UNIVERSITA¶ DEGLI STUDI DI TRENTO Facoltà di Ingegneria
Corso di Metallurgia dei Metalli non Ferrosi Prof. D. Colombo
Produzione di Alluminio
Alessandro Sacchet 2134im
Introduzione
I minerali di Alluminio sono molto diffusi in quella porzione della crosta terrestre che è stat o finora possibile analizzare; in particolare particolar e secondo i geologi la distribuzione ponderale ponderale dell¶Alluminio nella crosta terrestre (espressa in termini percentuali) è maggiore rispetto a quella di molti metalli comunemente utilizzati come Rame, Piombo, Zinco, Nichel, Cromo ecc. L¶Alluminio inoltre è uno dei costituenti principali della maggior parte delle rocce, sotto forma di silicati: feldspati, miche, argille, che derivano dal disfacimento delle rocce feldspatiche. Purtroppo per l¶estrazione dell¶Alluminio non è possibile ricorre ai procedimenti metallurgici classici, data la sua elevata affinità verso l¶Ossigeno e il suo carattere elettroc himico. Per questi motivi l¶esistenza dell¶Alluminio è stata ignorata fino ai primi anni dell¶Ottocento, quando un chimico tedesco, Andres Marggraf, utilizzò l¶allume per ottenere il primo ossido di Alluminio, l¶allumina, dimostrando così l¶esistenza di un nuovo elemento metallico. Negli anni successivi (1825), Hans Cristian Oersted ottenne alcune gocce di Alluminio riducendo il cloruro di Alluminio con un¶amalgama di Potassio e alcuni anni più tardi Freidirich Wohler, allievo di Oersted usò il Potassio metallico come agente riducente. Solamente verso la metà del secolo fu possibile produrre delle piastre sottili evidenziando la leggerezza leggerezza e la malleabilità di questo metallo. La produzione rimaneva comunque relegata a piccoli laboratori nei quali l¶Alluminio era ottenuto con procedimenti di riduzione dell¶ossido realizzati in crogioli di Platino ed utilizzando il Potassio, per cui il prezzo del metallo ridotto era elevato, superiore anche a quello dell¶Oro. Un primo processo di produzione industriale di tipo termo-chimico fu sviluppato, dal 1854, da Henri Sainte-Claire Deville che ottenne Alluminio riducendo il cloruro di Alluminio con Sodio: la produttività era comunque limitata e solo nei decenni successivi furono definiti dei procedimenti di produzioni efficienti. Storicamente l¶attuale processo produttivo dell¶Alluminio è stato definito nel 1886 da Hall, un americano, e da Heroult, francese, i quali separatamente, ma contemporaneamente, idearono un procedimento di riduzione elettrochimica dell¶ossido, l¶allumina; contemporaneo fu anche il brevetto Bayer per ottenere l¶allumina dal minerale, la bauxite. Questi risultati permisero lo sviluppo di un ciclo completo di produzione che già pochi anni dopo raggiunse proporzioni industriali e che è tuttora t uttora applicato nel modo seguente: 1. Fase chimica: estrazione dell¶ossido, l¶allumina ( Al 2O3), dalla bauxite che lo contiene sotto forma idrata; 2. Fase el el ettrochimica: ettrochimica: elettrolisi dell¶ossido disciolto in un sale (la criolite) fuso.
2
2.1
Fase chimica
La metallurgia estrattiva
Lo studio dell¶estrazione dei metalli dai loro giacimenti presenti sulla Terra costituisce una scienza nota come metallurgia estrattiva, una disciplina che sviluppa i propri metodi basandosi sulla chimica, sulla fisica e sull¶ingegneria per quanto riguarda le tecnologie. Se dal punto di vista
Introduzione
I minerali di Alluminio sono molto diffusi in quella porzione della crosta terrestre che è stat o finora possibile analizzare; in particolare particolar e secondo i geologi la distribuzione ponderale ponderale dell¶Alluminio nella crosta terrestre (espressa in termini percentuali) è maggiore rispetto a quella di molti metalli comunemente utilizzati come Rame, Piombo, Zinco, Nichel, Cromo ecc. L¶Alluminio inoltre è uno dei costituenti principali della maggior parte delle rocce, sotto forma di silicati: feldspati, miche, argille, che derivano dal disfacimento delle rocce feldspatiche. Purtroppo per l¶estrazione dell¶Alluminio non è possibile ricorre ai procedimenti metallurgici classici, data la sua elevata affinità verso l¶Ossigeno e il suo carattere elettroc himico. Per questi motivi l¶esistenza dell¶Alluminio è stata ignorata fino ai primi anni dell¶Ottocento, quando un chimico tedesco, Andres Marggraf, utilizzò l¶allume per ottenere il primo ossido di Alluminio, l¶allumina, dimostrando così l¶esistenza di un nuovo elemento metallico. Negli anni successivi (1825), Hans Cristian Oersted ottenne alcune gocce di Alluminio riducendo il cloruro di Alluminio con un¶amalgama di Potassio e alcuni anni più tardi Freidirich Wohler, allievo di Oersted usò il Potassio metallico come agente riducente. Solamente verso la metà del secolo fu possibile produrre delle piastre sottili evidenziando la leggerezza leggerezza e la malleabilità di questo metallo. La produzione rimaneva comunque relegata a piccoli laboratori nei quali l¶Alluminio era ottenuto con procedimenti di riduzione dell¶ossido realizzati in crogioli di Platino ed utilizzando il Potassio, per cui il prezzo del metallo ridotto era elevato, superiore anche a quello dell¶Oro. Un primo processo di produzione industriale di tipo termo-chimico fu sviluppato, dal 1854, da Henri Sainte-Claire Deville che ottenne Alluminio riducendo il cloruro di Alluminio con Sodio: la produttività era comunque limitata e solo nei decenni successivi furono definiti dei procedimenti di produzioni efficienti. Storicamente l¶attuale processo produttivo dell¶Alluminio è stato definito nel 1886 da Hall, un americano, e da Heroult, francese, i quali separatamente, ma contemporaneamente, idearono un procedimento di riduzione elettrochimica dell¶ossido, l¶allumina; contemporaneo fu anche il brevetto Bayer per ottenere l¶allumina dal minerale, la bauxite. Questi risultati permisero lo sviluppo di un ciclo completo di produzione che già pochi anni dopo raggiunse proporzioni industriali e che è tuttora t uttora applicato nel modo seguente: 1. Fase chimica: estrazione dell¶ossido, l¶allumina ( Al 2O3), dalla bauxite che lo contiene sotto forma idrata; 2. Fase el el ettrochimica: ettrochimica: elettrolisi dell¶ossido disciolto in un sale (la criolite) fuso.
2
2.1
Fase chimica
La metallurgia estrattiva
Lo studio dell¶estrazione dei metalli dai loro giacimenti presenti sulla Terra costituisce una scienza nota come metallurgia estrattiva, una disciplina che sviluppa i propri metodi basandosi sulla chimica, sulla fisica e sull¶ingegneria per quanto riguarda le tecnologie. Se dal punto di vista
scientifico rappresenta un recente settore di studio, le sue origini, che storicamente definiscono la fine dell¶Età della Pietra, risalgono nel Medio Oriente ad oltre 6000 anni fa. I primi metalli conosciuti furono quelli che poterono essere trovati allo stato elementare come l¶Oro, l¶Argento ed il Rame; la maggior parte dei metalli è però legata ad altri elementi, quali l¶Ossigeno e lo Zolfo, e deve subire dei processi chimici per essere ridotta allo stato di metallo elementare. Le energie libere di formazione di molti ossidi metallici sono negative; per questo motivo è necessario sfruttare l¶accoppiamento con una reazione chimica spontanea per ottenere la reazione opposta di riduzione allo stato elementare. Le difficoltà di produzione di un metallo allo stato ridotto sono quindi determinate da ragioni termodinamiche tanto che in molti casi è lecito relazionare la reattività di un metallo con il periodo storico in cui è stato isolato per la pr ima volta. Nel caso dell¶Alluminio è stata di difficile risoluzione non solo la riduzione alla stato metallico ma anche l¶estrazione dell¶ossido, l¶allumina, dal minerale, la bauxite, che deve essere purificato con il processo Bayer. 2.2
I minerali dell¶Alluminio
A causa della gran reattività, l¶Alluminio non si trova allo stato nativo, ma spesso legato con l¶Ossigeno a formare ossidi, idrati e silicati di costituzione assai complessa. Le forme più pure sono le gemme rubino e zaffiro, costituite da ossido Al 2O3 con impurezze o con difetti del reticolo cristallino che ne provocano la caratteristica colorazione. Il valore di queste gemme è proporzionale alla loro purezza e all¶intensità della loro colorazione: i rubini dotati delle migliori caratteristiche possiedono un valore competitivo con quello del diamante. L¶ossido di Alluminio impuro (spesso l¶impurezza principale è il Ferro) si chiama corindone; può essere cristallizzato in belle forme senza però assumere il valore del rubino e dello zaffiro. Cristallizzato in masse di notevoli dimensioni è estratto e utilizzato come abrasivo che va sotto il nome di smeriglio. La durezza dell¶ossido è, infatti, appena inferiore a quella del carburo di Silicio, tra i più duri abrasivi sintetici. Il minerale più conveniente per l¶estrazione del metallo è la bauxite, un idrato di allumina; altri minerali dai quali è possibile estrarre l¶Alluminio sono la criolite (fluoruro doppio di Alluminio e Sodio, Al ), la leucite ( K AlS i2O6 ), ), l¶alucite [ Kal Al F 3·3N aF aF ), Kal 3(SO4 )(OH )6 ] e alcuni alumi. Tuttavia questi minerali costituiscono solo una piccola parte part e dell¶Allumino contenuto contenuto nella litosfera. litosf era. Esso, infatti, è diffuso soprattutto nei feldspati e nelle miche, contenuti in gran quantità nelle rocce erutt ive. Nelle rocce sedimentarie si trova in quei minerali che provengono dalla disgregazione delle rocce eruttive: principalmente nei caolini (che provengono provengono dal disfacimento dei feldspati) e nelle argille. 2.3
La Bauxite
La bauxite, che prende il nome della località di Lex Baux in Provenza, dove furono scoperti nel 1821 notevoli giacimenti, è attualmente il minerale alluminifero più importante. E¶ una roccia di colore che va dal rosso bruno al giallo costituita principalmente da gibbsite [ Al (OH )3] e boehmite [ AlO(OH )], )], che sono i veri minerali della bauxite, assieme a d altri idrossidi di Alluminio, sostanze amorfe e prodotti argillosi, che conferiscono le varie colorazioni. Infatti, la bauxite pura è di colore bianco. Il corindone non è altro che una bauxite che ha subito un processo di disidratazione dovuto alle enormi pressioni e temperature durante la formazione della crosta terrestre. La bauxite è il minerale nel quale è possibile trovare la maggior concentrazione di Alluminio (65 z85%), se si esclude il corindone (o rubino) da cui, però, non è possibile ricavare il
metallo mediante i normali processi di riduzione pirometallurgici, causa l¶elevata refrattarietà e l¶alta temperatura di fusione. Chimicamente la bauxite è una miscela di idrogeli di Al 2O3 (dal 50% al 60%), Fe2O3 (dal 10% al 20%) e subordinatamente di S iO2 (dal 1% al 10%) e di minori quantità di Titanio, Zirconio, Vana dio ed altri minerali contenenti gli ossidi dei metalli di transizione, con un contenuto di acqua che varia dal 20 al 30%. La formula chimica di riferimento della bauxite è Al 2O3·nH 2O, cioè è un¶allumina idrata. I maggiori giacimenti di questo minerale si trovano nelle aree tropicali e subtropicali come Australia, Guinea, Giamaica, Guyana inglese, India; inoltre esistono giacimenti negli USA (Alabama, Arkansas e Georgia), in Sud America (Brasile, Guyana e Suriname S uriname), in Asia (Cina, Malaysia e Borneo), in Nord Africa, nella Guinea Francese, in Ghana, in Sud Africa, e poi ancora in Russia, in Ungheria, in Germania, in Spagna e nella ex-Jugoslavia. In Italia ci sono giacimenti di modeste dimensioni nel Gargano e nelle Murge (Puglia), nel Matese (Basilicata) e nella Marsica (Abruzzo). Di seguito è riportata una tabella ta bella relativa alla produzione mondiale di bauxite: Stato
Produzione in t. (milioni)
Produzione %
Australia America Centrale e del Sud Nord America Europa Russia Cina
14 10
31.11 22.22 17
14 5 3
15.56 13.33 11.11 6.67
Tab. 2.1: I dati son so no rel rel ativi ativi all all a produzion produzio ne ann annua. ua.
Dato l¶attuale tasso di consumo annuo di bauxite, le riserve minerarie note potrebbero essere coltivate per i prossimi pross imi tremila anni; inoltre nuovi giacimenti sono s ono scoperti anno dopo anno. I depositi di bauxite generalmente sono in prossimità della superficie e, quindi, la pratica più diffusa per l¶ estrazione di questo minerale consiste nella coltivazione del giacimento a cielo aperto. Si procede rimuovendo rimuovendo lo strato di copertura superficiale costituito in genere da suolo e dalla copertura vegetale sovrastante e, successivamente, la bauxite è estratta con sistemi meccanici mobili. Una volta prelevato lo strato di minerale (che può avere uno spessore di vari metri) rimane una depressione priva di ogni vegetazione che interrompe la continuità del territorio, dei sistemi ecologici superficiale e della circolazione idrogeologica meno profonda. Anche se l¶estrazione l¶estra zione della bauxite interessa un¶area relativamente ridotta, la radicale trasformazione che essa determina investe una porzione di territorio ben più vasto e comporta diverse forme di impatto ambientale, tra le quali la principale consiste nell¶alterazione della morfologia e dalla difficoltà di recupero dei sistemi ecologici pre-esistenti. Il ripristino degli ecosistemi originali e il recupero della biodiversità, una volta terminate le attività estrattive, è un obbiettivo perseguito dalle imprese non sempre con uguale impegno. Con l¶avvio delle più cospicue coltivazioni minerarie a partire dagli anni ¶60 sono maturate delle esperienze che oggigiorno vengono applicate ai siti minerari di bauxite secondo quanto consiglia l¶ International Aluminium Institute: 1. studi di base relativi a flora, fauna, morfologia e idrologia e valutazione delle relative alterazioni introdotte dall¶attività mineraria; 2. studio delle condizioni culturali, storiche, archeologiche ed economiche delle popolazioni delle popolazioni locali e valutazione valuta zione dell¶impatto dell¶impatto derivante dalle dall e attività minerarie; 3. rischi occupazionali e sanitari derivanti dall¶impiego di sostanze pericolose e dalla produzione di rifiuti; 4. grado di monitoraggio ambientale e definizione di un piano di gestione ambientale contenente obbiettivi specifici;
5. impieghi nella gestione di uno sviluppo sostenibile. Questi provvedimenti hanno prodotto risultati diversi, rapportati all¶intensità egli impieghi delle singole aziende. Dal punto di vista economico, dati i costi di produzione, è opportuno insediare tutti gli impianti del ciclo completo di produzione, dal minerale al metallo, in quei Paesi in via di sviluppo dove ci sono i giacimenti di bauxite. E¶quindi possibile affermare che i dati relativi alla produzione di Allumino non sono indice di sviluppo: c¶è produzione dove c¶è energia a bassi costi, come evidenzia la tabella: Stato
Produzione Al (t/anno)
Consumo pro capite (t/anno)
Ue Giappone Usa
3700 35 >3700
18-20 28 27
Tab.2.2: I dati sono rel ativi al 1990.
Altri fattori, purtroppo, determinanti per lo spostamento degli impianti di produzione nei Paesi del Sud della Terra sono: 1. legislazioni ecologiche permissive; 2. mano d¶opera a basso costo. 2.4
Il processo Bayer
Il processo che permette di ottenere l¶allumina pura dalla bauxite è detto processo Bayer e sfrutta il carattere anfotero dell¶allumina attraverso un meccanismo di concentrazione per dissoluzione in ambiente basico. 2.4.1 Meccanismo
Le diverse fasi che caratterizzano il processo Bayer possono essere schematizzate nel modo seguente: 1. 2. 3. 4. 5. 6.
macinazione della bauxite; solubilizzazione ad alte temperature (alcune decine di °C); separazione degli insolubili; reprecipitazione di Al(OH)3 per abbassamento della temperatura; rigenerazione della soluzione; calcinazione.
Come già evidenziato la bauxite è un minerale costituito da ossidi di Fe, Ti, Si e Al in proporzioni variabili; la S iO2, come vedremo, non deve superare il 6%. La bauxite è usata perché è fra i pochi minerali disponibili in cui il tenore di Alluminio è sufficiente a renderne l¶estrazione economica: moltissime rocce comuni sono silico-alluminati contenenti proporzioni variabili di Al, ma la percentuale di Alluminio contenuta, insieme all¶alta proporzione di Silicio, ne rende l¶impiego impraticabile.
Chimicamente il processo è estremamente semplice, anche se la realizzazione tecnologica è difficile. Esso consiste in una reazione d¶equilibrio che porta alla solubilizzazione di Alluminio come alluminato in un senso e a una reazione inversa di idrolisi dell¶alluminato così ottenuto: (2.1) Al 2O3· H 2O + 2N aOH Al 2O3 N a2O + (n + 1). In pratica la reazione è pilotata in un senso o nell¶altro agendo sul valore del pH e giocando sul fatto che le impurezze hanno un pH di idrolisi più basso e di ridissoluzione più alto di quello dell¶Alluminio. L¶attacco dell¶allumina con soda può essere effettuato sia ad alta pressione e ad alta temperatura (t § 200 °C; p § 20 atm) o a bassa temperatura e bassa pressione (t § 100 °C; p § 5 atm). La scelta di un metodo o dell¶altro è funzione di varie considerazioni relative alla natura della bauxite di partenza, alla velocità della reazione di dissoluzione e alla presenza nella bauxite di sostanze organiche. Orientativamente è necessario notare che l¶andamento della reazione (2.1) è caratterizzato in base al valore del rapporto molecolare caustico: (2.2) N a2O / Al 2O3 che caratterizza la concentrazione in N aOH della soluzione espressa come N a2 O. Tale valore non è mai pari ad 1, che indicherebbe neutralizzazione completa della soda con tempo di r eazione infinito, ma vale 1.5÷1.9 dopo la dissoluzione e 3÷4 dopo la precipitazione dell¶idrossido. I volumi di soda da concentrare risultano elevatissimi e per questo motivo la parte più costosa dell¶impianto è il ciclo termico; quindi è preferibile il ciclo di dissoluzione della bauxite ad alta pressione e temperatura in quanto permette di lavorare con soda più concentrata. Industrialmente la bauxite è frantumata e spesso preventivamente essiccata in un forno rotativo a 450 °C per eliminare le sostanze organiche. Segue una macinazione in mulini a palle ottenendo una polvere fine detta farina di bauxite. La farina così ottenuta è distribuita in mescolatori in acciaio contenenti soda a 38÷40 Bé (Na 2O compreso tra 250 e 300 g/l) per 300 Kg di bauxite in 1 m 3 di soluzione. La sospensione passa in autoclavi riscaldate a vapore (t § 180÷200 °C; p § 15÷20 atm) dove staziona da 6 a 8 ore. Nella soluzione basica si sciolgono l¶ossido di Silicio, S iO2, che è un ossido acido, e l¶ossido di Alluminio, Al 2O3, che è anfotero, mentre gli ossidi metallici Fe2O3 e T iO2, essendo basici, non si sciolgono. La necessità di non superare una certa percentuale di ossido di Silicio deriva dal fatto che, a questo punto, gli ioni silicato disciolti si combinano con gli ioni alluminato e i cationi di N a+ derivanti da N aOH , per formare il silico-alluminato di Sodio N a AlS i3O8, insolubile, che precipita. Com¶è possibile osservare dalla formula, una parte dell¶Alluminio si perde in questo modo ma, se il tenore di silice è contenuto (< 6%), questo non rende antieconomico il processo. Per diluizione con liquido di lavaggio proveniente da altre parti del ciclo e per stazionamento in decantatori posti in cascata, la soluzione ricca in alluminato è separata dai fanghi contenenti S iO2, Fe2O3 e T iO2(fanghi rossi) che sono infine scaricati previo lavaggio per recuperare al massimo l¶alluminato. Dopo ulteriore filtrazione del liquido questo è inviato in grossi recipienti di acciaio detti decompositori dove staziona circa 100 ore e dove, anche ad opera di un effetto di innesco da parte di residui di ossido di Alluminio, introdotti nel recipiente con la funzione di germi, avviene la reazione di idrolisi con formazione dell¶idrossido di Alluminio. Segue una filtrazione in filtri rotativi e a vuoto dove l¶idrossido si separa dalla soluzione diluita, che deve essere riconcentrata in batterie di evaporatori a multi effetto per essere inviata, dopo reintegro delle parti perse, alle autoclavi in dissoluzione. L¶idrossido è infine calcinato: (2.3) 2Al (OH )3 Al 2O3 + 3H 2O
in forni rotativi a 1200 °C ottenendo Al 2O3 ad alta ( Al 2O3 99.5÷99.6%; Fe2O3 0.015÷0.03%; S iO2 0.015÷0.02%; N a2O 0.3÷0.5%). Per produrre 1 m3/t di allumina sono necessari: Materiale
Fattore
Bauxite (t) Soda caustica ( N aOH ) (t) Energia per la calcinazione (GJ) Energia per la calcinazione (GJ) C aO (Kg)
2-3.5 50-100 6-10 3.2-4.5 30-60
purezza
Tab. 2.3: i dati sono riferiti ai fattori necessari per l a produzione di 1 m 3 / t .
2.4.2 L¶impianto di produzione
Un impianto per la produzione di allumina con il processo Bayer è in sintesi costituito da: 1. 2. 3. 4. 5.
6. 7. 8. 9.
deposito di minerale (bauxite) e depositi di combustibile (nafta o carbone); centrale termica per la produzione di vapore ed energia elettrica; impianto di frantumazione, arrostimento e macinazione (con mulini a palle) della bauxite; complesso di autoclavi in cui si opera l¶attacco del minerale con soda caustica ( N aOH ); complesso di decantatori, dalla parte superiore dei quali esce la soluzione depurata, che per sicurezza è inviata in appositi filtri che eliminano la fanghiglia ancora in sospensione, mentre dalla parte inferiore esce la soluzione torbida che passa alla filtrazione rossa (in filtri in pressa o con il sistema Dorr); complesso di decompositori (grossi recipienti in acciaio muniti di agitatore), dove con una permanenza di 90-100 ore e in presenza di un certo quantitativo di idrato di Alluminio residuo delle precedenti lavorazioni, l¶alluminato decompone in idrato; forni per la calcinazione dell¶idrato di Alluminio in ossido di Alluminio anidro (allumina); apparecchi per la concentrazione delle soluzioni di soda; silos per la raccolta dell¶allumina.
F ig.
2.1: Rappresentazione di un impianto Bayer.
2.4.3 Problematiche ambientali
Durante il trattamento nel digestore, i vari idrossidi di Ferro presenti nella bauxite sono disidratati formando una soluzione solida di - Fe2O3 (contiene circa il 10% di Al 2O3) che successivamente cristallizza e forma il costituente principale dei fanghi rossi, la cui tipica composizione chimica è la seguente: pH 12.5 Fe2 O3 30÷60% Al 2O3 11÷20% S iO2 2.5÷14% T iO2 tracce÷11% C aO tracce÷11% N a2 O 1.5÷8% I fanghi rossi sono diluiti e inviati ad un filtro a pressione, dove sono recuperati alcuni componenti; di seguito, sotto forma di slurry, sono pompati lontano dall¶impianto per essere scaricati in laghetti
artificiali ed è necessario ricordare che questi prodotti secondari non hanno ancora trovato degli usi commerciali. I fanghi rossi sono rifiuti pericolosi il cui trattamento costituisce ancora un problema controverso. Il problema dello smaltimento o dell¶ utilizzo è ancora a livello di sperimentazione e non esistono forme di trattamento definitivo. Come detto, nei paesi sviluppati, e anche in Italia, i fanghi rossi generalmente sono disposti in prossimità degli impianti in lagune. Anche se attualmente i fanghi rossi sono gestiti in modo tale da minimizzare gli impatti, tuttavia alcuni siti risentono ancora dell¶eredità di una passata gestione non corretta. Questi depositi superficiali devono essere costruiti e gestiti con particolari attenzioni per evitate contaminazioni delle falde sottostanti e dei terreni circostanti e per impedire che materiale pulverulento sia disperso in aria provocando effetti dannosi per la salute; infatti queste polveri sono di natura fortemente alcalina e causano effetti irritanti per la pelle, gli occhi e l¶apparato respiratorio. Solamente negli ultimi anni sono stati promossi degli studi e delle sperimentazioni per un adeguato trattamento di questi rifiuti. In alcuni casi l¶elevato tenore di Alluminio nel materiale ha consigliato di modificare il ciclo produttivo al fine di ridurne la carica alcalina, in modo tale da ottenere un fango inerte che può essere utilizzato per ricolmare le miniere esaurite come substrato per il reimpianto delle vegetazione originaria o per altri scopi agricoli o come materiale di riporto per le zone costiere. Infine è stato sperimentato l¶utilizzo dei fanghi rossi anche nella produzione di materiali da costruzione. 1 Dal punto di vista legislativo, in Italia i fanghi rossi sono classificati come dei rifiuti industriali residuali da un processo industriale e di cui il detentore deve disfarsene avviandoli allo smaltimento o al recupero. In particolare sono classificati quali rifiuti ³speciali´ ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 22/97, di recepimento delle Direttive Europee che regolano la gestione dei rifiuti. Questa tipologia di rifiuto è riportata nel nuovo ³Elenco Europeo dei Rifiuti´, introdotto dalla Decisione 2000/532 della Commissione Europea, in seguito modificata dalla Decisione 2001/573, alla voce 010309. I fanghi rossi, pur essendo dei rifiuti, non possono quindi essere considerati materiali inerti alla pari delle materie prime estratte da cave o da alvei fluviali (come sabbia, pietrisco e ghiaia) usate per l¶edilizia civile e industriale; per questo motivo se la loro destinazione è lo smaltimento in discarica autorizzata, essi sono regolamentati dalla nuova Direttiva Europea 1999/31/CE, in corso di recepimento dal nostro Paese con apposito Decreto Legislativo predisposto dal Ministero dell¶Ambiente e Tutela del Territorio in collaborazione con gli altri Ministri competenti e di prossima pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Nella Gazzetta inoltre sarà pubblicato anche un Decreto Interministeriale che definisce i criteri di ammissibilità dei rifiuti in ciascuna delle tre categorie di discariche previste dalla nuova normativa in esame, che sono: 1. discariche per rifiuti inerti; 2. discariche per rifiuti non pericolosi; 3. discariche per rifiuti pericolosi. La Direttiva sopra citata (articolo 2, lettera e) e la relativa legislazione nazionale di attuazione prevedono, nel caso di smaltimenti in discarica dei rifiuti, la nuova categoria dei rifiuti inerti; questi sono definiti come quei rifiuti che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa e per i quali il Decreto interministeriale citato quantificherà in maniera dettagliata i requisiti di accettabilità in termini di concentrazioni massime ammissibili di inquinanti sia nel rifiuto stesso che nell¶eluato derivante dal rifiuto sottoposto ad un apposito test di cessione, condotto secondo le prescrizioni previste dalla normativa UNI. Se per il rifiuto fossero previste destinazioni alternative, il recupero deve essere autorizzato dalla Regione ai sensi dell¶articolo 28 del Decreto Legislativo 22/97; in questo caso devono inoltre essere prescritte, sempre dalla Regione, le precauzioni da adottare in materia di sicurezza ed igiene
ambientale per evitare ogni pregiudizio per le componenti ambientali ed evitare ogni possibile danno al paesaggio. Inoltre non è possibile immettere rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, in mare e, in generale, nelle acque superficiali o sotterranee, in quanto vietato dell¶articolo 14, comma 2, del Decreto Legislativo 22/97. Infatti, la normativa nazionale vigente in materia di tutela delle acque dall¶inquinamento (articolo 35 del decreto legislativo 152/99, successivamente modificato dall¶articolo 15 del decreto legislativo 248/2000) prevede la possibilità di immersione in mare, su autorizzazione del Ministero dell¶Ambiente e Tutela del Territorio, solo per i materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi e per gli inerti, che devono essere materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, solo se sia dimostrata la compatibilità ambientale e l¶innocuità e per il materiale organico e inorganico prodotto durante l¶attività di pesca. Emerge quindi, già per il solo territorio italiano, un quadro legislativo molto complesso e non ancora ben definito. 1
Per gli aspetti legislativi è stato fatto riferimento al testo dell¶VIII Commissione parlamentare di Martedì 25 febbraio 2003, in riferimento all¶Interrogazione n. 5-01689 Pinto e Lupi: Classificazione scorie industriali di lavorazione della bauxite.
2.5
Alternative al ciclo tradizionale
E¶ stato detto in precedenza che in massima parte l¶allumina è estratta dalla bauxite attraverso il processo Bayer; esistono comunque processi alternativi sia all¶estrazione dell¶allumina dalla bauxite che all¶uso della bauxite come minerale. 2.5.1 I processi alternativi al ciclo Bayer
I metodi ideati per ottenere l¶allumina pura sono diversi, alcuni di tipo puramente chimico (processi Déville-Péchiney, Peniakoff, Bayer) e altri nei quali il processo chimico è preceduto da una fusione della bauxite al forno elettrico per ottenere una ferrolega e una scoria ricca di un composto di Alluminio che viene successivamente trattata (processi Pedersen, Haglund, Serpek). Questi sono in ogni modo processi ancora poco diffusi mentre il processo Bayer rimane quello generalmente utilizzato in quanto risulta essere il più economico per le bauxite contenenti gibbsite, boehmite e poca silice ( S iO2 < 6÷7%). 1. Processo Dévill e- Péchiney: questo trattamento prevede una calcinazione a 1100÷1400 °C in
forno rotativo della bauxite con carbonato di Sodio per ottenere la formazione dell¶alluminato solubile con cui la massa viene lisciviata: (2.4) Al 2O3 + N a2CO3 + 4H 2O 2N a[ Al (OH )4] + CO2. La soluzione così ottenuta è trattata con CO2 ottenendo la precipitazione dell¶idrossido di Alluminio con la produzione di carbonato di Sodio che torna in ciclo: (2.5) 2N a[ Al (OH )4] + CO2 N a2CO3 + 2Al (OH )3 + H 2O; infine l¶idrossido è calcinato:
(2.6) 2Al (OH )3 Al 2O3 + 3H 2O. 2. Processo Peniakoff : è analogo al precedente, ma il carbonato di Sodio è sostituito da una
miscela di solfato di Sodio e carbone. L¶idrossido precipitato anche in questo caso è poi calcinato ottenendo allumina pura. 3. Processo H ag l und: permette di lavorare minerali con elevato tenere di silice trattando questi
al forno elettrico con aggiunta di pirite e carbone. L¶allumina in parte reagisce con la pirite per formare il solfuro di Alluminio e ossido di Ferro che passa a ferro metallico per effetto del carbone riducente: (2.7) 2Al 2O3 + 3 FeS 2 + 6C 2Al 2S 3 + 3 Fe + 6CO. Contemporaneamente si riduce anche la silice che forma una lega Ferro-Silicio riutilizzabile in metallurgia. L¶allumina fonde con il solfuro formando una scoria molto fluida che, raffreddata, frantumata e trattata a caldo con acqua, idrolizza dando idrossido di Alluminio e acido solfidrico: (2.8) Al 2S 3 + 6H 2O 3Al (OH )3 + 3H 2S ; l¶acido solfidrico è utilizzato per produrre Zolfo. L¶idrossido è calcinato secondo la (2.6). 4. Processo Pedersen: è analogo al precedente, ma l¶addizione alla bauxite è di coke, calcare e
minerale di Ferro. Si forma ghisa e una scoria formata prelevantemenete da alluminato monocalcico. La scoria trattata con carbonato di Sodio precipita l¶alluminato: (2.9) C aO· Al 2O3 + N a2CO3 2N a AlO2 + C aCO3; l¶alluminato è trattato come alle reazioni (2.5) e (2.6). Questo trattamento dal punto di vista economico è quello che si è dimostrato maggiormente competitivo nei confronti del processo Bayer. 5. Processo S erpek: coke e bauxite sono trattati al forno elettrico sotto atmosfera di Azoto
ottenendo il nitruro di Alluminio nella scoria che, lisciviata con soda caustica, forma l¶alluminato sviluppando ammoniaca. L¶alluminato è poi trattato come alle reazioni (2.5) e (2.6). 2.5.2 Minerali alternativi alla bauxite
Numerose sono state le proposte di utilizzare minerali più diffusi e meno costosi della bauxite, quali le argille, la leucite, l¶alunite e altri ancora, per produrre allumina pura. L¶alunite è un solfato idrato di Potassio e Alluminio, di formula K Al 3[(OH )6 (SO4)2], durezza 3.5÷4 (secondo la scala di Mos) e peso specifico 2.58. La leucite è un tectosilicato di Alluminio e di Potassio ( K AlS i2O6 ), i cui cristalli sono cubici a temperatura superiore ai 605 °C e tetragonali trapezoedrici a temperatura inferiore; fa parte del gruppo dei feldspatoidi ed è uno dei minerali fondamentali di alcune rocce alcaline eruttive, e specialmente effusive. In particolare, soprattutto nei Paesi poveri di bauxite, si considera l¶estrazione dell¶allumina dalla leucite la quale è trattata con acido cloridrico e acido nitrito con risultati economici non del tutto soddisfacenti.
Infatti, per estrarre l¶allumina da questi minerali è necessario utilizzare dei processi che prevedono dei trattamenti con bagni acidi per cui emergono notevoli difficoltà legate alla corrosione degli impianti, allo scarso recupero degli acidi per un loro riutilizzo ed, infine, alla rilevante quantità di sottoprodotti da smaltire, soprattutto Ferro. Per questi motivi il ricorso a trattamenti con bagni acidi si potrebbe dimostrare adattabile alle argille povere di Ferro, ai caolini e alle bauxite ricche di silice, non adatte al processo Bayer. In merito, esaustive ricerche sull¶utilizzo dei bagni acidi sono state condotte fin dagli anni ¶30 dello scorso secolo, anche se questi trattamenti, alla luce dei risultati economici, non sono indicati per la produzione di allumina per scopi metallurgici quanto per applicazioni di laboratorio o per l¶industria ceramica. Di seguito sono riportati alcuni processi: 1. Processo Kretzscmar: questo processo è di tipo termo-chimico e prevede un preventivo arrostimento dell¶argilla per renderla maggiormente solubile nell¶acido solforico; segue una conversione dell¶acido silico in idrossi-silicato di Calcio prima di separare il solfato di Alluminio. 2. Processo T ucker: con questo trattamento l¶allumina è estratta dall¶argilla dissolvendo quest¶ultima in acido nitrico; aggiungendo cloruro di Calcio alla soluzione filtrata è possibile ottenere un prodotto privo di Ferro eliminando questo elemento con metil-isobutilchetone. 3. Processo Roberts-S chwerin: è un metodo elettrochimico che propone la separazione dell¶allumina da una soluzione di alluminati. Per anni questo trattamento non ha suscitato interesse fin quando, all¶incirca nel 1970, Guareschi descrisse un processo termo-chimico di estrazione dal minerale seguito da un¶elettrolisi della soluzione da purificare.
2.6
L¶allumina
L¶ ossido di Alluminio è l¶allumina, di formula chimica Al 2O3; di aspetto finemente granulare, è solubile negli acidi e diviene insolubile per arroventamento. Trova impiego non solo nell¶industria metallurgica per la produzione dell¶Alluminio metallico, ma è utilizzata anche: 1. come refrattario per ricoprire l¶interno di forni e caldaie; 2. nell¶industria ceramica per la produzione di ceramici avanzati, quali utensili da taglio, scambiatori di calore e per applicazioni biomediche; 3. finemente suddivisa (allumina attivata) come catalizzatore e disidratante. Alla luce di queste applicazioni tecnologiche e soprattutto per meglio capire il perché dei processi elettrochimici necessari per ridurre l¶allumina ad Alluminio metallico, è opportuno approfondire lo studio delle proprietà di quest¶ossido. 2.6.1 La struttura dell¶allumina
Non c¶è nessuna prova per l¶esistenza di ioni liberi del tipo M 3+, siano essi in solidi o in soluzioni di composti degli elementi del III gruppo, e cioè Boro, Allumino, Gallio, Iridio e Tantalio. Gli ossidi e i fluoruri di questi elementi, un numero considerevoli dei quali è allo stato solido, hanno un elevato
punto di fusione e un forte legame chimico, ma se il legame è intermedio, la stabilità del solido è dovuta alla formazione di grandi molecole con legami uniformi, come mostrato in figura:
2.2: struttura dell¶ -all umina che mostra l a successione di piani di ioni Al 3+ e O2; con 1 è indicato un piano di ioni O 2± e con 2 un piano di Al 3+ , con 3 è indicato un piano di ioni O 2± ( 12 ioni ruotati di 180° rispetto al primo piano di 12 ioni ) , con 4 è indicato un piano di Al 3+ in formazione esagonal e. F ig.
Il reticolo cristallino dell¶-allumina non prevede molecole di Al 2O3 tra loro separate. Infatti, gli elettroni di valenza dell¶Allumino e dell¶Ossigeno sono tra loro legati in modo complesso grazie a un legame covalente omeopolare e gli unici atomi presenti sono gli ioni Al 3+ e O2± . Gli ioni O2± (diametro 2.6 Å) giacciono, densamente impaccati, in un piano a formare una struttura esagonale; per questo mostrano un leggero ripiegamento. Se dodici ioni O2± occupano la direzione 3,4,3 e due sono coperti da un piano di ioni Al 3+ (diametro 1.14 Å) in modo tale che 2 o 3 degli spazi liberi nella formazione esagonale siano occupati da ioni Al 3+, allora un terzo piano di ioni O2 , simile al primo ma ruotato di 180°, e un quarto piano di ioni Al 3+ completano la struttura dell¶-allumina. Ogni ione Al 3+ è legato lungo tre direzione sotto il proprio piano e lungo tre direzioni sopra il proprio piano per un totale di sei legami con ioni O2± ; non ci sono legami Al - Al . Ogni ione O2± ha due ioni Al 3+ sotto e due ioni Al 3+ sopra il proprio piano. La distanza tra Al -O è quindi minima, più piccola della distanza tra O-O che è di 2.16Å. I numeri di coordinazione di O e Al sono rispettivamente 4 e 6; non ci sono quindi molecole ottaedriche discrete di AlO6 a differenza di quanto avviene nella criolite ( N a3 Al F 6 ) dove invece che c¶è la presenza di una struttura ottaedrica discreta di Al F 6 . 2.6.2 Perché l¶allumina non si può ridurre con un trattamento termico
Il modo più semplice di studiare l¶equilibrio relativo alla riduzione di un ossido metallico grazie a un trattamento termico, utilizzando tipicamente il Carbonio, è quello di presentare per ogni temperatura la composizione della fase gassosa in equilibrio con il metallo e il suo ossido, che è determinato in modo univoco. Graficando la variazione del rapporto: (2.10) [CO] / ([ CO] + [CO2])·100 si ottiene una linea che divide il campo in due parti. Quando il punto che rappresenta le condizioni del sistema si trova sulla linea, l¶ossido e il metallo coesistono. Se il punto è alla sinistra, in condizioni di equilibrio può coesistere con la data atmosfera solo l¶ossido metallico, mentre se il
punto è a destra ci può essere solo il metallo: si dice quindi che alla sinistra della linea di equilibrio c¶è il campo di esistenza dell¶ossido mentre a destra c¶è quello del metallo. Se la linea coincide con l¶asse delle ordinate, oppure solo alle temperature più elevate comincia a discostarsene, ci troviamo in presenza di un ossido estremamente riducibile. Man mano che la linea si allontana dall¶asse delle ordinate, occorrono per la riduzione atmosfere sempre più ricche di CO. Quando la linea coincide con l¶asse di destra oppure se ne distacca leggermente solo alle alte temperature l¶equilibrio è talmente spostato a destra da rendere impossibile la riduzione con CO.
F ig.
2.3: riduzione deg li ossidi metall ici con l¶ ossido di C arbonio.
Alla linea d¶equilibrio è inoltre necessario affiancare quella riguardante la dissociazione dell¶ossido di Carbonio, che è detta equazione di Boudoard; infatti, sopra una certa temperatura, circa 700 °C, avviene la seguente reazione: (2.11) C + CO2 2CO. Ora ci sono tutti gli elementi utili per studiare la riduzione degli ossidi metallici e capire se questa avvenga ad opera dell¶ossido di Carbonio (riduzione indiretta) oppure del Carbonio (riduzione diretta).
Si comprende quindi come nello studio della riduzione degli ossidi metallici sia opportuno considerare la coesistenza di due equilibri, quello delle riduzione dell¶ossido e quello di Boudoard, secondo la relazione complessiva: (2.12)
F ig.
M eO +
CO M e + CO2 2CO C + CO2.
2.4: riduzione diretta ( campo II ) ed indiretta ( campo III ) di un ossido metall ico.
Il sistema complessivo, con tre componenti chimici indipendenti, due variabili fisiche operanti all¶equilibrio e quattro fasi, è monovariante. Ma se, come corrisponde alla quasi totalità dei processi industriali, si fissa la pressione non c¶è che un solo punto per la coesistenza di tutte le fasi in condizioni di equilibrio e precisamente il punto E (vedi fig. 2.4) di intersezione delle linee rappresentanti i due equilibri parziali del diagramma tracciato per la pressione atmosferica. Per ogni ossido metallico è possibile tracciare un diagramma simile (vedi fig. 2.4) che permette di evidenziare le particolari condizioni del meccanismo di ossidazione e quindi impostare il ciclo produttivo più adeguato, ricordando che si cerca in ogni modo di favorire la riduzione indiretta, data la sua convenienza economica. Perché questo meccanismo di reazione, che come visto è di gestione relativamente facile, non può essere applicato anche nel caso dell¶Alluminio? Il processo di riduzione con il Carbonio dipende dalle seguenti reazioni di ossida zione: (2.13)
M +
x
/ 2O2 M O x
reazione che evolve spontaneamente dato l¶andamento dell¶energia libera per cui nell¶equilibrio tra due elementi e i rispettivi ossidi: (2.14)
M O
+ M 1 M 1O + M
sarà favorito quell¶ossido la cui energia libera di formazione relativa alla reazione (2.13) è maggiormente negativa.
La differenza di energia libera è così definita: (2.15)
G
= H ± T S .
Nella formazione di un ossido metallico, in accordo con la (2.13), la variazione di calore è generalmente favorevole ma se è usato un componente gassoso (come l¶Ossigeno), che ha un¶entropia relativamente grande, il termine entropico è sfavorito e la sua energia aumenta con l¶aumento di temperatura. Come conseguenza l¶energia libera per la formazione di un ossido metallico relativa alla (2.13) cambia, calando con l¶aumento di temperatura. Gli ossidi metallici possono essere suddivisi in due classi: la prima nella quale sono raggruppati quegli ossidi instabili già alla temperatura ambiente (per esempio l¶ossido d¶Oro) o a temperature relativamente basse (per esempio ossido d¶Argento) che possono essere ridotti senza trattamenti termici; la seconda classe che invece comprende quegli ossidi la cui energia libera di formazione è favorevole anche ad elevate temperature e che richiedono trattamenti pirometallurgici. In teoria, quindi, è possibile ridurre qualsiasi ossido metallico con un procedimento termico con il Carbonio se è raggiunta un¶adeguata temperatura. In pratica le temperature che consentirebbero la riduzione di ossidi come T iO2 o Al 2O3 non sono possibili per impianti di dimensioni industriali a causa dei costi che ciò comporterebbe e per questo motivo sono stati sviluppati metodi alternativi di tipo elettrochimico.
3 Fase elettrochimica
3.1 I processi elettrochimici L¶elettrochimica è la scienza che si occupa delle reazioni chimiche che avvengono a causa della corrente elettrica e di quelle reazioni che, fatte avvenire in opportuna maniera, provocano sviluppo di energia elettrica. L¶elettrochimica risulta quindi intimamente connessa con la fisica: da numerosi scienziati essa è considerata come un capitolo specializzato della chimica-fisica. Già Alessandro Volta, costruendo, in seguito a numerose esperienze, la prima pila vera e propria, iniziò questo nuovo ramo della scienza. Lo sviluppo dell¶elettrochimica fu in seguito legato ai lavori di S. Arrhenius, J. Van¶t Hoff, W. Ostwald, W. Nernst ecc. Di seguito sono riportate alcune nozioni fondamentali necessarie per comprendere il meccanismo secondo il quale avvengono i vari fenomeni elettrochimici e l¶enunciazione delle leggi di Faraday. 3.1.1 Le celle elettrochimiche
Tutte le sostanze solide o liquide possono essere suddivise in due categorie secondo che conducano bene oppure no, la corrente elettrica: si parla quindi di ³conduttori´ e ³non conduttori´. A loro volta i conduttori sono distinte in ³conduttori elettrici´ e ³conduttori elettrolitici´ in base al diverso meccanismo con il quale avviene la conduzione. Nei conduttori elettrici (tipo i metalli) la conduzione avviene in quanto si stabilisce un flusso di elettroni che costituisce appunto la corrente elettrica: in questo caso, dato che la massa degli elettroni totalmente è trascurabile, al passaggio della corrente non c¶è alcun trasferimento di materia.
Nei conduttori elettrolitici (per esempio una soluzione di cloruro di Sodio in acqua) la conduzione avviene perché in soluzione gli atomi si dissociano in ioni, che sono degli atomi, o in raggruppamenti di atomi, dotati di carica elettrica. Il nome ione deriva dal greco e significa ³viaggiante´ o ³migrante´: agli ioni positivi è riservato il termine ³cationi´, mentre agli ioni negativi quello di ³anioni´. Ioni positivi A g ± 1e ± A g + ± 2+ Z n ± 2e Z n ± 2+ Pb ± 2e Pb ± 3+ Al ± 3e Al
Ioni negativi Cl + 1e ± Cl ± Br + 1e ± Br ± ± ± I + 1e I
Tab 3.1: g li ioni positivi sono quell i che hanno perso uno o più el ettroni; al contrario g li ioni negativi sono quell i che hanno acquistato uno o più el ettroni in rel azione all a val en za del metall o da cui essi derivano.
Queste particelle essendo cariche, in presenza di un campo elettrico possono muoversi, provocando quindi un trasferimento di carica, legato ovviamente a un contemporaneo trasferimento di materia: simili processi sono fatti normalmente avvenire nelle cosiddette celle elettrochimiche. Una cella elettrochimica è costituita da un opportuno recipiente, in cui è posta la soluzione di elettrolita in esame, e inoltre da due opportuni conduttori elettronici metallici che vengono chiamati elettrodi. L¶elettrodo connesso col polo negativo della sorgente della forza elettromotrice prende il nome di catodo perché verso di esso si muovono le particelle cariche positivamente, che sono appunto i cationi. L¶elettrodo connesso col polo positivo, al contrario, prende il nome di anodo perché verso di esso migrano gli ioni carichi negativamente, detti anioni. Una cella elettrochimica può utilizzare lavoro elettrico per forzare gli elettroni a compiere una reazione redox non spontanea. In questo caso, per ottenere la reazione voluta è necessario utilizzare una tabella relativa ai potenziali di riduzione per determinare quale sia la minima differenza di potenziale da applicare. In particolare ogni reazione redox è caratterizzata da un proprio potenziale; il valore assoluto di questo potenziale è indipendente dal verso della reazione: quello che varia è invece il segno, positivo o negativo, del potenziale. Ciò significa che quanto più un processo è spontaneo in un verso, per esempio è favorita l¶ossidazione, tanto più difficile è ottenere il processo contrario, di riduzione in questo caso. Inoltre non tutti i conduttori elettrolitici seguono la legge di Ohm che stabilisce una proporzionalità diretta tra differenza di potenziale applicata e intensità della corrente fluita: (3.1)
V = RI ;
alcuni, infatti, seguono questa legge solamente dopo un determinato valore della differenza di potenziale: (3.2)
V = RI +
k .
Questo fenomeno è dovuto al fatto che in alcuni elettroliti facendo passare una corrente elettrica sono generate delle reazioni chimiche che formano agli elettrodi specie chimiche che originano la reazione inversa: si crea una pila la cui differenza di potenziale si oppone al passaggio di corrente. Il passaggio di corrente che determina il processo elettrolitico voluto può avvenire solo quando la differenza di potenziale applicata supera la forza elettromotrice generata dalla pila. Nel caso in cui una cella elettrolitica contenga più sostanze tra loro diverse, in primo luogo avviene la reazione redox più facilitata, ovvero quella con in potenziale meno negativo; solo quando questi reagenti sono esauriti avranno luogo altre reazioni.
Un altro aspetto fondamentale da considerare è, naturalmente, quello cinetico: può capitare, infatti, che una reazione pur essendo termodinamicamente favorita, per vari motivi sia troppo lenta quindi avviene un¶altra reazione. Tutti i fattori (gradienti di concentrazione degli ioni nella soluzione, resistenza della soluzione, ecc) che interferiscono con la naturale cinetica di una reazione sono complessivamente riuniti in un unico termine detto sovratensione k (vedi la 3.2). 3.2.2 Leggi di F araday
Quando è fatta passare una corrente elettrica attraverso una soluzione di un elettrolita c¶è il trasporto di materia agli elettrodi e successiva deposizione. Michael Faraday condusse importantissime esperienze sulla conduzione attraverso elettroliti, esperienze che gli permisero di enunciare nel 1835÷1837 le sue due famose leggi. Tali leggi stabiliscono le relazioni che intercorrono fra la quantità di corrente passata attraverso la cella elettrochimica e la quantità di materia depositata o disciolta agli elettrodi. La prima legge, infatti, stabilisce che: l a quantità di sostan za decomposta dall a corrente el ettrica è proporzional e all a quantità di el ettricità f l uita attraverso l a sol uzione.
Questa prima legge è molto chiara. Essa stabilisce che quanta più corrente è impiegata tanto più metallo si deposita per esempio sul catodo e questo secondo una proporzione diretta. E¶ utile notare che l¶unità di quantità elettricità comunemente impiegata è detta Coulomb, definita come la quantità di elettricità necessaria per depositare sul catodo di una cella elettrochimica 1.118 mg di Argento in un tempo qualsiasi. L¶enunciato della seconda legge invece afferma: una stessa quantità di el ettricità decompone quantità di sostan ze diverse proporzional i ai rispettivi pesi equival enti.
Per capire questa legge è necessario definire il peso equivalente di una sostanza, per esempio un metallo. Un equivalente del metallo è ottenuto dividendo il suo peso atomico per la valenza, ossia il numero di cariche possedute dallo ione ottenibile dal metallo. Così per esempio l¶Argento, che ha un peso atomico pari a 107.88 e una valenza pari a 1, possiede un peso equivalente pari a 107.88 grammi. Lo Zinco, che ha peso atomico pari a 65.38 e una valenza pari a 2, possiede al contrario un peso equivalente di 32.69 grammi. La seconda legge riscontra che non è la stessa cosa depositare agli elettrodi della cella un metallo oppure un altro. Una stessa quantità di corrente elettrica deposita, infatti, pesi di metalli diversi che sono proporzionali ai rispettivi spesi equivalenti. Questa seconda legge permette anche di calcolare qual è la quantità di corrente necessaria affinché si possa deporre un peso equivalente di una sostanza qualsiasi. Dato, infatti, che per definizione un Coulomb deposita 1.118 mg di Argento, il peso equivalente di Argento (107.88 gr) verrà depositato da: (3.3) 107.88 / 0.00118 = 96491 Coulomb. Questa quantità di carica, che normalmente si arrotonda a 96500, è stata chiamata Faraday in onore dello scienziato inglese ed è indicata col simbolo f. Il Faraday rappresenta quindi la quantità di carica necessaria per depositare o disciogliere agli elettrodi di una cella un equivalente di una sostanza cioè una quantità in grammi di quella sostanza pari al suo peso equivalente.
F ig.
3.1: com¶ è possibil e osservare dall a figura, l a quantità di el ettricità che attraversa una sol uzione è proporzional e all a quantità di sostan za decomposta. I n a ) con un coul omb di el ettricità si deposita al catodo una certa quantità di A g ( 1.18mg ); in b ) con 2 coul omb un quantità doppia; in c ) con 3 coul omb tripl a.
F ig 3.2: l a figura eviden zia che l a stessa quantità di el ettricità deposita quantità diverse di metall o in fun zione del suo peso equival ente. I n a ) è u na sol uzione contente sal i C u++ , in b ) una si sal i M g ++ e in c ) una di sal i Z n++ . S i osserva come l a quantità di ciascun metall o che si deposita è data da l numero di pall ine che varia al variare dell¶ el emento, sempre proporzional e al suo peso equival ente.
3.1.3 Applicazioni industriali
Le applicazioni industriali dei processi elettrochimici non sono limitate ai soli trattamenti elettrometallurgici di estrazione di un metallo, soprattutto quelli alcalini e alcalino-terrosi del III gruppo, da sali fusi. Infatti, molto diffusa è anche la tecnica di deposizione di un metallo per via elettrochimica o per elettrodeposizione; in particolare l¶elettrodeposizione è alla base della galvanostegia e della galvanoplastica. La galvanostegia consiste nel ricoprire un oggetto di metallo poco pregiato con uno strato di metallo nobile a scopo ornamentale o di protezione. La galvanoplastica invece permette di riprodurre in un metallo un oggetto del quale si possegga il calco in sostanza, per esempio polimerica. Tale calco, reso opportunamente conduttore, per esempio a mezzo di uno straterello di grafite, è fatto funzionare come un catodo in una determinata celle elettrolitica e ricoperto del metallo desiderato. Un altro trattamento elettrochimico molto importante è rappresentato dalla raffinazione del Rame ad elevata purezza per applicazioni elettriche.
3.2 Il processo Hall-Heroult Il processo Hall-Heroult è un metodo elettrochimico per la produzione dell¶Alluminio per elettrolisi di un bagno fuso di criolite e allumina. 3.2.1 Materie prime
La gestione di un moderno impianto industriale per la produzione el ettrometallurgia di Alluminio richiede l¶utilizzo delle seguenti risorse: 1.
la materia prima fondamentale per la riduzione dell¶allumina è l¶energia elettrica, in una quantità pari a 14000 KWh/t (quantità minima in un moderno impianto), contro un minimo teorico di 6360 KWh/t; è necessario aggiungere nel computo complessivo anche i 400÷500 Kg di carbone necessari per la produzione di una tonnellata di allumina, e ancora 25000 KWh/t per l¶eventuale raffinazione. Quella elettrica è tra le forme di energia una delle più pregiate e costose: per esempio negli altoforni l¶energia è fornita dalla combustione del coke e addirittura i forni utilizzati per la produzione del cemento possono usare anche gli RSU come combustibile; inoltre la quantità richiesta per la produzione di una singola tonnellata è molto elevata. E¶ quindi subito evidenziato il motivo fondamentale che determina il costo elevato di produzione dell¶Alluminio. E nergia:
2. C arbonio: il Carbonio rappresenta l¶elemento riducente, ma non è sufficiente come per la produzione dell¶acciaio. In Carbonio sono costituiti gli anodi, che a causa della produzione di CO2, si consumano ad un ritmo di 0.4÷0.5 Kg per ogni Kg di Alluminio prodotto. Sono ottenuti da coke proveniente dalla raffinazione del petrolio e possono essere di due tipi: prebaked o selfbaking (metodo Söderberg). Gli anodi prebaked (precotti) sono cotti alla temperatura di 1200 °C in modo da avere un blocco di Carbonio da utilizzare come anodo. Gli anodi selfbaking sono formati da una pasta di carbone che indurisce direttamente nella cella di formazione dell¶Alluminio; l¶anodo è costituito superiormente da una camicia di Ferro in cui s¶immette dall¶alto la pasta cruda con maggiore percentuale però di catrame (fino al 30%) che cuoce, man mano che scende verso il basso. Gli anodi prebeked devono essere sostituiti quando sono completamente consumati, gli anodi selfbaking invece possono essere alimentati in continuo. La differenza fondamentale tra gli anodi precotti e quelli cotti in loco è data dal fatto che quelli precotti sono liberati in anticipo della parte volatile idrocarburica, che è recuperata od eliminata senza problemi; la protezione dell¶ambiente ha imposto controlli sempre più severi riducendo l¶importanza pratica del metodo Söderberg, il cui vantaggio è quello di avere un anodo unico e formato in continuo. 3. All umina: il consumo di allumina è pari a circa 1.90÷1.95 Kg di allumina per ogni Kg di Alluminio prodotto. Il meccanismo di dissociazione, non completo, dell¶allumina può essere così definito: (3.4) Al 2O3 ( AlO)+ + ( AlO2) ± ; (3.5) ( AlO2) ± ( AlO)+ + O2± ; (3.6) ( AlO)+ Al 3+ + O2± .
4.
E l ettrol ita:
il bagno elettrolitico di sali fusi deve soddisfare le seguenti condizioni:
a ) il potenziale di deposizione dei cationi dell¶elettrolita deve essere diverso da quello del
b )
c ) d ) e ) f )
metallo da ottenere (condizione chimica); per questo motivo nel bagno sono presenti Sodio e Calcio: sono più difficilmente riducibili dell¶Alluminio e consentono di ottenere produzioni ad elevata purezza (Alluminio al 99.8%); il bagno deve fondere a basse temperature, ma comunque superiori a quelle del metallo: la temperatura del bagno deve essere superiore a quella di fusione dell¶Alluminio e inferiore a quella di ebollizione (condizione fisica); il bagno deve avere buona conducibilità elettrica; il sale fuso deve avere una densità inferiore a quella del metallo: in questo modo non c¶è contatto tra l¶aria e l¶Alluminio evitando la riossidazione del metallo; il bagno deve essere stabile all¶aria, non deve essere aggressivo per le pareti della celle e non deve essere tossico; deve essere economico.
Alla luce di queste considerazioni i componenti principali dell¶elettrolita, che ha una temperatura di fusione di 940÷960 °C sono: a ) b ) c ) d )
criolite ( N a3 Al F 6 ) più del 75%; floruro di Alluminio ( Al F 3 ) 5÷15%; floruro di Calcio (C aF 2) 4÷8%; allumina ( Al 2O3) 2÷6%.
3.2.2 La criolite
La criolite, floruro doppio di Sodio e Alluminio, costituisce il fondente dell¶allumina essenziale per poter contenere la temperatura di funzionamento delle celle elettrolitiche in valori tecnologicamente accettabili. I suoi cristalli sono monoclini prismatici al di sotto dei 550 °C e cubici al di sopra; di origine pegmatitica, si presentano in masse o aggregazioni informi e compatte localizzate soprattutto a Evigtuk, Groenlandia, dove si trovano in associazione con altri minerali come la galena, la blenda, fluoruri e altri ancora. Queste formazioni contengono circa il 78% di criolite associata con Fe2O3, 5÷12% e S iO2, 1.8÷5%. Il minerale estratto, prima di essere frantumato, è selezionato in pezzi di grandezza compresa tra i 3 e i 6 mm ed essiccato in forni rotatori. I materiali magnetici sono separati grazie ad un sistema di magneti e sono eliminati anche gli ossidi di Ferro in modo tale che il prodotto risultante contenga una percentuale di criolite prossima al 96%; di seguito questo minerale è fatto passare su di un tavolo di Wiffler, un piano inclinato e vibrante, per separare più velocemente le impurezze, come la galena. E¶ possibile ottenere un¶ulteriore raffinazione facendo passare il materiale in una cella di flottazione avendolo prima arrostito unito a carbonato di Sodio. Questo trattamento è influenzato dalle diverse caratteristiche di bagnabilità dei vari costituenti e dal modo in cui il bagno è agitato per produrre una schiuma capace di trascinare in superficie componenti specifici; piccole quantità di agenti flottanti, come l¶acido oleico, sono aggiunti al flusso d¶acqua e al materiale arrostito per ridurre la tensione superficiale e produrre schiuma quando l¶aria è insufflata. Per l¶estrazione della criolite dal minerale sono stati proposti anche altri trattamenti ma, data la relativa scarsità in natura, la soluzione migliore è quella di produrla sinteticamente. La criolite sintetica può essere ottenuta facendo passare del Fluoro attraverso una soluzione di alluminato di Sodio e gestendo il flusso della soluzione in modo tale che sia generata una parte di
Alluminio ogni tre parti di Sodio. Gorgogliando diossido di Carbonio attraverso la soluzione si ottiene la criolite sintetica che risulta essere migliore dal punto di vista chimico di quella naturale, oltre che essere anche più economica. Il meccanismo di dissociazione della criolite nel bagno elettrolitico può essere così definito: (3.7) N a3 Al F 6 3N aF + Al F 3; (3.8) N a3 Al F 6 3N a+ + ( Al F 6 )3± ; (3.9) N aF N a+ + F ± ; (3.10) Al F 3 Al 3+ + 3 F ± .
F ig.
3.2: struttura dell a criol ite.
3.2.3 La cella elettrochimica
La cella di elettrolisi è costituita da una vasca poco profonda sostenuta da una piattaforma isolata rivestita di refrattario e, sopra questo, di blocchi di materiale carbonioso (in genere 40÷50% antracite; 40÷60% coke; 15÷20% catrame), uniti per mezzo di un impasto della stessa natura. Nella suola carboniosa sono inserite barre di Ferro portacorrente collegate al polo negativo di una sorgente di forza elettromotrice in continuo. Il catodo risulta così costituito da tutta la vasca e in essa, sul fondo, si raccoglie l¶Alluminio fuso. L¶anodo è formato da uno o più elettrodi di carbone sospesi in alto e connessi attraverso barre di Ferro al polo positivo della forza elettromotrice. Trascurando il calore generato nella combustione degli anodi l¶unica sorgente termica è la corrente elettrica che per effetto Joule porta il bagno a fusione. La distanza interpolare è, a questo punto, mantenuta attorno ai 5cm per mantenere la temperatura della cella sui 960÷980 °C. Gli elettrodi dell¶anodo sono calcolati in modo tale che la densità di corrente non sia superiore ai 1.5 A/cm2. Nel caso di celle multiple gli elettrodi, come detto, possono essere di due tipi: precotti e cotti in loco. La corrente è portata all¶anodo tramite delle punte metalliche. Poiché tutte le impurezze contenute negli elettrodi passano nel bagno, questi devono essere realizzati con catrame e coke ad elevata purezza, con ceneri non superiori allo 0.5%.
La potenza delle celle è di circa 10 5 A e poiché, come sarà successivamente spiegato, la tensione di cella può giungere fino a 6 V, la parte elettrica degli impianti è particolarmente imponete. La corrente deve essere radrizzata in continuo con tensioni variabili tra 300 e 900 V per cui ogni complesso di celle prevede da 60 a 150 celle poste in serie, cioè l¶anodo di una cella è collegato al catodo di quella successiva e così via. L¶Alluminio è prelevato dalla cella ogni 24 ore con un sistema di aspirazione a vuoto che consente un miglior prelievo del bagno fuso senza rischio di rimescola mento. I gas provenienti dalle celle contengono CO2, CO, idrocarburi volatili (che provengono dalla distillazione degli elettrodi cotti in loco) e anche Fluoro e per questo motivo devono essere depurati in torri di lavaggio con una soluzione di carbonato di Sodio.
3.3: all a fine deg l i anni ¶80 dell o scorso secol o, è stata introdotta una modifica nell a tecnol ogia dell e cell e; prima, in fatti, erano a battuta l ateral e, l¶ all umina cioè era introdotta in maniera discontinua con un carroponte, per cui l a parte superiore dell a cell a era aperta per con sentire l e operazioni di carico. C ome emerge dall a figura, l a parte superiore è chiusa e l¶ all umina è ora introdotta nell a cell a in maniera continua con apparecchiature presenti su ciascuna cell a. I n questo modo c¶ è una mig li or gestione dell¶ aff lu sso di all umina. F ig.
3.2.4 Il meccanismo di elettrolisi
Come detto, la produzione di Alluminio avviene per elettrolisi di un bagno di sali fusi, la cui costituzione è stata precedentemente riportata (vedi formule dalla (3.4) alla (3.10)). La temperatura di funzionamento è stabilizzata sui 960 ÷ 980 °C, utilizzando la criolite come fondente. Il meccanismo semplificato è il seguente:
(3.11) 2[3(AlO) + + 3e ± Al + Al 2O3 ] al catodo; (3.12) 3[2(AlO2 ) ± Al 2O3 + 2e ± + O] all¶anodo. L¶Alluminio a causa della differenza di densità si raccoglie sul fondo della cella, mentre l¶Ossigeno si sviluppa all¶anodo, costituito da uno o più elettrodi di carbone, bruciando con formazione prevalente di anidride carbonica. La differenza di densità tra l¶Alluminio e il bagno è minima e quindi il prelievo deve essere eseguito con molta cautela evitando di creare rimescolamenti nella cella. Il passaggio di corrente elettrica nella cella provoca sviluppo di Ossigeno all¶anodo, deposito di Alluminio al catodo e produce il calore necessario a mantenere fuso il bagno. Sperimentalmente è stato osservato che l¶aggiunta di allumina diminuisce la conducibilità della criolite: questo indica che l¶allumina per lo più non si dissocia, mentre la criolite è dissociata in ioni N a+ e F ± (vedi reazioni (3.4), (3.5), (3.6) e (3.7), (3.8), (3.9), (3.10)). Da questa osservazione sperimentale consegue che al processo di deposizione catodica sono interessate due specie, N a+ e Al 3+, le cui reazioni di scarica potrebbero essere: (3.13) N a+ + 1e ± N a; (3.14) Al 3+ + 3e ± Al . Per anni i ricercatori hanno discusso per capire se la scarica dell¶Alluminio avviene direttamente o solo dopo quella del Sodio: la risposta è che in condizioni di normale esercizio avviene prima la scarica dell¶Alluminio, secondo la (3.14). Infatti, supponendo che si scarichi prima il Sodio, perché più nobile dell¶Alluminio o perché dotato di minore sovratensione, dovrebbe avvenire questa reazione: (3.15) 3N a + Al 3+ 3N a+ + Al . Questa è una reazione di cementazione in cui il Sodio deve essere più elettronegativo dell¶Alluminio; per giustificare la scarica primaria del Sodio è quindi necessario ipotizzare che questo sia meno nobile dell¶Alluminio e dotato di una sovratensione minore. Il processo catodico di scarica dell¶Alluminio non ha sovratensioni, per cui questa ipotesi è da scartare, concludendo che la scarica del Sodio è impossibile, se non in condizioni anormali d¶esercizio. Queste condizioni anormali si possono manifestare quando cala l¶Alluminio nel catolita in modo tale da compensare la differenza di nobiltà termodinamica con una nobiltà cinetica. In questo caso però ci sarebbe il solo deposito di Sodio e non avrebbe luogo la (3.15). All¶anodo l¶Ossigeno si combina con il Carbonio di cui è fatto l¶elettrodo secondo le reazioni: (3.16) 2CO + O2 2CO2; (3.17) 2C + O2 2CO. Essendo la temperatura attorno ai 1000 °C dovrebbe formarsi solamente CO, mentre i gas uscenti contengono circa il 60% di CO2. Questo fatto indica che il processo fornisce gas in condizione lontane dall¶equilibrio. L¶interpretazione di questo fenomeno è che all¶anodo si forma un gas ricco in CO2 e che la CO sia data da un processo di riossidazione dell¶Alluminio e non dall¶equilibrio di Boudouard (vedi la (2.11)): (3.18) 3CO2 + 2Al 3CO + Al 2O3.
Questa reazione di riossidazione concorre ad aumentare la tensione alla quale lavora la cella fino, nei casi peggiori, a 6 V. Durante il funzionamento della cella l¶allumina nel bagno è gradualmente consumata; un suo abbassamento sotto il 2% produce un ³effetto anodico´ dovuto al raggiungimento della velocità di diffusione limite all¶anodo dell¶allumina stessa: formalmente coincide con l¶effetto di passività di un elettrodo in soluzioni acquose. In queste condizioni il voltaggio aumenta bruscamente, fino anche a 50 V, come conseguenza di una grande resistenza localizzata all¶anodo. Questo provoca una minore utilizzazione dell¶impianto, con danneggiamento dell¶elettrodo e con la produzione di una guaina gassosa di fluorocarburi e CO; in un moderno impianto l¶effetto anodico si verifica a ritmi bassi, una volta al giorno. Per porre rimedio a questo inconveniente occorre aggiungere allumina al bagno rompendo la crosta solida di elettrolita. L¶effetto anodico è causato dalla formazione delle guaine gassose attorno all¶anodo che tendono ad interrompere il circuito per cui il passaggio di corrente avviene solo con un meccanismo di scarica nei gas. Le condizioni di formazione della guaina gassosa dipendono soprattutto dal grado di bagnabilità dell¶elettrodo di grafite da parte dell¶elettrolita e dalla composizione dei gas. 3.2.5 Produzione di Alluminio ad elevata purezza
Per mezzo del processo Hall-Heroult non è possibile ottenere Alluminio con purezza superiore al 99.95%. Per purezze superiori è necessaria una raffinazione elettrolitica. La cella è simile a quella utilizzata per la produzione di Alluminio primario ma in essa il catodo è l¶elettrodo superiore e la suola è l¶anodo e il processo prevede la presenza di tre strat i: 1. strato inferiore con l¶Alluminio da purificare; 2. strato di elettrolita ( N aF 25÷30%; Al F 3 30÷40%; BaF 2 30÷38%); 3. strato superiore di Allumino puro. Il metallo da raffinare sta sul fondo fuso e contiene circa 1/3 di Rame in peso per renderlo più pesante (densità circa 3). L¶elettrolita è costituito da una miscela di Al F 3 con fluoruri e cloruri alcalini (densità circa 2.7), mentre il catodo è costituito da Alluminio raffinato che galleggia perché più leggero (densità circa 2.3) e risulta protetto dall¶ossidazione dalla crosta solida dell¶elettrolita e perché si lavora in atmosfera controllata. L¶Alluminio è trasportato preferenzialmente verso alto, mentre metalli più difficili da ossidare dall¶Alluminio rimangono nello strato inferiore; quelli più difficili da ridurre dell¶Alluminio invece rimangono nell¶elettrolita. Il bagno elettrolitico fonde a circa 700 °C consentendo di mantenere la temperatura della cella attorno ai 750 °C. La tensione di cella è di 6.4 V e il consumo di corrente è di circa 25000 KWh/t. 3.2.6 Bilancio energetico
Detto che la produzione di Alluminio metallico è fortemente energivora, sono ora presentati il bilancio energetico e il rendimento del processo. Trattandosi di un processo elettrochimico, il bilancio energetico si basa sull¶analisi dei potenziali elettrici. Le reazioni chimiche che avvengono nel bagno elettrolitico generano i seguenti potenziali elettrici: 1. riduzione al catodo: il potenziale necessario per ridurre l¶allumina presente nel bagno (vedi la (3.11)), in condizioni ideali, è:
(3.19)
E 1
= [ ± G1 / (n· F )] ± [ R·T / (n· F )]·ln[a( Al 2O3)].
Assumendo: G1 :
energia libera di formazione dell¶-allumina (l¶allumina pur essendo aggiunta in forma nella criolite è in equilibrio come ) pari a ± 1280.02 KJ/mole; F = 96491 C; ± 3+ n = 6 perché 6 e + 2Al 2Al ; T = 1245 °K; R = 8314 J/(moleK); a( Al 2 O3) = 0.3 (questo valore è pari a 1 quando la criolite è satura di allumina; in questo caso un valore corrispondente al 65% di criolite satura di Al 2 O3); il valore di E 1 è 2.233 V. 2. reazione anodica di ossidazione: il potenziale di questa reazione (vedi la (3.12)) è: (3.20)
E 2
= [ ± G2 / (n· F )] ± [ R·T / (n· F )]·ln(k );
la costante è relativa all¶equilibrio C -O2 e E 2 è pari a ±1.026 V. Il potenziale elettrico generato dalla reazione anodica di ossidazione non è sufficiente per garantire la reazione catodica di riduzione dell¶allumina. 3. sovraten sione anodica: il potenziale di sovratensione all¶anodo è: (3.21)
E 3
= [ R·T / (·n· F )]·ln(i / io).
Assumendo: n = 2 (è riferita all¶Ossigeno);
(costante sperimentale) = 0.5; 2 io (costante sperimentale) = 50 A/m ;
il valore di E 3 è 0.5V. I termini E 1 e E 2 sono relativi alla termodinamica della reazione di riduzione dell¶allumina; il termine E 3, invece, è connesso con la cinetica. Il loro bilancio E 4 ( E 4 = E 1 + E 2 + E 3, mentre la sovratensione catodica è trascurabile) è pari a 1.73 V e corrisponde al valore teorico della tensione di riduzione dell¶allumina. Se la concentrazione di allumina nel bagno è minore del 2% (effetto anodico), il termine E 4 può crescere fino a valori prossimi ai 50 V causando il blocco dell¶impianto. I potenziali elettrici associati alle perdite possono essere calcolati nel seguente modo: 4. perdite di carico nel bag no: (3.22)
E 5
= I · L / ( K · A).
Assumendo: I : corrente elettrica; L: distanza anodo-catodo (4 ÷ 5 cm);
±1 K : conduttività del bagno ( 2 ÷ 2.4 (·m) ); A: area;
il termine E 5 è pari a 1.7 V. 5. perdite dovute all o svil uppo di gas: E 6 =
0.17 V.
6. perdite ag li anodi: la caduta di potenziale agli anodi è: E 7 =
O.25 V, nel caso di anodi prebaked; E 7 = O.5 V, nel caso di anodi selfbaking. 7. perdite ai catodi: la caduta di potenziale ai catodi è: E 8
= O.55 V.
8. perdite conduttori ester ni: E 9
= O.15V;
questa caduta di tensione non contribuisce a sviluppare calore all¶interno della cella. Eseguendo la seguente somma: (3.23)
E 1 ± E 2
+ E 3 + E 5 + E 6 + E 7 + E 8 + E 9 § 4.5 ÷ 5 V
si ottiene il potenziale di lavoro, in condizioni ottimali, di una moderna cella elettrochimica per la produzione di Alluminio metallico. Da un punto di vista termico, l¶energia necessaria per ridurre l¶allumina, usando carbone a 970 °C e considerando il calore necessario per scaldare Al 2O3 e C , è: (3.24) Q1 = 6.419 KWh/Kg. Questa energia è fornita dal termine E1 ± E2. Il resto dell¶energia richiesto è dissipato: (3.25) Q2 = 8.12 KWh/Kg, dissipazioni interne alla cella; (3.26) Q3 = 0.5 KWh/Kg dissipazioni esterne alla cella. Sulla base di queste considerazioni il rendimento è: (3.27) = Q1 / (Q1 + Q2 + Q3) = 42.6%. Emerge che per effetto Joule è dissipata più della metà dell¶energia; in questo modo è generato il calore necessario a garantire le temperature d¶esercizio. 3.2.7 Possibili miglioramenti
Miglioramenti ulteriori dell¶efficienza del processo non sono banali; le celle soffrono di un significativo effetto elettromagnetico dovuto all¶interazione del campo magnetico prodotto dalla cella stessa con quello dei cavi che trasportano la corrente di alimentazione e la geometria della cella stessa favorisce una circolazione di corrente in senso rotatorio-iperbolico attorno agli elettrodi. Nella peggiore delle ipotesi l¶effetto finale è un¶oscillazione instabile del metallo fuso che tende a fuoriuscire dalla cella. Tutto ciò è controllato in vari modi: costruendo un circuito esterno che bilanci il campo magnetico della cella, oppure conservando una distanza anodo-catodo superiore ai 4÷5 cm per impedire cortocircuiti involontari legati al moto del metallo. Il problema delle emissioni dei fluoruri è stato risolto attraverso l¶uso di opportuni filtri sui gas, ma rimane il problema di portare in discarica il materiale delle celle non riciclabile. Per il futuro si possono prevedere due miglioramenti all¶elettrochimica del processo. In primo luogo l¶uso di catodi bagnabili composti da diboruro di Titanio, che è un buon conduttore, resistente alla corrosione dell¶Alluminio e che aiuterebbe anche a ridurre l¶effetto elettromagnetico, consentendo di ridurre la distanza anodo-catodo. La seconda ipotesi è quella di utilizzare anodi non consumabili, fatti di ematite, ossido di Stagno, Nickel e Rame che permetterebbero di passare ad una reazione del tipo: (3.28) Al 2O3 Al + O2 evitando la produzione di gas serra e riducendo la sovratensione anodica (dovuta per esempio alla presenza di monossido di Carbonio), anche se la reazione in questione ha un voltaggio proprio più elevato, circa un volt. In passato sono state elaborate altre strategie per risparmiare energia: 1. abbassamento della temperatura del bagno; purtroppo questa soluzione determina il calo della solubilità di Al 2O3; 2. aumento della concentrazione di Al F 3; se da un lato aumenta l¶efficienza elettrica, dall¶altro aumenta la produzione di Fluoro; 3. abbassamento del potenziale di lavoro; in questo caso il rendimento elettrico cala a tal punto da rendere nulli i risultati; 4. riduzione delle perdite agli anodi e ai catodi; è stato stimato fino ad un risparmio del 20% sul consumo di corrente elettrica, purtroppo è una strada molto difficile. Dall¶analisi di queste proposte di miglioramento del processo Hall-Heroult emerge un quadro negativo, tant¶è che questa tecnologia non ha subito modifiche significative da quando è stata ideata, oltre un secolo fa. 3.2.8 L¶impianto di produzione
Come in precedenza detto, l¶Alluminio è prelevato dalle celle (di cui è stata fornita una descrizione al punto ³3.3.3 La cella elettrochimica´) ogni 24÷28 ore, mediante un sistema di aspirazione a vuoto oppure elettromagnetico, e portato in forni di raccolta dov¶è purificato dalle scorie, inevitabilmente trasportate dalle celle, degasato ed eventualmente alligato con altri metalli (Silicio, Rame, Magnesio, Zinco, Manganese) per ottenere le leghe. Dai forni di raccolta l¶Alluminio (o le sue leghe) è trasportato ai forni di colata, dove sono preparate le leghe di fonderia che alimentano le macchine per la produzione di pani da fonderia (in leghe speciali, usate per la produzione di getti per l¶industria elettrica, elettromeccanica, automobilistica, meccanotessile), di placche da laminazione (usate per la produzione di laminati, le cui caratteristiche e dimensioni devono soddisfare le necessità dei più diversi utilizzatori), di lingotti da estrusione, detti billette (usati per la produzione di profilati e studiati appositamente per assicurare le migliori caratteristiche proprie a
ciascun tipo di lega, garantendo nel contempo elevate produttività nella successiva fase di trasformazione) e di vergelle (che costituiscono il prodotto di partenza per la trafilatura che porta alla produzione di cavi e trecce molto spesso usati per usi elettrici o più in generale meccanici). In sintesi un impianto per la produzione di Alluminio è costituito da: 1. centrale di produzione elettrica a corrente continua, ovvero da un impianto di trasformazi one di corrente alternata in corrente continua; 2. complesso di celle elettrolitiche collegate tra loro in diverse serie, con reparti annessi per la preparazione degli elettrodi; 3. fonderia per la rifusione del metallo, proveniente dalle celle, in pani, placche o barre (detti formati commerciali); e dai seguenti impianti ausiliari: 4. impianti leghe madri, costituito da forni elettrici usati rispettivamente per fusione e colata; 5. impianti di taglio a misura, costituiti da macchine segatrici per placche e per billette, spesso servite di sistema di aspirazione dei trucioli e di impacchettatrice degli stessi; 6. impianti di omogeneizzazione e/o preriscaldo.
F ig.
3.4: impianto di presiscal do.
In Italia ci sono solo due impianti per la produzione di Alluminio primario, cioè a partire dal minerale: uno è a Fusine, vicino Venezia, l¶altro in Sardegna a Porto Vesme.
F ig.
3.5: impianto per l a produzione di All uminio.
3.2.9 Problematiche ambientali
Gli inquinanti generati da un impianto Hall-Heroult sono i seguenti: 1. fluoruri gassosi e particolati (90% in forma H F ); 2. polvere di carbone; 3. anidride carbonica; 4. anidride solforosa (dall¶ossidazione dello Zolfo del coke e dell¶impasto degli elettrodi); 5. biossido d¶Azoto; 6. Idrogeno solforato; 7. carbonil solfuro ( COS ); 8. solfuro di Carbonio (CS 2); 9. esafluoruro di Zolfo; 10. fluorocarburi gassosi. I fluoruri totali sulle emissioni (con riferimento a un tipico del processo Alcoa) sono pari a 90÷215 mg/(Nm3) mentre le perdite di particolati sono 0.07÷2.3 g/Kg di Alluminio. Gli impianti ausiliari utilizzano come materia prima i lingotti di prima fusione, le granelle recuperate da lavorazioni termiche, i residui e i rottami prodotti dall¶industria manifatturiera e di trasformazione e nella demolizione di impianti, macchinari e apparecchiature. Questi materiali, che presentano superfici untuose, oleose, verniciate, rivestite, ossidate e frammenti di componenti di altra natura, subiscono queste lavorazioni: disoleazione in essiccatoi a tamburo, fusione in forni rotativi sotto sale come scarificante e protettivo, riscaldo in forni di attesa, colata e degasaggio. Le disoleazioni avvengono in forni rotativi a fiamma diretta con la combustione e la rimozione delle sostanze volatili; il metallo in questo trattamento è ricoperto da uno strato protettivo di cloruro di Sodio. I fumi che si formano sono densi, neri, fastidiosi e devono essere trattati in un forno a postcombustione prima dell¶immissione in atmosfera. I fumi che però non sono captati rendono indispensabile l¶adozione di severe misure di igiene ambientale.
I fumi emessi in atmosfera contengono circa 900÷1300 g di polveri per t/h ed hanno una temperatura di circa 500 °C; le polveri, di granulometria da 0.5 a 30 , sono costituite da particelle carboniose (5%), da Alluminio (13÷15%), da Piombo (5÷6%), da Zinco (4÷5%), da Ferro (1.5÷2%), da Rame (0.6÷0.7%), da Nichel (0.08÷0.09%) e da Cadmio (0.01÷0.02%). L¶Alluminio emesso in atmosfera con le polveri è circa 50 mg/Nm3. L¶aria aspirata a valle del postcombustore, insufficiente per altro a modificare lo stato di salubrità dell¶ambiente, è pari (sempre con riferimento al processo Alcoa) a circa 4300 Nm 3/h·t di materiale lavorato. Nelle successive fasi di lavorazione dai forni da attesa sono generati fumi bianchi con una temperatura di 200 °C, una concentrazione di polveri attorno ai 3000 mg/Nm 3 (di cui l¶85÷90% costituito da N aCl e lo 0.5% da Al 2O3) con una granulometria fra 0.5 a 30 . Le polveri prodotte vanno da 28 a 50 Kg/t di materiale lavorato, i fumi immessi in atmosfera raggiungono in questi casi i 10000 Nm 3/h per tonnellata di materiale lavorato: gli ossidi di Zolfo (come SO2) sono circa 250÷300 ppm. I fumi che attraversano un postcombustore prima dello scarico in atmosfera, al camino, contengono 25÷40 g di polveri per t/h, hanno un volume di 13000÷15000 Nm 3/h·t ed una temperatura di 150÷250 °C. Le polveri in particolare hanno granulometria fra 0.5 e 20 e sono costituite mediamente da: Piombo 6%, Alluminio 3.2%, Zinco 3%, Rame 0.9%, Ferro 1%, Nichel 0.3% e Cadmio 0.2%. Le scorie di fusione rimosse ancora incandescenti continuano a bruciare a lungo emettendo fumane e polveri che si disperdono nell¶ambiente di lavoro; fredde sono inviate in laveria e a seguito di trattamenti di macinazione (in mulini a martello o palle), di dilavamento e di decantazione sono ottenuti dei granuli di Alluminio che sono reintrodotti nel forno fusorio. Le acque che derivano dal trattamento delle scorie hanno le seguenti caratteristiche chimico-fisiche: Parametro
Campione 1
Torbido Cinerino Inodore pH Torbidità 100 ppm S iO2 Residuo all¶evaporazione 500 mg/l Residuo alla calcinazione 415 mg/l Residuo all¶evaporazione delle 180 mg/l sostanze sospese Residuo alla calcinazione delle 160 mg/l sostanze sospese Sostanze sospese sedimentate Non leggibile in 1h a 20 °C Alcalinità al metilarancio 5 in HClN Cloruri Tracce Alluminio 2 mg/l
Campione
Aspetto Colore Odore
2
Fortemente torbido Grigio Inodore 8
9.6 700 ppm S iO2 19000 mg/l 15000 mg/l 4500 mg/l 800 mg/l 1.5 mg/l 12 8600 mg/l 15 mg/l
Tab 3.2: anal isi acqua di risul ta l avaggio scorie .
Gli scarichi prodotti dal processo Hall-Heroult e dagli impianti ausiliari sono quindi: 1. liquidi: derivano dal raffreddamento di cappe, stampi di colata, bobine dei forni elettrici, dalle acque di laveria (tab. 3.2) e dai sistemi di lavaggio inseriti lungo il percorso di uscita dei fumi; 2. gassosi: emessi dalle celle elettrolitiche e dai forni degli impianti ausiliari;
3. solidi: sono costituiti da quelle scorie che non possono essere reintrodotte nel ciclo produttivo e devono essere smaltite in apposite discariche. 3.2.10 Alternative al processo Hall-Heroult
L¶elevato consumo di energia elettrica richiesto dal processo Hall-Heroult ha stimolato la ricerca sia di miglioramenti del processo stesso che di nuovi trattamenti per estrarre l¶Allumino metallico. Riguardo ai possibili miglioramenti è già stato affermato che i risultati sono stati quasi nulli, mentre per quanto riguarda i processi alternativi, le proposte avanzate sono state le seguenti: 1. Processo Gross: nel 1939 Willmore pubblicò un lavoro che evidenziava come in presenza di alogenuri l¶Alluminio vaporizza a temperature considerevolmente minori rispetto a quelle cui normalmente vaporizza. Sulla base di questa considerazione, Gross, ricercatore del Fulmer Research Institute, stabilì che era possibile utilizzare come alogeno il Cloro, portando alla formazione di AlCl 3; aumentando la temperature oltre i 900 °C e riducendo la pressione di AlCl 3 oltre i 10 mm di H g è possibile isolare il metallo. 2. Processo T oth: in questo caso non è necessario utilizzare la bauxite come minerale ma anche argille che sono prima calcinate e poi sottoposte a clorurazione. Ne risulta un cloruro di Alluminio che, dopo purificazione, è sottoposto a riduzione con Manganese; l¶Alluminio è ottenuto come polvere. I reagenti utilizzati possono essere recuperati e riutilizzati per produrre una fine polvere a base di silice e cloruri di altri metalli. Questo processo non ha avuto alcun sviluppo commerciale. 3. riduzione di all uminati: Bonnier ha proposto l¶elettrolisi dell¶alluminato di Sodio in un bagno contente anche Calcio, Bario, o Magnesio in modo tale da ottenere leghe di Alluminio-Calcio, Alluminio-Bario e Allumino-Magnesio. Il bagno può lavorare a temperature significativamente minori, 700÷800 °C, ma è un trattamento tecnicamente difficile da applicare. 4. riduzione dell a bau xite al for no el ettrico: si procede ad una riduzione limitata della bauxite in forno elettrico ad arco con carbone; in questa fase sono ridotti gli ossidi diversi dall¶allumina e le impurezze sono eliminate. L¶allumina ottenuta è ridotta con carbone in un secondo forno elettrico ad arco ottenendo una spugna di Alluminio e carburo di Alluminio; il metallo è separato per fusione mentre il carburo è riciclato. Negli ¶70 dello scorso secolo è stato realizzato un impianto pilota in Francia, della potenzialità di 5000 t/anno, che pur consumando la stessa quantità di energia elettrica del metodo convenzionale aveva spese dimezzate di impianto. Questo processo non fu più esteso su larga scala. 5. via termica: alcuni ricercatori giapponesi hanno evidenziato che a temperature prossime ai 2000 °C l¶allumina, in presenza di Carbonio, si riduce in questo modo: (3.29) 2Al 2O3 + 9C Al 4C 3 + 6CO (3.30) Al 4C 3 + Al 2O3 6Al + 3CO; i rendimenti però non sono ancora soddisfacenti.
I risultati ottenuti da questi lavori, dunque, sono stati minimi perciò, attualmente, la vera alternativa al processo Hall-Heroult è rappresentata dal riciclaggio dell¶Alluminio, ovvero il cosiddetto ciclo secondario.
3.3 Il riciclaggio Il riciclaggio dell¶Alluminio è l¶unica alternativa, attualmente applicabile, al metodo Hall-Heroult; in questo caso l¶Alluminio ottenuto è detto secondario. Questa classificazione non è un indice di qualità, ma fornisce solamente un¶informazione sull¶origine del metallo: quello primario è ottenuto dal minerale; l¶Allumino secondario deriva da prodotti giunti alla fine del ciclo di vita e da rottami provenienti dalla produzione o dalla lavorazione. Il riciclaggio dell¶Alluminio permette di risparmiare il 95% dell¶energia richiesta. Per ricavare dall¶ allumina 1 Kg d¶Alluminio sono necessari minimo14 Kwh, invece per ricavare 1 Kg d¶Alluminio nuovo da quello usato servono 0.7 Kwh. Il riciclaggio dell¶Alluminio in Italia, Paese povero di bauxite e dove l¶energia elettrica è la più cara in Europa, è un¶attività molto importante tanto che a livello europeo la nostra nazione, dopola Germania, è il maggiore produttore di Alluminio secondario, con una produzione annua di circa 4·105 t/anno a fronte di una produzione primaria di 2·10 5 t/anno.
F ig.
3.4: schema riassuntivo dell e fonti di All uminio secondario ( http: // www.cial .it / home.htm ).
3.3.1 Quando è possibile riciclare l¶Alluminio
L¶Alluminio può essere riciclato al 100% senza perdere le sue caratteristiche originali; ma perché questo processo non risulti difficile e costoso l¶Alluminio non deve contenere elevate quantità di corpi estranei come metalli, sostanze sintetiche o sporcizia. Per questo motivo i rifiuti nei quali
l¶Alluminio è accoppiato con altri materiali (ad esempio confezioni per il latte o minestre preconfezionate) non sono adatti al riciclo. In ogni caso, prima di essere immesso nel forno di rifusione, il rifiuto deve essere separato da elementi estranei, selezionato e frantumato; in particolare un eventuale rivestimento organico richiede la sua combustione. 3.3.2 Meccanismo di riciclaggio
Nel luogo di raccolta dei rifiuti di Alluminio, questi sono selezionati e pressati in balle per facilitarne il trasporto all¶impianto di rifusione.
F ig.
3.5: esempio di ball a di l attine.
Dopo essere stato frantumato, il rifiuto di Alluminio è portato in un forno di rifusione: questi sono fornaci a riverbero che utilizzano olio combustibile o gas naturale; in particolare è necessario eliminare le tracce di Ferro, Magnesio e Calcio. Seguono poi tutti quei trattamenti (flussaggio, degasaggio, affinazione, aggiunta di leganti e filtrazione) atti a raggiungere le qualità volute dei nuovi lingotti, billette, vergelle, ecc. A titolo di esempio è riportato il caso delle lattine per bevande: le lattine, precedentemente frantumate, sono portate a una temperatura alla quale avviene la pirolisi delle sostanze organiche (per esempio la laccatura esterna) per aumentare la resa della successiva fusione, sono poi compattate in dischetti e in un forno cilindrico rotante sono fuse. Seguono quindi i tradizionali processi di colata in siviera, di filtrazione e degasaggio. 3.3.3 Applicazioni dell¶Alluminio riciclato
Le principali applicazioni dell¶Alluminio riciclato riguardano i seguenti s ettori: 1. trasporti: in questo settore l¶Alluminio riciclato è utilizzato per produrre automobili (con una quota del 40% sull¶Alluminio totale impiegato), cerchioni per motociclette e automobili (con una quota del 80% sull¶Alluminio totale impiegato), pistoni e cilindri (con una quota del 30% sull¶Alluminio totale impiegato), componenti ed accessori vari (con una quota del 33% sull¶Alluminio totale impiegato); 2. beni durevoli: in questo caso è stato fatto riferimento alla produzione di caffettiere, che sono realizzate con solo metallo secondario; 3. edilizia e costruzioni: nella realizzazione di radiatori monoblocco ed assemblabili è impiegato solo Alluminio secondario mentre per produrre porte, finestre, maniglie o altri accessori la quota di secondario è del 30%.
4 L¶Alluminio
4.1 Proprietà dell¶Alluminio puro 4.1.1 Proprietà fisiche
L¶Alluminio è un elemento metallico di simbolo Al e numero atomico 13, appartenente al gruppo IIIB della tavola periodica; il peso atomico è di 26.9901 amu, il raggio atomico di 1.42885 Å e la configurazione atomica è: Ne3s²3p¹. I numeri posti ad apice indicano il numero degli elettroni, i numeri sottolineati il numero quantico primario n e le lettere i numeri quantici secondari s e p. Il livello più esterno contiene tre elettroni, due dei quali sono 3s² e uno 3p¹; questo spiega l¶esistenza dell¶Alluminio monovalente. L¶atomo libero ha un solo elettrone di valenza; ma se l¶atomo è legato allo stato solido o liquido, a causa dell¶ibridazione, nel guscio più esterno ci sono tre elettroni che possono essere considerati uguali. L¶Alluminio è di colore bianco-argenteo e riflette sia la luce sia il calore; le sue leghe generalmente sono di colore simile, alcune tendono al bluastro. La densità teorica è di 2.694 g/cm3, quella reale di 2.699 g/cm3; questa cala a 2.55 g/cm3 per il solido a 660 °C, appena sotto il punto di fusione, ed è di 2.38 g/cm 3 per il metallo fuso appena sopra i 660 °C. La fusione è accompagnata da un incremento di volume pari al 6.5÷6.7% per il metallo puro; il valore minore del 6.5% corrisponde ad un grado di purezza del 99.5%. L¶aggiunta di Silicio o Magnesio per formare leghe riduce la densità a 2.65 g/cm 3 per leghe al 12% di Silicio (leghe eutettiche), a 2.55 g/cm 3 per leghe con il 10% di Magnesio e al 2.63 per le leghe laminate contenenti il 7% di Magnesio. Per l¶Alluminio con un grado di purezza pari al 99.99% il punto di fusione è di 660.2 °C, il calore di fusione di 387 J/g e la conducibilità termica di 209 W/(mK). La conducibilità elettrica, espressa secondo la normativa IACS (International Annealed Copper Standard che fa riferimento alla resistività del Rame puro) del 1913, è di 2.630 cm che corrisponde al 63.8% IACS; deleterie per la resistività sono le impurezze di Titanio, Vanadio e Cromo ma se queste impurità, a seguito di un trattamento termico fatto sull¶Alluminio fuso con Boro o leghe Al - Br , sono convertite in diboruri tipo T iB2, V B2 e C rB2 non ci sono influenze negative sulle proprietà elettriche. Per impieghi elettrici generali l¶Alluminio è generalmente legato con Ferro e Silicio in modo tale da avere un grado IACS compreso tra il 60 e il 62.5%; leghe contenenti Silicio e Magnesio danno un 53÷56% IACS dopo opportuni trattamenti termini. Una superficie pulita di Allumino puro riflette circa l¶80÷85% della luce visibile incidente; per ottenere un pieno potere riflettente della superficie sono invece richiesti speciali trattamenti elettrici e chimici. Questa elevata proprietà riflettente è sfruttata nella costruzione di riflettori di luce o di calore; ciò significa che le costruzioni realizzate in Alluminio assorbono meno calore dalla radiazione solare rispetto a strutture in acciaio o Rame. Grazie ad un¶appropriata ossidazione è possibile conferire all¶Alluminio una delle migliori superfici radianti utilizzate nella costruzione degli scambiatori di calore. Per quanto riguarda le proprietà magnetiche è leggermente paramagnetico. Il modulo di elasticità dell¶Alluminio è relativamente basso e varia sensibilmente a seconda delle impurità presenti. Il modulo di Young è pari a 6.42·10 4 N/mm2 per un Alluminio puro al 99.997% e a 6.9·104 N/mm2 per una purezza del 99.50%. I valori del modulo di Young per gradi di purezza
commerciali sono leggermente più elevati a sono compresi tra 6.5·10 4 N/mm2 e 8·104 N/mm2. L¶allungamento elastico a trazione dell¶Alluminio e delle sue leghe è triplo rispetto a quello degli acciai e questo è vantaggioso nella realizzazione di elementi strutturali che richiedono resistenza all¶impatto. Il modulo di torsione è 2.5·10 4 N/mm2, quello di rigidezza 1.7·10 4 N/mm2 e il rapporto di Piosson vale 0.34. Le proprietà fisiche dell¶Alluminio sono riassunte nella seguente tabella: Proprietà
Numero atomico Peso atomico Raggio atomico a 25 °C Valenza Colore Struttura cristallina Minima distanza interatomica Densità a 20 °C Densità a 600 °C Densità liquido a 660 °C Contrazione in solidificazione Punto di fusione Punto di ebollizione Pressione del vapore a 1200 °C Calore specifico a 20 °C Calore specifico a 100 °C Calore specifico a 500 °C Calore di fusione Calore di evaporazione Coefficiente di espansione termica lineare Coefficiente di espansione termica lineare Coefficiente di espansione termica lineare Viscosità al punto di fusione Tensione superficiale al punto di fusione Conducibilità termica a 0 °C Conducibilità termica a 100 °C Conducibilità termica a 200 °C Resistività elettrica a 20 °C Suscettività magnetica a 20 °C Potenziale standard a 25 °C Velocità del suono in Al
Valore
13 (III gruppo) 26.9901 1.42885 Å 3 Bianco-argenteo Cubica a facce centrate (fcc) 0.28577 2.699 g/cm3 2.55 g/cm3 2.38 g/cm 3 6.7% 660.2 °C 2057 °C 10 ±3 mm Hg 930 J/(kgK) 935 J/(kgK) 1110 J/(kgK) 387 J/(kgK) 8200÷8370 J/(kgK) 23·10 6 (20÷100 °C) 28.1·10 6 (20÷600 °C) 31.1·10 6 a 500 °C 130 NS/m 2 914 N/m 209 W/(mK) 213 W/(mK) 217 W/(mK) 2.69 cm 0.63·106 ±1.68 V 5100 m/s
Tab. 4.1: tabell a riassuntiva dell e proprietà fisiche dell¶All uminio.
4.1.2 Proprietà chimiche
Data la sua posizione tra la serie elettrochimica degli elementi e dato il calore di formazione del suo ossido, 3.839·10 5 cal/gmol, l¶Alluminio è classificato come un elemento molto reattivo e facilmente ossidabile. Sia si presenti allo stato puro che legato con altri elementi, esso dimostra un¶elevata
resistenza alla corrosione; questa è dovuta al fatto che in superficie si forma un sottile (4÷5·10 ± 6 mm) ma compatto e resistente film di ossido, insolubile in acqua e in molti composti chimici, che protegge gli strati sottostanti di metallo da una veloce ossidazione. Lo spessore di questo strato di ossido può essere incrementato sia a seguito di un lento riscaldamento in aria (fino a 2·10 ±4 mm) che dopo un¶ossidazione anodica (fino a 0.03 mm). Quando si forma, sia in aria che dopo reazione anodica, l¶ossido è in una forma amorfa, detta forma , ma dopo riscaldamento si trasforma nella forma cristallina che è più dura. La forma assorbe l¶umidità dall¶aria, mentre lo strato ottenuto per via anodica è in grado di assorbire le vernici. Una corrosione generalizzata su tutta la superficie può essere indotta da un solvente che dissolve lo strato superficiale passivante, formando il sale corrispondente. I solventi in grado di attaccare l¶ossido sono: gli acidi alogenuri ( HCl , H F ), l¶acido solforico concentrato e le soluzione acquose di idrossidi alcalini e carbonati di Sodio e Potassio. L¶attacco delle soluzione alcaline può essere inibito da colloidi come silicato di Sodio e S iO2 e N a2O nel rapporto di 1:1. L¶ossido, Al 2O3 , è anfotero ed è quindi necessario consultare i dati di letteratura per capire le possibili reazioni che può dare con un eventuale reagente. Molti reagenti non reagiscono, oppure mostrano minime reazioni, con l¶Alluminio; questi tra gli altri sono le soluzioni di acido nitrico, ammonio e la maggior parte degli acidi organici e dei solfuri, ad eccezione degli acidi formico e oleico che sono solventi sia dell¶Alluminio e dell¶ossido. La resistenza chimica è data dalla tipologia e dalla concentrazione della soluzione come dal grado di purezza del metallo. Per esempio un Alluminio al 99.99% è molto più resistente all¶attacco dell¶acido nitrito rispetto ad un 99.5, ma mostrano qualità simili se il solvente è acido solforico diluito. Nelle leghe, effetti benefici sono dati dall¶aggiunta (anche minima, pari all¶1%) di alliganti come Silicio e Zinco mentre minime tracce, anche dello 0.1%, di Rame o Nichel riducono la resistenza a corrosione, che diventa paragonabile a quella del Ferro. Di particolare interesse è l¶aggiunta di Magnesio che non varia solamente la composizione dello strato di ossido ma incide notevolmente sulle dimensioni dello stesso. Le leghe con il 2÷7% di Magnesio sono particolarmente resistenti all¶acqua marina, anche se aggiunte altro il 3% di Magnesio possono generare un attacco intercristallino se il Al 3 M g 2 () è localizzato a bordo grano. L¶Idrogeno si dissolve facilmente sia nello stato solido che liquido dell¶Alluminio, e la costante di dissoluzione aumenta con l¶aumento della temperatura, soprattutto nel fuso. Per evitare che si creino delle porosità durante la colata è necessario operare efficienti trattamenti di degasaggio (ad esempio con esacloroetano C 2Cl 6 ). Anche l¶assorbimento di Azoto è deleterio per le proprietà e sono necessarie opportune operazione di filtrazione del fuso per rimuovere le inclusioni: infatti l¶Azoto dà luogo al nitrato di Alluminio, un solido duro. 4.1.3 Proprietà meccaniche
Come molti altri metalli non ferrosi, anche l¶Allumino non presenta un limite elastico e di snervamento ben definito. Per questo motivo nei controlli di qualità e nel progetto di elementi strutturali si considera la deformazione lineare elastica fino al limite dato da una deformazione plastica dello 0.2%. Per la determinazione accurata di questo limite sono state codificate specifiche normative che consentono di realizzare dei diagrammi di facile lettura dai quali ricavare i dati voluti. La resistenza a trazione dell¶Alluminio è la medesima che in compressione per cui può essere considerato isotropo-omogeneo. La resistenza dell¶Alluminio puro, considerato a vari gradi di purezza, aumenta solamente a seguito di una deformazione a caldo che ne riduce la duttilità. Le laminazioni a caldo e a freddo modificano la microstruttura determinando un¶affinazione della grana cristallina e dopo ricottura il metallo incrudito ha proprietà maggiori rispetto al quello colato. Il carico di rottura per un Alluminio con grado di purezza pari a 99.8% è di 58N/mm 2 e di
69N/mm2 per un 99%. La durezza, misurata secondo la scala Vickers, è compresa tra 17 (Alluminio normale) e 40 (Alluminio che ha subito una laminazione a caldo del 70÷80%). La compressibilità aumenta con l¶aumento della temperatura; per le leghe di Alluminio con una microstruttura f.c.c. non sussiste il problema della frattura fragile e alla basse temperature non si manifesta il clivaggio. Durante la ricottura dopo un periodo di circa 90 min, nell¶intervallo di temperatura tra 200÷300 °C, si manifesta un brusco calo della durezza, calo che poi si stabilizza sopra i 325 °C. La resistenza a creep di un Alluminio di purezza commerciale cala rapidamente sopra i 100 °C; per questo motivo il metallo non legato non è adatto per applicazioni che prevedono sforzi ad alte temperature.
F ig.
4.1: : curva sforzo -deformazione in cui è ill ustrato il metodo con cui è ottenuta una prova di carico.
4.2 Applicazioni dell¶Alluminio e delle sue leghe L¶Alluminio commerciale è utilizzato in quelle applicazioni che richiedono buona formabilità e resistenza alla corrosione. Questo metallo è adottato in primo luogo nella realizzazione di prodotti per l¶imballaggio, il trattamento e lo stoccaggio degli alimenti (per esempio lattine e pentolame) e nella produzione di contenitori per composti chimici e per applicazioni artistiche. Le leghe, soprattutto quelle con Silicio, Rame, Magnesio, Zinco e Manganese, sono usate nelle costruzioni civili ed industriali; in particolare le leghe Silicio-Magnesio trovano largo impiego nel settore dei trasporti dato l¶elevato rapporto resistenza-peso. Infine nel settore aeronautico la maggior parte dei mezzi è realizzata con componenti in lega di Alluminio ad elevata resistenza ( leghe Al -C u e Al -Z n).
4.3 Classificazioni
Le leghe di Alluminio sono suddivise in leghe da fonderia per la fabbricazione di getti e in leghe da deformazione plastica; quest¶ ultime sono utilizzate per produrre la minati, estrusi e forgiati. Il criterio più utilizzato e utile per classificare le leghe di Alluminio è quello della Alluminum Associaton, il quale distingue le leghe per getti sulla base di una classificazione a tre cifre (senza correlazione con la composizione chimica) mentre designa le leghe semilavorate con 4 cifre: la prima cifra indica la famiglia di leghe, la seconda eventuali varianti rispetto alla lega originale che è distinta dalla cifra 0, le ultime due cifre infine segnalano, nella serie 1XXX, il grado di purezza dell¶Alluminio, e le combinazioni degli alliganti, nelle altre serie. Principale elemento di lega
Classe Alluminium Association
Alluminio (> 99.00%) Rame Manganese Silicio Magnesio Magnesio e Silicio Zinco Altri elementi Serie non usuale 1.
1XXX 2XXX 3XXX 4XXX 5XXX 6XXX 7XXX 8XXX 9XXX
Tab. 4.2: desig nazione conven zional e dell¶All uminio e dell e sue l eghe.
4.4 Trattamenti termici La designazione chimica delle leghe, valida sia per le leghe da getto che per quelle da deformazione plastica, è separata da un trattino dallo stato di fornitura; questo descrive la successione dei trattamenti termici e meccanici che il materiale subisce. Questo tipo di indicazione consiste in una lettera che descrive lo stato metallurgico, seguita, tranne il caso di un pezzo allo stato grezzo o ricotto, da una o più cifre. Le lettere e le cifre utilizzate hanno il seguente significato: 1. F: grezzo di laminazione; descrive un materiale uscente dal normale ciclo di produzione e le qualità meccaniche non sono garantite; 2. O: ricotto, cristallizzato; definisce la qualità più dolce dei prodotti semilavorati; 3. H : incrudito; indica i materiali le cui proprietà meccaniche sono state migliorate con la sola deformazione plastica a freddo. La lettera H è sempre seguita da una o più cifre: a) H1: incrudito; la cifra successiva indica il grado di incrudimento. Spesso è aggiunta un¶altra cifra per indicare il grado di controllo della lavorazione o per identificare una combinazione di altre proprietà; b) H2: incrudito e parzialmente ricotto. E¶ un¶indicazione tipica dei materiali di massimo incrudimento;