’ alto Venne Cortei, che fola nc fu degna, Le ne diè per infegna D’ onnipotenza forfè;
Nè
perchè intanto
mortai bocca fuoni.
in
Del fuo primo valor perde, o rimette y Che tante, e tante alme Virtudi elette -
Ne
E
muove
crea poflcntc, e
Co’
fuoi fecondi fuoni,
virtù tanta piove
,
;
r
;
Che fpdTo
io dico in van pensiero immerlb.
Quella è
Alma
1'
(
chi fa
?
) dell’
Univerlo
Anzi cred’ io, che T formidabil giorno DÌ dolcezza , c d’ orror temprata , e Nella gran .
Tromba
a
mifta.
noi farà ritorno,:
E
dove il gran Sorgete alto rimbomba Rifponderan le Trombe,
E
1’
.
antica conquifta
Rilafccranno
in.
tutto,
i'.
)
ove in
quell’ olla *
•!
Ne
Digitized by
Google
. . ,
a:v
L
Ne
rifvegli
O C-E.
45
Tuo fpirro aure virali
il
Spirto, di cui fen volerà
l'u
;
ali,
1’
i
Vita, che in nuove tempre, 1 Tanta fia allor fua potta , Vi refterà per Tempre, E riforbita in Ciel dirà le glorie Di Dio a' Beati , e T immortai vittorie •
•
.
. .
:
.
.
•
,
;
Che
c quello ahimè ? Già temo , o Tento, o panni Grave ftupor, che la mia lingua annoda.
Nò
pcrch’ io
tenti, da
’I
lui
Che
più mi sforzo, e più Della loquela, c Cervi
potto aitarmi:
m’
incide
i
nervi
Fagli a iìlenzio, e inchioda
La rima Voce Tei Poiché
sì
,
che
*1
tu, che
la
dai
contrattar
la
eh* anche da te
,
vano
fia
togli, c brami
mi
fi
,
chiami
Miraeoi nuovo Un Tatto In raro Tuono, e ftrano !
Suonar Té
il
Sole
Io
.
latto
Qui mi rimango al vivo Tuon temuto Di Voce onnipotente, c fioco, e muto. Vola , Canzon , Tu T erta InacceflibiI Rupe, ove del Tacro Dolce velcn
di
non fognata Circe
Dircc pottènte Dirce
Forma
a
uno Sruvro *
* Intende del celebre Medico /-Retici
1‘
Autore
,
Filofofo
la preferire
eccelfo
,
e Poett
Canzone-
almo lavacro DiLtnnzt BtUini
a
:
cui
46
1
A
VOCE*
Digli, che fe inefperta Eco ftraziai di quella
Ove
pietofa
Spieghi
la
i
Voce
il
Tuono,
i
danni,
vanni
Tua per riftorarne
Sppro mcrto rrovar, non che perdono.
LA /
Digitized
by
Google
,
,
47
MANO
LA
CANZONE Min odoro non
fcolaro di
v' era Iddio
,
o
Pilaf'» ma v’ era
di Se
un*
,
che durane
infinità
d’
r. l’
eternità »
Amori
Che
.
fintante Amori
quelli
che gli governava, li cercarono, andando in traccia I’ un dell* altro per luogo tempo . Che dopo lunghe carriere , e replicati fmarrimeuti per gli fpazi immenfi fi rifeontrarono finalmente , e ordinati , e adertiti fecondo la reciproca proporzione delle loro lodarne Carpatiche a* unirono, e fi legarono inficine fcmplice , e indifiulubile coti indiffolubilmente , eh’ e' divennero una unità , Che queQn grand' Amore formato della moltitudine di quelli Amori eterni, viene a effer quello, che noi chiamiamo Iddio .chiamato Complico d' Amori s XvAAiJi» rio l(órot > anche da’ Filofofi Greci tirati
dal pefo
>
inclinazione
dall’
,
s
G
iunto Che
AlefTandro
all*
infolubil
de’ riporti eftrcmi entro
*1
Nodo , profondo
Mifteriofo impenetrabil giro
Chiudea, fe vero f odo, L’ Impero alto del Mondo, "1
Dell’ involute fpire
il
Pria che tentar con
Gonfio
Air
di
gran rigiro
mano,
in
Uranio
modo
fpeme, e di fuperbo orgoglio,
affettato foglio
Dell’ Univerfo alto fender
s’ aprìo ; Miri dal Ciel qual mi trarrà d’ impaccio
Se non
la
mano ,
Oggi confufb ,
il
Dille, c in fu quello
E
’l
Decreto
,
braccio
anzi fchemito Iddio
fatai
il
nudo
ferro ftrinfe,
delufc, o vinfc.
Mcn-
Digitized by
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,
M
L A
48
Mento,
ci
A N 0»
noi vinfe, e noi dclufc: e
Flutti del
fieri
i
Tuo furore in poca arena
Del breve fpazio
,
cui
girar le
fponde
Gl’ infingardi Nocchieri Dell’ età prifea, appena L’ orme
E
qual’
lafciar all'
delle
tcrribil’
arte d’ acquiltar
onde. gl’
Imperi
L’ arte altresì di foltcncrli ancora Convien rifponda ognora ;
'
E
Tal quella fpada, onde augurarli il Regno, E n’ ebbe ’l Mar del vinto Eufrate elangue Acqua non più, clic fanguc, Forte non fu, ma ben crudel foftegno ; Pur del troncato Nodo in vano ci rife, Che tolto le gran trame il Cicl recife. . di tal colpo , che neppur la fpeme Reità al fuperbo invidiofo fpirto D’ aver 1’ altrui, nel mal difciolto intrico. Speme rcciia: e feme Sotto ’l beato mirto Di nuovi sdegni hanne V orgoglio antico, Che tra i ripofi eterni inquieto freme.
Però che voce udir Pargli
clie
,
sì
il
tra
acque
1’
richiami
,
e
i
rami
i
nodo , onde pur fallì vano penficr , che ’l cuor t' ingombra Fu fol figura , cd ombra D’ altro invifibil, che più alto Raffi, Folle
Gloria
il
tradito
il
Digitized by
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,
LA
E
.
MANO.
Per cui difeiorre immaginò mill’ anni L’ induftrc mano il Ciel con dolci affanni in quefto dir di quella voftra intende
Donna :
,
gentil, di cui
fi
^
Amore
ferve
Alle più dubbie imprefe, allor che inccrtq fua poflànza , ci prende
Di
Gli archi più forti, e
al
core
De’ più fchivi, e ritrofi il voftro merto Vi pon per filale, e le gran corde ei tende Ma quale il Nodo fia , onde ragiona Sotterraneo Elicona,
Sovrana Clio, deh tu mi fvela, e intanto Dei facro fonte d’ immortai diletto petto, M’ empi le fauci, e Onde concorde al ver s’ oda il mio canto,
E fia nota la Man, cui '1 Mondo debbe La libcrtadc, onde talor gl’ increbbe. Già non v’ erano ancor cofc create,
Ma
folo eterne, c del gran Nulla
Stuol d’ increati fempiterni
Con
ali
il
feno
Amori
forfennatc
...
Correa fenz’ alcun freno , E ’l cieco voto immenfo in lunghi errori Pof'cia che mifuraro in lunga etatc *
Gli uni degli
Mercè
altri
in
de’ forti inviti
traccia, al ,
fine
uniti
De’ reciprochi genj , e occulti ifiinti Pur fi trovaro , e in fcftcggiarfi eguali
G
\
.
.
Sì
,
con
$* intrecciar
Sì
M A N
L A
5-O
>
l'
0
.
ali
Che ne reftaro in ftretto nodo avvinti Quindi aflegnare a Dio Tuo nalcimcnto Greca Filofofia ebbe ardimento. poco ver gran fallita cofparfe Cortei, che in Tuo fognare, in parte ofeura Del men cieco Gentil la dotta (cuoia : Ma quel, che in pria le apparfe. Qual fuol per notte ofeura Lampo apparir, non fa menzogna, o fola: Che quei fognati Amori, ond' ella fparfe Delirando 1* Abiftò, in noftre menti ;
A
Formar nodi portenti Di lor medesmi ; e sì Gli uni con gli
Che I
sì
i
,
c avvolti ,
più fanti andar difciolti
fpiaccvol gruppo
Per quante mani
Che
intricati
in loro amplefli andaro
indarno poi tentaro
più cafti, e
Dal
altri
illurtri
,
e così
al
duro
Mondo
furo.
a tanti doppi le sì varie penne
Del buon, del reo si rincontrato, e tante Volte, c rivolte in aleggiar fi diero Che sì forte non tenne
Mai Cavo in Mar fonante. Cui tra i venti fidò cauto Nocchiero Ancora grave, o fmifurate antenne. Quindi qualora
agl"
Turba avvicn, che
•
innocenti, e cafti fovrafti
De*
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.
L A .
De* più pervertì
M A N O.
fi
ragion rubelli.
alla
Ne’ vani sforzi dell' avvinte piume Al bel natio coftumc Otta virtù degl' intricati anelli . Legno così, che noteria fu 1' ondai Appefo piombo, Tuo malgrado affonda.
Ed oh
quai feoffe, e quai tremoti, e quale
Crudele effetto d’ interina guerra
A
quell'
Alma
infelice, ov’
Cotante furie! c Difcordia vi
avviarli
Celcftc
Amor
il
nido
ferra,
fi
Che-fc
hanno
tale
ove
accenna un fido
le
:
col ventilar dell’ ale
Ella prefume, ecco
contrario è detto;
il
Se abbandonarli a quello, E a ficco giù precipitare è volta. Ecco 1' altro il contende, e tal fa forza.
Che a rifalir Membra così
la
sforza
:
d' infame reo tal volta Punti dcftricri in ver contraria parte
Dietro le
Ben da
traffer
pietà
lacerate, e fiparte.
commollo
in
prima
Ciclo
il
Mille ftupori egli fichierò nell’ alto
Al gran foccorfo, e a’ collegati D' amor, di fé, di zelo Dar faggio, e far di fimalto Tentò quegli aggreffor-, che si Libertade opprimean
fienz’
fui
d’ altrui
i
alcun velo
Digitized by
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,
t A
52
M A N
:
O
. .
-
D’ oncfto , c la terrena alma bellezza Provarli ebbe vaghezza A feior lo tiretto nodo , e le ritorte Sì ftrette , e dure , ove Ragion languia
E
Ambi Iti
Ma
;
Filofofia
tu
tu
,
Fu di Dunque,
ancor
la
Bellezza
gloriofa
forte.
Cicl
falliltc
e
,
'1
tanto penar vergogna dille
e in tutto
,
frutto
il
gran Dio, nel Paradifo
il
una Man , cui fidar polfa mia Virtudc, e ne fi a degna,.
Si fabbrichi
Tanto
di
Ciré quel, che 1
Arte non ebbe Di feiorre, ella
Madre
E
Altari
dilciolga
il
,
libertà
augufta
fella
i
Porganle inni Dell'
vifo
,
e si
ne venga
rifo
.
dell' antica
in
bel
polfa
appellata dell’ Qtcrno
Riftoratrice
E
più
o
,
vetulla.
;
facri
Amori
di
laude, e
e
,
1’
in
zelo
ergan
Simulacri,
e
Mano
alta
Qui tacque,
ad
alta
e intanto
i
gloria
intefi
Serafini
alati
Spogliano il cielo, e Taiia, il mare , e Varie gemme dal fuol, gigli, e viole,
E
candidi
Ambre, Dall'
giacinti
,
e gclfomini
,
ed alme e
i
prati
..
;
mar; frefche rugiade
e perle' dal
aria, ;
Fragranze
acccli
làcri
,
e
fole
pellegrini
Va-
Digitized by
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}„
.
MANO.
LA Vapori
eletti
,,
53
Eoe Contrade}
dall’
E faville dal del, raggi dal Sole} E caldo gielo e temperata fiamma rinfiamma Da lei, che ,
fi
Dal Sole } e in breve ipazio eccogli onufti Degli aurei cinti il preziofo lembo, Qual rilucente nembo, Cui ne fpingan dall’ Aulirò i fiati adulti Applaude il Cicl le ricche prede , e inrefa Evvi ogni mano alla lodata imprefa Qu-al fonde perle, e in profumata forma L’ ofiatura gentil getta , e conduce} Qual lblvc gemme , c di rugiade afperga Lor polve, indi la forma In palla, e d’ aurea luce
La
lega, c
Ed I
entro v’ immerge,
ricchi odori
i
molle foltanza ecco E informa
in
candori odorofi
v’ inftilla,'
altri
'
Che
da que’
Altri
Bianchi
Ne
tira
zaffiri, ,
c già
Di bel rubin
E
fior
dillilla
intenti
al
Fan rifuonat
,
e azzurri 1’
ha
«
•
/
i
,
e arterie, c vene
piene
che per calor fluif^e^*, magiltero in dólci dell’ alta
Mano
i
canti
Superbia di Natura, c non
"
vanti
Ma già al fuo fine la grand’ opra è E all’ apparir dell’ onorata Mano (
«
:
ammorbidifee
mirabil’ arte
in
/corta
di lei.
Che
Digitized by
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,
MAN
LA
54-
Che
così umìl
O.
porta ) S’ allenta di lontano la
L’ indifTolubil nodo, e gran trofei
V
Alme
affrancate a chi
Innalzano fcftofe, cd
Amori
in
ben nc apporta
tal
colerti
i
bianche vefti
Volano incontro alla Miniftra detta Da Dio di libertadc, e mille baci D’ amor caldi, c vivaci, Porgonle riverenti, c
la
diletta
Sorte a fruir con penne agili, c fcioltc,
Dan
E
mille voli in Ciel, mille rivolte.
qual effer potria, che non
Nodo, o
fi
feioglia
ritorta, allor che le lottili
Bianche dita invifibili, leggiere lor talento, c voglia PafTano un core , e i fili
A
A
cui
’l
Govcrnan
Non
viver s' attiene, a lor piacere sì,
che morta arida foglia
più governa
il
vento, che
Dalle fue cime eccclfe
E
al
la fvclfe
?
balenar di quel vivace latte,
Viriti, qual più languifce in lacci avvinta
Si fcuote, e
Nè
fa
il
al
volo accinta
perchè,
fi
fente, c prova, e sbatte
L’ali, e fciolte le ammira
U
\
c già, che sfide
aure ne fembra, e prevaler confide.
Del
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,
MANO.
LA Del
fol
mirar
la
,
.,
,
55
Mano ignuda, narrerò , ma vera
bella
MirabiI cola io
i
Dico, che qual chi fogna, e
piè
i
tigretti
Sente tra ceppi , e fuda E s' a nge, e scn difpera, ‘
Defto muover non gli ofa, c sì gli ha rtretti, Qual , fc ’1 fognato laccio ancor «gli chiuda Fattone dal timor vero legame i Così quel nodo infame Per contraria ragion , che 1* alma ftrigne Al folo afpetto della Man polènte L’ anima di repente
A
forza di fperar fchianta
Or che Tal
farà qual
Mano
I' parlerò
Che
i
che
,
'1
fi
feigne
fcuota
opra immota
lei
s'
accorfc
L’ occhio, e fovvienmi , fcalc oltraggio Se mai intricato intorno
Al cuor Era
Che
laccio
in quel
s’
?
primo giorno
mia libertà di
per
e
,
fu’ arte
lacci, fe tant’
me
di
con
il
guanto,
attorfe. n" agghiacciai cotanto.
punto, e
mio fuoco il fuo foggiorno Non fuggì ratto, c fc non prefe il volo. Quel Ella Il
fe
'1
vital
laccio al
petto
Inufitata
il
volto ,
tenne il
c dolce
prova
folo.
conobbe, sì
,
e
torto
aperfe
che a quella nuova
,
s
N A N O
L A
'6
•
L’ anima in Cicl fi tenne, e tanto s’ erfe. Che per crederfi in Ciel , n' andò ben poco
Là
fi credea , non gitte in gioco cuor la bella Man pictofia Quindi mi tragge, c quella, che V avvolge Si ftrctta, c al mover Tuo cosi moietta
u’ effer
,
Intanto
v
.
il
Fafcia miftcriofa
Ne
difviluppa, e fvolge.
Che
è vana fpeme a
Refpira
Non
E
core, e
’l
vii
dcfirc
ave del piacer, eh' entro
di così
s’
appaga
infetta:
dilata, c pofa
fi
1’
allaga,
;
No, dice quella ( e intanto in molti giri Di perle hammi di nuovo il core avvolto
Che
per foverchio
Si perde libcrtade,
Di
ciò
Catena
non -
eli
Oh Mano
’
far
,
ove tu in
afpiri.
me
libertà
oh degna
,
ti
piega;
lega.
ti
oh
faggia
De’ cuor liberatrice, alta Reina Di libere Potenze invitte , eterne Se quel , che a noi fovrafta
E Amor
)
fciolto
parola, e a
è, ma
cccelfa
ir
,
oh
catta
!
divoto inchina
amorofo, alle fuperne un dì formonti, c in vafta Ricca pioggia di ftclle arda, e fiammeggi:
Caro
feettro
Parti
del Ciclo
Deh
prendi, c guida, c reggi
.
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Googl
,
L A;
.
M
A N /Oi
Quell’Alma, ed in fu Ch’ ella s’ innalzi là y
If ali
d’
E
57
or sili* addeUTai
onde tu
fcci^di
ì-
quella, che le rendi y j Ululile c chiara libertà*; maeftifc c oicjfi Le iia d’ un bel: volare* ? cogì fida * il ;{ -,
Che
•
_>
Tua fchiavitìi non rida. ].* Mano*. oh ì£an foaye.; con piccol cenno ogni uom felice! Oh Man leggiadra, ove ’l mio bene alberga! Or che 1’ indegno, e grave
Oh
del cader
(
bella, e bianca
Da
.
far
Giogo Ponmi
fcuotcr
mi
lice,
il gentil tuo freno, onde lì terga L’ antica macchia, e V una, e l’altra chiave De’ miei penlìer, che l'error mio ti diede. Ti renda or fenno, e fede: E ’l mello cuor, che defiando è morto,. Viva per non curar ciò, che già volle: Già al fiero ardor , che bólle Porgon tue calle tempre almo conforto, E m’ infonde la vita, onde pur vivo.
La fredda Man, di cui Canzon, del Tebro in fu Cerca
tra
sì
caldo io ferivo.
la
manca
riva
llatue, e logge, c cedri, e fonti,
D’ ogni bell’ arte innamorata un’ Alma *, Che mar varcando, e monti, Qncl H Dice del dottiamo Pati» Falconieri , abitante / aloni mandò tntto il prefente Canzoniere Si Vite quella Canzone della Mano .
in ,
Roma
,
a
cui
il
Ma-
e confactò particolare
j
L A
$8 '
Quel
sì
'
M A N
'Dì
chiaro, e fublime V;
-
r
'
«
«
>
Sol, che di Scozia in neri raggi apparve Nè mai dal cuor gli fparve.
Incoronò di palma, fiancò penne, e rime: Non ambir già T illuflre lode , e chiara
E
Ma
’
i
i
,
.
>
>
>
tuoi difetti umile afeoka, e impara.’
*4
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,
S9
1
L
I
C
D
P
aN
Z 0
al memorando Ch’io
Onde
sì
vidi
i
D E
E
I
KE
[
Vi.
formidabil giorno,
Capei d'oro all’aura
fparfi.
fubit’ arfi,
E gli Occhi di zaffiro, e Per cui volar d’ intorno
’l
Seno adorno.
Nc lafcia Amor quant' altri al mondo Ed ove aver può fedej E da quell’ ora, che ’I fatale arnefe
vede,
ei
Spenfe, e fpezzò, di faci, archi, e quadrella,
E
nell* aurea
procella
Dell’ angelica
Voce
al
cuor
E da quel punto, eh’ ei mi Con quella Mano invitta, Ond’ c
,
mi
fcefe
;
die {confitta
che in queft’ età fon più mortali
Che pria, fuoi colpi, c Da quel tempo, dich’ io,
fuc vittorie han l’ali:
così divifo
N’ andò dalla ragione il fenfo infermò, Ch' ebbe talor per fermo Veder cola
E
tra
noi del Paradifo>
Ipefiò sì conquifo
*
Ha*
'
Ne
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,,
,
PIEDE.
IL
6o
Ne
,
me
infiammata fpcra , Credei, non là, dov’ era.
che
fui
nell’
E qual è quei , eh" cfprcifi in bei colori, Difarmati di penne il dorfo, e ’l fianco, Correr libero, e franco Vede
il
campo
dell’ aria
i
vaghi
Amori
Nè
penfà con qual’ arte, o con’quai piume Oltre il mortai coftume
Poggino i pargoletti all’ alta cima Del Ciel , perchè cofa immortai gli eftima Tal appunto in mirar quell’ Angioletta Penfier giammai del fuo pofar mi‘ calfe > •
)
-
1
E
fc
talor
m’
-•
;
afialfc,
Forfè ( difs’-io ) leggiadra nuvoletta D’ ambrofia pura e fchietta Sarà, che afeofa fotto 1* aurea gonna. Fa al bel fianco colonna.
E
qual’ è fama, i Serafini ardenti Velar di penne i luminofi volti,
E
tutti
in quella
Così
Da
forfè coftei
Pur
1'
altero bullo
mortai fpoglia onufto
Solo ne porta I
accolti
membra andar contenti?
Scevri dell’ altre
,
e d' invifibil piuma
alla
fin
,
ficcome piacque
Perchè fofièro
me
in
.Stupori alti e preclari i
<
*•
contorni di quel ne vela, o sfuma.
w
al
Cielo
tanti, c sì rari ?
- X
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Google
,
.
IL
P
DE.
E
I
6
1
Quante chiude bellezze quel bel Velo Di caldo, e vivo giclo.
Un Le
giorno in
fui
All’ entrar d’ un
Di zelo, c
«
mattino, allor che bofchetto, ov’
di pictade acccfo
Pria che fpunti Levar la mente
il
il
terreno.
al
fempiterno Sole,
fo
Con
gli
E
care veftigia in pria vi feorfi
le
i
fuolc
ella
feno.
Non
come , o perchè tra Qual non folca, fuperba,
fiori ,
c
l’
erba,
occhi curiofi a terra corfi,
Io non fo ben ,
Alba
1*
vie del Ciclo inalba.
ridir
qual io
reftai-,
Sì ebro era di gioia in fu quel punto
E sì da me disgiunto. Che Y orme del bel Piede
io
io dirò, che mai Veltro non corfe lieve damma
,
ravvifai.
Quello
.
.
Qual
E
io di
benedilli
Che
sì
quelle '1
baffo
in
loco,
traccia
gli
caccia, ' .<
giorno, c
il
miraro
in
, 1’
occhi miei
Se pur dove cortei Toccar degnò, baffo può
dirli
Che qual fovente in fofeo Nube , che forbc il Mare
ora,. ;
ancora:
Cielo appare
;
t
Tal
quanto ingombra
Qgefta
nube gentile
o Y ombra fua riceva
,
a
fe folleva. •
•
•
•
•
»
e
*
E
ben
Digitized by
Google
,
6l
E
I
ben folleva; I luoghi
Fior
Li. P
1
che dagli
,
E D
E..
mirando io chino
-che
fean
altri
diverfi
bianchi, azzurri, e perii,
Secondo ove toccato avea '1 divino Avorio pellegrino, Per molto, che con 1* occhio, c con la mano Spiaflì , fc in un piano Era il premuto loco , e la Tua fponda , Anche dove più molle, e rugiadofo .*
.
J
Lafciò 1 fenderò erbofo Quella nel fuo palTare Alba feconda ; Un fol non ne trovai , che ne fallilfe
E
che più
Che
terfo
man
Se
giù
ne gilfe. da fue parti eltreme.
fpecchio
foave fu vi
PalTcggia II
fuolo
per
Il
pie
il
diporto, o
alquanto avvalli
Ch' è corpo al fine, Cangiar non può fuo
Ma
o
palfa,
Ben credo, che qualora
e
’1
preme.
gentile
monti, o ,
valli,
-
awcngachè
fottile,
Itile:
credo ancor, che rollo reverente fuol qualora
ei
fente
Alleggerirli dell' amabil
pefo,
Per lufingar df quelle calle piante Il genio, in un illante S' alzi d’ un bel vigor , che quindi ha prefo E d’ un feme invilibil, che n’ elice,
Di
virtù
,
fioritrice.
Per
Digitized by
Googli
,
IL
,,
•
PIEDE;
6}
Per una forma, eh’ ei da' fe cancelle. Mille in fior ne dipinga, e ancor più belle. in vero a gran ragione il lufinghiero Suolo di tant’ onor fe fletto priva; :i
E
Però , che a ranco arriva cuftodia , onde
La gelofa
-
'
,
’l
.
-
:
;
fevero
*
Caftiflìmo pcnficro
Guarda
il vivo alabaftro, ove fi pofa La macchina amorofa, Che per molto aguzzar di sguardi induftri Per difeoprir le ricamate fpoglic, Entro le quai s’ accoglie. Per degno frutto degli affanni illuftri *•
Ridir non fo, fc in ambra, in feta, o in oro Si chiuda il bel teforo. Sì guardinga il fottraflfe , e sì moietta ÀI curiofo fguardo invida vetta.
Nè
collegarfi a
i
-
.
caldi miei fofpiri
Valfe a i timidi venti, ed agli arditi, Per invertirne uniti Del ricco manto i dilatati giri. Suoi più forti ritiri E ne fcappalfe all’ occhio mio furtivo
Un lampo fuggitivo Che quaior la volante
•
;
E
quelli dal
Muovono
E
al
ne trema
otte $’
mio cuor ,
accampa
quelli dall’ alto
grande aflàlto, la rerra, c 1’ aere
avvampa; Ec-
,
.
64
I
X
Ecco improvifa
P
li
Oneftà far forata In un vago rolfor, eh'
Ad E
D
E
E
J
volto ulcita
in fui bel
'!
fen venne
ivi
incantar le temerarie penne
non
fé
folle, che talor coftei
Rivi di latte, ove
Con Pon
le
membra,
belle
mi rimembra,
piacer
-
•
.» -
Fera gentile in quegli accefi
la
Giórni degli
Quando
tutta
arfi
meli,
grondante ufeir
le
piacque
>
Dalle Ior tepide acque.
Mi
difegnan gentili in fu
1'
arene
Delle riarlè folitaric fponde
Quei piedi Io per Avrei
me la
Or non cedo Per
A E
le
in
cfprcflì
onde;
credo, che di tanto bene -
villa ancor* ancor digiuna.
in fortuna
feoperte
umide macchie ombrofe
chi feoperfe in
Ciel fiammelle afeofe.'
qual, fe mai pupilla, ove
la
fvie
Strana vaghezza, temeraria e nuova
Di
fua virtù fa
Fifo mirando
il
prova Sole a mezzo
il
die,
'
Dall* alte accefc vie
.
Qualor ritorna, c in feuro loco c allenta, Refoira, e fen conforta;
Anch'
io così gli alfaticati fguardi
Dopo
lungo mirar
,
fe
mai
ritiro
Dal
Digitized by
Google
, ,
IL
,
PIEDE.
.
6$
Dal volto, onde fentiro Quinci , e quindi avventarli c fiamme, c dardi, E da quella, che vcrfa dalle ciglia,
Ardente maraviglia. Pria che à nuovo mirar
erga, e aflecure,
gli
Gli riconforto in quelle macchie ofcurc quale ancor Y acccfa ebra pupilla,
Ma
Che
in fe riferba
prcziofi avanzi
i
Del Mare, onde poc’ anzi Pria vagheggiò la luce , indi Qualche gentil favilla
Anche
A
da
fe
Che
tra
'1
fe
per
Di tempo
chiufo orrore rivela
forbilla
ove.
,
li
cela
;
Y ofeuro tenebrofo campo in tempo gir per Y aria
erranti
Simulacri volanti
Del Sol
le
fembra, e
E
sì
s’
talun
Tinto
E
sì
accende, e
fiera
luce
di color sì vivi
Ch’ Tal
in
in
ella
le
lampo,
traluce
,
indi ne fmaglia
del proprio
quell’
difparir qual
immaginar
s’
abbaglia
:
orme ancora avvicn, che quelli onde mi ferve ,
Sacri fantasmi ardenti
La mente in fue conferve. Or m’ adombrino il volto, Degli erranti capelli, E della voce il tuono
Del
c
,
1’
ora gli anelli
odor grato
caltilfimo fiato, I
E
il
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'
,
IL
66
E
il
E
'1
P
,
.
E
I
D
E
.
lampeggiar del rifo, e del bel pianto Le vive accefc perle , e i vafti inccndj E i folgori tremendi Onde'l del del fuo volto ha primo il vanto,
Ed Ed
portamento altero, e in colori
Ch’
io vidi
Ancora,
sì
i
gelti.
vivaci, e fidi,
meno
allor, che
il
vero io vidi.
e quello è quel, che tutto avanza.
Da
falire
Al
piè, che ogni mortale
Cofa
moti, e
i
begli atti onefti.
i
al
bel Piè mi preltan
altero calpefta,
J ]
ale
;
ed ha fidanza
Per più beata ftanza
Che
di quell'
orme
in
fu la fida traccia
Di quella, ond' arde, c agghiaccia, E che in un forte immaginar nc fura Tenera neve al delicato petto.
memore intelletto. Alzò 'I ricco follegno, ove Natura marmi ( Com' Arte fuol fotto animati Il
Scolpir battaglie, ed armi Il
picdillallo eccelfo ) in colpi
Dell' intero Edificio efprclfe
i
egregi
pregi
Così '1 bel Piè con invifibil* arte Forma '1 penficr d’ immaginata neve, Snello, fcarico, e breve
Venato
E
di zaffiro a parte a parte (
mille ha io fc colparte
Mor-
Digitized by
Google
,
.
PIEDE.
IL
,.
,
*7
Morbide grazie, c facili dintorni, U’ par , che ’1 brio foggiorni >
E
tenere dita in lor riftrette
le
Tingo Sotto
Di
agli eftrcmi
ugne
1’
trafparcnti
Ma
s’
oltre
*1
lor d’ oftri gentili
fottili
madreperle elette
:
piede a modellar m’ attento.
Ecco facro fpavento Manca tofto Y ardir, manca La materia , T idea , 1’ arte , I
E
sì
vivace
Per
veggio, e
via dell'
la
Che
il
qualora
il
il
valore. colore
fpedito
sì
Onor muover
carriere, »
penfiere
Dietro gli fpiega
1* ali
,
è già fparito
E forfè anche falito. Ma non fo con quai palli Nel
il
fior de' fuoi
,
:
e con quai vanni
begl’ anni
Lafsìi tra quei, che
il
terzo Cerchio ferra,
E già s* orna di ftelle, e lplende, e chiama Per quello mio, che brama Per lui feguendo la terribil guerra Fuggir, che gli offre il pcrigliofo calle D’
cita
E sì Non
mifera valle,
duro paffo orrendo Cinofura , ma ' 1 bel Piè feguendo Mira , gran Re de' Lumi Padre, c Fonte di vita almo, e fecondo. Qual mai ne fora il Mondo ' I 2 Sen; addcftrarfi al
,
PIEDE.
IL
68
4
Senza
i
tuoi Figli
»
o vuoi Arali, o
,
Quei, cui fidi gli Se della gloria tua,
i
lauri tuoi
j
della f'alute
Noftra penficr ti prendi In quefte rime volontario fccndi, E del tuo doppio * Figlio alma virtute Spira
E
al
petto, che ornai troppo languio,
falubre v’ inftilla
Sai pur qual
Or
la
ci
Morte, or
i
tuoi diletti
:
faetti 1’
Oblio.
Quella Canzona fu indirizzata dall'Autore al Dottor Fì/iff # Borititi il quale La quel tempo giaceva infermo •
,
IL
Digitized by
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,
,
IL
LACRIME
RISO E LE
Canzone 'Prima
.
CANZONE
D
,
m.
Colleglli in amorofa pace Lacrime, c Rifo, in una gloria affili Oggi d’ un trono a venerar m' invita
u e gran
Maraviglia infinita,
E
1’
Se
'1
un, o T
Lume, Scorgo
che adorar m’ avvili
,
ch’ei regge, appena avvien,ch’ io d" alta
Veftiti andar, I
altro
riverente fguardo in quel vivace
macftà
,
che
non come
alletta
gli
altri
fisi.
c piace
,
carchi,
concordi Monarchi,
E
quai pel rugiadofo etereo velo
Benigne
Ma
ftcllc
in
un
iftclfo
cielo.
per vari orizonti alto difpcrfe.
Gravide di
felici alteri effetti,
Prole immortai di lor giocondi afpctti,
\J una ver
Di
E Di
J
1
altra
con amor converfe
faulta luce afperfe,
de' cuori temprar col corfo alterno falubri vicende
il
gran governo.
V
un
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.
7
°
IL
LE LACRIME
RISO E
L’ un, e T altro fupcrbo, audace, c forte,
V
un, e 1’ aJtro d’onor vago, Eran rivali, eran di fé divedi,
E
impera,
e d’
gran fangue afperfi
di
Per molte ctadi, ognun per fuo fenderò
Seminando ruine, e
Avean
già corfo
1*
mord,
ftragi, c
univeriò intero,
E Leggi promulgate empie c di Aorte Al favor delle forze , a ognun fatali , Dell' armi
E E
popoli
trionfali, infiniti
uccifi,
o vinti,
grandi, e faggi, e forti inficine avvinti e Terra, e Mar profondo, Regni, e Libcrtadi opprefle ,
Avean pugnando,
E E
Stati, c
qual più v’ ebber
Chiamaron pace
E
in vii
il
fcrvaggio
le
crud'
defolato
orme
Mondo
imprcifc
,
i
immondo
Tratto Senno, e Ragion per
Tarmi
invitte.
Senza guida n' andar T anime afflitte quale avvicn, che chi conquifta al fine D’ infingarda alterezza a tal eftremo,
Ma
Giugne fovente
Che
col penficr tiranno,
è affanno, Arano pargli, che un potere eftremo tal non giunga, c in vincer sì s’ affine. Che bafti anche un voler fvogliato,e feemo, '1
trionfar gli
E
A
E ftracco Nò però
di vittorie, e di rapine
fàaio nella
brama intenfa. Pur
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,
CANZONE
V
RIMA*
,
7
»
Pur di ripofo ci pcnfa : Così coftor, poiché la voglia fianca Andar in parte ove la ftrada manca Si furo accorti, c che acquiftato il tutto. Altro non rcfta ornai, che al gran rivale Voltar la guerra, e convenir d' uguale Porzion d' impero, e si goderli in tutto
Del
pacifico frutto.
Fagli penfar d" accordo alto riguardo.
Che ben
conofce
un V
1’
altro gagliardo.
E come
quel, che a due fra lor difeordi Egualmente conviene util progetto,
E
torna
al
fin
,
che
gli
governa entrambi
Rado avvien, che fi cambi Per altro, avvegnaché più degno oggetto;
Ma
che non renda
due voler concordi, un ifteffo afpetto Conobber torto, c ad afcoltar non Tordi
Comun I
Ragione
i
in
fuoi conforti, a quefta
Donna
altera.
Però che fola impera Dal fcrvaggio comun franca, e ficura, Ebber ricorfo, c la fuperba, e dura Mano, c T arme piegando, e la cervice,
Che
ardir colora, e vanità contorna,
Di crudci
Oh
,
dicon
fregi orribilmente ,
Donna ,
fe
'JL
adorna.
pregar ne
lice
Sovrana mediatrice
Or
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,. . ,
,
Or
tu ne
fcpolta
e de' tuoi
fii ,
Alto tenor
Oh
LE LACRIME
IL RISO E
71
fuperba
,
gran Decreti
noftre gare acqueti
le
Qual ne provarti
Rumor
,
Roma
antica
,
allor, che
fu venuto
laggiù del ben locato offizio,
D' invidia afpro fupplizio Se di cortei lo fpirto il tuo temuto Corpo movea, qualor la Gallia doma Cefar fé il paffo, onde '1 pugnai di Bruto !
Fu
poi
illuftre, e
sì
De’ fudati Trofei
a
quella ricca fonia terra
fparfa
:
Incenerita, ed arfa
Non
tu, nè nel tuo proprio fangue
eri
Pallida
femiviva
,
,
e affatto
efangue
Andar a nuoto de’ tuoi figli Giammai vedevi: c umile, c
i
bufti
riverente
Crederò poi , che la fuperba mente Dcpoftc r ire, e i gran difegni ingiufti
A
i
tuoi Decreti augufti
Avrebbe pure
all*
Nè
la
forfè
mai
uguaglianza indutta,
libertà diftrutta
Ella in foglio fublime, a cui per cento
Alme
E
Virtù
fotto
T
s’
ali
afeende, altera fiede, de’ più cafti
Amori
Parto de’ fuoi fudori
.
Fraudo vaga
E
intefta
di
ad
Error preme col piede y
puriffimo ornamento
In tanta gloria umile ancor .
*
fi
vede
•*
Quel-
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.
T
CANZONE PRIMA*
,
.
73
Quelli, co’ quai fcherzar non ofa
il
vento,
Smaltan minute perle, e gclfomini. Biondi amorofi crini ; Strigne la dcftra un frefeo, ed odorofo Giglio , qual mai fiorìo per campo erbofo
E
pendon
dalla
manca ambo
Delle gioie innocenti
Che
sì
Negli
dritto
altrui
,
le
chiavi
c de’ martirj
comparte, ove
le
giri
cuor più chete, e più foavi.
Benché pefanti, e gravi; Già manca in que' duo fier 1' ufato ardire Qualor comincia , e s’ ammollifcon 1’ ire Oh de' trofei d* un Mondo adorni, e forti Guerrieri invitti
Me
,
che sfidar talora
onde ’1 maggior foccorfo Averte al voftro corfo! Strano mi parve, c ve ’1 confefTo ancora: E fe non che Virtudc alti conforti Fedcl raccolfe, e al core in guardia allora Gli mife, io non lo ben , fe in pace afTorti I difarmati fenfi avean difefe, Che non credan fofpefe; II gran foccorfo, c 1* armi vincitrici Accordar non credetti a due nemici: Facile io fui, noi niego, e ben mi flette, Che a due tiranni io non dovea fidarmi O poco , o molto , e preftar lor tant' armi Ma r innocente cuor fervir credette ftefla
ofafte,
K
Aca-
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.
IJL
74
A
Pofcia
Ma
RISO E LE LACRIME
imprefe , e elette
calle
•
j;
talento altro difpofe*
fiero
il
ponganfi in oblio
1*
andate cofe.
Poiché tutto vinceftc , or via , del vinto 1/ odiofo dritto nuova gloria emendi^ Se nel mio volto non v’ avete a sdegno Del pacifico Regno
Qui Qui
Nè
refti
il
comun fuoco
,
fede, e degl* incendj fu quell* ara ellinto.
in
o feempj orrendi. ond' ogn* intorno è cinto
d* imprefe crudeli,
Tra
i
calli
facro
Il
Si tratti
E
la
fia
altari
,
Trono, io fofftirò z me davante»
collante ,
di pace tra voi laida fermezza
Stringa Onellà ,
s* ellèr
non può
fiacchezza
»
Tanto eh’ arde
Fumano
A
la guerra, c le conquillc ancor di fangue, e di faville,
renderle ficure, e sì tranquille
Par , che fovenre
Con
Ma
farle
ficurtà
ancor più
deporrc
il
s’
acquille
trille i
,
fofpetro, c non la Ipada,
Ragion non c, ma crudeltà, che aggrada. I>el I
voltro ferro micidial virtute
cuor provaro, e lo provaron
Si collante
Dal
1*
1*
alme.
avete ognor girato
taglio avvelenato:
Cangili or mano, e più lodate palme Vi mieta Y altro , ond' è il morir làlute
On-
I
Digitized
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Googlc*
,
CANZONE PRIMA» Ond’ è che Fia sì dolce
7J
di piagare é fpitti, e falme, la
gloria, c sì rifiute
Moftrarne poi , come in faldar s’ affanni Del primo taglio i danni. Medicato il fecondo in tempra detta
Di fughi *.
preziofi , e di perfetta profumato in quello
ftillante, e
Gioia
Nettar fuperno d’ innocenti, e pure Dolcezze, onde talor fia che mifurc Quelle del Cielo un' alma? ed è sì bello Talvolta il Tuo modello E sì s’ accorta al ver , che in quel , che vede,
Quel, che fpera lafsù, gode per fede.
•
N' è tempo, e fi foffcrma; indi rivolta Al dolce in vifta, e manfueto Rifo,
Tuo
1’
alto
Impero,
diflè, e
Amor
nemica.
Ma
fempre a
Da
cui farai d’ ogni
tua l’antica.
amiftà divifo,
Potefià fia, eh’ è ne’ miei labbri accolta. AI Pianto quindi: c tu quell’ indivrfo
;
Poter, che luce fembra, in due dilciolta Chiare (èrgenti de’ miei caffi lumi, Reggi in eguai co fiumi ; E quel, che fembra, eh’ io tra voi partifea. Santa Oneftà rannodi , e infieme unifica . Ne’ mefti tempi altrui , con puro e fànto Zelo regni il mio Rifo, e rafTereni Il
duol condenfo -
,
e
le
K
tempefte 2
affieni
:
Poi
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. .
IL RISO E LE
76
,
LACRIME
Poi gli eftremi del Rifo afiàglia il Pianto, E con mirabil vanto D* un amaro falubre i cuor contempri, E ’1 troppo dolce ne corregga , c tempri
Qui tacque,
Con
e
’l
fuo tacer torto feguiro
lineerò applaudir que"
due
guerrieri
;
Già fi porgon le deftre , e amplefli , e baci Cenni del cuor loquaci, S’ addoppiano a vicenda, e i torvi c fieri Lumi fifo mirando, ove s' unirò Il
bèll’
Sguardi
azzurro, e gli
'1
bianco, in
men
Teveri
uni inver gli altri incontro ufeiro.
begli occhi ardenti
Su' labbri il Rifo, c Giurò ’ì Pianto, c lucenti Lacrime fur gl* iachioftri , onde fegnaro Tu’
La gran concordia , 't -genuflefli al paro Davanti alla gran Donna, alta corona Di falde V un, di liquefatte perle L’ altro riceve umile, e foftenerle
Ben degni fono cntrambo. Eco
rifuona
Fcftofo intanto, e tuona Dalla finiftra
il
Cielo, e garantifee i due , che unifee
La mediatrice armata Spunta ogni giorno
A
il
Sole,, e in
van
rimirar le Tue bellezze eterne
Ping'
ei
ci
chiama
i
talora, e di palfaggio
Con
un languido raggio >Jube gentil d" un leggiadrctto cinto
»
E
per-
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.
CANZONE PRIMA. E perchè
è rado
>
e perch’ ei fuggc
Leva ciafcun Tuo fguardo
alle
77 ,
e è finto
,•
fuperne
Parti del Cielo a contemplarlo accinto*:
Non men
rada
,
E' de* gran Re
men la
fàlfa
,
e
men fugace
pace
Mufa , fermiamci a vagheggiarla , ofcura Tolto desio d* Onor faralle ecliflc > Che poc’ altro, che guerra al mondo dura, E penuria giammai non fu di riflè.
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,
IL RISO E
.
LE LACRIME
Canzone Seconda „
'
a
CANZONE, mi. •
C
osì
. *
.
A
»
rcgnaro un tempo
,
e dolce
e fida
,
La Pace allor ne fu ma quel desio Anzi pur voglia naturai, che ferve D’ alte fiamme proterve,
E
:
più
E
accende, ove più caldo è
s’
Nuove
facri
i
'I
brio.
gare deftò fuperba, e infida, patti
in
volontario oblio
Torto fepolti, fe qual pianga, o rida, Sia più grande Cortei, nuova contcfa
Ha
Rifo ad ingiuRo empio Signore
il
Scaltro
-
loro accefa*
di
fra
Primo
s’
appella: ed
Fatto citare
il
al
tiranno
Amore
fuo Collega avanti,
Che
’1
E
fofpetto ha Ragione, induftrc tenta
a
Svolger
dritto Tribunal
1’
troppo paventa,
alto giudicio, e
i
fier
fembianti
Faftofi, cd arroganti,
D' una
falfa
Comincia
,
umiltà vela, cd in modi par , che lodi , c
eh' ci n’ accuf*
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,
CANZONE SECONDA..,
Oh
glufto
Nume,
79
c di foperchio gitiflo,
amaro amar pcrdone. non aftio, o difpetto , od ira,o orgoglio Tragge al tuo facro foglio Di vecchi torti a domandar ragione ; S' è ver, che a niun
Me
Ma
cuor di zelo, e di gran fede onufto il In ver colei, che qual di me difpone, Cotal m’ aggrada, ed il fùo cenno augufto
emmi obbedir già tardi: Signor, fe ben riguardi. Efprcffo appena
Si pofTenre è coftui, sì altero, e forte fuoi languori, che poco è più morte; Forte cose, che temo, non il dolce Sguardo contrario effetto al core adopre; Che qual più di dolor fi vela, e copre,
Ne’
Più
E
il
n' abbaglia
ragione, e
i
fenfì
moke,
velcnolò dolce
Sì addentro porta nelle mifere alme.
Che fecca forfè ad Oncftà le palme. Qual dolcezza è mai quella allor che inonda La bollente marea quei dolci lidi ? Qual petto, o fcoglio d’ immortai dialpro, -
Incforabil, afpro.
Alla fiera corrente è, che s’ affidi? E le pur regge alla terril>iT onda
Al vento de’ fofpir regga, c confidi Saldo tener la combattuta fponda ? Qual poi n’ apporte quel piacer periglio.
Che
.
So
IL RISO E LE
,
LACRIME
Clic di Pierade è figlio,
Tu
'1 fai Signor, che quante volte a quelli Guerra ne muovi al nome tuo rubelli Animi, che a fierezza il Cielo inchina. Tutte tentate del pugnar le ftrade, Qualor non vince Amor, vince Pietade : E quai vittorie, oh Dio! Alma md'china.
Che
a
tal
pietà deftina
in filo fperare in van fopporta, fatta pietà , pietade è morra Altro c *1 mio guerreggiar: fe pur di guerra Giulio darne ti fembra il fiero nome A un armeggiar gentile , ond' or da fcherzo Talor mi fpaflo, c fcherzo; Che ’l core al fangue avvezzo , io non fo come Viva di pace, che '1 bel volto ferra Dopo tante potenze, o vinte, o dome.
Sua
ftella,
Che
in
sì
Ma guerra a Mcn perigliofa fi
Pace d’
:
fc
mio
'1
eli'
penlìer non erra
è, che V
Gran forze aduno, è ver, ma Io
tra
Che
finta
in
campo aperto
fpiego in battaglia, e non coverto
le
Tra due fiumi
Q
altrui
infidie cinta.
reali
al
varco attendo,
mortali ftrettc, incauta un‘ alma,
di profonda pace in lieta calma
nemmeno per penficr temendo Del, tradimento orrendo; Tienfi, e
E men-
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Google
,, ,
,
CANZONE SECONDA
E
mentre
il
reo con
La colpa è poi
Ma
fia
di
pietà
la
,
.
81 fcolpa
fi
che non v’à colpa.
tal,
quello ancor nulla; io chieggio foto:
Dunque perchè Spieghi lùperbo
coftui Tue ;
in lei
,
pompe
altere
cofa celelte
Vivran doglie funefte,
E
dal Ciel bandirà (fi oggi il piacere ? In Dee non credev’ io regnare il duolo Doveflc fol, pcrch’ è dolce a vedere chi noi lente , o pur , fc ’l fente , a volo PalTa, c gioia diventa, c dal Tuo fiele Altri n’ elice il mele. t Saria ancor meglio, che in amare tempre Volendo ella parlar, piangeflè Tempre 5
A
‘
Perch’
altri
Fantasma
,
rida
:
figlio
e
’l
tetro
,
dell’ eterna
umido , ombrofo Notte
Fia più chiaro del Rifo, c ancor
s’
adotto
Tra gli altri Dei nel Cielo, e maeftoTo Su carro luminofo Rechi di raggi alteramente adorno Del Sole in vece , il divin Pianto il giorno Qui tacque il Rifo, e *1 fu’ awerfario torto Comincia : Oh Sire , intendi 1' altra parte Che qual quello maligno or fi devia Dal ver, chiaro ne fia. Ben del Tuo gergo 1’ artifizio, e 1’ arte Penfo, che tu conofca, e del riporto Core i difegni, onde non mai fi parte
L
V at-
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Google
,
. ,
*M0 E
IL.
LE LACRIME
L* attento fguardo, ed occuparne il pofto .Solo vorrebbe, onde a ambedue fé grazia Quella* eh’ ei sì ringrazia! O prevalerne almen , che tanto batta All’ alterezza , onde 1 fuo cuor s' impatta Mirabil zelo alta pietà Riguardo Degno d’ un Dio! Ei teme, i’ non adopri Contrario effetto al catto cuore, ed opri Sì, che fòccorfo di Ragion fìa tardo Contro un pictofo fguardo. Oh chi noi conofccffe , e i fini fui Giudicai tu , che me conolci , e lux Ma fe qualora umìl, chiaro, c fcreno Tra cari amici a menfa egli s’ aflide, E tra delizie inufitace, e nuove % Nettare, e ambrofia ei piove, Che che n’ avvien , che qual più fchcrza , c ride In tazza di piropo, il di cui feno Ordin doppio di perle orna , e divide Dolce dolce arrubini un rio veneno. !
!
!
Egli è per fuggir ozio, e tutto è nulla;
Un Nè
E E
fpaflà, e traftulla,
fi
ciò al
rompe
la
pace, anzi concorda,
catto cuor mirabilmente accorda
fe di
Afferra
fue dolcezze ebro la
Ragion
,
Gioir nel foco fuo
E
s* ei la
,
qual più
;
ed accenfo attende
s’
perch’ ei rifplendc;
fvena, cd incorona
il
Scnfo,
E
ac-
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Googte
.
8}
CANZONE SECONDA .
”
E E
accende fuoco immènfo,
?
'
!
tutto mcfce nel primier fuo Itile,
i
Altro non è , che un armeggiar gentile Quelle le paci fue* quelli i ripolì * Più infetti affai , che altrui battaglie , od armi ; Quello è quel , che colici nc ooglie in tutto
Di buon’ Teme mal
frutto,:.!.'
Che fpeflò c’piange, eh’ io Al Mondo, e proiettar , eh’ Fiumi c fontana
il
dovria fcolpanni ai Tuoi doglioli
Rifo: e pur colparmi
Collui, che fallo, ardifee
,
E Urano pargli in quel Vedere a par del Rifo
,
c lin .oltcaggioli
Nomi prorompe , e ombrofo atro Me chiama, e me ne biasma,
fantasma
cclcfte volto
Pianto accolto, Quali, quant’ io vi tengo, a lui Ir toglia, E Ila fua Reggia quella, ov’ ei difpentt 5 Sue grazie: or fenza lui mutar cònvicnfi'; Nome al Ciclo oramai, c fol di doglia
Chiamarlo
il
infaufta foglia,
Ch’
cflèr di gioia a fe medesmo fabro cuor non fa, fe noa P aiuta il labro ^ accorge collui, qual ci rimagna ! Baffo minillro di plebee dplcczae,'!
Un Nè s’
:
.
Ch’
alle più grandi con più nobil brama Tolto per me lì chiama ; Ed io vengo, c di mille alme vaghezze Leggiadro Ituol mi. cigne e m’ accompagna; >
,'
L
2
E
qual
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,
,
«4
E
RISO E LE LACRIME
‘.-IL
do mie ricchezze," L’ anima a un tempo ideilo in Cielfi bagna, E dell’ alto piacer, che fu V ingombra. qual per gli, occhi fuor,
Quaggiù Ch’ogni <.
mio bagno è ombra.
'1
le-, ben fi guarda, che un’ aura e ftracca , c tarda muove da quel Marc, e un vario gioco
noftro gioir,
Altro non è
Che
Fa rigirando
,
;
E' Rifo, che
e s’ oltre
per
i
labbri è fperfa
occhi
gli
fi
riverfa,
E
muta nome perchè muta loco Quindi uno fguardo, un fioco > f Detto, un fofpiro, e dove ben s’ eftime. In fin tal volta un bel tacer., cfprimc » Fugga dunque il timore, c ’l zel fi fierbe '
1’.
A
più opportune, e più
Che un
lodate imprefe,
bel di gioia lacrimófo gielo
Neppur
disdice in Cielo
E
fu qualor dal Ciel difeefe
villa
L’ Aura beata a confolar Pene del fuo fcdel, con In
fiamma,
lieta
Umide per
quelle, è
Che
1’
altrui
Cosi
acerbe
1’
una,
periglio
e-
1’
acccfe
altra
gota ' •
.
,
.
chiufa
vedo
vampa,
venir virtù, cui ’l
I
io penfo, e credo:
qual da medich’ erbe alzarli io
Vapor per
Odor
1’
luci
e d’ umiltà fuperbe,
In fuo gioire immota,
E
:
>
’l
e col ioave foco uni Ila >
liquor y che lacrimando
ftilla
J
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, ..
.
..CANZONE SECONDA.,
,,,
85
con quella , ond’ è sì grave E sì gran copia n’ ave, Alma fragranza, che di lui n’ è Torta, Spirar virtù , che a ben oprar conforta Tetro fantasma, della Notte eterna :
Il
catto cuor
,
,
.
Umido, ombrofo
figlio, a quello Sole
Tal reca influita
cclilTe,
Splende più chiaro
E
le
tenebre
fuc
e
de' Tuoi
rai
aitai,
rote
,
e viole
par del Sol, quando più verna.
Portano
al
Ed han
per
alme virtudi , c fole Quindi la Nave fua regge, e governa j Ragion , che in quell’ orror sì chiara inalba E n’ ha l'erena un’ alba Qui ride il Rifo , e perch’ ci vincer vaglia Itellc
Giudice Amor colle Tue perle abbaglia. Alle liquide fuc apre le vene Il
pianto
allor
cui
,
malizia
la
E lafciolle cader, come Confufo Amore appena Favella,
Un
Ma Cinta
bel
fol
dell’
JI
aver
le
,
parti udite ,
ali
aurea
fronda
Tofcana Clio , placide , e chete del Marc alla più bella fponda ;
,
forfè veder Penfofo più d’
Ivi
s’ottiene
apparve,
parve. fc ritiene
piii tempo bifogna a tanta lite.
Muovi L’
e
Mi piace
lor in
ti
fia
altrui
,
permelfo
che di fe tUffo
Un
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..
IL RISO E LE
8(5
LACRIME
Un Ma
* Cavalier, che Spagna, c Italia onora: Parrenopc, e Flora, S’ han più d’ogni altra al nobil feno impreflo Oh che dolci accoglienze, onefte, e liete
Ei già per mano Dal magnànimo Cuore Ti prende, e all' altre tue carte Sorelle Ti ricongiugne : Che qualor ribelle Barbaro Genio infano Il vergin lido del Tofcan Parnafo !
Ebbe
c invafo, Sebeto ; c s’ è ancor viva Gloria d’ Eurufchi Carmi , à quel s' aferiva afferrato,
Ricovraro
al
Dominio Emanatili Cioffo Marchefe dell’ Olive» , a Mogolotti dedicò quelle due Canoni iti Ri/o, t itili Lacrimi
Intende di
cui
il
.
IL
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87
IL »
i
SONNO
CANZONE
O
H
Sonno , oh
*•
* •
della quera
.
t
•
IX.
umida
, , ombrofa Notte già ofeuro figlio, ancorché tanto Dolce agli egri mortali, e sì gradito! Or che de’ ciechi Sogni il vario manto Spogliato in fu le fpiagge, ove ripofa Quel di lume, e d’ardor Mare infinito, Ch' ha fu queir occhi il lito: Or che lìretto al tuo fen di perle un cinto, (E in ogni perla di quel bel monile Dorme un Sogno gentile )
Or che degli atri Ti getti a nuoto
E
fiori
in
il
ain dilcinto.
quella luce ardente,
tocchi, e di repente
Acqueti
le
procelle
,
e le tempefte
Di quel foave pcrigliofo foco, Che temon nulla, o poco Governo di Ragion, quando fon Or che là del celefte
'
delle:
Pianto, u* 1’ onda s'accoglie in chiufe vene, Di quel beato umor le fauci hai piene:
Io
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,
IL
88
SONNO»
Io ben m* aweggio, che
E
i
tuoi
nomi
più
ufurpi, e di te ftimi indegni di Cintia, e
i
Difarmi, e fpunti riverente 1'
alta
j
:
più chiari, e più fattoli
facri
più pudichi.
Anzi crcd’ io , che gareggiar non Tcco, e i raggi amorofi
E
antichi,
prifchc tue glorie ornai disdegni
le
E titoli Nomi t’ I
,
natia
lor
il
oli
Sole,
portanza affrenc
Pria che in quelle ferene
Vive fonti
di
luci
Mondo
al
fole
quando appieno almeno
Entri teco a vicenda
j
e
Ei non T impetri , Sarebbe in allegrezza ancor converfa per te al cuor gli è nata. Se la chioma beata Tu almcn degnarti aver di luce afpcrfa
La gelosia, che
Non
dalla
Sì
ha
t’
Lumi
Ma
fua diverfa.
in
felice
pregio dal dì
,
eh’ entro que' catti
abitator volarti.
non odi, vana alterezza , e invidia detta que’ ricchi gorghi , ove ti bagni Hai d’ altro, che di rai corona eletta. Quindi fe mai da quello, i cui ti godi Placido lido de’ beati ftagrri, tu beato fei, e ciò
Che a Ed in
lui
:
Avvien , che ti feompagni Sol per ragione il fai, non per vaghezza,
Con
Digitized
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,
1
Con
Nò
già
Se
altro
In Ciel
L
$
N N
0
0
-
8
diletto in quella parte Hai:
tal
farciti
il
in ,
9
’J'i'-V
mai.
Ciel non cercarti
per dove
le
,
poco
sì
che dolcezza; intcfc
Strade hai qui tutte apprefe.
Ma
quel desìo
Di
sì
naturai, che bolle,
temuto, ove vederli avvezzo
Un
fu a
•
in difprezzo
ritornar
forti tu fotto ’l Cimmerio Colle ) volo in alto eftolle, giunto, ove non è chi pur t' afpetti, Ti paragoni ancor co* più perfetti . Alle fofche in un tempo, c lucid’ ali.
(Tal
Tuo
E
Alle brune pupille aperte
A
i
crefpi
Traggono I
E
gran
,
e vive
,
,
c neri crini in perle avvinti
Y eteree
a folla in fu
Numi
rive
fupcrni, ed immortali:
;
sbigottiti, e di ftupor dipinti,/
Porle, e d’ invidia
finti ^
Qual Luce ò quella , e qual nuova Deitadc? Dicon fra loro: or come mai si adorno
A
quell’ alto foggiorno,
‘.
c
U’ mai non giunle per eterna etadc Sepolto abitator d’ ofcurc grotte, Piglio dell’ atra Notte
Qui giunge il Sonno Di quelle, ond’ hai
,
Lacrime ardenti, e
e
che pretende
le
rerfe
M
?
E
intanto
penne ancora afperfc,
vr Ven-
,
90
I
1
S
O N N
.0 «
Ventilando ne Icuotij e* oh raro vanto Dell’ ammirabil Pianto L’ eterne Menti affanni, e così dolce, !
Che dolcezza immortai Dormono il chiaro Sonno,
più non
le molcc. e un fiume, un mare D’ alta dolcezza inufitata e nuova Per tutto inonda, e le grand’ Alme allagai E il fognato piacer tanto lor giova,
Che a qual fognando fogna di fognare, Più che vero timor V anima impiaga Tanto il fognar le appaga! E ratti illustri , e fortunati amori.
Ed
in
tazze d’ ambrofia in bei conviti
Cari, e giocondi inviti, E di forza, e favere ampj tefori, E Templi, e Sacerdoti, e Oltic, e Altari
Son fantasmi
Che
il
volgari
i
vapor facro , onde tu
1*
hai cofparte ,
non ver vera virtude
* Fa Già Venere fi chiude Di veli il fenr già manfueto è Marte, E Giuno umile, e in parte Giove callo diventa, e nel tu’ oblio Più, che dello, fovvienfi ellere Dio» Oblio? Oblio il chiami ? Ah eh’ io ne mento,
nafeer dal
E mcn
disdico
Oblio già .Tuffate
1’
,
e umìl perdon
ti
chieggio:
che a Lete in fondo tue di bruno argento.
folli allor, ali
So-
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,
»
t
•
S
O
N N
.
0
,
.
pi
.
Sopra volante tencbrofo foggia Tratto da i neri Sogni, in un profonda
Bagno
di fcnfi
immondo
Stempravi quel tuo denfo atro veleno Ma or , che d' altri umori ebro , e ftillante Da quelle Luci fante Ripigli il volo , e lucido , e fcreno ; Qual cofa , onde '1 tuo pregio in alto faglia Dir potrò io, che vaglia? Dirò, eh' anzi l'oblio, clic l'alme ingombra.
Bevuto il ver fu la beata piaggia (Però che quel, che raggia Rcflelfo in lor del Divin Lume, adombra Materia, e poi disgombra Memoria a poco a poco, e ne '1 rimuove
)
ove tua luce piove , io per prova , che qualor pictofo Delle vigilie mie tante, c si gravi. Muovi al mio fcampo là verfo Aurora
Si lava in tutto
Io
'1
T
Da
quei begli
Faville
occhi
ufeito, e di
accefo, e molle,
e
foavi
rugiadofo
Del vago piando, che là chiulò ancora L' Alba invidiando onora
Di
sì
chiari
fantasmi,
c
cafti,
e
faggi
Pur m' adorni la mente , c in fuc potenze Tai rifvegli femenze Di Virtude , e Valor co' tuoi be’ raggi: B tanto Ver v' aduni entro, c vi piovi Lu2 '
•
M
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,
Clic
Le
nuovi che ad arricchir d’ un bel tefauro
allor,
si
antiche,
carte
Più mai non ne
Nè
,.
.
SONNO*:
IL
91
Lumi quaggiù
,
,
e
più degno ebbi
Che quando
in
moderne
le
io
volli.
raccolfi.
mirto, o lauro,
crin di
il
riftauro
te
dir poi cofc, Mici fpirti, e dcfto vengo Al Tofeo Pindo in ogni tempo afeofe le quanto di lei aperto io vedo a
E
Dell' ombre tue ne’ luminofi abiffi (Tropp* alto Pegno alle mie bade rime,
E
forfè )
d’ altri
Di
rtil
Che
Paluftri
fur
da
fa
lei
più
giffi
per
me
eccelfe
credo
cime,
ime
ed'
valli,
io
;
di Virtù
Parrebber torto:
Che
ritraendo io
pari al foggetto
quai
ma
nel
gran
per te nella
viaggio
mia voce.
Benché corra veloce
Troppo
E
di
fuo valor perde quel raggio
quai pria che di
Efcan
,
s’
io
Mente
al
:
Maftro Eterno
ben difeerno
Le vive impronte del fuggello ardente Fiammeggian tutte di fua luce altera. Ma la mondana cera. Che a riceverle in fe non è poffentc.
Le sforma di repente i Tale alF Idea, eh' io trar da te difegno. Alai rifponde V ardir , non che I* ingegno '
..
I
_
.
Caro
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,
.
SONNO.
IL Caro Sonno Colà fian
Ove
93
gentil, forfè fofpettc J
le
tue lodi, e
mio candore.
1
cieco Tribunal de’ Senfi
fui
Falfo giudice ognor fiede 1' Errore. Odami dunque chi a tue glorie elette
Fede non
V
error
,
prefta, c con la fé compenfi che ben convieni!
Sorge colà
E r
tra
effetto io
1*
Ungherc paludi
ne vidi, una
sì
ftrana
Mirabile Fontana,
Che
qual ferro v’ immergi , avvien , eh’ ci fudi fe da fc fteflò, e alla fua forma
Tutto Prima
sì fi conforma Di più nobil metallo altra natura, Ch’ ci par quel defTo, c fol t accorgi poi J
Dagli
altri
effetti
fuoi
Della meglio locata fua figura : Tal nella ricca, e pura Onda degli occhi di cortei , che adoro , Sfumi '1 tuo ferro, c lo trafmuti in oro. Nè perchè Sonno il tuo di fuor ne fembra,
Già
Che
ti
la
refta
di
Sonno
altro
,
che
’1
nome
•
;
forma miglior, che in te s’ afeonde, erterna da ftaliche zza dome
Mentre V
Quelle riftora delicate membra. Oltre ardita fi porta , c alle profonde >
Del cuor potenze infonde Pace tranquilla, dilettola calma, Si-
,
9+
I
L
Simile a quella
S
,
O N N O
.
*•
eh' è nel Ciclo eterna
:
Quindi lieta governa Più forte in fua ragion fatta quell' Alma, Mercè che dormon del fuo fpirto 1' ime Parti , non già le cime ; Nè perchè ftagni, ove in tua calma incorre
Quel Mar d'ampio
Ch’ Aura
intelletto, è
men
fpedita:
fopr’ acqua aita
Vela d' alta Ragion, che in lui trafeorre, E poggia in alto, e corre Leggiera sì, che alla fupcrna riva In quel ripofo più veloce arriva Ben crederò, clic al ritornar da quelli
O
Sonni, o Ratti (che dubbio ho'l penfiero Qual più chiamargli ) a rifiorar da’ voli L’ anima bella, e fido, e lulinghicro
Di
leggiadri fantasmi
Con
le
Gentil
E E Or
,
tue larve a
,
lei
e sì novelli ritorni, c
voli
qual più tu fuoli
piagge, bofehi lietamente ombrofi
garrir augclletti, e fiorir
in folti
carriere, or ripofi
Di timiderte
fere,
e di felvagge
;
E
da fcofccfi , alpeftri , alti dirupi In freddi gorghi , c cupi
Rotte
E
in
in
polve di perle acque cadenti
viaggi per
1'
;
aria, c per le ftellc.
Creature novelle
Non
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,
,
IL;-
Non
vifte
Penfo
E
le
mai
.
.
SONNO.
dalle
mondane
95 genti
rapprefenti
forfè là nell' infiammare fpcre
D’ Alme , e Tra
fa
beati
Spirti
,
ordini
più fpdTa madrefclva, c
Talora in tale fiato io
la
i
,
e fchiere
pruni.
rimiro
PrcfTo una fonte fotto un’ elee antica.
Dolce velato il gemino zaffiro, E par, che 1’ aria così dolce aduni fe nettar bevefiè j ed all’ amica
Qual
Selva qualor pudica
La rende il cafto feno, ecco improvvifo L’ elee non fol, ma faggi, abeti, e pini Fiorire in gelfomini,
E E
venir la fclvetta un Paradifo; tra
giovani allori, e tra ginepri
Augelli
,
Quai fu
e daini
,
gli eccelli
e lepri
gioghi, ove
’l
gran gielo
Saetta in van d’ ogni ftagione accel'o
D’
ira
il
Sol vilipefo
in bianco cangiare , o piuma, o pelo; dove tocca il velo Mofio dall’ aure vaghe, ogni vii’ erba Di bianchiflime rofe andar fuperba Io dico allor, com’ uom, che fpcra, e teme Per due contrari iftinti: oh chi poterte In quella mente penetrar furtivo, E non vifio da lei, pur lei vederti*!
Torto
E
For-
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%
Forfè chi
E
fa ?
,
.
' ,
SONNÒ^
IL
p5
1
in
quello dall' cftreme
un come fuggitivo, Ma vero ghiaccio, e vivo. Correr mi Tento , e nel penfarlo folo
Piante a
capelli
i
Di me medesmo meco mi vergogno. Pur chi
Or
fa
che
,
in
un fogno
entro non fa, e forfè folo,
là
E meco non parli Non fan quegli occhi lì
Chi
A
illuminar
Fama D’
,
e
mcn
Teveri
alteri ?
fa, chi fa, che in placidi fembianti le
carte, ov' io
acquifto
le
un raro mirto
in
inchioftri, c di fudor fpelTo, c di pianti.
Gli occhi dolce tremanti
Non
alzi
c forfè a
,
me non
dica arrefa
Fcdel mio- caro affai di te mi pefa Deh, fc quello eflcr può, che già noi penfo, -
Squarcili
Spirto
\
il
mio mortale, ed
mcn
in cortei
voli, anzi pur larva ignuda
D’ ogni elTcr, fuor di quel, clic infondi , cerei, O Sonno onnipotente, in quello immenfo Spazio di mente , ove 1' altera c cruda ,
Sol
gli
occhi alquanto chiuda
.
•
Forfè colà nel facro Abilfo accolto, E riformato alla perfetta Idea, Clic in un s' imprime, c bea,
Rinnovando penficr, coftumi,
c volto.
Spogliare ancor potrei, quando che fa,
La
Digitized
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,
I
La mortai
L
S
N N
O
0.
gelosia
Del fognato Rivai, eh* or forfè è feco. E s’ or fuo fervo , ed uom di carne , c d’ Spiaccio ; chi fa , non pofTa
Non
oflà
difpiaccrle, e creatura, c cieco
Spirto, fantasma, ed eco
Di quell* elfcr primiero, in cui mi giacqui Lungi dal vero, c agli occhi fuoi sì fpiacqui? Canzon, prelfo al Scbeto
Un
* Cavalier, di cui tra faggio» e forte.
Gran dubbio è qual più fia, fu vago D' innocenti piacer fermato il foglio. Dell* antico fudor par
A
lui
conforte:
fi
te ’n vola, e fia
fcoglio
tua gloria prima
Intcrpctre fcdel farti, ed aperta.
Di
Nò Su
rifpetto, d*
amor,
sbigottir, fe 1*
afta
di fé, di (lima.
logge in faccia
all* alte
ancor vermiglia
Orrido , e pien di morte ambo Il Tefchio d’ un gucrricr langue
Fu valor, non
ciglia
le ,
e minaccia
:
furore: c fu di certa
Virtude imprefa da Ragion fofpinta. Ei t* accorrà gentil, che ben gli aggrada Ne’ facri umori, di gran fanguc tinta Lavar fovente 1’ onorata ìpada. *
A Dn
Ftitrìgt PifiintUì
noltco Autore
la
riferita
celebre
Cannone
nell’
armi
,
e nelle lettere
»
inviò
il
«
N
"
-
LÈ
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,
.
.
.
98 C
GALE
LE
»a »*«¥¥*¥«**********»** ¥»¥*¥»*»
'
-
O
;
X.
di, gentil Pittor, com’ io vorrei Veder, mercè di quei pennelli indurtri.
Su
le
tue tele
Quant' Arte
Tu
E
MOMMKMXdlMvlMM*
CANZONE
il
illuftri
può
,
rapprefentar Cortei
cfperto, e faggio fei,
quel, che appena
altrui
penfier ne cria.
Nell' alta fantasia
Torto
A
quell' eftremo inimitabil
Ove
E
a te nafee, anzi è già
giunger ne puotc
nato, e giunto
punto.
uman concetto
i
vivo, c perfetto Indi cfprimi, che qual hai dipinto, Rcfta ombra il vero , in paragon del fìnto Or muovi alla bell' opra, c qual m' ifpira sì
1*
Nuova gentil vaghezza, un ben faldato Rafo bianco lattato In fu 1’ ebano tendi , e quanto ci gira Torno torno il rigira D' un bel lavor d' effigiato argento Un prcziofp unguento D’ am-
Digitized by
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GALE.
LE D’ ambra .
disfatta
S>9
t
in infocata cfTcnza
De’ bianchi fior dall’ aurea chioma , or fenza Indugio porre, in fu *1 lucente Rafo
Fa
,
E
sì
che
fottil
fia
fpafo
torto, che quello
:
il
Sole emendi
Primo velo odorofo, altro ne Rendi. Macina poi fui duro adamantino Ineforabil porfido lucente
Almo
piropo ardente.
Nero diamante,
e lucido rubino
Chiaro, infiammato,
E
e
grolle perle orientali
fino,
.
elette.
Aurei topazzi, e fchiette Ceneri di fmcraldo, e di zaffiro, E in impalpabil polve, ove s’ unirò Di quel sì bianco balfamo, che piange L’ Alba in fu Y aureo Gange,
0 1
Ma
di tinture de* più accefi fiori,
prcziofi rta
Or come
Che
impafta almi colori.
Folle desìo dove
:
fia
mi
fpigni ?
del bel Ritratto altero.
del forte penficro
Se co’ vivi colori entro il dipigni. Ancora fcarfo il tigni, La non acccfa mano abbia fidanza Ritrar
P
alta
fembianza
?
Lafeia, Pittoriche meglio
Ancor che muta Y odorofa .
N
2
affai
il
rivela
tela.
Ivi
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.
loo
L B
non
Ivi
fia,
L' occhio
Che In
,
, .
LE.
che in fuoi graditi affanni
qual fuol
qual egli è,
eftafi
Q A
:
.,.
di fé
n’ inganni
,
;
contempla entro fua gloria
il
Mente
,
o Memoria
Altro è quello mirar, che dell* inferma Corporea villa, ed altra maraviglia.
Che
quella ignobil figlia
D’ Idea , che appena dall* oblio Qui la Mente fi ferma,
E
Del veder
Che
nulla c
frutto
il
beltà, fe ben
infinita
fi
fcherma
un infinito, un tutto
in quello nulla,
>
s'
intende,
Sol copia incomprenfibile comprende
Davanti all' altre , cui fa T Arte oltraggio E manca al gran paraggio. Tanto penfa il penfier , quant’ ci ne vede
Qui tanto
ei
;
mira, qtiant'ei pcnlà, c crede.
Un veder cieco miraeoi gentile Vince ogni villa, che più chiar vcdclfe quel, che non imprelfc Suggel di fenfo, 1* intelletto ha feco Dietro a quella i' mi reco Immaginata guida , e mi conduce
Oh
!
i
E
Sì fida, e tal riluce
All*
Che Col
Alma
,
fazia
no
,
di mirar fianca
deviando alquanto rivoltar di
quegli
fi
rinfranca
abiflì
ardenti
Degli occhi rilucenti II
Digitized
by
Google
,
, ,
I
. ..
LE GALE»
I
,,
O
vago a un abbigliar gentile. Che fecondo non ha , non che Umile Ben col parer de’ coniugali fpecchi penfier
Il
Sovente
E
Son qual
Che
fregi Tuoi varia, e rinnova,
i
a tutta prova
tutti
fe a
crudcl guerra
pure afclutti
,
Gli vuol dell* altrui fanguc, e Piacer fuor che cui debbe:
Ma Il
in variargli
in fua
Di cautelate grazie a
affai gl*
chi
*1
fchermo riguarda
pur* è, eh’ egli arda, Delle fiamme , eh’ ci fentc , o fe
Dico , lui no , ma pur Ecco, icr, per efempio, U’ tra chiare fontane, I
incrcbbc
movenza è fermo
delicato guflo, e tal fa
Che
gli apparecchi
ci
e fecchi
fia
de* colpi
fe fteffo incolpi agili, e fnclle
e verdi prati
mifurati
paffi
Movcano
ballo onefte
al
Donne,
belle,
e
•
Scelte Gale novelle
Spiegar
lei
vidi, e per fua gloria prima
Dell’ auree trecce in cima,
Che
tra
fila
di perle erano avvolte.
Candide reti in vaghe pieghe accolte. Gioco dell* aure, e d’ onefladc infogna Volando, dir, qui regna Beltà
,
pareano
,
e Caftitade in lega
Due gran nemiche ove
colici
non
lega
E
que-
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,
,
.LE GALE»
102
E
quelle reti fon fiorate
Di
,
.
cifre, di
Che
fu
Ove
più
fioretti,
e fparfe
,
e di
farfalle,
più rado calle.
’l
teftura appàrfe.
la
fitta
Quel fondo ornò, e cofparfe varia, oud’ arte più s’ ammiri;
D’ opera
E
in
que’ beati
Cui ne
Che In fu
dolce dolce per girevol tratto fronte ondeggia in gran procella
la
Di grolfe,
Nube
giri
toccar quell’ oro intatto.
lice
e folte anclla,
ralTembran, che dal Mare emerga,
Dal Mar, clic il Gange de’ fuoi flutti afperga Al breve orecchio un gioielletto verde Splendeva
Che E di
di
•
fmcraldo, ed una perla,
fca callo a vederla:
fmcraldi,
al
cui color
fi
perde,
Anzi pur fi difperdc Ogni bianchezza, che a candor non Dava in ugual battaglia
faglia,
Un grolfo vezzo a quelle brine intatte Del bianco fen di profumato latte: Del bianco fen , che timido , e pudico
E Di
fon quegli, eh’ io dico cautelate grazie
alti
rcflclfi
Parca adombrarli de’ fuoi pregi iftclfi Adombrarli per noi, per nollro bene;
E
quale
il
villancl, fe
i’
uva imbruna,
To-
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,
.
LE GALE*
1°3
Torto v* accorre, e imprima,
O
viva calce afpcrge, c si ne viene
La famelica fpene Di fpirto irrazionai Aneli’
ei
delufa
,
o fpenta
;
così ne tenta
Velar fuoi dolci, frefehi, e cari pomi, acerbi alquanto , c ancor non domi ; Nè ciò perch’ a lui caglia, o punto cftimc Quelle delizie prime. Ma perch’ ei fa , che un gufto ebbero in forte Cotanto amaro , che poco è più morte come pur bella Umiltà le piacque. Per man di Vanità fua Virtù copre. Che quali ancor s’ adopre Più vezzofo apparir di quel, che T acque Lattar di Schclda, e giacque
Quantunque
E
Candido lino all’ agghiacciata fponda D’ un bel lavor circonda
Le
fuc tenere nevi, e vela in parte
Con
E
•
,
di
ammirabil’ arte
:
fotto alla fine aerea rete
In balTe note, e chete, Dir parea, to’ di me quel, che tu puoi, Che fperi in van , fe più ne cerchi , o vuoi Dal bel fianco feendea , dolce fovvicnmi Ricca, vaga, gentil, leggiadra verta
D' azzurro,
e d'
»
or contefta,
E
leg-
Digitized
by
Google
,,
LE
I04
E
.,
G A L E«
leggiera così, che dubbiar ferrimi
E
in dubbio ancor mantienimi. Se l’Aria ordifle la bizzarra lama, E forte il Sol fua trama: Quindi fida sì poco, a quel eh’ io credo.
Lo ichivo Che fotto
piede a quel volante arredo
a quello 1’ ammirabil Donna Cigne feconda gonna. Di donzelle dell’ Adria almo lavoro
Che fembra
inutil
fafto, ed è decoro.
omero gentil , quali un bel manto D’ un velo, eh’ oro, e neve parca 'nlieme
Dall’
Scendea alle Vertendo il
Non
parti fottil
occultando
il
,
cftremc
bufto, c non pertanto
vanto
Della Perfona fatta in Paradifo,
Che
E
pieghe egli è divifo,
in
qual
s’
aggiufta
all’
amorofa vita,
In perfetti contorni anch’ egli imita
E dove Ed
al
chiude
petto, c dove
al
;
manco.
diritto fianco
S’ apre, e fa
E
al
pompa
degli afeofi pregi.
Ricco ha fermaglio di fmeraldi egregi feopre in fue rivolte un nuovo, e ftrano Soppanno di Chinefe teflitrice
Gran
bizzarria felice
Trarte cortei
vago
;
defir,
nè invano,
Ar-
Digltized
by
Google
,
.
LE Armar Y
ardita
G A
mano
H.>
105
‘...-'.ir
'l
Contro i figli deir aria,, c ben ;fortille ; Però che mille, e mille Spiumò con raro, e più gentil coftume Vaghi augelletti dalle verdi piume, E dalle gialle, e dalle accefe ili fuoco,, E dall’ azzurre , e in poco Fufo cotante glorie ella raccolfe, ,
1
»
t
:
E
E
in finitime fila ivi
1*
avvolfe,
fopra un fottiliffimo zendado,
-•
Qual neve , bianco , che in bel colle Avean le mani , o gli occhi , In un ricamo affiti slegato, c rado, Qual ne venia Ior grado,
fiocchi
,
Giù giù
A
>
dipinto augelli, e fiori, e fiondi
Europa ignote, e fondi
.
Riporti bofehi, e fiere afpre, c felvaggc,
E
r
Cavalieri in caccia, e in verdi piagge
Barchette snelle, e pefearori, c reti, E fuoni , e balli , e lieti ,
Conviti
Ne
quai d’ azzurro in fragil bianco
,
conforte pcnncl finge pur anco
Il
qui finifee del bel manto egregio
Il
Di
sì
bene
fiori
Di gran
,
almo concerto; un ferto
affiortito
c frutte
rilievo d’ oro
Ricorre, c
il
in
nobil fregio
minor pregio
O
*
V oro
,
,.
LE GALE'
IÓ5 L’ oro
fi
retta
Onde ogni
Che
,
,
fiore
e
folto canutiglio
'I
è
figlio
pomo gemma,
preziofo
il
Del fuo color Alito vario
Laggiù
la
;
:
imita
,
e finge
cui vela, e tinge
che qualor
impatta
s"
ricca patta
Vicino minerai, che fumi, c bolla,
Di leggiadro velen la fa latolla. uno , e 1* altro Iato ha dolce avvinto
E r
Su
la
ricca riprefa
D’ oro,
fopravvefte,
e color celefte
Ricco tettino un leggiadretto Cinto,
Di gran
perle diftinto
Oh Cinto , oh caro cinto Caro cinto beato
,
oh fortunato
!
Se tu
fapettì
a quale alto t* elette
Miniftero d’ amor chi in te
Ben
dirti io fo,
fi
mette
!
che qual più faggio impera
ì
Daria fua forte altera,
E
quei del regio crin gemmati
E
potefs’ egli far quel, che tu fai.
Almo Cinto Per cui I
caldi
fi
rai
gentil, sfera beata,
Volgon con eterni
giri
miei fofpiri.
La mia gioia, Mia fpeme, e
il
la
Pace , per quand'
mio duol,
la
dilperata
i*
ne
bramata e*
fia ,
eh*
fia
degno
:
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,
.
J,
E
r
* A L^E
fof
f
Di quefta pace in pegrio ,-r' A \ Cedimi fol quanto '1 tuo giro ftrigne, e cignc abbraccia, quanto n’ altrui dono E Girando intorno alla terreftrc mole ;
,
Con
;
.
.
-. x Sole, _ . c Dirai , mio giro è breve ; e pur , rifpondo Serra quanto ha di bello il Cielo , e ’l Mondo Nè sbigottir; eh’ i’ non ti chicggio quello
fue rote
le
il
:>
.
Corporeo Veliche tu fuperbo allacci, Anzi amorofo abbracci: Altro a me chiede un mio penfier novello, A mie 1 antichi rubello. Quella vogl’ io celcfte altera forma, Che quel bel Getto informa,
E
d’ altro ornata
Dunque
Non
,
,
che di perle
Spirto gentil
fe
,
’i
,
e d’ oftro
defir
.
noftro
è tropp’ alto, che onorato è certo.
Tua merce, non mio merto,
A
dar pace
L’
ali
alla
tue fopra
vita afpraj-c noiofa
me
,
diltendi, e pofa
Canzon, colà lotto quell’ Elee ombrofa Lungo quel Rio, che va di fallo in fallo, Affaticato, e lalfo
Un Un
* Cavalicr ripofa, gentil Cavalicr, che delle Fiere,
O
2
E
del-
Marchefe Filippo Ctrfini già Cacciatot Maggiore del Gran* duca di Tofcaaa , a cui l’ Autore dedicò quella Canzone kilt Gole ,
* Intende
(lei
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LE'
168
E
4
dell
Alme,
GALE*
e de’
Cuor
fa
prede
altere."
Ei, qual fuol, t* accorrai ma fe dirai. Più dell' ufato affai Povera fon: Taci, ei dirà, ti baili Dir, che Colici di tante gale ornarti,
I
DI-
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Googli
,
,
109
I
diletti Canzone ‘Prima
CANZONE
A
XI.
giorno, e Tore Leggiadramente, e oneftamente fpefe > Cantiam 1* impiego del tefor, che vola. Nè ma’ s’ acquifta , che qual ben fi fpefe ;
mor, cantiamo
il
tempo,
il
Del tempo , che Cortei , che n" è V onore AI tempo iftefTo in ben ufarnc invola,
E
’l
career fuo confola
Scompartendo per ore
i
bei Diletti
Santi, gentili, eletti:
Santi, perchè Ragion, Ragion di quello Stato, u’ la pofe Iddio, fol gli contempra. Che a Virtude il piacer non è rubello
$er ciò fol, eh’ è piacer, e t)ritta
Ragion
fe infufa entro
i
fenfì il
moke,
1
fuo dolce
Gli ricorregge, e tempra.
Dir poi perchè gentili Soperchio fia: cìf a lor cagion limili L ’ opre fon fempre; e perciò eletti poi. Perchè parver gentili agli occhi fuói.
En-
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,
1 1.0
|
DILETTI
I
Entra coll’ Alba, ed efce poi eoi Sole Dolce movendo dal bofchetto facro Sparfa il crin di rugiade, ombre lucenti
Del miftico
Alma almo
dell’
lavacro,
Ov’ all' ufcir de* fenfi immerger fuole La Tua Parte reina in forti accenti Di mute preci ardenti:
E
qual chi porta per faflofo, e fcabro il labro
Scnticr vafo, eh’ ha
In ampio giro arrovefeiato
Colmo
di prcziofo
Guardingo
Muove
i
per
tal’ ella
la
piaggia ombrofa
Tutta va in fc raccolta, e Dalla bell’ alma fuore
Per
la
e fparfo,
,
almo liquore,
paffo, e milurato, e fcarfo
il
si
.
gclofa.
fiorita firada
Del raccolto tefor ftilla non cada Finché 1’ avido cuor, che in lui fi bea, Tutto per entro lo fi tragga, e bea. Giunta all’ alta magione, eccole intorno Folto, ftuol di leggiadre damigelle
Al
É E
C3ro cenno , dubbio qual ’l
più, fe caftc, o belle vario arredo in fu defehetto adorno
Tutto
in
ordin diftefo,
S’ affidc, e
Allo feior
Ecco
*
e defiato intente fian
un
allagarle il
ridente
ella
immantinente d’
,
.
cappio, in un baleno feno i • " La lol
i
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Google
,
.
,
.
CANZONE PRIMA. •
Ili
La treccia d’ or tutta in anelli avvolta. Or mentre 1’ abbandona alle leggiere Avide mani, ov’ eli* è già raccolta, Fanciulletto gentil fu coppa d' oro
In tazza di mirabile lavoro
Gelido ambrato fiere Da lei , che pafce in Cielo Tratto, le reca ad irrorar quel Velo, Che per bella umiltà finge mortale. Nè quello fol , che mal tdfuto , e frale Odcfi intanto il vicin Parco, e i prati Eco dettar per le remote valli , E fonar corni, ed alternar clamóri, E latrar cani, ed annitrir cavalli,
E
lievi, e
fcarni
,
e
•
gran fame armati
di
Sbatterli, e fonar fquille
lor
in
duro guanto Allori Entra improvifo P adorato Callilfimo Conforte,
tremori
Sul
Cui Già
la
llagione
rinfrefea
Onde
nel
perigli
bei
cor
forte
amica
antica piaga,
1*
punfc; e a ftr vendetta moietta , ond’ ci fofpira
già Gloria
Della pace
Almen da
a
il
,
i
il
bofehi
Ella, che fol
s*
a
difcacciarla afpira.
appaga
De’ fuoi diletti, arride, E ve ’l conforta , c intrepida forride .
I
i
»'
Quii
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A
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,
I
I
2
,
Qual
s' ci
I
i
D
I
LETTI fondo
tornafle, e in
al
3
cor, che geme,
L' angofcia del partir foffoca , e preme appena, e d' altra parte appare
•
.
»
Efc' egli
D’
eccella Pianta ancor tenera verga,
L’ inclito
Germe , che
E
il
benché
Già minaccia Pupille
,
la
lei
pur forfè
;
,
deftra, e le fue chiare
qual più carta in pria nc fcorfe
Di fua virtude è
in forfè:
Tal credo all’ infelice Per fc a cader vicina,
Vener mandò
A
di
labro fol dal latte ei terga,
full'
alta
Rcina, :
ultimo crollo Amor velato: dar Tal fi rimira in fu notturne fcenc Venir per I' aria a recar gioie accinto Nume di face armato, e d’aureo cinto. Quegli a terra proftrato, La man le chiede, c umile
La
•
>
AfFricane arene
1'
bacia
,
ella
la
porta
al
crin gentile
.
:
Corre l'Alma in fu gli occhi , e in Cicl s’immerge. Clic non ha fchcrmo, e d'ogni ben l'afperge. Quegli fi parte, c fotto faggi, c forti, Quai di faver, quai di valor macrtri. Se ’n vola a raffinar 1’ anima bella,
Che Par
già precorre gli anni, e in varj
modi
che punta d' onor tutta s’ addeftri Farli d’ ogni virtude Idea novella >
E
•
,
s’ ci .
,
fegue fua
ftclla,
Non
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Google
.
,
'
CANZONE PRIMA. Non può
Ma
n’ udirà
il
:ì I 3
a gloriofo Porto
fallire
conforto
Ella rimanti, e in umil feggio aflìfa Si prende a ricamar con aghi induftri
.
Vermiglio drappo, onde fia, fe divifa Si cinga il fuo Signor nel di fatale. In cui la Guerra ne riforga, e V ale Spieghi
Di
:
e
i
fudori
illuftri
lui, e le già fparfe
od
Schiere, c le mura affediatc,
Vi
finge in oro, c turbale
Finto
Ma
già
periglio
il
Mento
la
}
arfc.
penfiero
il
dunque
or che fea
il
vero
?
di più nobil’ efca
Chiede riftoro , e ’l bel lavor coperto Nel gentil gabinetto ella fi chiude > Quivi di Saggi ogni teforo aperto > Farfi leggendo non pur fia le incrcfca. Che d’ ogni vel le vcritadi ignudo : Sviluppa, e in fen le chiude: E all’ infinite, eh’ ha afcoltate, e lette,, Di giorno in giorno elette \ .1 •/. Notizie aduna, c in quante Europa ha lingue, .
•;
.
.
In tante feorfe di qualunque etadc
Le memorie più Il
illufiri,
e ne diftinguc
ver dal falfo, che talor v’ accoglie e inchioftro , ’l più bel fior ne coglie»
Venduto
E
i
fini
,
e sì
Di pervenirvi
le
ftrade
oflerva
;
P
.
,
j
5
'
Se
Digitized by
Google
,
.
./l D'1
114
UTT
..
.
,
I
Se quel,, che ne conquida, o ne conferva \ Fia più rado a trovar, valore, od arte, E qual più lode al pofTcflfor comparte Per lbperchio dell’ un fpelTo, e. per poco Vede dell’ altra ad un ifteflo fcoglio Per contrarla ragion romper la Nave D’ alto Governo: Che valore, e orgoglio Quei , che difciolti il debellar fia gioco Spello riunifee, ed arma, e cosi grave, Che T aggrefiòr ne pavé» . Che vincer fuol (Incera legale ferma, Lo fchcrmidor di fchcrma E dell’ induftria , e del commercio intende L’ alta importanza, c come me’ s’ avvie Sotto il favor di libertà comprende Con quello alzarli di palultri, ed ime Valli vede gl’ Imperi, c in ver le prime •
Cune
del Sol, le vie Correr del Mare ignoto,
E
ricchezze d’ Oriente a nuoto
le
Venir fu 1* onde per immenfi feni Nettare ai Senfi , all’ Oncftà veleni Nè fol di venerar de’ gran volumi
Ne’ loquaci
Le
Ma I
reliquie
fepolcri
de Regni
eli’ ,
ha vaghezza Imperi
e degl’
;
d’ ogni carta a ragguagliare avvezza
vivi
fatti, alte
Tragge,
notizie, e lumi
e contempla
quale indarno iperi ‘
Si-
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,
CAiN^ZO N ESPRIMA. Sicura pace, e veri
e".
tIS j
Ripofi Europa afflitta, e qual
la
'..'ti
ftrugga
Segreta fiamma , e fugga Qualor più pretto appar la fua falute: E vegliar gelosia, dormir coraggio,.
Qua
\
:>
crefcer forza, e là mancar, virtute;
Chi qual fe libertade in odio v's’.abbia^ Al corpo infermo procurarne fcabbia O maligno, o mal faggio Nell* avido penfiero:
E
:
o
t
.1
II
..1
..
fondamenti di novello Impero Gettar tal vede in fu la terra ,! è V onde } Che mal chi ardifee , c mal chi Ji nafeonde Nè già fia , che '1 tefor , che in lei $’ aduna ; E ferba la gran Mente in fue conferve, J -
i
Vifibil di
i.v.
jii
:
(
I
Opra farebbe Dire, e
le
:•
anzi
non par
s’.ardifca
*.
voci unifea,
E men che voci ancor parole , Che qual a Donna avvienti. Ma che ? Còme talor ne* caldi
A
i‘
donnefea vanità y che fette £Ìj.:.. 1 che faliifce pur folo yi (picftnuna:, a
Qual
Ma
poi nel fuo parlar fiuifea,
.
colorir le preziofe
e fenfi
;
bagni
fila
Se infufa grana avvien, che bolla, e Ragni, Per occulta virtude, in tutto priva Di color proprio , ogni altra tinta avviva j Così cottei nc ftila P 2 Nel
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,
li 6
-I
,
.
.
,
DILETTAI
Nel ricco bagno afeofo Cui corromper non vai lungo ripofo I
comun
fenfi oltre
il
comun coftume
Rinforzar d' un più fermo, e vivo lume.
A
J
mezzo già dell immortai carriera Febo fc' giunto , e dell' obliquo giro II
E
più ripido calle hai già trafeorfo : a quel , che refta , fe ben dritto io miro
ti bafta a tuo’ dcftrieri il morfo. benché a mezzo anch’ io, Salir convienmi ancora Più alto dell’ Aurora ; Che quel, che ne trafeorre il bel desio Chiaro viaggio, ha'l fu' occidente in Cielo, Che valicar fi dee di cerchio in cerchio Già fia '1 durar foperchio:
Lentar
Ma
Lafcia
Per
,
me
eh' io polì ti
;
fcalda, d'
Le Ranche penne mi
e fc pietofo zelo
un tuo raggio folo rinforza al volo
)
I
DI-
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,
.
,
,
ii 7
1
DILETTI
I
Canzone Seconda
CANZONE
T
olte
laute
le
Debil cimento
)
ed
mille leggiadri
Già pronti
in
Donna
gemme
reai
Di
sferze più fcyerc
Teli candidi
Al Su
fala
,
allor, che
lini
ove ’l
altere.
vedo
onefti io
ampia
La
parca voglia
fuperbo arredo
il
Dell* auree tazze di gran Spalli
XII.
Mcnfe ('a
accoglia
s’
Sol ne fere
:
intorno intorno
almo foggiorno fpaziofe menfe, e terfi, e frefeo
•Bronzi
Con
,
e porfidi quadri
afliduo rotar
ambre
,
ove foavi
cavi fi
ftempre
i
Vario, ricco, gentil vafellamento D’ oro , criftalli , porcellane , e argento E fuochi, onde fi tempre II
dolce allor eh' ei lega
Vergini fughi in amorofa lega Tefori di Molucca , Arabi odori
Acque,
c fpirti foavi, e frutte, e fiori.
1
En-
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[
,
rr8
DILETTI
I
Entra Cortei, c par, che
D' un foavc
fotti 1
Che piovon
aria accefa
occhi a quel
,
che afpetta
invole
,
defiato onore, e che in fuo loco
Il
D’ *
gli
1’
liquido foco.
un’ incognita forza, c non intefa,
Tragga da gclfomini
,
e da viole .
,
Fragranze elette, c fole.
Quelle, eh'
elTerle
intanto hanno
1*
onore
Serve, compagne, c fuore
Traggon liete ai lavori, c bianco latte Qual mefee all' aureo , onde in fua fquaglia chiufo Si
nutre augcl di bafib volo, c sfatte
Nell’acqua, che d’arancio il Erbe varie odorofe entro v’ E quale oltre noftr’ ufo
fior
diftilla,
iftilla
:
Per breve fpazio domi foco i dolci pomi
Da un amorcvol
Per minuto partir ridotti a velo Mette in chiaro a nuotar tenero giclo.
•
Chi quello, onde già par la man s’ invoglic. Candido, lcggiadrctto , e caro guanto. Verte già viva d’ innocente belva, Spalma gentile, e ammorbidifee alquanto '
.
Per entro, c quindi
infra
,
bianche fpoglie
le
Della sfiorita odorofetta felva
Profondo Altra I
alle
ricchi
il
cela
,
e infelva
i
;
cunzic preparate, c infonde,
monde
aceti
E
le
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Googl
CANZONE SECONDA.
E
le
polveri elette a picn v’
II?
immerge,
Onde r aere afletato avido tiri fretto odor falubre: evvi chi afperge D’ umor foave in oricanni accolto Con caro oltraggio alla compagna il volto
Un
Che
fa
,
qual fen’ adiri
:
,
.
Ella v’ accorre, e quale
Reca
E
letizia
chi dir
E come
a
può
Tua bellezza uguale
!
quelle care, e fide,
tra
dolce parla, e dolce ride
l
<
Così di fetta in fetta ecco fofpefo Al fuo bel collo candido gentile Mufico legno, c di gran maftro onore.
Che
qual tentò poi farne altro limile.
Gli fu dall’ arte
il
bel disio contcfo.
Di cinque perle orientai colore. Di natura ftupore. Dita fchiettc foavi in pria ne vibra
Su neri tatti, e libra Ogni tuono ineguale, onde
incollante
Aria fé oltraggio all’ oziofe corde. Poi qual tocca diftefa , e qual tremante,
E E E E
vi
trafeorre in sì leggiadre guife
in
sì
fieri
Che -
-
forde,
colpi intenfi,
fvdle da radice anima, e fenfi, '
•
,
veloci fughe, e sì divife,
falfe grazie, e
•
»
O
dol-
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Google
,
,
I
20
l
DILETTI
O
dolce fpenga, o ardita i Tuoni avvivi, E fanne al terzo Ciel volando ir vivi. come in noftro cuor pretto ne forge
E
Dell’
un vago desio
Così
1’
alata
man
altro, e
1*
quali per
s’
affinai
mano
Si trac la voce angelica divina; tanta ha feco, c altrui dolcezza porge,
E
Che
già
non cape
in intelletto
umano.
E
qual chi all’ Oceano Quieto , fpianato lucido fereno Mira da lungi il feno.
Se ratto inchina all’ Occidente il Sole, Dir non può , quello è Ciel , quelle fon’ Acque, Portò il confin dell’ una, c 1’ altra mole; Tal, cui la forza del cantar poflente. Che sì addentro nell’ anima fi fente, Di fc degnar le piacque. Se terrena, o edotte Cofa ella fu , fa , che dubbiando
E /ora , per chiarirne Un vezzo di fortuna Si
’l
morir torto:
ma
il il
ci
rette
ver nafeofto
morir torto.
qual morte, c quale
Forza porria , dove sì ricca verfa Dolcezza, e gioia, e pace, e fpirto, Difcior quel mirto,
la
e vita,
cui polve fperfa
Allor, che già de’ venti ancor fu 1’ ale Penfo, che appena di tal voce udita
La
chiara tuba, unita,
E
rtret-
Digitized by
Google
,
CANZONE SECONDA
E E
ftrctta
‘
, ,
.
.
'
I
2
I
più gentil nuova tellura,
in
più trafcclra
D* un vago
e pura
,
a le
iftinto
In quell’ iddio
me
medesma ignoto
fora, qual fono:
Ma
ben per poco ; che liccome immoto Entro ’1 materno fen vive, c non fpira Il parto, ma fc ’l primo forfo ei tira D’ aria, quel, che fu dono, Debito al viver falli. Tolto interdetti al vago fangue i palli •
Primi y così chi a quella udir s* avanze, Smarrì del viver fuo T antiche ufanze
Ma
rintonar dalle veloci rote
Già
E
s’
ode intorno ampj Cortili
,
Logge
c
grave ballo del crinito piede, Cui finta par, che fua ricchezza appogge, al
Sonar
E
foglie
le
,
non reltarne immote fi vede-
e
fermi gli aurei carri, ecco
: 1
•
-
-
Snelli balzarne in piede
Valletti, e paggi *
E
di
Divife. adorni
Dall'
in
numerofe fquadre,
varie, c leggiadre
imo
a
,
e le vetriere aurate
fommo
dall’
un fianco aperte,
Guerra, e ornate Scender giovani donne, e in regia Corte Anime vaghe di mutabil forte, E d’ amorofe incerte .. Illuftri
figli
-
della
-
.
Speranze
>
altre, cui
.
:
pafee
Q,
Amor
.
123
1,
.
DUETTI.
Amor, che fido E gir fu ratti a
fembra lei
allor, eh’ ei nafte,
tal
:
dà fidanza
Del bel paefe la gentile ul'anza Quadro è il ricco Edificio, ov’ ella è corfa
Ad
accoglier le genti onefte, e liete
i
Qui
tutto è marmi, e bronzi, e fol T eccelle Volte ^ cui forma in giro alta parete, Fiammeggian d’ oro, e di colori , e inforfa
Tra’l finto, e
Chi Qui
’1
ver
1’
alto penncl, cui fcclfe
quelle in alto fvclfe:
pinte fpcre immenfe, e fmifurati
Diafpri in fu gli aurati
Soltcgni, e /parli di gran fiori, e mille
;
Di quei, che Cile a Spagna offre sì grati Vali corapofti d’ odorofe ftille: Quì forman pelli traforate, e fine Di grand’ Ambra fatolle ampie cortine:
Qui
,
di torniti, e chiari
Criftalli
ai
tetti
illuftri
Pcndon lumiere, e
in
filigrane
illultri
Chiari augelletti, e v’ è chi in verdi piume
Del parlar noftro imita ogni coftumc che accoglienze nobilmente umili A Donne, a CavaJier, Donzelle, c a quanti Dritto di chiaro fangue, o di fortuna. Venir permette alla gran Donna avanti Che correli dimande, e che gentili Rilpo/le , c quai craiccglic , c ad una ad una Tut.v-
Oh
!
Digitized
by
Google
,
.
,
,
CANNONE SEOONDA. d’altrui legar,
arti
Che ben Or La Le .
s’
ne
l'alvi
oneftade.
ftrade!
le
fa
alfidc, or parteggia, or
verte,
il
tt
e aduna
Tutte aflbrtifce, L'
,
mira, or loda
cinto, e dàgli avorj fchietti
vinte perle
e la novella
,
moda
Del ben partito crine; :or fi idilegUi Per breve tratto , e pria , che altri la fegua E già ritorni, e eletti Tofcani odori, e Iberi, Onde cadde il parlar, tra Cavalieti, E tra Donne comparte, c fallo in modo.
Che
Nò
sì
divicn nulla leverà
eli’
il
dono
è, che
a
par del
modo.
nell’ altrui
Dcbil virtù, d’ amore un gentil Teme, Che pur tra noi galanteria fi chiama Moftri biasmar, qual le fiacchezze eftreme.
E fc P Uno in
iftoria
degli affanni fui
dilparte ad afcoltar la chiama.
Tal di difereta ha fama Gradifce
il
tratto, e par che ne Polpiri,
Benché de’ Puoi deliri Rida dove mirando egli noi vede Ma fe palpando mai P uPara legge, OPa Pcoprirlc un cor, qual più lo fiede Piaga , che non volendo ella vi feo Trova chi le paure, e ’1 Polle, c ’1 reo Ardir torto corregge,
Q.2
E
fa
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,
12 4
E
I
fa, che
la
.
.
DILETTI gran fpcne
Ragion, vergogna, e reverenza affrerìe. Scoprendo il folgorar dell' occhio ardente L* eterno ghiaccio della fredda mente Oh nuova maraviglia! Suda un Guerricr molt’ anni E gran Regni, ed Imperi or dona, or toglie;
E
i
fuoi sì lunghi affanni
Induftre penna in brevi giorni accoglie
Un
giorno folo, e neir ulata forma PafTa la bella Donna, e par, che dorma. Sì lieve è a lei ciò , eh’ ad ogn' altro è grave,
E E
*1
debil
ftil
ne pavé,
tanto ha a dir, che feguitar
non ofa.
Se ancor non ferma, e pofa.
I
DI-
Digltized
by
Google
.
/
125
DILETTI
I
Canzone Terza.
CANZONE
L
A
fotto
XIII.
giorni fmifurati ardenti
i
SnefTo a par de’ più brevi, in fu la fera Ocean, che a poche leghe ondeggia.
Dall’
Aura
fedel, che Primavera
fpira
Sotto
Segni rimcna
i
E
Del vicin Parco
La
E
bella
le
bofeaglie eccelfe,
compagnia dal dolce loco:
porto fine la
al
converfare oncfto
caccia, ed ella accetta
già fuccigne all’aurea gonna
Anzi raddoppia Difefe, e
Tra
’1
al
peritofo
,
gioco.
il
il
lembo.
grembo
crin molefto
gioiellate
piume
Raccoglie con gentil nuovo coftume
Diana
Ma
'
viva forza fvelfc
a
Chiede
Nè
più cocenti
gentil vezzeggia
sì
Che
i
Torta, e fchcrza, e pargoleggia,
Già quella è
sì
tra
non già
fclve
ombrofe,
:
e fole.
così carta, apparir fuolc.
Fa
Digitized by
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,,
1 <>
1
Fa
H E
rifpondon in
le
un punto
Vengono
E
a
.
DILETTI
I
tromba frattanto
la
.,
primo grido,
il
grida, e Iellati
mano
in
impazienti in fu
i
-
«
rauchi corni, palafreni i
vaghe fogge adorni
T erbofo
Smaltan di fulc perle Di caldo brio ripieni,
i
lito
ricchi freni
Ginetti
E
Ibcri, c corridor Britanni, quei, cui pretta i vanni
Su Già
la fpiaggia AfFricana Euro focolo della Caccia i Mattri in verde ammanto Stringon per arme alto batton nodofo
E
a
traghettar fu
La doppia muta
i dettinati piani di correnti cani
Ch
ha fopra ogtf altra il vanto In lunghi carri, e chiufi provido penfier gli han già rinchiufi,. fpett'o arrefi nelE inutil traccia, Ean poi men lieta la feftofa caccia.
Con Che
Già tutti in fella, d’ un galoppo ariofo Muove, la bella, ed innocente Armata Di Donne, e Cavalier, d’Armi, c d’
Amori.
Ella liede ficura, e una Molcata Di bionde macchie ha lotto in lu nevofo Manto, di picciol capo, c vivi ardori
Lancia dagli occhi fuori ; Nè piu ficuro per lo Cicl conduce Cillaro il |uo Polluce,
Che’
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,
CANZONE TERZA.
Che quella fa cortei La man di piuma al Se mai
Le Le
trita
la
,
\ 27
non fente delicato morlo. di
cui
para allor, che più repenre
fotto
carriera, e volve
la
Y immota polve. Ecco in rapido corfo Tra pruni, e tra ginepri Levarti un par di giovinette lepri, ftrettc
rote in fu
•
L’ una torto
infelva, e
s’
Y
altra corre
Gli aperti piani, c qua, e là trafeorre. che lieti clamori, oh che fcftofe
Oh
Voci
in
feguir
Che
timidetta fera,
la
Cui dritto pigne La fparfa turba ,
del latrante gregge '
e
quei feconda
la
corrente fchiera
,
e per le piagge erbofe
,
Sempre Y incalza, e con Y correr fuo corregge Se mai declinar e allor che
ufata legge
Il
E
eh' altri ornai
la
fi
dilegua,
fegua
Soperchio fembra, della frefea muta, Cui guida efperta ad infallibil varco Tien di rifervo, ov' ella è poi venuta,
Trova gli aguati, De’ volanti corner
Ne
corre ornai
,
e
Y
;
per mille forte
ma
in
inftancabil porte
arco
S’ accoglie, e slancia, e perde
E
fiato,
-c
fpeme
allor
che più rinverde
,
3
28
, .
.
DILETTI
l
Omertà in altrui, e timida, e fmarrita Di fuga in fuga perde moro , e vita Così cacciando, e fileggiando infieme Trafeorron
Ed
la
campagna aperta,
è talor, che fe
tra
e rafa,
amici
fterpi
La fuggitiva belva è un po’ rimafa A rinfrancar le fue carriere diremo Pcrfa di traccia da i fuo’ Qualor pe’ campi aprici
Scoperta
al
fito
Sen va come
E
factta,
tanto dura per pianure, c valli,
Che
addietro fianchi, ed anelanti
SpcfTo
fi
lafcia,
Cui non
fallifce
Raggiunta
E
nemici
ficr
è di fuggir coflrctta,
al
ma il
fine
da
i
buon
i
cani
cavalli
cor, benché s’affretti,
addoppia
fon fuoi sforzi vani
i
bei diletti,
;
Clic allor, che ferabra vinta
Dal corfo, vedi a farne preda accinta L’ allegra compagnia, tolto fu quella Non feender no , precipitar di fella Ma poco reità al Sol dell’ Emifpcro E già fono, u’ fentir fi fa ’l rimbombo Dell’ acqua, che giu cade in ampio giro
Di chiaro flagno
d’ alta rupe a
piombo
:
Giardino c quivi, che aver puote impero Su quanti più famofi unqua fiorirò
Per
1’
univerfo in giro. Il
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,
canzone terza v
.
I!
loco,
A
far breve
Alle
E
ftaffe
tutti
ora
1*
^
dimora e fon già corfi intorno
,
valletti, e a’
i
il
,
129
frefco, la ftagione, c
il
Qui nc conforta
i
.
piede a terra
,
freni il
aurati;
così adorno
Teatro di fontane, e ftatue, e logge. Gli umidi inganni , e 1’ improvife piogge
E
Arte
Figli dell’
E
;
rapidi, e forzati
parterri
,
fiumi
i
bollori, e freddi fumi,
gelidi
Bol'chi
,
e fior con dolce affanno
Quindi a mirar, c ad ammirar fen vanno. fempre ogni ftuporc, ogni vaghezza Vince Cortei, o fegga, o vada, o ftia,
Ma
O
parli
,
Spiega d’
o
rida
alti
,
o accenni
,
c in fin tacendo
penfier bella armonia.
Qual piacer, qual contento, e qual dolcezza Vederla allor, che
'1
placido, c tremendo'
Guardo grave movendo
•
Per quella ornai del tutto ombrofa chioftra, Indora , imperla , e inoltra i di cui femi
Smifurate viole,
Fan de' noftri giardini i piti bei fregi. Benché di lor virrute in parte Iberni Qual maraviglia, fc d' un verde cefpo !
Vago, fronzuto, Trafceglic
i
e crefpo
più bei pregi!
Quale ftupor,
fe
V
aura
R
Qui-
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,
;i3o
E
si
Che
Ma
DILETTI
I.
Quivi pòi
fi
profuma,
robufta in fu
le
c
reftaura,
fi
nubi appare,
già per fuo ne corre, e Ciclo, e Mare!
qual incanto, fe un chinar profondo.
Cui gentilezza mal La forza un tratto
refiftcr
puore,
c '1 piede alato , femptc, in fu i* immote cime erbe dell' al noftro mondo Molli D' un non più vifto andar, nò imaginato, Segna ftupito il prato! Rota così d' edema forza imprdfa Nc va poi per fc ftclfa Così malgrado 1’ ammainata Vela Fende nave fuperba il mar tranquillo I)’ imprcffo andar, che in fc riferba, e cela: Così per F aria a volo ancor fi tenue Reale Augel fu 1’ abbrivate penne. Qual fe in pria conccpillo. Par, eh’ ella andar fi lalfi
Ed
al
ballo
invifibil
:
'
Al
E
bel
tenor degl* invifibil
Ma
fotto è
Son
torto giunti
'1
Sole, e ;
c
al
palli
:
magione giuoco ognun fi pone, alla
rcal
fono appena’ affili, c appena corle Le bianche, piane, c delicate catte, E porto il pregio fu dell' arduo vanto
;
Ecco paggi recar di gelo fparte. Tenero gelo, immenfe giare, e forfè Vince 1’ ambra il faporc, il. dolce quanto y Su .< ?
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.
CANZONE TERZA . Su
1*
Con
A
fe
E
intanto ecco di
lo fpofa, e lega:
mille
Colme
E
nuovo
>
odor
le
fotti!
sì
-i:
in un momento fpuma congelata, bruna,
Servir di
U‘
I 3 «
i
agro fpicca alquanto delicato impero, e in cara lega
s’
*»
aduna,
/
’
J
tazze di dorato argeat®, ,
che
Intorno intorno Senta appena, e
'1
rigido governo
del’ 1'
ierbato
umici,
-
Verno '
c
e
Non
già qual petto vetro, e inorridifea Dubbiofo il labro; ma sì móke, e leve,
-
Tal qual’ è in alpe allor caduta neve Spenta così degli odorati gieli Nel regalo gentil la grave arfura. Ritorna al 'giuoco, e par, eh’ abbia -a< disdegno •... Il magnanimo Cuor la fua ventura. £ Ricde intanto il Conforte, e quafi fvcli Del gran tardar V annubilato ingegno
Sembra, 'e Ei
E E
gli
in
pcnfier
è degno:
tj* ,
V
e
altre
inchina umile,
ciò fegue fuo ftilc;
Caccia, ond' è richicfto, cfpone eventi, e le paure* e V ire. di rifo materia, e in duro agone
della
Gli
Or
'1
uni abbraccia
ftrani
ben forzato Cervo; e in tale imprefa. La breve notte è al mezzo Ciclo afeefa
Il
E
ornai convien partire,
R
2
E
’l
I.
r3ì
E
DILETTI
giuoco, e T
'I
-
allegrie
*' \
Ornai troncar del meraorabil die;
Pur ciafcun
Ne
'1
lufinga
in trarne
il
piede
,
\
almeno amico fogno erede. tre gemelle ignude, un mendico fpirto , a cui- ti piacque
fàccia
Mufa, che
Che
fi
d’
far di
_
Spofar tuo vergin fieno, a un parto folo e 1’ onor tuo si a terra giacque ,
Avelli
?
efporle, e grave oltraggio tuo reai lignaggio. « Recale ratta a volo uno Spirto * gentil , che a maraviglia
Pia barbarie Il
1'
rallevarle a
A
Tra Mufc, e melodie, pennelli, e Traftullarfi altamente
<.,
fi
Tra la dolce famiglia De’ bei Diletti forfè un dì
fian
Che
i
> Quelle al
a te feoprir
fia
fiori
configlia:
gloria
tali,
lor natali.
tre Centoni de i Dilttti furono dal noftro Autore cultiCmo Cavaliere Gì*. Balifi» d' Ambra,
indit izsate
LA
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Googte
,
.
a
-
MENTE
A
CANZONE evommi
L
D'
il
mio
-)
xir.
penficr, penficr, che ferve
alto ftuporc, e di pudiche voglie
,
ove 1* Idee fupernc Guardan gelofe adamantine foglie In
parte
eccelfa,
Delle ricche
Donna è
conferve cuftode,
fida
lafsìi
e
eterne
1/ immagini, che quivi ardono accefe Di raggi , ella ne fcelfe in gemme elette Qualor da prima in fe di fe bevette Gli
concetti,
alti
onde fua
delira
intefe
Al magiftero, e Sapienza ha nome, A Dio figliuola, e d' altrettanta Etade. Vero egli è ben, che come Grande
,
Spellò a
e
Signor nobil pittura ritrar permife:
gentil
ftudiofa
man
L' ampia, varia, mirabile fcultura Cortefe anch*
Su
le
Che
fue già
Dall’ alto
ammile
ella
tele
declina
a ,
ricavar
Originale
Natura,
fcade
e >
e fe
In materia formarlo, altro
poi
tenta
diventa.
Che
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.
LA MENTE*
*34
Che
rozza è la creta, ov’ ella imprende r • Il gran lavoro, e così mal dedutta. Che per molto la cerna, e (tempri, e affine, La grazia del model non par mai tutta sì
Che
rado tralccnde valori che mortai cofa c
fé
Uman
Di tronco
ai
fine.
ramo , e sì di ramo in verga può, che d’ immortale imago
in
Cora’ efTcr Il vivo raggio in paludofo lago Di putrid’ acque sì gentil s’ immerga.
Che
torbo. refldTo
nel
a’ chiari
,
;
»
legni
Del brutto fpecchio ei non acculi il loto? II fo ben io,. che degni Poiché fur gli occhi miei mirar sì alto, So, eh’ a par del fu’ efcmplo ogni ritratto Quell’ è , che a par di viva gemma è fmalto.
Mercè die quello intatto
Da
* .
contagio di corpo, c
Sctyro
nebbie, e
di
sì
d’ aflalto
immoto
In fua radice eterna arde, e riluce,
Ma al faggio Sol, d’ Nè fol rii quegli onde ,
Falfar
1’
Ma
sì
Da
per
Clic
quel
Originai I
imago ,
tratti
,
il
clic in
illuflri
fo, che in
ftefla
modello
luce.
Natura ardifee
c che materia intride
di quegli
fe
intclligibil
Mano
i
eterna
puro fpirto incide.-
pria
fcolpifce
onde governa allor , phc poi ne forma _ ,
.
Digitized
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Google
,
. .
LA MENTE. Lo
metallo
fpirital
nome uman
Diè
Sempre
Non
rimanfi'
già, eh*
,
a
cui
di
linguaggio,
135
Mente ivi
lucente
norma non fappia, o vaglia uguale
inimitabil
ella
all* cfemplo , c ancor più beila: mal fermo, e frale Quel fango è in fe , eh' eìTcr ne dee foftegno Che mal regger potria, fe '1 ricco pefo Di tutto fuo valor condenfo, e pregno
Far
Ma
la
copia
sì
Su lui feendeflè : e acccfo Di quella luce , troppo fora indegno Dell’ immortai fiammella Il candelabro vii , che in terra impura Pover' artifta ornar le può Natura Oh cicco Mondo, come fpeffo ammiri, Qjal idea di valor, mente imperfetta, Ch’ c copia, e '1 cui modello ivi fi chiude, Ov' io gli vidi in parte alta , ed eletta
•
!
Oh
qual ne’ ricchi giri,
In pura cfTenza, c di materia ignude
L’ effigiate
gemme,
arte, e lavoro
Scopron dello Scalpello illuftre, eterno, Cui guida immortai polfo, c in fc npitcrno. Perchè fen fregi T immortai reforo. Ne refla il colpo, onde s' avviva il fafTo Infrangibile ardente!
Mio •
'
voi, però che
Poch’ era
a
sì
’l
Oh
fortunato
parto
gran falco
!
Io pur m’ alzai
Tut-
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,
.
,
't
LA MENTE-
*130
Tutto coperto d’ amorofe piume, Per te si alto, e si fecur n' andai, Ch J oltre ad uman coftumc
Quel,
Mente, lafsù lieto mirai. amato Che più cercai , veder non ebbi in forte Dirò dell' altre cofe , eh’ i' v’ ho feorte Giunto colà, dove in gran gioie ardenti
E
eh’ è
cfemplo
1’
fe
Splendon leggesi
Il
gloriofo
Di fede Di zelo Vidi
.
Donne
reali
E
ciafcuna
a
Nome e
,
al
mondo Dive,
incifo
accefc
:
giro
in
vive
e
,
'
rilucenti
ecco in zaffiro , che in fu 1’ eftrcma foce
pupille
le
Colei
,
Del chiufo Mare, ove Pietà I’ accolfe Pofcia, che Coftantin 1’ Aquila volfc Da Roma , u’ il Cicl guidollo , alzò la Croce
E
fiammeggiarle
A
lato
Elette
a
guifa di
Eudofta con
.
piropo
FiaciIla ,
due
e
maggior uopo
a
Magnanime
Clotilde
in
perla
,
c
in
faldo
Diamante Irene, il cui Splendore alquanto Troppo fredda pietade, e troppo caldo Desio di regio manto Appanna. Evvi Teodora , il cui fmcraldo Delle
vittorie
E' nobil
Che
cifra
a gli
fuc :
alte
gran Segni
vittorie
allora
fc incurvar
1’
Aurora
:
Se-
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.,
LA MENTE. Segue Marcella
e Lauri
,
e
,
137
Confolari
Fafci calpefta con Criftiano orgoglio
E In
E
novella Vertale, in nuovi
Eremo
confacra
te di pianti
Sparfa, del Beri in fu
Pur veggio
,
liti
Campidoglio
il
;
amari
Infonda
;
i
profani
liti
e voi dell' infelice
Trasfigurata Italia alte Reine,
Che
il mal lavato crine che per voi fu poi felice
rituffafte
Al popol
,
Nè
mi fugge Colei, che Madre, e Spofa Fu di que’ Duo’, che poi falde Colonne Furo, ov’ ancor ripofa 11 Teutonico Impero, e ’ì primo onore; E T Unghera Jfabella , c sì Y Ibera ; E d’ altre mille, e di minor chiarore. Poi P Idolatra fchierà: Scolpito in varie cifre era Dell’ onorate
il
valore
Donne,
E di quel, che qui appar tanto più bello, Quanto di là dal ver finge il pennello. Io mi volgo a man defila, e *1 guardo ho fifib In cofa , che ridir non ho gran fpeme ; Gioia mi parve, e penfo '1 forte: è vero Però, che qual dalle Molucche eftreme Per procellolò abiflfo Nuova (pezie odorofa all’ Emifpero
Noftro approdò poc’ anzi, ove ne fembra S Tut-
,
t A
J38
-
MENTE.
Tutta la calda, e profumata mclìe Quafi in cflratto il ricco Ciel piovclfe. Si viva al gufto, ed al fapor T alfembra : Tal d’ ogni gioia io quella, e lume , e tinta Sfavilla, e in varie falde in fua groffezza
D' ogni color
diftiota
;
Tal cred' io là fotto '1 nevofo Ciclo, Dove Borea crudele i mari agghiaccia, Ivi farebbe, s' ei del ricco velo
La lunga, e
varia traccia
Formafle unquanco in prezioso gielo; Sì di varia ricchezza
Arder fembrommi
Che
chiaro
i’
il
luminofo obietto.
vidi, e che mal chiaro
ho detto
Ben vero egli è, che qual tra noi fi mira Rofo talor dal sì tagliente ed afpro Dente del Tempo illnftre Volto, o Bullo
.
Scolpito a vivo in Orientai diafpro,
E
da quanto gira
fol
La bianca macchia Il
del ferabiantc augufto
perduto rilievo in fuoi contorni
Raffigura colui, che altrove
il
vide
:
vedova gemma , in cui pur ride La Tenitura immortal, che manca, adorni
Tal
la
Mi
feopre i tratti maeftofi alteri Della gran Mente, onde fcrbò T adempio,
E
che nc’ mici penfieri
Che
fu
lei
fi
formar, mirai due J
*
luftri»
.
Che
Digitized by
Google
,
.
L A
M
*
E
N T
*3*
E*!
Clic qual per entro alla terrena mole, U’ mai non giugni, pur co’ raggi indullri. Qual di fé imago il Sole
Loro ne. cria; così ne ayviero, che illuftri Quella gran Mentre il tempio, Ch’ ha nel mio chiufo fpirto, e sì v’accenda Qualch’ ombra di penfier, eh’ aria le renda.
Or come
,
diili
quella Imagin diva
,
Sopra d’ ogn’ altra , che quafsù m’ apparve, Mancar qui fola? Anzi per ciò* ( rifponde La gemma , e fpirto fu , che gemma apparve ) : Perchè più chiara, c viva Tu non vedrai, quantunque miri altronde. Tra quelle, ov’ ha ragion peccato altrui. Volle quel Maltro, che cotal la feo. Per far valer quel eh’ adoprar potco. .
Su mortai cofa, che laggiù.tra vui .
VenilTc originai
Calda da
fìaccalfe
in il
Quali p$r lega
Un E
non fo che
.
qual’ ella ufcìo
l'uà., gran
Di quel, che
Non
,
Mente.* e perchè
cflà
pondo
’l
unìo.
bel vafo,.ov’ ei la chiufe. al
terrcn limo ofeuro
•
immortai v’ infulè; il labro nel più puro Dolce idioma , ed in quel tuon dischiufc Onde il gran Fiat fecondo Traile dal nulla 1* Univerfo in. prima,
E
tu
1’
dell’
hai detto alcuna volta in
S
2
rima
Tu
,
MENTE.
LA
140
Tu
Vecchio, che a Stagira nacque, Sognofli in favellar di Cielo, e ftclle. Strana foftanza, che in toccar non fia Ritocca or penfa , che le chiare , c belle Forme, ond’ amar ti piacque, E che qui in van pur Y occhio tuo desia, Del gemmato vafel, che in fe le ferra, Non più toccan di quel , che il Firmamento Che pur la ferra, in fu volubil vento fai,
che
il
:
Librata
E
al
centro fuo tocchi
qual dal Lito Occidental
Fiato, che rende
la fi
,
Terra.
muove
navigar fenz' arte
il
Sicuro a tutte prove.
Che
quel, che butta invan pioggia, che cada o F altra delle oppofie piagge.
Dall’ una,
Vapor, che vento fallì, ove la firada Immenfa egli viagge, O mai non ghigne, o tanto avvien, che fcada.
Che Pur
vele, antenne, e
Nè men
ratto va
Tal quefta Mente
sì
il
Il
il
combatto corco.
legno in verfo
porto:
il
divifa è in tutto
Da quello , in cui fi Che qual turbo più
O
far te
immote, ed è
ftanfi
tiene
,
argine
,
o fponda
fier s* arma, o fcatena, da avverfa fortuna, o da feconda,
pacifico flutto.
Per cui fen va ficura, increfpa appena:
E
lieta, e
fnella, e libera, e fpedita,
Digitized
by
.
.
LA MENTE. Dierro fua Stella Pafia Il
Nave
la
,
Tua
Mar
perigliofo
cui
colma
gloria,
fi
gloria
di
quella
di
HI
feguir
vita
;
Dietro Tua Stella , che le addita un Difiefio sì da eccelli gioghi intorno
D’
alta
Su
lei
Che
virtù, che
a
fieno
pieno
versò da fiempiterno Marei di fienfi, e di ragione,
traversia
Falla
umana ragion , cui non s’ oppone
rifchiarc
Viva fé, mal
un fieno , in Dal mare aperto un giorno. Seguendo il dritto corfio , in
Alla
Le
calma
fiua
:
incoronate
trionfali
cui
cui
riparc
fi
renne,
antenne
Mira L’ infima sfoglia della fivclta Perla, U’ T ardente rilievo era ficolpito, qui
E
lo
eh* or
Così
fu
fimeraldo,
velato
piana
,
Pianta d’ ampio
ov’ è
il
voltro
e
rafia
rimafia
Mondo
imperla
ben partito > Ordin d archi , e di logge aliai comprendi Pon mente a quella Face: ella è fiuprema Ragion, cui Fede illullra: ecco Diadema Teatro
il
Qui
di picciole llelle ; ornai ne intendi fon Virtudi : ecco Valor, cui regge Per quel lucido fil quali con mano Ragione, e le dà legge:
Che
V
altra,
che
di
candor vince, è
O iellate, E
le
.
,
LA.
142
E
le
,
MENTE.
dcgn'Alme incorno
a
lei
cofparfc
Vedi qui tutte; e timide e sbandate Fuggirli T altre, e fparfe. Quella, che tntt' ardor fcnibra, è Pictate. Deli mira qui fovrauo
Coro
E
di
facri,
ventilar coti'
ed infiammati ali
Amori,
propri ardori
i
Qucfto, che Mar qui fembra
Benché abbia Tonde,
..
, c immenfe movenza è fermo ;
è Senno
,
infila
Quella, che in riva liede, e il. fignoreggia Torre è d" alto intelletto , e altrui fa fchermo Panai , cui mai non fpenfc Vento d’ errore, e che del ver fiammeggia. Quei , che lievi a fior d’ acqua andar ne vedi Quali candidi augelli a ftefò volo
Con T ali aperte in cosi Son Tuoi caffi Penfieri ; e Quelle ben corredate, e
Superbe navi, onde
Di
il
folto ftuolo,
sì
fc a
me
credi
veliere
gran mar
s’
ingombra,
prcziofe altere
Merci d’ alto configlio,' e di fuperni Lumi va n cardie. Or due Colonne cccelfc Mira colà nell’ alto; ivi gli eterni Pregi fermar
fi
fcclfe
Fortezza invitta, che gran
E
Cor governi ;
ed ombra , E’ quel fofpefo Cinto, c quella face, Sofferenza
Di coniugale Amor
fido e verace.
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,
.
MENTE.
LA fon
Altri pregi vi
,
.
*43
che non lafciaro
i'c vcftigio , e T aguzzarvi indarno Fora il guardo per te , che /già non fono Per gli occhi tuoi, paluftte augel dell'Arno, Di corto, e non ben chiaro
Di
Splendore
raggio a rimirar ibi buono:.*
il
e eh' abbia fatto il guardo , Ad altro Sol , che non è il vortro intendi Intendo si, rifpofi, e fia eh"’ emendi Torto T errore, e fe il rimedio e tardo*
Aquila vuoici
i
?
.
Non
fia
tarda
Sopra ogn'
la
altra
Cofa mortai
grazia
valer,
Io già credei
.
ma
alfine
alfine
cortei
Oh grande eccella immortai Mente! Or E fière in te tu dei fe render puoi
quale
,
Beato altrui pria , clic per te de i contenti tuoi Più dir non vaJfi j che ftupor Di morte in iùl confine
fii
tale ?
Ah Mi Mi
trafiè
caddi
,
e picn dell' alta
,
come Y uom
,
cui
full' ale
maraviglia foiino piglia
Aquila grande, ove portar prefumi, Mufa dall' auree penne, i voli eccelli? Mira colà d' inufitati lumi L' aria accenderli intorno
U’ il Re de' Tolchi Fiumi Sdegnando il giogo di fuperbi Ponti traggo in Jibcrtadc: alto Soggiorno c- sj co
Si :
.
i
E’ qui-
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,
mente.
L A
144
.
E' quivi, ond’è, che fpeflo al Ciel formonti Di. grandiflimo Padre un maggior * Figlio,
Che
E
fol
O
in
1’
avito valor Tuo proprio
conforto ciel
al
rimanti
Fia grande,
ma
mio o a ,
felli
terreno efiglio lui
ten vola
:
il
falto
cader non puoi più alto.
* L’ Autore ferire cosi del Pritr Luigi RuctlUi , Cavaliere dotate di fublitni qualità, e di profonda dottrina , nell’atto d’ inviargli la ptefentc Canzone.
I
LA
i
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.
PIETÀ
LA
CANZONE
XV.
E
ccelsa rupe, ove 1* eterno gelo Perpetuo Verno, e immenlà notte invetra, Sorge di pietra in pietra Là lotto il Polo, c dagl’ ignudi làlfi Del Sole al vano afpetto in aria Halli Sofpefo il rio, e d' un sì grolfo velo Velie lì intorno al mar, di cui s’ agghiaccia Al gelato
Che
fc
riflcHo
folco cielo
il
giammai per
la
;
nevofa traccia
Scende ruotando al ballò Del frenato dirupo orribil malfo. Ben rimbombar per quelle vie profonde Fa dalla neve 1’ uguagliate valli,
E
fonare in
L’ una con
>
criftalli 1*
altra
1’
agitate fronde;
Ma il freddo fmalto delle dure fponde Segna non più, che le volante, c lieve Foglia fvelta da i venti, in lieti balli Scherza talor fu 1* impietrita neve Quivi dipoi che Il
fui Calvario efangue Signor della Gloria cltinto giacque, !
T
E
eh*
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,
LA PIETÀ.
14 6
E
'
eh’ efaltar gli piacque
Sovra ftato reai Tanta umiltadc Torto icn venne ad abitar Pictade ; Pietade un tempo avvezza (e ancor non langue Del fatto la memoria ) al fafto, al regno; E Te mai bevve de’ nemici il fangue,
Non
fu
men
pia Pietà, cui fu foftegno
Quel che vantò sì onufto D’ oro, e di gemme altero Tempio augufto* L’ alta Città, eh* è di Giudea Rema. Quivi fen venne, c dalle balze, c i geli Scalar le nubi, c i Cicli ; Si mife in cuor, nè il reputò rapina: E giunta appena in fu la Reggia alpina, Gridò sì forte, che 1’ eftrania legge
Udì
in accenti a verità fedeli
Del buon Paftore il più remoto Gregge. Diletto ftuol dell' immortai Cittadc, Che di gemme ha le porte, or paffeggicri Non più, nè più ftranieri Ofpiti di un fol giorno, o peregrini,
Ma
fermi abitatori, e cittadini,-
Anzi
conforti per eterna etate
Dell’ alto Imperador, che lafsù regna:
Vergogna Sotto Alzin
fia,
fe molli e delicate
Capo fpinofo un’ altra le Membra : Udite
Chi fegnar
infegna
;
dietro a Lui d"
orme gradite Prc-
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,
,.
LA PIETÀ. Pretende
il
I47
trovò
calle, ond’ ci
1*
Impero,
veloce
Pria rinieghi fé Hello'; indi
Qual più pelante Croce Scorge , a quella s’ abbracci , e st leggiero Qual per piume Colomba, o qual veliero
Va feci
per grave antenna,
il
gran viaggio
Prenda ficuro u’ per quell' erma foce D' un ferafico Amor gli addita il raggio. Dille Ella appena , e di gran turba cinta Torto lì vide il folitario Monte, Che coraggiofe, e pronte Movean le genti al deliro lato e al manco E qual fe piuma, o vento averte al fianco. -,
Benché fcalzo ciafcun,
fui
Della tagliente Rocca, e
Di fanguc, o Girne, quali
il
fu’
Nè
fol robufti, c
Ma
fanciulletti,
Preflo
al
gran recinto volto
il
,
e
andar forte diletto. forti,
ed
in
-•
.
.
.
e
,
fide Ancelle
Donne a povertade, e a fchicrc Per umiltade altere Matrone gravi , c tenere Donzelle Quanto
E
in
neglette più, tanto più belle;
formontar i
la
lor piedi
Parcan fpuntar fu
pcrigliofa corta.
Autunni la
.
grand’ anni alforti
naufragio Vegli
Reali
Sotto
petto
il
fudor bagnato, o tinto
di
,
gelata
:
e Primavere crolla
, ,
,
L
148
Ma
tre
fecoli
uman
Sì torto
Che
erano appena.
£
vigor piega ,
della bella
Fu più
PIETÀ.
Jl
feorfi
leggiero
iu
fc crolla
x
Folla
Monte,
il
Segnati fur da partì
c fcarfi, e rari
e chiari
illuftri
Quegli afpri gioghi, e della vota feena
Vergognando Pietà piangea
Nè
1’
errore.
fuo pianger corto; in calde vene Ella ftemprò per gli occhi il fuo dolore Ben trecento, c mill’ anni, fu
il
Finché fguardando
a'
Pietofo Dio, dell'
uman
L’ infingarda virtù
E
,
Tuoi mortali affanni
cofe infermo,
che torpe
,
e ftagna
bagna Confonder volle, c provveder di fchermo A un tempo iftefio, e dall’ alpeftre ed ermo Confin Pietà ritrafic, c sì la chiufe che in viltà
Nell*
Alma
fi
di Cortei, qual già
Sapienza eterna, e Umanità
Oh
quale allor Pietade in fc
Stupì
E
le
1’
cftranio
Tempio,
s’
compagna infufe.
riftretta
e
il
vivo Altare,
facrc, e preclare
Novelle pompe, e il Sacerdote, e il rito, E 'l fuoco , e 1’ oftia , e i fumi , e 1’ infinito Stuol di vergini Doti in pura, e fchietta Verte d' alma Innocenza, in nobil coro Liete alternar la falmodia perfetta ; E muri d' alabaftro , c tetti d’ oro,
E
al-
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,
.
LA pietà; E
all’
149
Edilizio in giro
Porte eburnee, e vetrierc di zaffiro!
E qual non vide in regio Sangue ancora Quali in balfamo eletto accefa lampa. Scintillar
Fede, c vampa onde
Spirar di Carirade,
Pietà dal pio
s’ affina
Cosi da legno fiamma
A
talora
e
,
s’
infervora
!
ove trafeende
,
fufo vetro, indi più forte avvampa
Per lo perfetto loco
,
ove
s’
apprende
Non niego io già, che fui gelato Non vedefs’ ella , e fpelTo veda
fcoglio
anch’ oggi
Chi
tanto in alto poggi > Ma di fiorita valle, a cui fan fponda Vcrd' anni, alta beltade, aura feconda Di forte cccclfa , e di grand’ Avi il foglio, Pigliare il volo, e in profumate piume Sul Calvario volar dal Campidoglio Del Fallo , e de’ piaceri ; uman collumc Tant’ alto mai non forfè ,
:
E V
A
olle avverfa fua qualor fen corre
debellar, qual faggio Atleta efpcrto
In pria
li
ffiinfc,
e nudità fe feudo,
E
contro ignudi ignudo
A
lottar fen
Ma
il
campo
difccfe in
girne in rcal
Riportarne
manto,
trionfo
,
T
e
3
aperto
;
c piano, c certo in
fui
t
tormento
De-
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,
I
.
.
,
.
LA PIETÀ.
5®
Degli agi cfler fede!, tanto più crudo. Quanto foave più , quello e portento Che dir puote or Natura ? Ecco tra’ fiori Pictade ingentilir
fi
D’ Aufterità già
Or Madre è
riconfiglia
figlia,
Ragion, Ragion che mira
di
L’ altrui forze, e valor, e sì rigira Sorte, bellezza, nobiltà, tefori, Rifo, canti, piacer, pompe, diletti, Ch’ altro da quel , eh’ e’ fon , fagli ne’ cuori
Nobil fegreto
E
di
La Vedovella
Nuova
,
fcampo,
c di beltade armata
beltà, che in fu beltà fiorìo,
così ben ferìo:
Tal contra
il
Muov’
in
ella
Senfo
Ebro
alla
giornata
fpofo, c allor eh’
a
de’ cafti vezzi, in
tronca, e
fatai
tutta gala, e quafi ornata
Novella fpofa II
campo
Betulia
di
D’ orrore ignuda
E
contrari affetti
qual già fecfe in
1’
Alma
ei
giace
cupo oblio
n* ha
vittoria, c pace.
Vittoria, e pace, onde fuperba, e fchiva
D’ ogni cofa terrena, e naufeantc Di quel, cui poco avante Tanto amò career fuo, a gridar s’ ufa, Aprafi
Entro
Bramo
la ’l
prigione, ov’ io fon chiufa, cieco orror non fui mai viva
•
cui
difeiormi
,
c dell*
indegno laccio.
Che
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,
,
LA PIETÀChe
tien
mia nave
Fuggir fpedita
al
in
.
I>1
fu deferta
mio Fattore
riv3
in
Or fe rant' alto vola Chi di quella Pietà Y immagin
braccio
fola
contempla, quali in terfo e puro Grillai, che foglia in vivo argento alperfa In
lei
Cela
O
fua parte avverfa,
in
vede per cnimma ofeuro, più, e quanto più ficuro Spiegare il voi debbe Cortei , che chiara In fe la mira, anzi da fe diverfa Non punto , e in fe d' elfer beata impara Spelfo io la vidi in vivo fuoco acce fa chi
la
Quant'
alto
?
Davanti a quella Nube, onde lì vela Al fenfo, e fol fi fvela A pura fede, Oftia incruenta il Figlio Del Re del Mondo in quel, cui fé vermiglio
Suo divin Sangue mortai velo
e intefa
;
All* invifibil Piaga, onde del facro
Petto a noi
traile
con
felice
Lancia crudcl di doppio Gli occhi infiammati, e
Di
E
ofFcfa
umor
lavacro.
fparfi
fufe perle in carità disfarli:
qual Fanciul
Di fue Iftilla
,
che fugge
il
Madre , allor che mammelle intatte
Della tenera
al
callo feno il
latte
fuo vegliar dolce -Veleno
S' alfonna, c latra ancor*, taf Ella
appieno, Poi-
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,
.
.
.
LA PIETÀ.
152
Poiché bevve il Tuo Dio, nel chiaro Tonno Pur gli Tavella in Tue potenze attratte Con voci , che P altrui ridir mal ponno Signor, fembra a lui dir, quello mio bene, Ch’ è vento , ed ombra , e che beltà fi chiama E che di bene ha fama Che fa qui meco, c che noi togli ? Affai Di tua Beltà per 1’ Univerfo i rai Son chiari a chi fifTarfi all’ ampie vene
,
Di tu’ EfTenza infinita abbia T ardire Chi, cui mirar fi dia chiare, c fercne Le Belle in puro Cicl, Ha che le mire Anzi in fangofa, e impura Palude, il di cui limo in parte ofeura Lor vive fiamme, c le ritorna feeme?. J Pur fc alcun fia, che per me tanto s erga.
Che in te. Signor, s’ immerga. Piangere, c confentir vedraimi infieme.
Ma Che
quella bellezza eflcr
fe
frutti
olfefe a
te
,
E
sì
facciannc
i
può Teme,
Beltà
Solvafi quello fango, ov'
,
ella
che adoro
>
alberga
vermi altro lavoro
fai, che quello raggio, o fia Fuggevol lampo, onde m' hai fparfo il volto,
Signor, tu
In calle menti accolto Quafi in aprico Tuoi muove, e profuma Fior d’ Oncllade, e
D’
alti
le
bell'
Alme impiuma
penfieri eletti, c a tc le invia.
Ma
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,
.
LA PIE Ma
T A.
1
53
piove in un cor, dove ribolle Sotterraneo velen , Signor , che fia ? fe
Alma tofto fen grava, e L' atra caligo intorno,
L’
Che
fi
si
notte, e ne fparifce
fa
s* cftolle
giorno
il
Di tua Grazia non fol, ma di Ragione. Qual più incerto barlume ivi sfavilla, Tofto fmonta, e vacilla.
Ed
in quel cieco orror
Tocca
Qua,
1'
Alma
e là
s’
•
da ardente /prone
tapina, orba, c tentone
aggira, c corre, c nel più forte
Del rifchio, a cui proprio voler fortilla, un tratto incontra, e precipizio , è morte.
A
Ben so, che
Con
tua Pietà fofpcnde, e libra
giufta lance
il
cafo, c ne difcolpa
Beltà, che a par v' ha colpa D’ Augel, che forfè a te dà lodi, e al fifehio Traggc , nè ’1 penfa , o fpofa, o figlio al vifchio Ma che prò, fe frattanto incocca, e vibra
Suo
ftral
la
Colpa,
e
nuovo fanguc attigne
In quanto può dalle tue vene, c cribra Di frefche piaghe, e di livor dipigne
Tuo Corpo, e fallo, o *1 Tuo Corpo, il Corpo tuo,
crede
?
che poggia, e fiede
Del gran Padre alla dcftra ; or immortale Di mortai braccio i colpi, e le faette Ancor’ ancor n’ afpctte Penfo, o deliro, c il delirar ben vale Per
,
.
L A]
154
V
»
E
.,
T A<
Per te, che delirarti allor che uguale Ti fece immenfo Amore al fervo , al reo Se non che & lui lèrvì delizie elette, E te di morte abbeverar potco 1 Deh perchè non fon io quel, che tu fei ? .•
Deh perchè non fei tu quel, Che non fpregcvol dono Per fare al
nulla
Sdegnando per far te d’ Del nulla tuo me riveftir
Almen
fostu
ch’io mi fono?
tuo del Tutto cflèr
io
mio. Dio
vorrei
men grande,
c
men
pierofo,
Ma
non men buono, onde gli fpitti mici T’ amalfer sì, ma qual mendico- fpofo.
Non
qual ricco e poflènte
Signor di Gloria,
il
cui fervir repente
Regnar diviene, e qual regoare Oh Santo, > Santo, Santo Signor, io t' amo, io t amo, E per più amarti chiamo In foccorfo il tu’ Amor, che ardì cotanto. Che agguagliò T Infinito in fragif manto Padre, Spofo, Signor, Bontà infinita. Deh mi reggi in fu* fiori, o qual più bramo. Corri veloce ad alforbir mia vita! Yolca più dir, ma qual fe 1' Oceano, Forza di venti, e di crcfciuta Luna, Tutto alla fpiaggia aduna, Il Monarca del? Acque, e il sì temuto Del rio , che a lui correa , farti tributo !
.
1
;
Tale
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,
,
LA PIETÀ. Tale
incontro
Fallì
il
flutto
La Mente, Ai fertfi, c
al
amorofo, e inonda, e allaga potenze; indi s’ unifce trasfonde, ed aflorbifee
fi
poco a poco Al dilcttofo foco Qjal balfamo fi liqua, e flilla,
E
'1
fluifce.
lui
e fue
L' alma, che
E
155
Tuo cuor, che in
a
c feorre,
Tuo bel vafo aborre;
d’ altro fpazio bifognofa
,
e
vaga
1
Ribolle, e ne trabocca, e tanto s’ erge. Che il mio penfier, cui gran fudore afpcrgc,
Tane’ c pefante
Che
,
e grave
a tener dietro a
lei
piume non ave.
Digiti z ed
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v3( Digitized by
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