LJÓÐA EDDA VÖLUS ÖLUSPÁ LA PROFEZIA DELLA VEGGENTE Il poema Le redazioni L'esegesi Genere e metrica Edizioni italiane
La völva [Gróa ed Heiðr] Illustrazione di Carl Larsson, per l'edizione svedese dell' Edda Edda poetica curata poetica curata da Fredrik Sanders Sanders (1893).
Il poema La Völuspá è il gioiello dell' dell Edda 'Edda poetica, poetica, il primo dei due monologhi che aprono il grande canzoniere. Opera di un poeta islandese di vigoroso talento, ancorché pagano, vissuto probabilmente probabilmente intorno alla prima metà del X secolo, la la Völuspá si configura come la visione di una sinistra profetessa pro fetessa [Völva Völva]] che Óðinn ha evocato affinché riveli per intero la sapienza nordica, i segreti delle cose primordiali e i destini del mondo. E così, in una sessantina di strofe, la Veggente
disegna la creazione dell'universo, racconta dell'età dell'oro e della guerra che oppose gli Æsir Æsir ai ai Vanir , narra della morte di Baldr , vola dalle fonti del destino ai dirupi infernali, dalle radici del frassino Yggdrasill ai confini del mondo, per concludersi col terrificante racconto della distruzione, Völuspá si e quindi della rinascita, dell'universo. La Völuspá si configura insomma come una vera e propria summa mythologiæ scandinava. mythologiæ scandinava. Tra balenii epocali e schegge d'apocalisse, è senza alcun dubbio uno più bei poemi mitologici di ogni tempo e di ogni paese.
Le redazioni La Völuspá è giunta a noi conservata in due manoscritti: il Codex Regius (XIII Regius (XIII sec.), che è il manoscritto più importante dell' dell Edda 'Edda poetica, poetica, e l' Hauksbók Hauksbók di Hauk Erlendsson (prima metà del XIV secolo). Le due versioni divergono divergono in alcuni dettagli dett agli e nell'organizzazione delle strofe (62 contro 59). Terza importante fonte della Völuspá è l'l Edda 'Edda in prosa, prosa, che Snorri scrisse ispirandosi in buona parte parte al poema, riportando riportando integralmente integralmente 30 strofe e citandone citandone indirettamente indirettamente altre 16; anche qui vi sono delle interessantissime varianti. Sembra che Snorri avesse sottomano una versione della Völuspá più Völuspá più precisa di quelle a nostra disposizione, disposizione, ragion per per cui le varianti del del testo che egli fornisce sono preziosissime. preziosissime.
L'esegesi Völuspá non Detto questo, bisogna doverosamente aggiungere che la Völuspá non è un testo di semplice approccio. La comprensione è resa ardua dal fatto che le varie scene non vengono narrate, ma piuttosto evocate, evocate, e sempre sempre con accenni rapidi ed ermetici. ermetici. Se la Profezia Profezia non non ci è completamente 'Edda in prosa di Snorri Sturluson, che col suo racconto preciso e oscura è soltanto grazie all' all Edda dettagliato ci rende chiari molti passaggi che altrimenti a ltrimenti sarebbero stati incomprensibili. Infatti, quelle strofe della Völuspá Völuspá per per cui non abbiamo abbiamo riferimenti rimangono in buona buona parte enigmatiche. enigmatiche. Völuspá presenta La Völuspá presenta una lunga serie di passi problematici, su cui sono state proposte infinite congetture e interpretazioni. Si ha l'impressione, probabilmente esatta, che la Völuspá sia in molti passi «corrotta» (per usare usare un aggettivo aggettivo caro ai filologi filologi dell'Ottocento). Tali corruttele corruttele sono però più più facili da individuare che da emendare, ragione per cui molte delle «letture» che si sono succedute in oltre un secolo di critica filologica sono il risultato delle interpretazioni interpr etazioni personali personali dei vari autori e non sono necessariamente aderenti alle effettive intenzioni del testo. La critica moderna è molto più cauta nell'emendare, integrare, spostare i passi più problematici. Nella sezione antologica, abbiamo segnato, nelle note al testo, soltanto alcuni dei punti più delicati del lavoro filologico. D'altra parte, dar conto puntualmente di ogni difficoltà di d i lettura avrebbe richiesto un apparato critico molto più ingombrante e complicato, ben al di là delle nostre possibilità e capacità.
Genere e metrica La Völuspá è essenzialmente un poema gnomico o sapienziale, in quanto diretto all'esposizione delle cose profonde, alla conoscenza degli eventi primordiali e del destino finale del mondo. È un Vafþrúðnismál ee il Grímnismál . Questi tre testi, genere comune a diversi diversi altri testi eddici, tra cui la Vafþrúðnismál presi insieme, insieme, costituiscono un'ideale un'ideale enciclopedia enciclopedia della sapienza sapienza mitologica nordica. nordica. Il metro della Völuspá è il fornyrðislag il fornyrðislag o o «metro epico», il più comune della poesia nordica. Ogni strofa è composta da quattro «versi pieni», ciascuno costituito a sua volta di due semiversi. In questa pagina, per ragioni grafiche, i «versi lunghi» sono stati spezzati e i due semiversi posti su
righe differenti; in altre parole, le singole strofe, originariamente formate di quattro versi, versi, appaiono qui disposte su otto righe, ciascuna corrispondente corrispondente a un semiverso. Ecco, per confronto, la versificazione versificazione rigorosa r igorosa della strofa [1] [1]:: Hljóðs biðk allar helgar kindir, meiri ok minni mögu Heimdallar; vildu at, Valföðr, vel fyr teljak forn spjöll fira, þaus fremst of man.
Edizioni italiane Voluspa < DI LEESTHAL Olga Gogala [cura]: Canti dell'Edda. UTET, Torino 1939. Profezia della Veggente < MASTRELLI Alberto [cura]: L'Edda: carmi norreni < «Classici della religione». Sansoni, Firenze 1951, 1982. Profezia della Veggente < Veggente < SCARDIGLI SCARDIGLI Piergiuseppe [cura]: Il canzoniere eddico. Garzanti, Milano 1982. POLIA Mario: Völuspá: I detti di colei che vede. Il Cerchio, Rimini 1983.
LJÓÐA EDDA VÖLUS ÖLUSPÁ LA PROFEZIA DELLA VEGGENTE Richiesta di ascolto (1) Ymir (2-3) Ymir (2-3) La creazione del mondo (4-6) L'età dell'oro (7-8) La creazione dei nani (9-16) La creazione degli uomini (17-18) Le Norne (19-20) Gullveig (21-22) La guerra degli dèi (23-26) La fonte della sapienza (27) Óðinn e la Veggente (28-29) Le Valchirie (30) L'uccisione di Baldr (31-35) Baldr (31-35) Visione degli inferi (36-39) La stirpe dei lupi (40-41) Tre galli annunciano il ragnarök ragnarök (42-44) (42-44) Gli ultimi giorni (45) Il richiamo del corno (46-49) L'attacco dei giganti (50-52) Il crepuscolo degli dèi (53-56) La fine del mondo (57-58) Rinascita del mondo: la nuova età dell'oro (59-64) Il giudizio finale (65-66)
Note
VÖLUSPÁ
LA PROFEZIA DELLA VEGGENTE
Hljóðs biðk allar helgar kindir, meiri ok minni mögu Heimdallar; vildu at, Valföðr, vel fyr teljak forn spjöll fira, þaus fremst of man.
Ascolto io chiedo a tutte le sacre stirpi, maggiori e minori figli di Heimdallr . Tu vuoi che io, o Valföðr , compiutamente narri le antiche storie degli uomini quelle che prima ricordo.
2
Ek man jötna ár of borna, þás forðum mik fædda höfðu; níu mank heima, níu íviði, mjötvið mæran fyr mold neðan.
Ricordo i giganti nati in principio, quelli che un tempo mi generarono. Nove mondi ricordo nove sostegni e l'albero misuratore, eccelso, che penetra la terra.
3
Ár vas alda þars Ymir byggði vasa sandr né sær, né svalar unnir; örð fansk æva né upphiminn; gap vas ginnunga, en gras hvergi.
Al principio era il tempo: Ymir vi dimorava; non c'era sabbia né mare né gelide onde; terra non si distingueva né cielo in alto: il baratro era spalancato e in nessun luogo erba.
4
Áðr Bors synir bjöðum of ypðu, þeir es Miðgarð mæran skópu; sól skein sunnan á salar steina; þá vas grund gróin grænum lauki.
Finché i figli di Borr trassero su le terre, loro che Miðgarðr vasta formarono. Splendette da sud il sole sulle pareti di pietra; allora si ricoprì il suolo di germogli verdi.
Richiesta di ascolto
Ymir
La creazione del mondo
1
L'età dell'oro
La creazione dei nani
5
Sól varp sunnan, sinni mána, hendi enni hægri of himinjöður; sól þat né vissi, hvar hon sali átti; stjörnur þat né vissu, hvar þær staði áttu; máni þat né vissi, hvat hann megins átti.
Con forza da sud il sole, compagno della luna, stese la mano destra verso l'orlo del cielo; il sole non sapeva dov'era la sua corte, le stelle non sapevano dov'era la loro dimora, la luna non sapeva qual era il suo potere.
6
Þá gengu regin öll á rökstóla, ginnheilög goð, ok gættusk of þat: Nótt ok niðjum nöfn of gáfu, morgin hétu ok miðjan dag, undorn ok aptan, árum at telja.
Andarono allora gli dèi tutti ai troni del giudizio, divinità santissime e su questo deliberarono: alla notte e alle fasi lunari nome imposero; al mattino dettero un nome e al mezzogiorno, al pomeriggio e alla sera per contare gli anni.
7
Hittusk æsir á Iðavelli, þeirs hörg ok hof hátimbruðu; afla lögðu, auð smíðuðu, tangir skópu ok tól gerðu.
Convennero gli Æsir in Iðavöllr , loro che altari e templi alti innalzarono; focolari accesero, crearono ricchezze, tenaglie fabbricarono, ingegnarono utensili.
8
Teflðu í túni, teitir váru, vas þeim véttergis vant ór gulli, unz þríar kómu þursa meyjar, ámátkar mjök, ór Jötunheimum.
Nel cortile giocavano a scacchi; erano ricchi: non sentivano affatto mancanza d'oro. Fino a quando tre giunsero, fanciulle di giganti oltremisura possenti, da Jötunheimr .
9
Þá gengu regin öll á rökstóla, ginnheilög goð, ok gættusk of þat, hvárt skyldi dverga dróttir skepja ór Brimis blóði ok ór Bláins leggjum.
Andarono allora gli dèi tutti ai troni del giudizio, divinità santissime e su questo deliberarono: chi dovesse dei nani le schiere foggiare dal sangue di Brimir e dagli ossi di Bláinn.
10
Þar vas Móðsognir mæztr af orðinn dverga allra, en Durinn annarr; þeir manlíkun mörg of gerðu dverga í jörðu, sem Durinn sagði.
Là Móðsognir era il più eccellente fra tutti i nani e Durinn era secondo. Là, d'aspetto umano, molti furono fatti, nani dalla terra; come Durinn diceva.
11
Nýi ok Níði, Norðri, Suðri, Austri, Vestri, Alþjófr, Dvalinn, Bívörr, Bávörr, Bömburr, Nóri, Ánn ok Ánarr, Ái, Mjöðvitnir.
Nýi e Níði, Norðri, Suðri, Austri, Vestri, Alþjófr , Dvalinn, Bívörr , Bávörr , Bömburr , Nóri, Ánn e Ánarr , Ái, Mjöðvitnir .
12
Veigr ok Gandálfr, Vindálfr, Þráinn, Þekkr ok Þorinn, Þrór, Vitr ok Litr, Nár ok Nýráðr, nú hefk dverga, Reginn ok Ráðsviðr, rétt um talða.
Veigr e Gandálfr , Vindálfr , Þráinn, Þekkr e Þorinn, Þrór , Vitr e Litr , Nár e Nýráðr , ordunque i nani, Reginn e Ráðsviðr , doverosamente ho enumerato.
13
Fili, Kili, Fundinn, Náli, Heptivili, Hannarr, Svíurr, [Nár ok Náinn Nípingr, Dáinn, Billingr, Brúni, Bíldr ok Búri,] Frár, Hornbori, Frægr ok Lóni, Aurvangr, Jari, Eikinskjaldi.
Fili, Kili, Fundinn, Náli, Heptivili, Hannarr , Svíurr , [ Nár e Náinn Nípingr , Dáinn, Billingr , Brúni, Bíldr e Búri,] Frár , Hornbori, Frægr e Lóni, Aurvangr , Jari, Eikinskjaldi.
14
Mál es dverga í Dvalins liði ljóna kindum til Lofars telja, þeir es sóttu frá salarsteini aurvanga sjöt til Jöruvalla.
È tempo che i nani della stirpe di Dvalinn, ai figli degli uomini, fino a Lofarr enumeri. Loro che arrancarono dal suolo roccioso, dimora di Aurvangar , fino a Jöruvellir .
La creazione degli uomini
Le Norne
15
Þar vas Draupnir ok Dólgþrasir, Hár, Haugspori, Hlévangr, Glói, [Dóri, Óri, Dúfr, Andvari, ] Skirvir, Virvir, Skáfiðr, Ái,
C'era a quel tempo Draupnir e Dólgþrasir , Hár , Haugspori, Hlévangr , Glói, [Dóri, Óri, Dúfr , Andvari,] Skirvir , Virvir , Skáfiðr , Ái,
16
Álfr ok Yngvi, Eikinskjaldi, Fjalarr ok Frosti Finnr ok Ginnarr; þat mun æ uppi, meðan öld lifir, langniðja-tal til Lofars hafat.
Álfr e Yngvi, Eikinskjaldi, Fjalarr e Frosti Finnr e Ginnarr . Sarà ricordata a lungo finché gli uomini vivranno questa lista degli antenati fino a Lofarr .
17
Unz þrír kómu ór því liði öflgir ok ástkir æsir at húsi, fundu á landi lítt megandi Ask ok Emblu örlöglausa.
Finalmente tre vennero da quella stirpe, potenti e belli, æsir , a casa. Trovarono in terra, senza forze, Askr ed Embla, privi di destino.
18
Önd þau né áttu, óð þau né höfðu, lá né læti né litlu góða; önd gaf Óðinn, óð gaf Hǿnir, lá gaf Lóðurr ok litu góða.
Non possedevano respiro né avevano anima, non calore vitale, non gesti né colorito. Il respiro dette Óðinn, l'anima dette Hǿnir , il calore vitale dette Lóðurr e il colorito.
19
Ask veitk standa, heitir Yggdrasill hár baðmr, ausinn hvíta auri; þaðan koma döggvar þærs í dala falla; stendr æ of grænn Urðar brunni.
So che un frassino s'erge Yggdrasill lo chiamano, alto tronco lambito d'acqua bianca di argilla. Di là vengono le rugiade che piovono nelle valli. Sempre s'erge verde su Urðarbrunnr .
20
Þaðan koma meyiar margs vitandi þríar ór þeim sæ,
Da quel luogo vengono fanciulle di molta saggezza,
Gullveig
La guerra degli dèi
es und þolli stendr; Urð hétu eina, aðra Verðandi, skáru á skíði, Skuld ena þriðju. Þær lög lögðu, þær líf köru, alda börnum, örlög seggja.
tre, da quelle acque che sotto l'albero si stendono. Ha nome Urðr la prima, Verðandi l'altra (sopra una tavola incidono rune), Skuld quella ch'è terza. Queste decidono la legge, queste scelgono la vita per i viventi nati, le sorti degli uomini.
21
Þat man hon folkvíg fyrst í haimi, es Gullveigu geirum studdu ok í höll Háars hána brendu, þrysvar brendu þrysvar borna, opt ósjaldan, þó hon enn lifir.
Lei ricorda lo scontro primo nel mondo, quando Gullveig urtarono con lance e nelle sale di Hár le dettero fuoco: tre volte l'arsero, tre volte rinacque, e altre tre volte, ma è ancora in vita!
22
Heiði hétu, hvars til húsa kom, völu velspáa, vitti hon ganda; seið, hvars kunni, seið hug leikinn; æ vas hon angan illrar brúðar.
«Splendente» le misero nome: dovunque venisse nelle case indovina esperta in profezie, dava potere alle magiche verghe; incantò, dovunque poteva, incantò i sensi, sempre era la delizia di spose malvagie.
23
Þá gengu regin öll á rökstóla, ginnheilög goð, ok gættusk of þat, hvárt skyldi æsir afráð gjalda, eða skyldi goð öll gildi eiga.
Andarono allora gli dèi tutti ai troni del giudizio, divinità santissime e su questo deliberarono: se avessero dovuto gli Æsir un tributo pagare o avessero gli dèi tutti diritto a un compenso.
24
Fleygði Óðinn ok í folk of skaut; þas vas enn folkvíg fyrst í heimi; brotinn vas borðveggr borgar ása,
Levava la lancia Óðinn e la scagliava nella mischia: quella fu la battaglia prima nel mondo; infranto il riparo di legno della città degli Æsir
La fonte della sapienza
Óðinn e la Veggente
knáttu vanir vísgpá völlu sporna.
minacciosi poterono i Vanir porre il piede in campo
25
Þá gengu regin öll á rökstóla, ginnheilög goð, ok gættusk of þat, hverr hefði lopt alt lævi blandit eða ætt jötuns Óðs mey gefna.
Andarono allora gli dèi tutti ai troni del giudizio divinità santissime e su questo deliberarono: chi avesse l'aria intriso di sventura e alla stirpe dei giganti dato la fanciulla di Óðr .
26
Þórr einn þar vá þrunginn móði, hann sjaldan sitr, es slíkt of fregn; á gengusk eiðar, orð ok særi, mál öll meginlig, es á meðal fóru.
Là solo Þórr si levò gonfio di furore: non indugiò un istante quando seppe tali fatti. Ruppero i giuramenti, le parole e i sacri voti, ogni possente patto che fra loro avevano stretto.
27
Veit hon Heimdallar hljóð of folgit und heiðvönum helgum baðmi; á sér hon ausask aurgum forsi af veði Valföðrs. Vituð ér enn eða hvat?
Sa lei di Heimdallr il fragore celato sotto il sacro albero avvezzo all'aria tersa del cielo. Su quello ella vede riversarsi uno scrosciare d'acque argillose dal pegno pagato da Valföðr . Che altro tu sai?
28
Ein sat hon úti, þás enn aldni kom yggjungr ása ok í augu leit. «Hvers fregnið mik? hví freistið mín? Alt veitk, Óðinn, hvar auga falt í enum mæra Mímis brunni» drekkr mjöð Mímir morgin hverjan af veði Valföðrs. Vituð ég enn eða hvat?
Sola sedeva di fuori quando il vecchio giunse Yggjungr degli Æsir e la fissò negli occhi. «Che cosa mi chiedete? Perché mi mettete alla prova? Tutto io so, Óðinn, dove tu nascondesti l'occhio nella famosa Mímisbrunnr !» Mímir beve idromele ogni mattino dal pegno pagato da Valföðr . Che altro tu sai?
29
Valði henni Herföðr hringa ok men; fékk spjöll spaklig
Per lei Herföðr scelse anelli e collane, sagge parole di ricchezza
Le valchirie
L'uccisione di Baldr
ok spáganda; sá vítt ok of vítt of veröld hverja.
e la verga della profezia: vede lontano, lei, e oltre, in ogni mondo.
30
Sá hon valkyrjur vítt of komnar, görvar at ríða til Goðþjóðar. Skuld helt skildi, en Skögul önnur, Gunnr, Hildr, Göndul ok Geirskögul; nú eru talðar nönnur Herjans, görvar at ríða grund valkyrjur.
Vide, lei, le Valkyrjur venire da lontano, pronte a cavalcare verso il popolo dei Goti. Skuld teneva lo scudo, seconda era Skögul, Gunnr, Hildr, Göndul e Geirskögul. Ora ho elencato le fanciulle di Herjan, pronte a cavalcare la terra, le Valkyrjur .
31
Ek sá Baldri, blóðgum tívur, Óðins barni, ørlög folgin; stóð of vaxinn völlum hæri mær ok mjök fagr mistilteinn.
Io vidi per Baldr un sacrificio di sangue; per il figlio di Óðinn il celato destino. Ritto cresceva alto sui campi esile e molto bello un ramoscello di vischio.
32
Varð af meiði, þeims mær sýndisk, harmflaug hættlig, Höðr nam skjóta. Baldrs bróðir vas of borinn snimma, sá nam Óðins sonr einnættr vega.
Venne su da quel ramo che esile mi parve un terribile dardo di dolore. Höðr lo scagliò. Era il fratello di Baldr nato precocemente; il figlio di Óðinn vecchio di una notte combatté.
33
Þó hann æva hendr né höfuð kembði, áðr á bál of bar Baldrs andskota. En Frigg of grét í Fensölum vá Valhallar. Vituð ér enn eða hvat?
Non lavò mai le mani né si pettinò il capo finché non trascinò sul rogo il nemico di Baldr . Ma Frigg pianse in Fensalir il dolore di Valhöll. Che altro tu sai?
34
[Þá kná Vála vígbönd snúa heldr váru harðgör höpt ór þörmum.]
[E Váli poterono legare con ceppi di battaglia. Molto vennero stretti i lacci di budello.]
Visione degli inferi
La stirpe dei lupi
35
Hapt sá hon liggja und Hveralundi lægjarns líki Loka áþekkjan; þar sitr Sygyn þeygi of sínum veri vel glýjuð. Vituð ér enn eða hvat?
Legato lei vede giacere sotto il bosco di Hveralund l'infausta figura simile a Loki. Là siede Sigyn presso il suo sposo per nulla entusiasta. Che altro tu sai?
36
Á fellr austan of eitrdala söxum ok sverðum, Slíðr heitir sú.
Scroscia un fiume da oriente per valli di gelido veleno, con daghe e con spade, Slíðr è chiamato.
37
Stóð fyr norðan á Niðavöllum salr ór golli Sindra ættar, en annarr stóð á Ókólni, bjórsalr jötuns, en sá Brimir heitir.
Sta verso nord nelle Niðavellir la corte d'oro della stirpe di Sindri; ma una seconda si trova in Ókólnir sala da birra del gigante che è chiamato Brimir .
38
Sal sá hon standa sólu fjarri Náströndu á, norðr horfa dyrr; fellu eitrdropar inn of ljóra, sá 's undinn salr orma hryggjum.
Una sala lei vide lontana dal sole in Nástrandir , le porte rivolte a nord. Gocce di veleno piovono attraverso il buco del tetto: questa sala è un intreccio di dorsi di serpenti.
39
Sá hon þar vaða þunga strauma menn meinsvara ok morðvarga ok þanns annars glepr eyrarúnu. Þar sýgr Níðhöggr nái framgengna; slítr vargr vera. Vituð ér enn eða hvat?
Vide lei in quel luogo guadare difficili correnti uomini spergiuri ed assassini e chi seduce di un altro la consorte. Là succhia Níðhöggr i corpi dei morti, il lupo strazia gli uomini. Che altro tu sai?
40
Austr sat en aldna í Járnviði ok fæddi þar Fenris kindir; verðr af þeim öllum
La vecchia siede ad oriente in Járnviðr e laggiù nutre la stirpe di Fenrir . Di tutti quelli
Tre galli annunciano il ragnarök
Gli ultimi giorni
einna nökkurr tungls tjúgari í trolls hami.
uno solo si fa divoratore della luna in forma di troll.
41
Fylliz fjörvi feigra manna, ryðr ragna sjöt rauðum dreira; svart var þa sólskin of sumur eptir veðr öll válynd. Vituð ér enn eða hvat?
Si nutre della vita degli uomini destinati a morire, arrossa le case degli dèi con sangue scarlatto. Si oscura la luce del sole nelle prossime estati, verranno tempi di tradimento. Che altro tu sai?
42
Sat þar á haugi ok sló hörpu gýgjar hirðir, glaðr Eggþér; gól of hánum í gaglviði fagrrauðr hani, sás Fjalarr heitir.
Là siede sul colle e suona l'arpa il custode della gigantessa il lieto Eggþér . Canta vicino a lui nel bosco degli uccelli un gallo rosso splendente che Fjalarr è chiamato.
43
Gól of ásum Gollinkambi, sá vekr hölða at Herjaföðrs, en annarr gól fyr jörð neðan sótrauðr hani at sölum Heljar.
Canta tra gli Æsir Gullinkambi, gli eroi ridesta nella dimora di Herjaföðr . Ma un altro ancora canta giù sotto terra, gallo rosso fuliggine nelle sale di Hel.
44
Geyr Garmr mjök fyr Gnipahelli, festr mun slitna, en freki rinna, fjölð veitk fræða, framm sék lengra of ragna rök, römm sigtíva.
Feroce latra Garmr dinanzi a Gnipahellir : i lacci si spezzeranno e il lupo correrà. Molte scienze ella conosce: da lontano scorgo il destino degli dèi, possenti divinità di vittoria.
45
Bræðr munu berjask ok at bönum verðask, munu systrungar sifjum spilla, hart 's í heimi, hórdómr mikill, skeggöld, skalmöld, skildir klofnir,
Si colpiranno i fratelli e l'un l'altro si daranno la morte; i cugini spezzeranno i legami di parentela; crudo è il mondo, grande l'adulterio. Tempo d'asce, tempo di spade, gli scudi si fenderanno,
Il richiamo del corno
L'attacco dei giganti
vindöld, vargöld, áðr veröld steypisk mun engi maðr öðrum þyrma.
tempo di venti, tempo di lupi, prima che il mondo crolli. Neppure un uomo un altro ne risparmierà.
46
Leika Míms synir, en mjötuðr kyndisk at enu gamla Gjallarhorni, hátt blæss Heimdallr, horn 's á lopti; mælir Óðinn við Mímis höfuð.
S'agitano i figli di Mímir ; si compie il destino al suono del possente Gjallarhorn. Forte soffia Heimdallr nel corno che sporge, mormora Óðinn con la testa di Mímir .
47
Skelfr Yggdrasils askr standandi, ymr aldit tré, en jötunn losnar; hræðask allir á helvegum áðr Surtar þann sevi of gleypir.
Trema Yggdrasill il frassino eretto, scricchiola l'albero antico quando si scioglie il gigante. Tutti temono sulla strada degli inferi, che la stirpe di Surtr li inghiotta.
48
Hvat 's með ásum? hvat 's með álfum? gnýr allr Jötunheimr, æsir 'ro á þingi, stynja dvergar fyr steindurum veggbergs vísir. Vituð ér enn eða hvat?
Cosa incombe sugli Æsir ? Cosa incombe sugli elfi? Risuona tutto Jötunheimr , gli dèi sono a consiglio. Gemono i nani dinanzi alle porte di pietra, esperti di rocce scoscese. Che altro tu sai?
49
Geyr Garmr mjök fyr Gnipahelli, festr mun slitna, en freki rinna, fjölð veitk fræða, framm sék lengra of ragna rök, römm sigtíva.
Feroce latra Garmr dinanzi a Gnipahellir : i lacci si spezzeranno e il lupo correrà. Molte scienze ella conosce: da lontano scorgo il destino degli dèi, possenti divinità di vittoria.
50
Hrymr ekr austan, hefsk lind fyrir, snýsk Jörmungandr í jötunmóði; ormr knýr unnir, en ari hlakkar, slítr nái niðfölr;
Da oriente viene Hrymr , regge lo scudo innanzi. Si attorce Jörmungandr nella furia dei giganti. Il serpente flagella le onde, mentre l'aquila stride. Strazia i cadaveri, livida.
Il crepuscolo degli dèi
Naglfar losnar.
Naglfar salpa.
51
Kjöll ferr austan, koma munu Múspells um lög lyðir, en Loki styrir; fara fífls megir með freka allir, þeim er bróðir Býleipz í för.
Una chiglia avanza da est: verranno di Múspell sul mare le genti, e Loki tiene il timone. Avanza l'armata dei mostri e il lupo è in testa. e con loro è il fratello di Býleistr che avanza.
52
Surtr ferr sunnan með sviga lævi, skínn af sverði sól valtíva; grjótbjörg gnata, en gífr rata, troða halir helveg, en himinn klofnar.
Surtr viene da sud col veleno dei rami. Il sole splende sulla spada degli dèi guerrieri. Le rocce si fendono, si accasciano gigantesse: gli uomini prendono la via degli inferi, il cielo si schianta.
53
Þá kømr Hlínar harmr annarr framm, es Óðinn ferr við ulf vega, en bani Belja bjartr at Surti; þá mun Friggjar falla angan.
Ecco viene a Hlín un altro dolore, quando Óðinn viene a combattere col lupo, e l'uccisore di Beli splendente contro Surtr ; allora di Frigg la gioia cadrà.
54
Geyr Garmr mjök fyr Gnipahelli, festr mun slitna, en freki rinna.
Feroce latra Garmr dinanzi a Gnipahellir : i lacci si spezzeranno e il lupo correrà.
55
Þá kømr enn mikli mögr Sigföður, Víðarr vega at valdýri; lætr hann megi Hveðrungs mund of standa hjör til hjarta; þá 's hefnt föður.
Ecco viene il grande figlio di Sigföðr , Víðarr a combattere quel mangiatore di cadaveri; ed egli al figlio di Hveðrungr con entrambe le mani la spada conficca fino al cuore. Così il padre è vendicato.
56
Þá kømr enn mæri mögr Hlöðvinjar gengr Óðins sonr
Ecco viene il famoso figlio di Hlóðyn, s'avanza il figlio di Óðinn
La fine del mondo
Rinascita del mondo: la nuova età dell'oro
ormi mæta. Drepr af móði Miðgarðs véurr; munu halir allir heimstöð ryðja; gengr fet níu Fjörgynjar burr neppr frá naðri, níðs ókvíðinn.
a contrastare il serpente. Con ira lui colpisce il difensore di Miðgarðr . Gli uomini tutti sgombreranno il mondo. Nove passi indietreggia il figlio di Fjörgyn, muore lontano dal serpe che disonore non teme.
57
Sól tér sortna, sigr fold í mar, hverfa af himni heiðar stjörnur; geisar eimi ok aldrnari; leikr hár hiti við himin sjalfan.
Il sole si oscura la terra sprofonda nel mare, scompaiono dal cielo le stelle lucenti. Sibila il vapore con quel che alimenta la vita, alta gioca la vampa col cielo stesso.
58
Geyr Garmr mjök fyr Gnipahelli, festr mun slitna, en freki rinna, fjölð veitk fræða, framm sék lengra of ragna rök, römm sigtíva.
Feroce latra Garmr dinanzi a Gnipahellir : i lacci si spezzeranno e il lupo correrà. Molte scienze ella conosce: da lontano scorgo il destino degli dèi, possenti divinità di vittoria.
59
Sér hon upp koma öðru sinni örð ór ægi iðjagræna; falla forsar, flýgr örn yfir, sás á fjalli fiska veiðir.
Affiorare lei vede ancora una volta la terra dal mare di nuovo verde. Cadono le cascate, vola alta l'aquila, lei che dai monti cattura i pesci.
60
Finnask æsir á Iðavelli ok of moldþinur mátkan dæma, [ok minnask þar á megindóma] ok á Fimbultýs fornar rúnar.
Si ritrovano gli Æsir in Iðavöllr , e del serpente intorno al mondo possente, ragionano, [e rammentano là le grandi imprese,] e di Fimbultýr le antiche rune.
61
Þar munu eptir undrsamligar
Lì di nuovo meravigliose
Il giudizio finale
gollnar töflur í grasi finnask, þærs í árdaga áttar höfðu.
le scacchiere d'oro si ritroveranno nell'erba. Eran quelle che anticamente avevano posseduto.
62
Munu ósánir akrar vaxa; böls mun alls batna mun Baldr koma; búa Höðr ok Baldr Hropts sigtoptir vel valtívar, vituð ér enn eða hvat?
Cresceranno non seminati i campi; ogni male guarirà, farà ritorno Baldr . Abiteranno Höðr e Baldr le vittoriose rovine di Hroptr , felici dèi guerrieri. Che altro tu sai?
63
Þá kná Hǿnir hlautvið kjósa ok burir byggva bræðra tveggja vindheim víðan. Vituð ér enn eða hvat?
Allora Hǿnir l'aspersorio sceglierà, e i figli abiteranno dei due fratelli l'ampio mondo del vento. Che altro tu sai?
64
Sal sér hon standa sólu fegra, golli þakðan, á Gimléi; þar skulu dyggvar dróttir byggva ok of aldrdaga ynðis njóta.
Vede lei una corte levarsi del sole più bella, d'oro ricoperta, in Gimlé. Lì abiteranno schiere di valorosi ed eternamente gioiranno felici.
65
[Þá kømr enn ríki at regindómi öflugr ofan, sá 's öllu ræðr.]
[Allora viene il potente al suo regno, il forte dall'alto che tutto governa.]
66
Þar kømr enn dimmi dreki fljúgandi, naðr fránn neðan frá Niðafjöllum; berr sér í fjöðrum flýgr völl yfir Níðhöggr nái; nú mun hon sökkvask
E viene di tenebra, il drago che vola, il serpe scintillante dai monti Niðafjöll. Porta tra le sue ali, sulla pianura vola, Níðhöggr , i morti. Ora lei si inabissa.
NOTE 1 (a) Hljóðs biðk «ascolto io chiedo», esordisce la völva, con formula solenne e imperiosa, ché tra poco la grande profezia svolgerà i fili del tempo e scioglierà i nodi del destino. È probabilmente la stessa formula che veniva utilizzata nel þing , nelle assemblee vichinghe, per imporre il silenzio e richiamare l'attenzione dei presenti, e che riecheggia con forza l'antica formula omerica kéklute óphr' éipō «ascoltate affinché io dica» (Polia 1983). (d) L'espressione «figli di Heimdallr» per indicare le «sacre stirpi» [helgar kindir ] degli uomini, richiama il mito riferito nel Rígsþula dove alla discendenza di Heimdallr si riconducono i capostipiti delle tre classi sociali. ( e) Valföðr , «Padre dei caduti», è epiteto di Óðinn. 2 (d) Fædda höfðu è letteralmente «mi diedero cibo», ma forse è da intendere con «mi generarono». ( f ) Questo verso è di ardua traduzione. Secondo l'interpretazione condivisa dalla maggior parte degli studiosi, quel níu í viði si riferirebbe appunto ai «nove sostegni» dei mondi (cfr. viðjur «radici, travi» < viðr «bosco, legna»); non mancano però le voci dissenzienti: alcuni pensano che la frase sia da leggere níu íviði «nove specie di creature»; Sir George W. Cox è riandato all'antico svedese inviþir e ha interpretato, un po' fantasiosamente, «l'insieme di tutti gli esseri, del mondo dei vivi e del mondo dei morti». In tutti i casi si tratta di una visione dell'universo riassunto nella sua stabilità e nella sua totalità (Cox 1870) . (g) La parola mjötviðr è una delle più delicate dell'intera letteratura mitologica norrena. È stata qui resa con «albero misuratore», da «albero [ viðr ] delle misure [mjöt ]». Quest'ultima parola è connessa col norreno meta «misurare», da cui mjötuðr «giudice, governatore, dispensatore del fato» (cfr. gotico mitan, antico alto tedesco mezzan, tedesco messen, anglosassone metan «misurare»; ma anche latino medeor «misuro» e meditari «meditare»). S'intende probabilmente il frassino Yggdrasill come asse e impalcatura del cosmo, i cui rami e radici formano gli assi [viðjur ] che reggono i mondi e ne misurano il tempo [ SAGGIO]. 3 Questa strofa della Völuspá possono essere agevolmente messa a confronto con alcuni versi della Preghiera di Wessobrunn, un testo in antico alto tedesco proveniente dall'omonimo monastero bavarese, composto intorno al 775. Un brano della preghiera così suona: Dat gafregin ih mit firahim iriuuizzo meista. Dat ero ni uuas noh ufhimil, noh paum noh pereg ni uuas, ni [sterro] nohheinig noh sunna ni scein, noh mano ni liuhta, noh der maręo seo.
Questo appresi tra gli uomini, il sommo prodigio. Che non era la terra, né il cielo in alto, non era albero, né monte, né [stella] alcuna, né il sole splendeva, né la luna brillava, né il lucente mare. Preghiera di Wessobrunn
Entrambi i brani descrivono lo stato precedente la creazione in termini negativi: attestando l'originaria inesistenza degli enti e delle sostanze che compongono il nostro universo. Si precisa dunque che in principio non esistevano né il cielo, né la terra, non vi erano alberi, monti e mari, né splendevano il sole e la luna, e via dicendo. È in questo stadio negativo che subentra quindi la creazione: sia essa la complessa cosmogonia pagana descritta nella Völuspá, o la creatio ex nihilo operata dal Dio cristiano nella Preghiera di Wessobrunn. La somiglianza formale tra i due brani è impressionante. Il verso di Völuspá [3c-3d], «non c'era sabbia né mare | né gelide onde» [ vasa sandr
né sær, | né svalar unnir ], richiama il «né il lucente mare» [ noh der mareo seo] di Wessobrunn [5]. Il verso successivo [3e-3f], «terra non si distingueva | né cielo in alto» [ jörð fansk æva | né upphiminn], è vicinissimo a Wessobrunn [2] «che non era la terra, né il cielo in alto» [ ero ni uuas noh ufhimil ]. La somiglianza formale dei due brani, a volte addirittura letterale (per «cielo in alto» troviamo l'identico composto ufhimil in anticoaltotedesco e uphiminn in islandese), ha indotto gli studiosi a ipotizzare l'esistenza, in tempi remoti, di un poema germanico della creazione i cui esiti siano confluiti, separatamente, nelle due composizioni: il poema pagano islandese, la preghiera cristiana alto-tedesca. ( a) Ár significa «una volta» (latino olim), ed è una parola frequente all'inizio dei poemi eddici (la ritroveremo in: Hymiskviða [1], Rígsþula [1], Atlakviða in grǿnlenzka [1], Guðrúnarkviða [1], Sigurðarkviða [1]). Ár vas alda, letteralmente «una volta era il tempo» (öld è «tempo, età, epoca), può essere tradotto «in principio» (Cleasby ~ Vigfússon 1874). (a-b) I primi due semiversi, nella versione citata da Snorri, suonano in altro modo: «Al principio era il tempo | quando nulla esisteva» [ Ár var alda | það er ekki var ] (Gylfaginning [4 {5}]). Probabilmente Snorri attinse a una versione della Völuspá diversa da quella attestata nei due manoscritti a noi pervenuti.
4 (a) La Völuspá non fornisce i nomi dei figli di Borr . È Snorri ad affermare che essi furono Óðinn e i suoi fratelli Vili e Vé (Gylfaginning [6d]). 5 (e-j) Questi semiversi possono essere messi in relazione con la Preghiera di Wessobrunn [4-5], laddove dice: «né [stella] alcuna, né il sole splendeva, né la luna brillava» [ ni [sterro] nohheinig noh sunna ni scein, noh mano ni liuhta]. Addirittura, la parola sterro «stella», assente nel manoscritto della Preghiera, è stata proposta dai filologi in base al confronto col poema eddico. Analogamente, nel citare questa strofa, Snorri omette i primi due semiversi ma cita questi ultimi sei semiversi, seppure invertendo l'ordine col quale vengono elencati gli ultimi due luminari: nella citazione di Snorri viene prima il sole, poi la luna e poi le stelle (Gylfaginning [8 {10}]). 7 (b) Iðavöllr : «campo del vortice, campo-torto», campo al centro di Ásgarðr dove gli dèi decisero per la prima volta l'ordinamento del loro regno e, dunque, di tutto il mondo. Qui si riuniranno di nuovo gli Æsir sopravvissuti al ragnarök all'inizio del ciclo che verrà, per stabilire il nuovo ordine cosmico. Il riferimento al «vortice», simbolo di inizio e di fine, oltre che metafora astronomica della rotazione del cielo, insieme al fatto che Iðavöllr sia l'unica parte di Ásgarðr che non verrà distrutta, ne suggeriscono l'identificazione con il nord celeste o con una proiezione terrestre di esso. La stella polare è infatti il punto del cielo che, pur cambiando posizione a causa della precessione degli equinozi, rappresenta in ogni epoca il centro della rotazione celeste, dunque il «vortice» che emana il movimento e dà ordine al cosmo. 8 (f ) Non è molto chiaro chi fossero le «tre fanciulle di giganti» [ þríar þursa meyjar ]; sicuramente corrispondono a quelle che Snorri indica come donne «venute da Jötunheimr » [kómu ór Jötunheimum] (Gylfaginning [14b]). Non si può tuttavia dir molto sulla loro identità. Karl Müllenhoff ritiene si tratti le tre Nornir , di cui si parla nel capitolo successivo [15] del testo di Snorri (Müllenhoff 1908), seguito in questo da Giorgio Dolfini, che commenta in tal senso la sua traduzione (Dolfini 1975), ma senza una reale certezza. Si tratta del rimasuglio di un mito perduto, probabilmente non chiaro allo stesso Snorri. 9 (g-h) I nomi Brimir e Bláinn sembrano essere epiteti di Ymir . Questa strofa è chiusa da una doppia kenning in quanto «sangue di Brimir » è metafora per significare il mare, e «ossa di Bláinn»
per indicare le pietre.
10 ― (e-h) Questa strofa presenta qualche problema d'interpretazione. In genere viene interpretata nel senso che gli dèi crearono i nani dalla terra, ma altri ritengono che siano i nani stessi il soggetto della frase. Ad esempio Bugge interpreta: «I nani fecero molti fantocci nella terra» a cui gli dèi avrebbero poi infuso il soffio vitale (Bugge 1881 | Polia 1883). Non è ben chiaro, in questo caso, chi fossero i «fantocci» creati dai nani. Tantopiù che Snorri dà una spiegazione molto ragionevole del passo: Þar næst settust goðin upp í sæti sín ok réttu dóma sína ok minntust, hvaðan dvergar höfðu kviknat í moldinni ok niðri í jörðunni, svá sem maðkar í holdi. Dvergarnir höfðu skipazt fyrst ok tekit kviknun í holdi Ymis ok váru þá maðkar, en af atkvæðum goðanna urðu þeir vitandi manvits ok höfðu manns líki ok búa þó í jörðu ok í steinum.
Poi gli dèi s'insediarono sui loro troni, si riunirono in giudizio e ricordarono in che modo i nani avessero preso vita nel fango e sotto la terra, come i vermi nella carne. I nani furono creati per primi e presero vita nella carne di Ymir , dove erano come vermi, tuttavia per decisione degli dèi ricevettero la conoscenza del sapere umano e l'aspetto degli uomini, e abitarono nella terra e nelle rocce.
Snorri Sturluson: Edda in prosa > Gylfaginning [14] Non vi è motivo di dubitare che questa sia la corretta interpretazione della creazione dei nani, che qui appaiono, proprio in virtù della loro origine, legati per nascita alla terra e al fango. [ SAGGIO ]
11 ― Le strofe [11-16] costituiscono il cosiddetto «catalogo dei nani», una composizione probabilmente indipendente inclusa nella Völuspá. La versione del «catalogo» fornita dal Codex Regius [R ] presenta alcune differenze, nei nomi e nell'ordine dei nani, con la versione presente nell' Hauksbók [H]; l'una e l'altra presentano a loro volta altre differenze con la redazione citata da Snorri (Gylfaginning [14 {17-20}]). Le varie redazioni discendono probabilmente da un antigrafo il quale dipendeva a sua volta dalle þulur , antichi elenchi in versi dove si fornivano gli heiti (i nomi, gli epiteti o le definizioni poetiche) di cose, persone, divinità o creature mitologiche. Per un'analisi dettagliata delle fonti rimandiamo alla pagina apposita [ MITI]. ― (d) Dopo Alþjófr e Dvalinn, la redazione H inserisce una serie di quattro nomi, non presenti in R [« Nár e Náinn | Nípingr , Dáinn»], i quali appaiono però essere una duplicazione di una sequenza che H riporta alla strofa [13]. ― (e) I nomi Bívörr e Bávörr compaiono in H e in Snorri nelle varianti grafiche Bífurr e Báforr . ― (f ) Il nome Bömburr compare in Snorri nella variante Bömbörr . ― (g-h) I nani Ánn, Ánarr e Ái appartengono a una serie che i vari manoscritti di Snorri presentano in maniera piuttosto difforme; il confronto tra le varie redazioni e le þulur mostra che la serie originaria doveva essere formata dai nomi: Óri, Órinn, Óinn, Ónn e Ónarr [SAGGIO ]. 12 ― (b) Il nome Þráinn compare in Snorri nella variante Þróinn. ― (c) Il nome Þekkr , presente in R (e in Snorri), viene sostituito in H da Þrár (forse, una variante del Þrór presente in [12b]).
13 ― (b) In luogo del nome Náli compare in Snorri un Váli (la confusione è sorta forse per qualche legame con la coppia formata da Váli e Nari, figli di Loki). ― (c) Heptivili («manico di lima») appare in H scisso in due nomi distinti: Hefti e Fili («manico» e «lima»). Solo il secondo nome (Fili) è attestato separatamente come il nome di un nano [13a]. ― (d) Hannarr viene sostituito in Snorri da Hárr . Invece, il nome Svíurr compare in H nella variante Svíðr e in Snorri nella variante Svíarr . ― (e-h) Questi versi, gli unici a riportare una sequenza di otto nomi [« Nár e Náinn | Nípingr , Dáinn, | Billingr , Brúni, | Bíldr e Búri»], sono riportati unicamente in H, mancando in R e in Snorri.― (i) Il nome Hornbori, attestato nella redazione R , viene sostituito da Fornbogi nella redazione H. 14 ― (d) Nella parafrasi in prosa che Snorri fa di questa strofa (Gylfaginning [14f]), si parla dei Lofarr al plurale, come nome complessivo di questa stirpe di nani. 15 ― (b) Al nome Dólgþrasir , Snorri sostituisce Dólgþvari. ― (c) Al nome Hár , Snorri sostituisce Hörr . Ad Haugspori, sostituisce invece Hugstari. ― (d) Il primo nome viene riportato come Hlévangr «campo riparato» in R , ma come Hlévargr «lupo dei luoghi protetti» in H. La seconda forma sembra più ragionevole. Snorri lo sostituisce con un nome affatto diverso: Hleðjólfr «lupo protettore». Il secondo nome compare invece nella forma Glói in R , nella forma Glóinn in H e in Snorri.― (e-f ) Questi due versi, che riportano una breve sequenza di quattro nomi, sono presenti soltanto nella redazione di Snorri [«Dóri, Óri, | Dúfr , Andvari»], mancando nei due codici della Völuspá. 16 ― (a) Snorri sostituisce Yngvi con Ingi. È più probabile sia quest'ultimo il nome originario del nano, essendo Yngvi un epiteto di Freyr , quale progenitore della stirpe degli Ynglingar. ― (c-d) Questi due semiversi, con una sequenza di quattro nomi [« Fjalarr e Frosti | Finnr e Ginnarr »] è attestata nel codice R , ma manca in H. Anche Snorri, tuttavia, la riporta (seppur sostituendo Fjalarr con Falr ). 17 Le strofe [17-18] alludono alla creazione della prima coppia umana a partire da due alberi, un frassino [askr ] e un olmo [embla]. Così Snorri spiega il passo e descrive la scena: Þá er þeir Bors synir gengu með sævarströndu, fundu þeir tré tvau, ok tóku upp tréin ok sköpuðu af menn. Gaf hinn fyrsti önd ok líf, annarr vit ok hrǿring, þriði ásjónu,
málit ok heyrn ok sjón; gáfu þeim klæði ok nöfn. Hét karlmaðrinn Askr en konan Embla, ok ólusk þaðan af mannkindin.
Mentre i figli di Borr andavano lungo la riva del mare trovarono due alberi, li raccolsero e li mutarono in uomini. Il primo diede loro respiro e vita, il secondo ragione e movimento, il terzo aspetto, parola, udito e vista. Gli diedero poi vesti e nomi. Il maschio si chiamò Askr , la femmina Embla e nacque allora l'umanità.
Snorri Sturluson: Edda in prosa > Gylfaginning [9b] ― (b) La Völuspá non chiarisce quale fosse la «stirpe» [ liðr ] da cui i tre dèi sarebbero giunti, così come non si sa bene a quale «casa» faccia riferimento il testo. ― (d) È stato qui suggerito di
emendare at húsi «a casa» in at húmi «al mare», interpretando la scena come se si svolgesse sulla riva del mare. La correzione è giustificata dal fatto che Snorri afferma che gli dèi andavano «lungo la riva del mare» [með sævarströndu] quando trovarono i due tronchi destinati a essere trasformati nella prima coppia umana.
18 ― (e-g) Mentre la Völuspá attribuisce la creazione degli uomini alla triade Óðinn ~ Hǿnir ~ Lóðurr , Snorri afferma che a compiere l'opera fossero stati in realtà «i figli di Bórr » (Gylfaginning [9b]). Tuttavia lo stesso Snorri aveva precedentemente affermato che i figli di Bórr fossero Óðinn ~ Vili ~ Vé (Gylfaginning [6d]) e alla loro opera aveva attribuito l'uccisione di Ymir e la creazione del mondo. Sono stati naturalmente versati i proverbiali fiumi d'inchiostro per stabilire se la triade della Völuspá (Óðinn ~ Hǿnir ~ Lóðurr ) possa venire identificata o meno con quella fornita da Snorri (Óðinn ~ Vili ~ Vé). [SAGGIO ]► 20 ― (c) Si è tradotto qui «da quelle acque» ma il testo originale dice sæ «mare». Difficile capire se si intenda la fonte Urðarbrunnr o se bisogna invece immaginare uno specchio d'acqua assai più consistente alle radici del frassino Yggdrasill. 21 (c) L'episodio di Gullveig è particolarmente enigmatico, in quanto tutto ciò che sappiamo di questo personaggio consiste in queste due strofe della Völuspá. Non vi sono altri riferimenti a Gullveig in tutta la letteratura mitologica, e anche Snorri, nella sua opera, non ne fa alcun cenno. Si ritiene che il tentativo di uccidere Gullveig abbia causato un dissidio tra gli Æsir e i Vanir , da cui una guerra tra le due stirpi divine (a cui si accenna rapidamente nella strofa [24]); in realtà i due episodi potrebbero anche non avere nulla a che fare l'uno con l'altro. ( e) Hár «alto» è epiteto di Óðinn. 25-26 ― Stando al racconto di Snorri (Gylfaginning [42]), dopo la guerra contro i Vanir , gli Æsir ingaggiarono un gigante affinché ricostruisse le mura dell'Ásgarðr . Ma questi chiese come pagamento il sole e la luna, e la dea Freyja, sposa di Óðr . Era stato Loki a consigliare agli dèi di accettare il patto, convinto che il gigante non fosse riuscito a finire il lavoro nel tempo stabilito. Ma quando le mura furono completate entro i termini, gli dèi ruppero il contratto e Þórr uccise il gigante. [MITO]► 27 (b) Seguiamo qui l'interpretazione tradizionale secondo cui il «fragore celato» [ hljóð of folgit ] indichi il Gjallarhorn, il corno destinato a suonare nel giorno di ragnarök e che Heimdallr , se tale interpretazione è corretta, avrebbe nascosto alle radici del frassino Yggdrasill. (g) Valföðr «padre dei caduti»è un epiteto di Óðinn. Per «pegno di Valföðr » si intende qui l'occhio ceduto da Óðinn in cambio di un sorso alla sorgente di Mímisbrunnr , da cui sgorga l'acqua della sapienza. Mímir è appunto il guardiano di tale fonte. 28 ― Questa breve descrizione della völva, che sedeva sola «di fuori» [ úti], va forse messo in relazione con certe descrizioni presenti negli antichi testi, dove i veggenti erano presentati desti nella solitudine notturna intenti a scrutare i fati. Si tratta forse della scena che dà l'avvio all'intera rappresentazione del poema. Yggjungr «molto spaventoso» è epiteto di Óðinn, che guarda la völva «negli occhi» [í augu senza parlare, forse per provarne il potere. La völva sostiene lo sguardo del dio e gli rivela di conoscere il suo più geloso segreto: egli ha dato in pegno un occhio al saggio Mímir , custode della fonte della sapienza di Mímisbrunnr . 29 ― (a) Herföðr «padre degli eserciti» è epiteto di Óðinn. E la persona a cui avrebbe dato anelli e
collane, oltre alla verga della profezia, è naturalmente la stessa völva. ― (b-d) Secondo questi versi, Herföðr (Óðinn) avrebbe dato alla völva: (1) anelli e collane, (2) sagge parole di ricchezza, (3) la verga della profezia [ spágandr ]. Ma emendando spágandr in spá ganda e adottando l'interpretazione del Neckel, la strofa diventerebbe così: « Herföðr le diede anelli e collane, ottenne [in cambio] sagge parole di ricchezza e profezie [ottenute tramite] la verga» (Neckel 1908 | Polia 1983). La correzione sembra chiarire lo scopo della visita di Óðinn alla völva, ma si tratta comunque di una forzatura che non aggiunge dettagli a quanto già implicito nel resto del poema, che tratta comunque di una profezia lanciata dalla stessa veggente.
30 ― ( j) Herjan «capo degli eserciti» è, ancora una volta, epiteto di Óðinn. 32 (e) Il fratello di Baldr di cui qui si parla è Váli figlio di Óðinn, che nacque appositamente per vendicarne la morte. 33 (d) Il nemico di Baldr è invece il cieco Höðr , che venne ucciso da Váli. (e) Frigg, sposa di Óðinn, era la madre di Baldr . 34 ― Questi versi vengono dal codice H, dove sostituiscono i primi quattro semiversi di quella che nel codice R è la strofa [35]. (a) Il Váli di cui qui si parla, interpretando il testo secondo quanto afferma Snorri, non sarebbe il summenzionato Váli figlio di Óðinn, ma Váli figlio di Loki, il quale venne trasformato in lupo dagli dèi e sbranò il fratello Narfi. Con gli intestini di questi, gli dèi trassero i lacci con cui Loki venne legato. Sigyn, sposa di Loki, gli rimase accanto. 36 Il codice R considera la sequenza [36-37] un'unica strofa: gli studiosi sono però persuasi che si tratti della giustapposizione di due strofe, di cui la prima [36] mutila. Tutto il gruppo di strofe [36-39] sembra dare una vivida descrizione del mondo infero. 37 Nell'ambito della veloce visione degli inferi presentata dalla Veggente, compaiono qui queste due località, le Niðavellir , che, secondo quanto qui è detto, sembrano ospitare la corte dei nani (Sindri è infatti nome di un nano, come risulta dalle þulur ), e Ókólnir , dove si troverebbe la sala da birra del gigante Brimir (apparentemente lo stesso citato nel verso [9g]). Snorri riporta una riscrittura in prosa di questa strofa, con alcune varianti piuttosto interessanti: Allora vi saranno molti luoghi buoni argar eru þá vistir góðar ok margar e molti cattivi. Il migliore per illar. Bazt er þá at vera á Gimlé á abitarvi sarà Gimlé, nel cielo, ottimo himni, ok allgott er til góðs drykkjar per buone bevute, per coloro che là eim er þat þykkir gaman í þeim sal er troveranno piacere, in quella sala che Brimir heitir, hann stendr ok á himni si chiama Brimir e sta in cielo [a [á Ókólni]. Sá er ok góðr salr er Ókólnir ]. Sarà un buon luogo quello stendr á Niðafjöllum, görr af rauðu che si trova nei Niðafjöll, fatto con ulli, sá heitir Sindri. Í þessum sölum oro rosso e che si chiama Sindri. In skulu byggja góðir menn ok siðlátir. quella dimora vivranno gli uomini buoni e i giusti. Snorri Sturluson: Edda in prosa > Gylfaginning [52]
Mentre la Völuspá presenta le regioni di Niðavellir e Ókólnir nell'ambito di una visione dei luoghi infernali, Snorri ne dà un'immagine affatto diversa: sale celesti deputate ad accogliere gli uomini giusti nel futuro escatologico dopo il ragnarök . È possibile che nella versione del poema consultata da Snorri, questa strofa fosse collocata verso la fine della composizione e si riferisse appunto ai tempi futuri. D'altra parte, se le Niðavellir sono le «pianure oscure», un toponimo come Ókólnir «mai freddo» dà più l'idea di un luogo accogliente, e non di una dimora di giganti collocata in gelide regioni infernali. Snorri comunque sembra fraintendere il poema eddico, affermando che Brimir e Sindri siano i nomi delle due sale in questione, e non il gigante e il nano a cui esse rispettivamente appartengono. Inoltre Snorri confonde le Niðavellir con i Niðafjöll, che costituiscono la regione infernale da cui emerge il serpente Níðhöggr nella chiusa del poema (Völuspá [66]).
38 Le strofe [38-39] seguono la [43] nel codice H. (c) Nástrandir è la spiaggia dei morti, in Helheimr ; il palazzo descritto appartiene alla regina Hel. 39 Secondo alcuni esegeti, questa strofa sarebbe pervenuta in forma corrotta, forse come giustapposizione di due strofe mutile, di cui la prima comprenderebbe i primi semiversi [a-f], la seconda i semiversi [g-j]. (g) Níðhöggr è il serpente che giace alla radici del frassino Yggdrasill. (Cfr. Grímnismál [34-35]). 40 Questa strofa e la successiva sono citate da Snorri (Gylfaginning [12 {13-14}]). ― (a) La vecchia che abita in Járnviðr (la foresta dagli alberi di ferro) è forse Angrboða, madre del lupo Fenrir . I lupi sono dunque la stirpe di Fenrir . ― (f ) Tra di essi, il lupo Skoll è destinato, nel giorno di ragnarök , a ingoiare il sole. ( g) Tungl significa letteralmente «luminare» (cfr. latino sidus), indicando indifferentemente il sole o la luna, e i vari traduttori hanno proposto via via l'una o l'altra delle interpretazioni. Mario Polia traduce «sole» segnalando in nota l'ambiguità del termine (Polia 1983); al contrario, Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli traducono «astro» segnalando in nota che si tratta del sole (Scardigli ~ Meli 1982). Gianna Chiesa Isnardi traduce invece «luna» (Isnardi 1975), così come Giorgio Dolfini (Dolfini 1975). La traduzione di tungl con «sole» potrebbe essere giustificata dal fatto che alcuni versi più sotto si parla del lupo destinato a divorare il sole, ma il significato di «luna» è quello maggiormente attestato nella letteratura islandese, dove il termine ha spesso sostituito il più poetico máni «luna» (Cleasby ~ Vigfússon 1874). 41 ― (e) L'oscurarsi del sole di cui qui si parla è un annuncio del fimbulvetr , il «terribile inverno», il tempo di oscurità e malvagità che precederà il ragnarök . 42 (d) Chi sia il «lieto» Eggþér , che in questi versi si presenta come custode o pastore, non ci è dato di sapere. Si può solo arguire che le mandrie dei giganti fossero i lupi. 44 ― (a-d) Questa strofa, quale cupo ritornello, si udrà altre tre volte, scandendo i tempi della catastrofe cosmica. Garmr è il cane legato dinanzi alle porte di Helheimr , anch'esso destinato a sciogliersi quando sarà il giorno di ragnarök . 45 Con rapidi accenni e serrate allitt erazioni, la völva ci scaglia nel fimbulvetr , il «terribile inverno», il tempo di gelo e di oscurità, di malvagità e depravazione, che culminerà nella distruzione universale del ragnarök . Il mitema del crollo morale dell'umanità, nei tempi finali, è presente in molte culture diverse compresa quella cristiana. La più antica attestazione di questo
motivo si trova nella mitologia indù, in cui il Kaliyuga, l'epoca finale dell'intero ciclo temporale, è caratterizzata dalla totale perdita di ogni senso morale e legge religiosa, perdita che, a partire dai nostri tempi, si farà sempre più accentuata man mano che il ciclo procederà verso la sua conclusione. È anche lo stesso motivo presente nelle Opere e i giorni di Esiodo, in cui la storia cosmica è vista come una progressione di età (dell'oro, dell'argento, del bronzo, del ferro) di cui l'ultima – la nostra – è caratterizzata da un'umanità singolarmente priva delle virtù e del valore dei tempi precedenti.
46 (a) I figli di Mímir [ Míms synir ] sono i giganti. C'è un lugubre senso di gioia in questo loro agitarsi, ché sanno che la battaglia contro gli dèi è ormai vicina. 47 ― (d) Il gigante che si scioglie è Loki, che avevano lasciato legato nella sua caverna con le budella di suo figlio. ― (g) «Stirpe di Surtr» è una kenning per indicare le fiamme dell'incendio universale, essendo Surtr il guardiano del Múspellsheimr . 50 (a) Hrymr è il re dei giganti di ghiaccio, che guida le schiere di Jötunheimr . (c) Jörmungandr è il serpente che circonda il mondo. ( g) L'aquila è forse Hræsvelgr , che crea i venti col battito delle sue ali. ( h) Naglfar è la nave dei morti. 51 (b) Da est (ma forse sarebbe più logico da sud) arrivano i «figli di Múspell», i giganti di fuoco deputati alla distruzione del mondo. ( d) Il lupo che li precede è Fenrir . (e-f ) Loki, fratello di Býleistr , è il loro timoniere. 52 ― (a) Surtr è il re dei giganti di fuoco. ― (b) Il «veleno dei rami» [ sviga lævi] è una trasparente kenning per indicare il fuoco. 53 (a) Hlín è Frigg, qui chiamata col nome di una delle sue ancelle (o forse si tratta di due personaggi in origine concidenti). ― (c-d) Sposo di Hlín/Frigg è Óðinn, che combatte contro il lupo Fenrir e muore nello scontro. ― (e) L'«uccisore di Beli» è Freyr : si getta a mani nude contro Surtr ma non ha miglior fortuna. 55 (b) Sigföðr «Padre di vittoria» è epiteto di Óðinn. (c) Suo figlio Víðarr uccide Fenrir con la spada vendicando il padre. ( e) Hveðrungr è probabilmente un epiteto di Loki padre di Fenrir . 56 ― Spetta a Þórr , difensore di Miðgarðr , scendere a battaglia contro Jörmungandr , il serpente che circonda il mondo. Riesce a ucciderlo, ma subito muore intossicato dal veleno. ― (b | j) Hlóðyn e Fjörgyn sono due epiteti di Jörð, dea della terra, madre di Þórr . 57 (f ) «Quel che alimenta la vita» è una kenning per indicare il fuoco. Dunque la frase è da intendere «sibila il vapore con il fuoco», nell'incendio che mette fine al mondo. 60 (e-f ) Questi due semiversi mancano nel codice R ma sono presenti in H. (g) Fimbultýr «dio terribile» è un epiteto di Óðinn. 61 (a) Mentre il codice R scrive il primo semiverso: «Là di nuovo...» [ Þar muno eptir ], il codice H riporta con piccola variazione: «Allora gli Æsir ...» [ Þá muno æser ].
62 (f ) Hroptr è un epiteto di Óðinn. 63 (d) Chi sono i «figli dei due fratelli» [burir [...] bræðra tveggja]? Difficile dirlo. Secondo alcuni Höðr e Baldr , i quali tuttavia erano fratelli tra loro e non cugini. Secondo altri sarebbero invece Hǿnir e Lóðurr , ipotesi piuttosto fragile in quanto nulla si può dire sulla parentela di questi due personaggi. Bellows interpreta «i figli dei fratelli di Tveggi», essendo questo uno degli epiteti di Óðinn (Bellows 1923). Poiché i fratelli di Óðinn sono Vili e Vé, ci si può chiedere chi siano i figli di costoro. ( e) Il «mondo del vento» [vindheim] è forse da intendere come il cielo, o come l'atmosfera? Oppure è una kenning per indicare il mondo stesso, percorso dal vento? 65 Questa breve strofa, formata da soli quattro semiversi è assente nel codice R e attestata unicamente nel codice H, senza alcuna indicazione della presenza di una lacuna. Tardi manoscritti aggiungono altri quattro semiversi, registrati da Henry Bellows: «Lui stabilisce le regole | e fissa i diritti, | ordina le leggi | che sempre vivranno» (Bellows 1923) . (a) Questo «potente» [enn ríki] che compare nella penultima strofa, fa naturalmente pensare all'immagine del Cristo che compare sulle nubi, nel giorno del Giudizio. 66 Tutta l'ultima strofa, che alcuni ritengono interpolata nel testo, è di difficile interpretazione. Perché è il serpente Níðhöggr a chiudere il poema? E perché porta i morti tra le sue ali? È una visione che appartiene al futuro escatologico o va collocata al presente in cui la völva narra la sua profezia? (h) Si ritiene che a inabissarsi, nell'ultimissimo verso del poema, sia appunto la völva, anche se in molte traduzioni hon «ella» viene emendato con hann «egli» e l'inabissamento finale viene riferito a Níðhöggr . Ma che possa essere la veggente (e non il serpente) a inabissarsi, è forse giustificato dal Baldrs Draumar , dove si narra di come Óðinn fosse sceso nel regno dei morti e con un canto magico avesse tratto fuori una morta völva dal suo tumulo affinché interpretasse i funesti sogni che affliggevano Baldr . Non c'è naturalmente alcuna indicazione che la völva del Baldrs Draumar sia la stessa della Völuspá, ma non c'è nemmeno motivo di escluderlo.
HÁVAMÁL IL DISCORSO DI HÁR Il capitolo dell'ospite (1-79) Detti per gli uomini (81-95) Óðinn e la figlia di Billingr (96-102) Óðinn e Gunnlöð (104-110) Discorso di Loddfáfnir (111-137) Dissertazione sulle rune (138-145) Dissertazione sui canti magic (146-163) Chiusa (164) Note
Il capitolo dell'ospite.
HÁVAMÁL
IL DISCORSO DI HÁR
[Gestaþáttr]
[Il capitolo dell'ospite]
1
Gáttir allir áðr gangi fram um skoðaz skyli um skygnaz skyli; Þvi at óvist er at vita hvar ovinir sitja á fleti fyrir.
Tutte le porte prima di varcarle devono esser spiate, devono esser scrutate, che dubbio è ogni volta dove i nemici siedano nella sala [che ti sta] davanti.
2
Gefendr heilir! Gestr er inn kominn! hvar skal sitja sjá? mjök er bráðr sá er á bröndom skal síns um freista frama.
Ai generosi, salute! L'ospite venga dentro! Dove dovrà sedere? Va assai velocemente accanto al focolare chi esibisce le sue doti.
3
Eldz er þörf þeims inn er kominn ok á kné kalinn; matar ok váða er manne þörf, þeim er hefir um fjall farit.
Di fuoco c'è bisogno per chi è venuto dentro ed ha le ginocchia gelate. Di cibo e vestiti necessita l'uomo che ha percorso la montagna.
4
Vatz er þorf þeim er til verðar kømr, þerro ok þjóðlaðar, góðs um ǿðis, ef sér geta mætti, orðz ok endrþögo.
Di acqua c'è bisogno per chi al banchetto viene, di tovaglioli e di cortesi inviti, di animo ben disposto, se riesca a ottenerlo, di conversazione e di silenzio.
5
Vitz er þörf þeim er víða ratar; dælt er heima hvat; at augabragði verðr sá er ekki kann ok með snotrom sitr.
Di intelligenza c'è bisogno per chi viaggia per lungo; ogni cosa è facile a casa. Si ammicca [prendendosi gioco] di chi nulla sa e siede tra i sapienti.
6
At hyggjandi sinni Del proprio intelletto skylit maðr hrǿsinn non dovrebbe l'uomo vera, vantarsi, heldr gætinn at geði; al contrario, sia misurato þá er horskr ok þögull nell'animo. kømr heimisgarða til, Sia attento e silenzioso sjaldan verðr víti vörom, quando giunge a un cortile: þvíat óbrigðra vin di rado il prudente ha danno; fær maðr aldregi perché un amico più fidato en manvit mikit. l'uomo non ha mai trovato di un gran buon senso.
7
Enn vari gestr er til verðar kømr, þunno hljóði þegir, eyrom hlýðir, en augom skoðar; svá nýsiz fróðra hverr fyrir.
L'ospite prudente che viene al banchetto, tace aguzzando l'udito, con le orecchie ascolta e con gli occhi osserva; così ogni uomo prudente scruta intorno.
8
Hinn er sæll er sér um getr lof ok líknstafi; ódælla er við þat er maðr eiga skal annars brjóstum í.
È lieto colui che per sé ottiene lodi e favori. Ardua è la cosa che l'uomo deve ottenere nel petto di un altro.
9
Sá er sæll er sjálfr um á lof ok vit meðan lifir; þvíat ill ráð
È lieto colui che in sé possiede lodi e saggezza. Perché cattivi consigli
hefir maðr opt þegit annars brjóstom ór.
l'uomo ha spesso ricevuto dal petto di un altro.
10
Byrði betri berrat maðr brauto at en sé manvit mikit; auði betra þikkir þat í ókunnom stað, slíkt er válaðs vera.
Bagaglio migliore non si porta l'uomo in viaggio di un gran buon senso. Della ricchezza, migliore ti si rivela in un paese sconosciuto: tale è la salvezza del disperato.
11
Byrði betri berrat maðr brauto at en sé manvit mikit; vegnest verra vegra hann velli at en sé ofdrykkja öls.
Bagaglio migliore non si porta l'uomo in viaggio di un gran buon senso. Provvista peggiore non ci si porta per campi del bere smodato di birra.
12
Era svá gott, sem gott kveða öl alda sonom; þvíat færa veit er fleira drekkr, síns til geðs gumi.
Non è così buona come buona dicono la birra per i figli degli uomini. Poiché poco controllo ha l'uomo che troppo beve del suo intelletto.
13
Óminnis hegri heitir sá er yfir ölðrom þrumir, hann stelr geði guma; þess fugls fjöðrom ek fjötraðr vark í garði Gunnlaðar.
«Airone dell'oblio» è chiamato chi indugia in birreria; rapisce la ragione all'uomo. Dalle penne di quell'uccello io stesso venni incatenato nella fortezza di Gunnlöð.
14
Ölr ek varð, varð ofrölvi, at ins fróða Fjalars; því er ölðr bazt, at aptr uf heimtir hverr sit geð gumi.
Ebbro io divenni ebbro senza misura, accanto al saggio Fjalarr . Ché la birra è ottima, a patto che mantenga il suo intelletto, l'uomo.
15
Þagalt ok hugalt skyli þjóðans barn ok vígdjarft vera; glaðr ok reifr skylii gumna hverr unz sinn bíðr bana.
Silenziosa e accorta sia di un capo la schiatta e audace in battaglia. Lieto e sorridente sia ciascun uomo finché non sia ucciso.
16
Ósnjallr maðr hyggz muno ey lifa, ef hann við víg varaz; en elli gefr hánom engi frið, þótt hánom geirar gefi.
L'uomo vile crede vivrà per sempre se evita le battaglie. Ma la vecchiaia non porta a lui nessuna pace, anche se gliela portano le armi.
17
Kópir afglapir er til kynnis kømr, þylsk hann um eða þrumir; alt er senn, ef hann sylg um getr, uppi er þá geð guma
Sta immobile lo stolto che dai conoscenti è andato; farfuglia tra sé e indugia. Ma poi gli passa se ottiene da bere: ecco che si rivela il carattere.
18
Sá einn veit er víða ratar ok hefir fjölð um farit, hverjo geði stýrir gumna hverr, sá er vitandi er vits.
Solo uno conosce, chi molto ha vagato e molto ha viaggiato, che carattere possegga ciascun uomo: lui possiede la saggezza.
19
Haldit maðr á keri, drekki þó at hófi mjöð, mæli þarft eða þegi; ókynnis þess vár þik engi maðr, at þú gangir snemma at sofa.
Non trattenga [a sé] l'uomo il bicchiere, e beva con misura l'idromele, parli sensatamente o taccia. Di cattive maniere nessun uomo ti farà colpa se tu vai presto a dormire.
20
Gráðugr halr, nema geðs viti, etr sér aldrtrega; opt fær hlǿgis, er með horskom kømr, manni heimskom magi.
L'ingordo che non conosce misura mangia e si ammala. Spesso l'accolgono le risa, quando tra gente accorta arriva la pancia di un uomo sciocco.
21
Hjarðir þat vito nær þær heim skolo ok ganga þá af grasi; en ósviðr maðr kann ævagi síns um mál maga.
Le greggi ben sanno quando devono tornare a casa e andarsene dai pascoli. Ma l'uomo insavio non conosce mai la misura della sua pancia.
22
Vesall maðr ok illa skapi
L'uomo incapace e di cattivo gusto
hlær at hvívetna; hitki hann veit er hann vita þyrpti, at hann era vamma vanr.
ride per ogni cosa. Quello che lui non sa e che dovrebbe sapere: che non è privo di difetti.
23
Ósviðr maðr vakir um allar nætr ok hyggr at hvívetna; þá er móðr er at morni kømr; alt er víl, sem var.
L'uomo insavio sta sveglio tutte le notti e si preoccupa di tutto. Così è sfinito quando viene il mattino; tutte le sue miserie son [rimaste] qual erano.
24
Ósnotr maðr hyggr sér alla vera viðhiæjendr vini; hitki hann fiðr, þótt þeir um hann fár lesi, ef hann með snotrom sitr.
L'uomo insavio crede gli siano tutti quelli che gli sorridono, amici. Non si accorge affatto se gli tendano tranelli, quando tra i saggi siede.
25
Ósnotr maðr hyggr sér alla vera viðhlæjendr vini; þá þat finnr er at þingi kømr, at hann á formælendr fá.
L'uomo insavio crede gli siano tutti quelli che gli sorridono, amici. Ed ecco si accorge, quando arriva all'assemblea, che ha pochi sostenitori.
26
Ósnotr maðr þikkiz alt vita, ef hann á ser i vá vero; hitki hann veit, hvat hann skal við kveða, ef hans freista firar.
L'uomo insavio pensa di saper tutto se sta da solo in un canto. Ma nulla sa quando deve parlare in risposta, se qualcuno lo mette alla prova.
27
Ósnotr maðr er með aldir kømr, þat er bazt at hann þegi; engi þat veit at hann ekki kann, nema hann mæli til mart, veita maðr, hinn er vætki veit,
L'uomo insavio quando si trovi con gli uomini questo è meglio, che taccia. Nessuno però sa che lui non sa nulla, purché non parli troppo. Ma l'uomo che non sa, questo neppure sa:
þótt hann mæli til mart.
che a volte parla troppo.
28
Fróðr sá þykkiz er fregna kann ok segja it sama; eyvito leyna mego ýta sønir, því er gengr um guma.
Saggio lo stimano chi sa fare domande e parlare a tono. Nulla celare possono i figli dell'uomo di quello che capita ai mortali.
29
Ǿrna mælir sá er æva þegir staðlauso stafi; hraðmælt tunga nema haldendr eigi, opt sér ógott um gelr.
In abbondanza dice, chi mai tace, ciance insensate. La lingua chiacchierona se non è trattenuta spesso suona contro sé stessa.
30
At augabragði skala maðr annan hafa, þótt til kynnis komi; margr þá froð þikkiz, ef hann freginn erat ok nái hann þurrfjallr þruma.
Non ammiccherà [prendendosi gioco] nessun uomo di un altro quando viene tra congiunti. Accorto in molti lo stimano se non gli fanno domande, e un posto ottiene indisturbato.
31
Fróðr þikkiz sá er flótta tekr gestr at gest hæðinn; veita görla sá er um verði glissir, þótt hann með grömom glami.
Accorto si ritiene chi sa sfuggire, ospite, agli scherni degli ospiti. Non sa con certezza chi al banchetto lo schernisca se chiacchiera con malintenzionati.
32
Gumnar margir erosk gagnhollir, en at virði vrekaz; aldar róg þat mun æ vera órir gestr við gest.
Molti uomini son tra loro amichevoli ma a banchetto si accapigliano. Rissa tra gli uomini sempre vi sarà; s'azzuffa l'ospite con l'ospite.
33
Árliga verðar skyli maðr opt fá, nema til kynnis komi; sitr ok snópir, lætr sem sólginn sé,
Al mattino di buon'ora deve l'uomo spesso mangiare, quando va a trovare congiunti. [Altrimenti] si siede e scruta
ok kann fregna at fá.
avido, si comporta da affamato e partecipa poco al discorso.
34
Afhvarf mikit er til illz vinar, þótt á brauto búi; en til góðs vinar liggja gagnvegir, þótt hann sé firr farinn.
Una strada assai tortuosa porta a un cattivo amico anche se abita lungo la via. Ma a un buon amico conducono strade diritte anche se si è stabilito più lontano.
35
Ganga skal, skala gestr vera ey i einom stað; ljúfr verðr leiðr, ef lengi sitr annars fletjon á.
Bisogna andarsene: non deve l'ospite stare sempre in un posto. Chi è caro diviene malvisto se a lungo risiede nella sala di un altro.
36
Bú er betra, þótt lítit sé, halr er heima hverr; þótt tvær geitr eigi ok taugreptan sal, þat er þó betra en bǿn.
Una propria dimora è meglio anche se è piccola: ognuno è libero a casa sua. Anche se possiede due capre e una sala dal tetto sconnesso, è meglio che chiedere la carità.
37
Bú er betra, þótt lítit sé, halr er heima hverr; blóðugt er hjarta þeim er biðja skal sér í mál hvert matar.
Una propria dimora è meglio anche se è piccola: ognuno è libero a casa sua. Sanguina il cuore di chi è costretto a chiedere cibo per sé a ogni passo.
38
Vápnom sínom skala maðr velli á feti ganga framarr; þvíat óvíst er at vita nær verðr á vegom úti geirs um þörf guma.
Dalle proprie armi non deve l'uomo in campo aperto allontanarsi di un passo. Perché non si può sapere quando fuori sulle strade potrà servire la lancia.
39
Fanka ek mildan mann eða svá matar góðan, at ei væri þiggja þegit, eða síns fjár svági [gjöflan], at leið sé laun, ef þegi.
Non ho trovato un uomo così munifico o così generoso di cibo che non accettasse un dono; o delle sue ricchezze così elargitore,
da sprezzare una ricompensa, a riceverla. 40
Fjár síns, er fengit hefr, skylit maðr þörf þola; opt sparir leiðom þats hefir ljúfom hugat; mart gengir verr en varir.
Alle proprie ricchezze che si siano accumulate non deve l'uomo attaccarsi. Spesso si risparmia per il male quel che era disposto per il bene: molte cose van peggio di come si crede.
41
Vápnom ok váðom skolo vinir gleðjaz, þat er á sjálfum sýnst; viðrgefendr ok endrgefendr erosk lengst vinir, ef þat bíðr at verða vel.
Con armi e vestiti saranno gli amici lieti, ciò è già evidente su sé stessi. Chi dona e chi ricambia doni son fra sé gli amici più intimi, se le cose procedono bene.
42
Vin sínom skal maðr vinr vera ok gjalda gjöf við gjöf; hlátr við hlátri skyli hölðar taka, en lausung við lygi.
Al proprio amico deve l'uomo essere amico e ricambiare dono con dono. Le risa con le risa ripagheranno gli uomini, ma l'ipocrisia con la menzogna.
43
Vin sínom skal maðr vinr vera, þeim ok þess vin; en óvinar síns skyli engi maðr vinar vinr vera.
Al proprio amico deve l'uomo essere amico a lui e al suo amico. Ma all'amico del proprio nemico non deve nessun uomo essere amico.
44
Veitztu, ef þú vin átt, þann er þú vel trúir, ok vill þú af hánom gott geta, geði skaltu við þann blanda ok gjöfom skipta, fara at finna opt.
Sappi: se hai un amico in cui riponi buona fiducia e vuoi da lui qualcosa di buono, devi accordare il tuo animo col suo e doni scambiare: va' a trovarlo spesso.
45
Ef þú átt annan, þannz þú illa trúir,
Se un altro ne hai in cui riponi cattiva fiducia
vildu af hánom þó gott geta, fagrt skaltu við þann mæla, en flátt hyggja ok gjalda lausung við lygi.
e vuoi da lui qualcosa di buono, gentilmente gli devi parlare ma riflettere con astuzia e ricambiare l'ipocrisia con la menzogna.
46
þat er enn of þann er þú illa truir ok þér er grunr at hans geði, hlæja skaltu við þeim ok um hug mæla; glíok skolo gjöld gjöfom.
E questo ancora riguardo a colui in cui riponi cattiva fiducia e sospetti dei suoi sentimenti: ridere devi con lui e parlare a dispetto del tuo cuore: dovrai ricambiare i doni ricevuti.
47
Ungr var ek forðom, fór ek einn saman; þá varð ek villr vega; auðigr þóttumz er ek annan fann; maðr er mannz gaman.
Giovane fui un tempo, viaggiai del tutto solo, allora mi smarrii per le strade. Ricco mi parve d'essere quando trovai un altro: l'uomo è gioia per l'uomo.
48
Mildir, frǿknir menn bazt lifa, sjaldan sút ala; en ósnjallr maðr uggir hotvetna, sýtir æ gløggr við gjöfom.
Gli uomini generosi e prodi vivono nel modo migliore, di rado fomentano il dolore. Ma l'uomo codardo ha paura di tutto: al tirchio dà fastidio fare doni.
49
Váðir mínar gaf ek velli at tveim trémönnum; rekkar þat þóttuz er þeir rift höfðu: neis er nökkvinn halur.
Le mie vesti diedi nei campi a due uomini di legno. Grand'uomini si credettero come ebbero gli abiti: nudo, chiunque è affranto.
50
Hrørnar þöll, sú er stendr þorpi á, hlýrat henne börk né barr; svá er maðr, sá er manngi ann; hvat skal hann lengi
Si dissecca l'albero che si erge su un dirupo, non lo protegge corteccia né foglia. Così è l'uomo che da nessuno è amato: perché dovrebbe vivere a
lifa?
lungo?
51
Eldi heitari brennr med illom vinom friðr fimm daga; en þá sloknar er inn sétti kømr, ok versnar allr vinskapr.
Più ardente del fuoco divampa tra cattivi amici l'amicizia per cinque giorni. Ma poi si spegne quando il sesto viene e si rovina tutta l'amicizia.
52
Mikit eitt skala manne gefa; opt kaupir sér í litlu lof; með hálfom hleif ok með höllo keri fekk ek mér félaga.
Non grandi cose deve l'uomo donare, spesso con poco si ottiene una piccola lode. Con mezzo pane e con una coppa inclinata mi son trovato un compagno.
53
Lítilla sanda, lítilla sæva, lítil ero geð guma; þvíat allir menn urðot jafnspakir, hálf er öld hvar.
Piccole sabbie, piccoli mari, piccole sono le menti degli uomini. Ché tutti gli uomini non sono ugualmente saggi, a mezzo l'umanità dovunque [è divisa].
54
Meðalsnotr skyli manna hverr, æva til snotr sé; þeim er fyrða fegrst at lifa, er vel mart vito.
Moderatamente saggio dovrebbe essere ogni uomo: mai troppo sapiente. Sono tra gli uomini a vivere meglio coloro che [non] molto sanno.
55
Meðalsnotr skyli manna hverr, æva til snotr sé; þvíat snotrs mannz hjarta verðr sjaldan glatt, ef sá er alsnotr er á.
Moderatamente saggio dovrebbe essere ogni uomo: mai troppo sapiente. Ché il cuore dell'uomo saggio di rado è felice se chi lo possiede ha molta sapienza.
56
Meðalsnotr skyli manna hverr, æva til snotr sé; ørlög sín viti engi fyrir; þeim er sorgalausastr sefi.
Moderatamente saggio dovrebbe essere ogni uomo: mai troppo sapiente. Il proprio destino nessuno conosca in anticipo, ché la mente non abbia ad angosciarsi.
57
Brandr af brandi brinn unz brunninn er funi kveykisk af funa maðr af manni verðr at máli kuðr en til dǿlskr af dul.
Torcia da torcia divampa finché si consuma; fiamma s'accende da fiamma. Dall'uomo l'uomo apprende il sagace parlare, ma stolto se [rimane] in silenzio.
58
Ár skal rísa sá er annars vill fé eða fjör hafa; sjaldan liggjandi úlfr lær um getr, né sofandi maðr sigr.
Si leverà di buon'ora chi di un altro vuole le ricchezze o la vita. Difficilmente il lupo accovacciato si procura un coscio, né l'uomo che dorme la vittoria.
59
Ár skal rísa sá er á yrkendr fá, ok ganga síns verka á vit; mart um dvelr þann er um morgin sefr, hálfr er auðr und hvötom.
Si leverà di buon'ora chi dispone di pochi braccianti e va lui stesso a sorvegliare i lavori. Molto spreca colui che dorme al mattino: metà ricchezza è in mano al solerte.
60
Þurra skiða ok þakinna næfra, þess kann maðr mjöt, ok þess viðar er vinnaz megi mál ok missere.
Di legna secca e di corteccia di betulla per tetti di questo l'uomo sappia la misura; e [anche] di questo, la legna, quanta ne basti per l'una e l'altra stagione.
61
Þveginn ok mettr ríði maðr þingi at, þótt hann sét væddr til vel; skúa ok bróka skammiz engi maðr, né hests in heldr þótt han hafit góðan.
Lavato e sazio cavalchi l'uomo all'assemblea, anche se non è ben vestito. Di calzari e brache nessun uomo deve vergognarsi e nemmeno del cavallo anche se non ne ha uno buono.
62
Snapir ok gnapir
Ghermisce e si protende
er til sævar kømr örn á aldinn mar; svá er maðr er með mörgom kømr ok á formælendr fá.
quando viene al mare l'aquila, all'antico mare. Così è l'uomo che nella folla avanza e pochi lo sostengono.
63
Fregna og segja skal fróðra hverr, sá er vill heitinn horskr; einn vita, ne annar skal, þjoð veit ef þríro.
Domandare e parlare deve l'uomo accorto se vuole essere chiamato saggio. Uno [soltanto] deve sapere, non un altro deve, tutti sanno se tre [sanno].
64
Ríki sitt skyli ráðsnotra hverr í hófi hafa; þá hann þat finnr er með frǿknom kømr, at engi er einna hvatastr.
Il suo potere deve l'uomo prudente con accortezza esercitare. E questo scopre chi viene tra valorosi: che nessuno è di tutti il più accorto.
65
Orða þeira er maðr öðrom segir, opt hann gjöld um getr.
Di quelle parole che un uomo all'altro dice, spesso bisogna dare riparazione.
66
Mikilsti snemma kom ek í arga staði, en til síð ísuma; öl var drukkit, sumt var ólagat, sjaldan hittir leiðr í lid.
Troppo presto sono venuto in molti luoghi e troppo tardi in altri. La birra era stata bevuta, A volte non ancora fermentata: chi è sgradito ha raramente fortuna.
67
Hér ok hvar myndi mér heim uf boðit, ef þyrptak at málungi mat, eða tvau lær hengi at ins tryggva vinar, þars ek havða eitt etit.
Qua e là sarei stato invitato nelle case se di cibo non avessi avuto bisogno ai pasti o se due prosciutti fossero rimasti appesi presso l'amico leale dopo che ne avessi mangiato uno.
68
Eldr er beztr með ýta sonom
Il fuoco è ottimo presso i figli degli uomini
ok sólar sýn, heilyndi sitt ef maðr hafa náir, án við löst at lifa.
e la vista del sole; la propria salute se si può averla, e una vita senza vergogna.
69
Erat maðr allz vesall, þótt hann sé illa heill; sumr er af sonom sæll, sumr af frændom, sumr af fé ǿrno, sumr af verkom vel.
Nessun uomo è del tutto infelice anche se ha cattiva salute; alcuni traggono dai figli gioia, alcuni dai congiunti, alcuni dalle ricchezze, alcuni dalle buone azioni.
70
Betra er lifðom ok sæl lifðom [en sé ólifðum]; ey getr kvikr kú; eld sá ek upp brenna auðgom manni fyrir, en úti var dauðr fyr durom.
È meglio per il vivo che per il morto: chi vive ha sempre una vacca. Il fuoco ho visto ardere dapprima per l'uomo ricco; ma morto giaceva fuori la porta.
71
Haltr ríðr hrossi, hjörð rekr handarvanr, daufr vegr ok dugir; blindr er betri en brendr sé; nýtr mangi nás.
Lo zoppo va a cavallo, guida il gregge il monco, il sordo combatte ed è utile. Essere cieco è meglio che essere cremato: non serve a niente un cadavere.
72
Sonr er betri, þótt sé síð of alinn eftir genginn guma; sjaldan bautarsteinar standa brautu nær, nema reisi niðr at nið.
Un figlio è meglio anche se nato postumo, dopo che il padre è andato. Raramente le lapidi si ergono lungo la strada se non le innalza il congiunto al congiunto.
73
Tveir ro eins herjar, tunga er höfuðs bani; er mér í heðin hvern handar væni.
Due sono più terribili di uno, la lingua è l'assassina della testa. Io sotto ogni mantello mi aspetto le mani.
74
Nótt verðr feginn sá er nesti trúir, skammar ro skips ráar;
È lieto la notte chi confida nelle provviste. Corti sono i pennoni delle
hverf er haustgríma; fjölð of viðrir á fimm dögum en meira á mánuði.
navi; instabili sono le notti autunnali; il tempo cambia in cinque giorni e ancor più in un mese.
75
Veita hinn er vettki veit, margr verðr af aurum api; maður er auðigr, annar óauðigr, skylit þann vítka váar.
Non sa chi nulla sa, molti impazziscono per l'oro. Un uomo è ricco, un altro è povero, non si deve biasimare chi è indigente.
76
Deyr fé, deyja frændr, deyr sjalfr it sama, en orðstírr deyr aldregi hveim er sér góðan getr.
Muoiono le mandrie, muoiono i parenti, morirai tu stesso allo stesso modo. Ma la fama non muore mai per chi se ne è fatta una buona.
77
Deyr fé, deyja frændr, deyr sjalfr it sama, ek veit einn at aldrei deyr: dómr um dauðan hvern.
Muoiono le mandrie, muoiono i parenti, morirai tu stesso allo stesso modo. Una cosa conosco che mai muore: la reputazione di chi è morto.
78
Fullar grindr sá ek fyr Fitjungs sonum, nú bera þeir vonar völ; svá er auðr sem augabragð, hann er valtastr vina.
Pieni i recinti vidi dei figli del Pancione: ora essi portano il bastone del mendico. È la ricchezza un batter d'occhio, il più incostante degli amici.
79
Ósnotr maðr, ef eignask getr fé eða fljóðs munuð, metnaðr hánum þróask, en mannvit aldregi: fram gengr hann drjúgt í dul.
L'uomo insavio se riesce ad avere la ricchezza o l'amor di donna, l'orgoglio in lui cresce ma il buon senso mai: avanza solo in arroganza.
Detti per gli uomini.
80
Þat er þá reynt, er þú að rúnum spyrr inum reginkunnum, þeim er gerðu ginnregin ok fáði fimbulþulr; þá hefir hann bazt, ef hann þegir.
Questo è dunque provato: quando tu le rune consulti di origine divina, che crearono i supremi numi, che dipinse il terribile vate, questo è meglio, tacere.
81
At kveldi skal dag leyfa, konu, er brennd er, mæki, er reyndr er, mey, er gefin er, ís, er yfir kemr, öl, er drukkit er.
A sera si deve il giorno lodare, la moglie, quando è cremata, la spada, quando è provata, la fanciulla, quando è sposata, il ghiaccio, quando è attraversato, la birra, quando è bevuta.
82
Í vindi skal við höggva, veðri á sjó róa, myrkri við man spjalla, mörg eru dags augu; á skip skal skriðar orka, en á skjöld til hlífar, mæki höggs, en mey til kossa.
Nel vento si deve il legno spaccare, col buon tempo in mare remare, nel buio con una fanciulla parlare: molti sono gli occhi del giorno. Una nave serve per viaggiare, uno scudo per proteggere, una spada per colpire, una fanciulla per baciarla.
83
Við eld skal öl drekka, en á ísi skríða, magran mar kaupa, en mæki saurgan, heima hest feita, en hund á búi.
Presso il fuoco bevi la birra, sul ghiaccio pattina, compra un cavallo magro e una spada insozzata, a casa ingrassa il cavallo ma il cane nel cortile.
84
Meyjar orðum skyli manngi trúa né því, er kveðr kona, því at á hverfanda hvéli váru þeim hjörtu sköpuð, brigð í brjóst of lagið.
Alle parole di una fanciulla non deve nessun uomo credere, né a ciò che dice una donna. Sulla ruota [del vasaio] che gira sono stati plasmati i loro cuori, e la mutevolezza nel loro petto.
85
Brestanda boga, brennanda loga, gínanda ulfi, galandi kráku, rýtanda svíni, rótlausum viði, vaxanda vági, vellanda katli,
D'un arco che cigola, d'una fiamma che avvampa, d'un lupo che spalanca le fauci, d'un corvo che stride, d'un maiale che grugnisce, d'un albero senza radici del mare che si leva del calderone che bolle.
86
Fljúganda fleini, fallandi báru, ísi einnættum, ormi hringlegnum, brúðar beðmálum eða brotnu sverði, bjarnar leiki eða barni konungs.
D'una lancia che vola, d'un'onda che si rovescia, del ghiaccio di una notte, del serpe che si attorce, dei discorsi di donne al letto, d'una spada che si spezza, dei giochi di un orso, o del figlio di un re.
87
Sjúkum kalfi, sjalfráða þræli, völu vilmæli, val nýfelldum.
D'un vitello malato, d'un servo intraprendente, delle confidenze di una veggente, d'un assassinio recente.
88
Akri ársánum trúi engi maðr né til snemma syni, veðr ræðr akri en vit syni; hætt er þeira hvárt.
Su un campo seminato anzitempo nessun uomo confidi, né troppo presto in un figlio. Il tempo governa il campo e la saggezza il figlio: entrambi sono inaffidabili.
89
Bróðurbana sínum, þótt á brautu mæti, húsi hálfbrunnu, hesti alskjótum, þá er jór ónýtr, ef einn fótr brotnar, verðit maðr svá tryggr at þessu trúi öllu.
Nell'assassino del fratello, quando lo si incontri sulla via, in una casa mezzo bruciata, in un destriero che troppo corre (è inutile un cavallo se si rompe una zampa): nessun uomo sia così ingenuo da credere in tutto questo.
90
Svá er friðr kvenna, þeira er flátt hyggja, sem aki jó óbryddum á ísi hálum,
Così è l'amore delle donne che sono false di pensiero: come condurre un cavallo non ferrato
teitum, tvévetrum ok sé tamr illa, eða í byr óðum beiti stjórnlausu, eða skyli haltr henda hrein í þáfjalli.
sul ghiaccio scivoloso, irruento [puledro] di due anni e non del tutto domato; o nel vento turbinante una nave senza timone; o uno zoppo che cerchi di catturare una renna su un monte in disgelo.
91
Bert ek nú mæli, því at ek bæði veit, brigðr er karla hugr konum; þá vér fegrst mælum, er vér flást hyggjum: þat tælir horska hugi.
Apertamente ora parlo perché l'uno e l'altro conosco, insidioso è alle donne il cuore degli uomini. Quanto più dolcemente parliamo, tanto più falsamente pensiamo: così s'inganna il sentimento dell'avveduta.
92
Fagurt skal mæla ok fé bjóða sá er vill fljóðs ást fá, líki leyfa ins ljósa mans: Sá fær er fríar.
Con dolcezza deve parlare e donare ricchezze chi vuole ottenere l'amore di una donna. Loda il sembiante della splendida fanciulla: la conquista chi la lusinga.
93
Ástar firna skyli engi maðr annan aldregi; oft fá á horskan, er á heimskan né fá, lostfagrir litir.
Amore rimproverare non deve nessun uomo ad un altro mai. Spesso imbrigliano il saggio laddove lo stolto non imbrigliano le radiose apparenze d'amore.
94
Eyvitar firna er maðr annan skal, þess er um margan gengr guma; heimska ór horskum gerir hölða sonu sá inn máttki munr.
In nessun modo rimproverare un uomo a un altro deve di quel che accade alla gente. Stolti da saggi son fatti i figli degli uomini: questo il potere del desiderio.
95
Hugr einn þat veit er býr hjarta nær, einn er hann sér um
Unica la mente sa quel che dimora accanto al cuore;
Óðinn e la figlia di Billingr.
sefa; öng er sótt verri hveim snotrum manni en sér engu að una.
ognuno è solo con i suoi sentimenti. Non c'è malattia peggiore per l'uomo saggio di non avere nulla da amare.
96
Þat ek þá reynda er ek í reyri sat ok vættak míns munar; hold ok hjarta var mér in horska mær; þeygi ek hana at heldr hefik.
Questo ho compreso mentre tra le canne sedevo e aspettavo [di soddisfare] il mio desiderio. Carne e cuore era per me quella splendida fanciulla, ma ancora non sono riuscito a possederla.
97
Billings mey ek fann beðjum á sólhvíta sofa; arls ynði þótti mér ekki vera nema við þat lík at lifa.
La figlia di Billingr trovai nel letto, bianca come il sole e addormentata. I privilegi di un nobile non erano nulla per me, se non vivevo con quel bel sembiante.
98
«Auk nær aftni skaltu, Óðinn, koma, ef þú vilt þér mæla man; allt eru ósköp nema einir viti slíkan löst saman.»
«Verso sera dovrai, Óðinn, venire, se vuoi persuadere la fanciulla. Sarebbe assai sconveniente, a meno che noi due soli si sappia di certi segreti convegni.»
99
Aftr ek hvarf ok unna þóttumk vísum vilja frá; hitt ek hugða at ek hafa mynda geð hennar allt ok gaman.
Tornai indietro e di godere credevo, mosso da passione. Questo io pensavo: che avrei avuto il suo cuore tutto e il piacere.
100
Svá kom ek næst at in nýta var vígdrótt öll of vakin, með brennandum ljósum ok bornum viði,
Quando la volta dopo arrivai, c'era all'erta l'intera schiera e vegliava, con torce avvampanti e bastoni impugnati: così mi fu indicata la via
Óðinn e Gunnlöð.
svá var mér vílstígr of vitaðr.
dello scorno!
101
Auk nær morgni, er ek var enn of kominn, þá var saldrótt sofin; grey eitt ek þá fann innar góðu konu bundit beðjum á.
Sul far del mattino, quando venni di nuovo, la schiera dei servi dormiva. Soltanto trovai la cagna di quella buona femmina legata nel letto.
102
Mörg er góð mær, ef görva kannar, hugbrigð við hali. Þá ek þat reynda, er it ráðspaka teygða ek á flærðir fljóð; háðungar hverrar leitaði mér it horska man, ok hafða ek þess vettki vífs.
Molto, la buona fanciulla, se si vuol saperla tutta, è d'animo volubile con gli uomini. Questo ho appurato quando quella donna saggia provai a condurre alla lussuria. Ad ogni scherno mi espose l'accorta fanciulla, e da quella donna non ebbi un bel niente.
103
Heima glaðr gumi ok við gesti reifr, sviðr skal um sig vera, minnigr ok málugr, ef hann vill margfróðr vera. Oft skal góðs geta; fimbulfambi heitir sá er fátt kann segja, þat er ósnotrs aðal.
A casa lieto l'uomo, sorridente con gli ospiti, deve saper essere, di buona memoria e loquace, se vuole apparire vissuto; spesso parlerà di cose buone. Pezzo d'idiota viene chiamato chi poco sa raccontare: questo è il carattere dell'insavio.
104
Inn aldna jötun ek sótta, nú em ek aftr of kominn: fátt gat ek þegjandi þar; mörgum orðum mælta ek í minn frama í Suttungs sölum.
L'antico gigante ho visitato, proprio ora sono di ritorno. Poco ottenni là col silenzio: con molte parole ho parlato a mio vantaggio nelle sale di Suttungr .
105
Gunnlöð mér of gaf gullnum stóli á drykk ins dýra mjaðar; ill iðgjöld lét ek hana eftir hafa síns ins heila hugar,
Gunnlöð mi diede sul trono d'oro da bere il prezioso idromele. Un cattivo compenso le diedi in cambio per il suo cuore generoso,
síns ins svára sefa.
per il suo spirito dolente.
106
Rata munn létumk rúms of fá ok um grjót gnaga, yfir ok undir stóðumk jötna vegir, svá hætta ek höfði til.
Il morso del trapano lasciai si facesse spazio e perforò le rocce; sopra e sotto avevo le vie dei giganti: così rischiai la testa.
107
Vel keypts litar hefi ek vel notit, fás er fróðum vant, því at Óðrerir er nú upp kominn á alda vés jarðar.
Con l'inganno quel bel sembiante mi son ben goduto: a poco rinuncia chi è saggio. Perché Óðrørir è ora salito al santuario delle stirpi della terra.
108
Ifi er mér á at ek væra enn kominn ötna görðum ór, ef ek Gunnlaðar né nytak, innar góðu konu, þeirar er lögðumk arm yfir.
In me è il dubbio che sarei ritornato dalle fortezze dei giganti, se Gunnlöð non mi avesse aiutato: la brava donna a cui protesi la mano.
109
Ins hindra dags gengu hrímþursar Háva ráðs at fregna Háva höllu í. At Bölverki þeir spurðu, ef hann væri með böndum kominn eða hefði hánum Suttungr of sóit.
Il giorno dopo vennero i giganti di brina a chiedere consiglio ad Hár nella sala di Hár . Di Bölverkr chiedevano, se fosse tornato tra gli dèi o se Suttungr l'avesse ammazzato.
110
Baugeið Óðinn hygg ek, at unnið hafi; hvat skal hans tryggðum trúa? Suttung svikinn hann lét sumbli frá ok grætta Gunnlöðu.
Sul sacro anello, Óðinn, credo, abbia giurato; ma chi potrebbe credergli? Suttungr frodò, lui, del suo idromele e pianse Gunnlöð.
Discorso di Loddfáfnir.
[Loddfáfnismál]
[Discorso di Loddfáfnir]
111
Mál er at þylja þular stóli á Urðarbrunni at, sá ek ok þagðak, sá ek ok hugðak, hlydda ek á manna mál; of rúnar heyrða ek dæma, né of ráðum þögðu Háva höllu at, Háva höllu í, heyrða ek segja svá.
È tempo che cominci a parlare dal seggio del vate presso Urðarbrunnr . Vidi e tacqui, vidi e meditai, ascoltai i discorsi degli uomini. Udii delle rune e imparai, né furono celati i dettagli. Alle sale di Hár , nelle sale di Hár , sentii dire così:
112
Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se njóta mundu ef þú nemr, l'accetti, þér munu góð ef þú getr: bene ti verrà se l'accogli. nótt þú rísat Di notte non alzarti nema á njósn séir a meno che tu non sia di eða þú leitir þér innan út guardia staðar. o che non stia cercando un posto fuori città.
113
Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se njóta mundu ef þú nemr, l'accetti, þér munu góð ef þú getr: bene ti verrà se l'accogli. fjölkunnigri konu Di una donna affascinante skalattu í faðmi sofa, non dormir nell'abbraccio svá at hon lyki þik così che t'imprigioni tra le sue liðum. membra.
114
Hon svá gerir at þú gáir eigi þings né þjóðans máls; mat þú villat né mannskis gaman, ferr þú sorgafullr að sofa.
Lei farà in modo che tu non ti curerai delle assemblee né delle parole del sovrano; che cibo più non vorrai né umani piaceri, e che tu vada a dormire colmo di crucci.
115
Ráðumk þér, Loddfáfnir,
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se njóta mundu ef þú nemr, l'accetti, þér munu góð ef þú getr: bene ti verrà se l'accogli. annars konu La donna di un altro teygðu þér aldregi non sedurre mai eyrarúnu at. [per farne] la tua segreta amante. 116
Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se njóta mundu ef þú nemr, l'accetti, þér munu góð ef þú getr: bene ti verrà se l'accogli. áfjalli eða firði, Sul monte o nel fiordo ef þik fara tíðir, se viaggi a lungo, fásktu at virði vel. assicurati abbondanti provviste.
117
Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se njóta mundu ef þú nemr, l'accetti, þér munu góð ef þú getr: bene ti verrà se l'accogli. illan mann A un uomo malvagio láttu aldregi non permettere mai óhöpp at þér vita, di conoscere i tuoi guai: því at af illum manni ché da un uomo malvagio fær þú aldregi non si otterrà mai gjöld ins góða hugar. di ricambiare un animo amico.
118
Ofarla bíta ek sá einum hal orð illrar konu; fláráð tunga varð hánum at fjörlagi ok þeygi of sanna sök.
Morso a sangue io vidi un uomo dalle parole di una donna malvagia. Una lingua falsa fu per lui la morte e non già per giuste ragioni.
119
Ráðumk þér, Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu ef þú nemr, þér munu góð, ef þú getr: veistu, ef þú vin átt þann er þú vel trúir, far þú at finna oft,
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Sappi questo, se hai un amico nel quale riponi fiducia, va' a trovarlo spesso: perché è coperto di sterpi
því at hrísi vex ok hávu grasi vegr, er vættki treðr.
e di erba alta il sentiero che nessuno percorre.
120
Ráðumk þér, Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu, ef þú nemr, þér munu góð, ef þú getr: góðan mann teygðu þér at gamanrúnum ok nem líknargaldr, meðan þú lifir.
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Un buon compagno scegliti per piacevoli conversari, e impara incantesimi benefici, mentre hai vita.
121
Ráðumk þér, Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu, ef þú nemr, þér munu góð, ef þú getr: vin þínum ver þú aldregi fyrri at flaumslitum; sorg etr hjarta, ef þú segja né náir einhverjum allan hug.
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Con il tuo amico non essere mai il primo a rompere il vincolo. L'angoscia ti rode il cuore se non puoi raccontare a qualcuno tutti i tuoi pensieri.
122
Ráðumk þér, Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu, ef þú nemr, þér munu góð, ef þú getr: orðum skipta þú skalt aldregi við ósvinna apa.
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Parole scambiare tu non dovrai mai con insavie scimmie.
123
Því at af illum manni mundu aldregi góðs laun of geta, en góðr maðr mun þik gerva mega líknfastan at lofi.
Ché da un uomo malvagio non otterrai mai ricompensa per il bene. Ma un uomo buono potrà farti sentire apprezzato con le lodi.
124
Sifjum er þá blandat, hver er segja ræðr einum allan hug; allt er betra en sé brigðum at vera; era sá vinr öðrum, er vilt eitt segir.
Amicizia è scambiata quando uno può rivelare a un altro il suo intero pensiero. Tutto è migliore che non essere fidàti; non è amico di un altro chi parla solo per piacergli.
125
Ráðumk, þér Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu, ef þú nemr, þér munu góð, ef þú getr: þrimr orðum senna skalattu þér við verra mann oft inn betri bilar, þá er inn verri vegr.
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Per tre parole non disputerai con un uomo peggiore di te: spesso il migliore è sconfitto quando combatte il peggiore.
126
Ráðumk þér, Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu, ef þú nemr, þér munu góð, ef þú getr: skósmiðr þú verir né skeftismiðr, nema þú sjálfum þér séir, skór er skapaðr illa eða skaft sé rangt, þá er þér böls beðit.
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Non il calzolaio farai o l'armaiolo se non per te stesso. Se la scarpa è mal fatta o è storta la lancia, la scarogna è in agguato per te.
127
Ráðumk þér, Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu, ef þú nemr, þér munu góð, ef þú getr: hvars þú böl kannt, kveð þ[ér/at] bölvi at ok gefat þínum fjándum frið.
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Dovunque tu abbia ricevuto offesa, afferma che è un'offesa e non dar tregua ai tuoi nemici.
128
Ráðumk þér, Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu, ef þú nemr, þér munu góð, ef þú getr: illu feginn ver þú aldregi, en lát þér at góðu getit.
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Gioia del male non avere mai, ma trai piacere dal bene.
129
Ráðumk þér, Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu, ef þú nemr, þér munu góð, ef þú getr: upp líta skalattu í orrustu, gjalti glíkir verða gumna synir síðr þitt um heilli halir.
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Guardare in alto non devi in battaglia: [pazzi] quali cinghiali diventano i figli degli uomini: così non ti lanceranno incantesimi.
130
Ráðumk þér, Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu, ef þú nemr, þér munu góð, ef þú getr: ef þú vilt þér góða konu kveðja at gamanrúnum ok fá fögnuð af, fögru skaltu heita ok láta fast vera; leiðisk manngi gótt, ef getr.
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Se vuoi per te una buona femmina parlale con dolci sussurri e prendi piacere con lei; devi fare belle promesse e subito mantenerle: nessuno soffre il bene, a riceverlo.
131
Ráðumk þér, Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu, ef þú nemr, þér munu góð, ef þú getr: varan bið ek þik vera ok eigi ofváran;
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Prudente ti consiglio di essere ma non troppo prudente. Sii con la birra molto prudente
ver þú við öl varastr ok við annars konu ok við þat it þriðja at þjófar né leiki.
e con la donna di un altro e questo per terzo, che i ladri non ti freghino.
132
Ráðumk þér, Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu, ef þú nemr, þér munu góð, ef þú getr: at háði né hlátri hafðu aldregi gest né ganganda.
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Con scherno e risate non ricevere mai ospite né viandante.
133
Oft vitu ógörla þeir er sitja inni fyrir hvers þeir ro kyns, er koma; erat maðr svá góðr at galli né fylgi, né svá illr, at einugi dugi.
Spesso non sa bene colui che siede dentro [casa] di qual stirpe siano coloro che arrivano. Nessun uomo è così buono da non avere difetti, né così cattivo da non servire a nulla.
134
Ráðumk þér, Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu ef þú nemr, þér munu góð, ef þú getr: at hárum þul hlæ þú aldregi, oft er gótt þat er gamlir kveða; oft ór skörpum belg skilin orð koma þeim er hangir með hám ok skollir með skrám ok váfir með vílmögum.
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Del vate dai capelli grigi non ridere mai; spesso è buona cosa quel che dicono i vecchi. Spesso da un otre sgualcito vengono parole sensate, uno che è appeso tra i pellami, e penzola tra i ritagli di cuoio, e ciondola tra stomaci coi cagli.
135
Ráðumk þér, Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu, ef þú nemr, þér munu góð, ef þú
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Non scacciare un ospite,
Dissertazione sulle rune.
getr: gest þú né geyja né á grind hrekir, get þú váluðum vel.
non condurlo alla porta, tratta con garbo i poveri.
136
Rammt er þat tré, er ríða skal öllum at upploki. Baug þú gef, eða þat biðja mun þér læs hvers á liðu.
Poderosa è quella spranga di legno che deve scorrere per aprire a tutti. Un anello dai in dono o ti invocheranno qualche malanno nel corpo.
137
Ráðumk þér, Loddfáfnir, en þú ráð nemir, njóta mundu, ef þú nemr, þér munu góð, ef þú getr: hvars þú öl drekkir, kjós þér jarðar megin, því at jörð tekr við ölðri, en eldr við sóttum, eik við abbindi, ax við fjölkynngi, höll við hýrógi, heiftum skal mána kveðja, beiti við bitsóttum, en við bölvi rúnar, fold skal við flóði taka.
Ti consiglio, Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio, ne trarrai beneficio se l'accetti, bene ti verrà se l'accogli. Dovunque tu beva birra, invoca per te la forza della terra! perché la terra agisce contro la birra, il fuoco contro la malattia, la quercia contro la dissenteria, la spiga contro la stregoneria, il sambuco contro le liti in famiglia, per l'ira devi invocare la luna, l'erica contro la rabbia, e contro il male le rune, il terreno agisce contro le inondazioni.
[Rúnatal]
[Dissertazione sulle rune]
Veit ek, at ek hekk vindgameiði á nætr allar níu, geiri undaðr ok gefinn Óðni, sjalfur sjalfum mér, á þeim meiði er manngi veit hvers af rótum renn.
Lo so io, fui appeso al tronco sferzato dal vento per nove intere notti, ferito di lancia e consegnato a Óðinn, io stesso a me stesso, su quell'albero che nessuno sa dove dalle radici s'innalzi.
138
139
Við hleifi mik sældu né við hornigi, nýsta ek niðr, nam ek upp rúnar, æpandi nam, fell ek aftr þaðan.
Con pane non mi saziarono né con corni [mi dissetarono]. Guardai in basso, feci salire le rune, chiamandole lo feci, e caddi di là.
140
Fimbulljóð níu nam ek af inum frægja syni Bölþorns, Bestlu föður, ok ek drykk of gat ins dýra mjaðar, ausin Óðreri.
Nove terribili incantesimi ricevetti dall'illustre figlio di Bölþorn, padre di Bestla, e un sorso ottenni del prezioso idromele attinto da Óðrørir.
141
Þá nam ek frævask ok fróðr vera ok vaxa ok vel hafask, orð mér af orði orðs leitaði, verk mér af verki verks leitaði.
Ecco io presi a fiorire e diventai saggio, a crescere e farmi possente. Parola per me da parola trassi con la parola, opera per me da opera trassi con l'opera.
142
Rúnar munt þú finna ok ráðna stafi, mjök stóra stafi, mjök stinna stafi, er fáði fimbulþulr ok gerðu ginnregin ok reist Hroftr rögna.
Rune tu troverai lettere chiare, lettere grandi, lettere possenti, che dipinse il terribile vate, che crearono i supremi numi, che incise Hroptr degli dèi.
143
Óðinn með ásum, en fyr alfum Dáinn, Dvalinn ok dvergum fyrir, Ásviðr jötnum fyrir, ek reist sjalfr sumar.
Óðinn tra gli Æsir , ma per gli elfi Dáinn, Dvalinn innanzi ai nani, Ásviðr innanzi ai giganti, io stesso ne ho incisa qualcuna.
144
Veistu hvé rísta skal? Veistu hvé ráða skal? Veistu hvé fáa skal? Veistu hvé freista skal? Veistu hvé biðja skal? Veistu hvé blóta skal? Veistu hvé senda skal? Veistu hvé sóa skal?
Tu sai come incidere? Tu sai come interpretare? Tu sai come dipingere? Tu sai come provare? Tu sai come invocare? Tu sai come sacrificare? Tu sai come mandare? Tu sai come immolare?
145
Betra er óbeðit
È meglio non essere invocato
en sé ofblótit, ey sér til gildis gjöf; betra er ósent en sé ofsóit. Svá Þundr of reist fyr þjóða rök, þar hann upp of reis, er hann aftr of kom.
[Ljóðatal] Dissertazione sui canti magici.
che [ricevere] troppi sacrifici: un dono è sempre per un compenso. È meglio essere senza offerte che [ricevere] troppe immolazioni. Così Þundr incise prima della storia dei popoli; poi egli si levò su da dove era venuto.
[Dissertazione sui canti magici]
146
Ljóð ek þau kann er kannat þjóðans kona ok mannskis mögr. Hjalp heitir eitt, en þat þér hjalpa mun við sökum ok sorgum ok sútum görvöllum.
Conosco incantesimi che non conosce sposa di sovrano né figlio d'uomo. «Aiuto» si chiama il primo ed a te darà aiuto contro liti e angosce e ogni tristezza.
147
Þat kann ek annat er þurfu ýta synir, þeir er vilja læknar lifa.
Questo conosco per secondo: di cosa necessitano i figli degli uomini, se vogliono vivere da guaritori.
148
Það kann ek þriðja: ef mér verðr þörf mikil hafts við mína heiftmögu, eggjar ek deyfi minna andskota, bítat þeim vápn né velir.
Questo conosco per terzo: se ho grande urgenza di incatenare i miei nemici, io spunto le lame dei miei avversari: non mordono più armi né bastoni.
149
Þat kann ek it fjórða: ef mér fyrðar bera bönd að boglimum, svá ek gel, at ek ganga má, sprettr mér af fótum fjöturr, en af höndum haft.
Questo conosco per quarto: se uomini impongono ceppi alle mie membra, così io canto che me ne possa andare: la catena salta via dai piedi e dalle mani il laccio.
150
Þat kann ek it fimmta: ef ek sé af fári skotinn flein í folki vaða, fýgra hann svá stinnt at ek stöðvigak, ef ek hann sjónum of sék.
Questo conosco per quinto: se io vedo scagliata dal nemico la lancia volare nella mischia, non vola quella con tale impeto ch'io non possa fermarla se solo la intercetti con lo sguardo.
151
Þat kann ek it sétta: ef mik særir þegn á vrótum hrás viðar, ok þann hal er mik heifta kveðr, þann eta mein heldr en mik.
Questo conosco per sesto: se un guerriero mi ferisce con radici di un albero verdeggiante, quell'uomo evoca da me furore: ché il male divori lui e non me.
152
Þat kann ek it sjaunda: ef ek sé hávan loga sal um sessmögum, brennrat svá breitt, at ek hánum bjargigak; þann kann ek galdr at gala.
Questo conosco per settimo: se vedo avvampare l'alta sala intorno ai miei compagni di panca, non brucia [quella] con tale ardore ch'io non possa salvarla con l'incantesimo che conosco, a cantarlo.
153
Þat kann ek it átta, er öllum er nytsamligt at nema: hvars hatr vex með hildings sonum þat má ek bæta brátt.
Questo conosco per ottavo, che per tutti è da cogliere con profitto: dovunque sorge l'odio tra i figli del sovrano. questo subito io posso acquietare.
154
Þat kann ek it níunda: ef mik nauðr um stendr at bjarga fari mínu á floti, vind ek kyrri vági á ok svæfik allan sæ.
Questo conosco per nono, se mi trovo in difficoltà per salvare la mia nave sui flutti, il vento io calmo sulle onde e addormento tutto il mare.
155
Þat kann ek it tíunda: ef ek sé túnriður leika lofti á,
Questo conosco per decimo, se io vedo «cavalcatrici dei recinti»
ek svá vinnk at þær villar fara sinna heimhama, sinna heimhuga.
giocare nell'aria, io posso fare in modo che esse smarriscano il ritorno ai loro corpi a casa, ai loro spiriti a casa.
156
Þat kann ek it ellifta: ef ek skal til orrustu leiða langvini, und randir ek gel, en þeir með ríki fara heilir hildar til, heilir hildi frá, koma þeir heilir hvaðan.
Questo conosco per undicesimo: se io devo in battaglia condurre vecchi amici. sotto gli scudi io canto ed essi vanno vittoriosi salvi alla mischia, salvi dalla mischia: dovunque salvi giungono.
157
Þat kann ek it tolfta: ef ek sé á tré uppi váfa virgilná, svá ek ríst ok í rúnum fák at sá gengr gumi ok mælir við mik.
Questo conosco per dodicesimo: se io vedo su un albero in alto un impiccato oscillare, in tal modo incido e in rune dipingo così che quell'uomo cammini e parli con me.
158
Þat kann ek it þrettánda: ef ek skal þegn ungan verpa vatni á, munat hann falla, þótt hann í folk folk komi: hnígra sá halr fyr hjörum.
Questo conosco per tredicesimo: se io un giovane guerriero spruzzerò d'acqua, egli non cadrà, anche se venga nelle schiere: non morirà quell'uomo di spada.
159
Þat kann ek it fjögurtánda: ef ek skal fyrða liði telja tíva fyrir, ása ok alfa ek kann allra skil; fár kann ósnotr svá.
Questo conosco per quattordicesimo: se io devo alle genti umane enumerare prima gli dèi, degli Æsir degli Æsir ee degli elfi elfi,, conosco l'ordine di tutti; gli insavi non sanno così tanto.
160
Þat kann ek it fimmtánda er gól Þjóðrǿrir dvergr fyr Dellings
Questo conosco per quindicesimo: quel che cantò Þjóðrǿrir il nano, dinanzi alle porte di
Chiusa.
durum: afl gól hann ásum, en alfum frama, hyggju Hroftatý.
Dellingr . Cantò potenza agli Æsir agli Æsir e agli elfi coraggio, saggezza a Hroptatýr .
161
Þat kann ek it sextánda: ef ek vil ins svinna mans hafa geð allt ok gaman, hugi ek hverfi hvítarmri konu ok sný ek hennar öllum sefa.
Questo conosco per sedicesimo: se io voglia d'una accorta fanciulla avere tutto il sentimento e il piacere, l'animo io piego della donna dalle candide braccia, e distorco ogni suo pensiero.
162
Þat kann ek it sjautjánda at mik mun seint firrask it manunga man. Ljóða þessa mun þú, Loddfáfnir, lengi vanr vera; þó sé þér góð, góð, ef þú getr, nýt ef þú nemr, þörf ef þú þiggr. þiggr.
Questo conosco per diciassettesimo: che mai mi eviterà la giovane fanciulla. Di questi incantesimi potrai tu, Loddfáfnir, Loddfáfnir, fare a lungo a meno; tuttavia bene verrà a te se li accogli, beneficio beneficio se li accetti, giovamento giovamento se li ricevi.
163
Þat kann ek it átjánda, er ek æva kennik mey né manns konu, allt er betra er einn um kann; þat fylgir ljóða lokum, lokum, nema þeiri einni er mik armi verr eða mín systir sé.
Questo conosco per diciottesimo: ciò che io mai insegnerò a fanciulla né a sposa (tutto è meglio quando uno solo sa, così arrivo alla fine dei miei detti), se non, unica, a colei che col braccio mi cinge o è a me sorella.
164
Nú eru Háva mál kveðin Háva höllu í, allþörf ýta sonum, óþörf jötna sonum. Heill sá, er kvað, heill sá, er kann,
Ora ecco i canti di Hár pronunciati pronunciati nella sala di Hár , molto utili ai figli degli uomini, inutili ai figli dei giganti. salute sia a chi li disse!
njóti sá, er nam, heilir, þeirs hlýddu.
salute sia a chi li conosce! utili siano a chi li ha appresi! salute, a coloro che li ascoltarono!
NOTE 1 Questa prima strofa è citata da Snorri (Gylfaginning Gylfaginning [2]) [2]).. Tre dei quattro manoscritti manoscritti snorriani omettono il terzo semiverso (1c ( 1c); ); il Codex Trajectinus [ Trajectinus [T] è l'unico a riportare integralmente la cit azione. 12 (a) Si segue qui il piccolo emendamento dell'edizione di Jónsson dall'originale er «è» «è» a era «non è», che ha più senso nel contesto della strofa (Jónnson 1926). 1926) . 13 (f ) Gigantessa, figlia di Suttungr . Óðinn la sedusse per rubarle l'idromele della saggezza, v. infra [104-110] [104-110].. 14 (c) Fjalarr Fjalarr ee Galarr Galarr furono furono i due nani che uccisero Kvasir Kvasir ee dal suo sangue sangue distillarono l'idromele della saggezza, che poi venne rubato da Óðinn Óðinn,, v. infra [104-110] [104-110].. 22 (f ) Anche qui, come in 12a 12a,, si segue l'emendamento dell'edizione di Jónsson dall'originale er «è» a era «non era «non è», che ha più senso nel contesto della strofa (Jónnson 1926). 1926) . 25 (a-c) Questi primi tre semiversi semiversi sono abbreviati nel manoscritto. 27 (f ) L'idea ricorda irresistibilmente irresistibilmente il detto latino latino præstat tacere et stultus haberi quam edicere et omne dubium removere «è removere «è meglio stare zitti e sembrare stupidi che parlare e togliere ogni dubbio ». 36 (e) Taugreptan indica un tetto fatto di giunchiglia e cannicci intrecciati. 37 (a-c) Questi primi tre semiversi semiversi sono abbreviati nel manoscritto. 39 (e) Il manoscritto manoscritto riporta riport a semplicemente semplicemente svági svági | at leið se laun ef þegi «non così | da sprezzare una ricompensa se ne riceva». Jónsson emenda in svági gløggvan «non gløggvan «non così avaro...» (Jónsson 1926),, ma questo non sembra accettabile dal contesto. Altri ritengono che la parola soppressa sia, al 1926) contrario, gjöflan contrario, gjöflan «liberale, «liberale, munifico, generoso» (Evans 1986). 1986) . Su questa linea alcuni pensano che la parola svági parola svági «non così» vada appunto scissa in svá «così» più un gi un gi che che verrebbe in questo caso interpretato come un'abbreviazione un'abbreviazione o un errore dello scriba per gjöflan. gjöflan. Comunque sia, il senso della frase è sicuramente che non esiste uomo così elargitore di doni che si offenda se ne riceva uno. 51 (c) L'antica «settimana» norvegese era di cinque giorni; solo col Cristianesimo sarebbe stata
adottata quella di sette (Leesthal 1939).
52-52 (d-e) «Mezzo pane» era espressione proverbiale per indicare piccola quantità (Leesthal 1939). «Coppa inclinata» è una coppa che, semivuota, va inclinata per potervi bere. 54 (f ) L'originale ha er vel mart vito «coloro che molto sanno». Ma poiché la strofa non avrebbe molto senso (all'esortazione di essere moderati in saggezza è arduo far seguire un'affermazione per cui proprio i sapienti sarebbero gli uomini che vivono meglio), è stato proposto di emendare mart vito nel suo negativo mart vitut (Evans 1986). La frase verrebbe così ad avere un significato perfettamente contrario, anche se coerente con il contesto: «coloro che non molto sanno». 55 (a-c) Questi primi tre semiversi sono abbreviati nel manoscritto. 56 (a-c) Questi primi tre semiversi sono abbreviati nel manoscritto. 61 (e-f ) Secondo Henry Adams Bellows, gli ultimi due semiversi sono stati interpolati successivamente nella strofa (Bellows 1923). 65 — Questa strofa è probabilmente mutila della prima metà. Alcuni curatori vi premettono tre semiversi tratti da manoscritti pià recenti, anche se la loro autenticità è dubbia. Essi suonano: «Un uomo deve essere guardingo | e prudente molto, | e con giudizio fidarsi dell'amico» (Bellows 1923). 70 (b) Il manoscritto ha ok sæl lifðom, privo di senso. Fu lo stesso Rasmus Rask, agli esordi degli studi germanistici, a suggerire di emendarlo in en sé ólifðum, poi adottato in tutte le traduzioni (Rask 1818) . (d-f ) Olga Gogala di Leesthal traduce: «divampar vidi il fuoco presso il ricco | mentre la Morte stava alla sua porta» (Leesthal 1939). Ha indubbiamente più senso ma non sembra questo essere il significato della frase. 71 (e) È interessante notare che all' autore del componimento era ancora familiare l'uso di bruciare i cadaveri. Questo può aiutarci a collocare la composizione di questa parte dell' Hávamál : l'uso della cremazione fu infatti abbandonato con l'introduzione del Cristianesimo, quindi verso la fine del IX secolo. (Leesthal 1939) 73 Alcuni studiosi ritengono che questa strofa, che poca attinenza ha con le precedenti o le successive, sia il risultato di un'interpolazione posteriore (Bellows 1923). 74 (c) «Corti sono i pennoni delle navi». Non è ben chiaro il senso di questo semiverso nell'ambito della strofa. Molti studiosi ritengono che qui, come in altre luoghi dell' Hávamál , il compilatore o il copista abbia inserito dei versi isolati per cui non si trovava una collocazione migliore (Bellows 1923). A nostro avviso, tuttavia, il non comprendere il senso di certi passaggi non giustifica necessariamente lo smembramento delle strofe: certune associazioni di idee, o particolari della vita pratica, che sembrano non avere senso per noi, non significa che non ne avessero per coloro a cui il poema fosse destinato. 78 (b) Fitjungr , che qui è fornito come nome proprio, vuol dire in realtà «grassone, pancione, ciccione» (da fita «grasso»). Si tratta del crapulone per antonomasia, a cui non fanno difetto le
ricchezze e l'appetito.
80 Bellows non ha dubbi sul fatto che questa strofa sia fuori posto; in particolare, il riferimento alla magia runica suggerirebbe che originariamente la strofa dovesse essere posta in qualche lista di canti magici come ad esempio il Ljóðatal [147-165]. Inoltre la struttura metrica di questa strofa presenterebbe tali irregolarità da far pensare che siano andati perduti dei versi o che dei versi siano stati interpolati (Bellows 1923). Il manoscritto non presenta tuttavia alcuna lacuna. A nostro parere, il particolare metro della strofa (una variante del «metro strofico» [ ljóðaháttr ] costituita da un verso «lungo» seguito da una lunga serie di versi «pieni») permette di confrontarla con le strofe [142143], costruite allo stesso modo. Poiché tutt'e tre le strofe trattano di sapienza runica, ci sembra logico asserire che possano provenire da una medesima composizione, oggi perduta. 81-90 Questa serie di strofe non segue più il «metro strofico» [ ljóðaháttr ] caratteristico dell' Hávamál . Più esattamente, nelle strofe [81-83] abbiamo il raro «metro delle canzoni» [málaháttr ] (che poi è una variante del «metro epico» [ fornyrðislag ]), la strofa [84] ritorna al «metro strofico», le strofe [85-87] – che si configurano come una sorta di elenco di cose da cui è necessario diffidare – sono in «metro epico» [ fornyrðislag ], la strofa [88] ritorna ancora una volta al «metro strofico», le strofe [89-90] sono di nuovo nel «metro delle canzoni». Dopodiché il poema ritorna al «metro strofico». Tali caotici mutamenti del metro indicano senza dubbio la presenza di strofe e componimenti in origine indipendenti, interpolati nel nostro poema. Poiché alcune di queste strofe consigliano perlopiù a diffidare delle donne, è presumibile che siano state inserite in questo punto dell' Hávamál come introduzione alla susseguente vicenda della mancata seduzione della figlia di Billingr da parte di Óðinn [96-102]. 83 (d) In norreno en mæki saurgan è letteralmente «una spada sporca». S'intende naturalmente una spada a lungo provata in battaglia e che è stata ripetutamente insozzata di sangue (da cui la nostra traduzione). Si tratta dunque di una buona spada, ragione per cui nel testo se ne consiglia l'acquisto. 84 (d-f ) Questi tre semiversi sono citati nella Fóstbrǿðra saga, la «Saga dei fratelli adottivi». 87 Questa strofa è probabilmente incompleta. Alcuni editori aggiungono questi quattro semiversi tratti da tarde redazioni dell' Hávamál : «del cielo chiaro | di una folla che ride | della ciotola di un cane | del dolore di una sgualdrina». 96-102 Dopo aver trattato della falsità delle donne, in queste strofe la si illustra con un esempio pratico, attraverso il racconto della mancata seduzione della figlia di Billingr da parte di Óðinn. 100 (e) I «bastoni impugnati» [bornum viði] sono probabilmente quelli delle torce, da cui si evince il senso dei «fuochi di luce» [ brennandum ljósum] del verso precedente, da noi tradotto – un po' liberamente – con «torce avvampanti». ( f ) Vílstingr , letteralmente «via della miseria, della malora, dello scorno». 102 Rasmus Rask aggiunge all'inizio di questa strofa tre semiversi tratti da un tardo manoscritto, che suonano: «poche sono così buone | da non essere mai false | sì da ingannare la mente dell'uomo». Questi tre semiversi e la prima parte della strofa (semiversi [102a-102c] formano, nell'edizione di Rask, un'intera strofa; la seconda parte della strofa (semiversi [102d-102i] formano
una strofa a parte. (Rask 1818)
103 Questa strofa, che nulla ha a che fare con la vicenda della figlia di Billingr e quella di Gunnlöð, è interposta tra le due apparentemente senza alcuna ragione logica. 104-110 In queste strofe si allude alla storia della seduzione (questa volta condotta a buon fine) di Gunnlöð da parte di Óðinn e del furto dell'idromele della poesia. La vicenda, narrata da Snorri in Skáldskaparmál [2], è la seguente: dopo aver ucciso il sapiente Kvasir , i nani Fjalarr e Galarr , scolarono il suo sangue in un vaso chiamato Óðrørir e in due coppe, che poi dovettero consegnare al gigante Suttungr come guidrigildo per l'uccisione del padre di questi. Suttungr portò il vaso e le coppe nella sua caverna e vi mise a guardia la figlia Gunnlöð. Óðinn, che intendeva impadronirsi del magico idromele, giunse nei pressi della casa di Suttungr , sotto il falso nome di Bölverkr «colui che opera il male». Dopo aver forato la roccia con un trapano chiamato Rati, trasformatosi in serpente, Óðinn passò attraverso il buco e giunse presso Gunnlöð. Dopo essere giaciuto con lei per tre giorni e tre notti, Óðinn ricevette da lei il permesso di bere tre sorsi del magico idromele ma, presi la coppa e i due vasi, in tre sorsi li vuotò. Trasformatosi in aquila, Óðinn fuggì poi verso l'Ásgarðr ma, lungo il viaggio, scontrandosi con Suttungr , non poté fare a meno di versare sulla terra un po' di idromele. Ed è così che l'arte poetica fu donata agli uomini. 106 (e) «Vie dei giganti» [ jötna vegir ] è una kenning per indicare le rocce. Ricordiamo che Óðinn, trasformato in serpente, si era infilato nel foro lasciato dal trapano nella parete della roccia: mentre scivolava nel pertugio, egli aveva roccia sopra e sotto di sé. 107 (a) Vel keypts litar . Nel suo importante studio sull' Hávamál , David Evans ritiene che il manoscritto qui sia corrotto e traduce litar (litr è letteralmente «colore» ma, per estensione, «aspetto, sembiante») come qualcosa che abbia a che fare con l'idromele della poesia. Secondo l'autore, il resto del verso si riferirebbe appunto ai benefici del possesso di questo vélkeypts mjöðr «idromele preso con l'inganno» (Evans 1986). A nostro parere, non c'era tuttavia bisogno di sviare così tanto il senso della strofa, che così com'è si riferisce con sufficiente chiarezza alla seduzione di Gunnlöð da parte di Óðinn, che gli permise di rubare il magico idromele custodito nel vaso Óðrørir . (f ) Il senso letterale del verso á alda vés jarðar è «al santuario delle stirpi della terra», intendendo con ogni probabilità che il magico idromele, rubato da Óðinn a Suttungr , cadde poi sulla terra di modo che anche presso gli uomini è oggi diffusa l'arte poetica. Questo è il mito narrato da Snorri in Skáldskaparmál [2]. Essendo il verso un po' lambiccato, gli studiosi hanno creduto di individuarvi delle corruttele. Jónnson ha proposto di emendare in á vé alda jaðars «al santuario del signore delle stirpi», intendendo con questo che il magico idromele sarebbe stato poi trasportato nell'Ásgarðr (Jónsson 1926). Questo «santuario del signore delle stirpi» sarebbe, nell'interpretazione di Jónnson , una doppia kenning dove il «signore delle stirpi» è appunto Óðinn e il suo santuario l'Ásgarðr . A parte il fatto che è sempre preferibile riferirsi al testo non emendato piuttosto che modificarlo per adattarlo alle nostre interpretazioni, ma il mito del furto dell'idromele da parte di Óðinn è appunto la rivelazione delle origini della poesia, dono degli dèi e strumento di sapienza soprannaturale. 111-137 Questo gruppo di strofe comprende una composizione unitaria, a cui si dà generalmente il titolo di Loddfáfnismál , «Discorso di Loddfáfnir», poi confluito nell' Hávamál . Si configura come una serie di consigli che Hár («alto, eccelso», epiteto di Óðinn) rivolge a un certo Loddfáfnir , riferiti da qualcuno che afferma di averli uditi nelle «sale di Hár ». Il nome Loddfáfnir non compare altrove, non sappiamo quindi dire chi fosse o di quali vicende fosse stato il protagonista. Alcuni
interpreti ritengono che Loddfáfnir sia stato uno scaldo itinerante, l'effettivo autore della composizione, nella quale riferisce delle massime sapienziali che afferma di avere udito dallo stesso Hár (ipse dixit ). Secondo Karl Müllenhoff, infatti, il titolo Hávamál in origine era dato al solo Loddfáfnismál (Müllenhoff 1908). Il contenuto delle strofe del Loddfáfnismál è in effetti assai assai vicino a quello delle prime strofe dell' Hávamál . La strofa [111] è probabilmente corrotta ma, nonostante gli sforzi fatti al riguardo, è arduo individuare ed emendare le corruttele.
112 La lunga formula che introduce la maggior parte dei versi del Loddfáfnismál nei manoscritti viene in seguito riferita in modo abbreviato. 115 (g) Eyrarúna vuol dire letteralmente «mormorare all'orecchio»; da qui, nel linguaggio poetico eyrarúno è colei che mormora in segreto all'orecchio di qualcuno, una confidente, intima amica, amante. Questa parola compare qui e in Völuspá [39] dove ha addirittura il significato di «moglie». 114 (f ) Si confronti con la scena, presente nel poema anglosassone Il lamento di Deor , dove è detto di Mæðhild «un doloroso amore la privava di tutto il sonno» [ þæt him seo sorglufu slæp ealle binom]. 119 (g) A quanto pare, nel manoscritto originale, i versi [119h-119j] si trovavano, ripetuti, in fondo alla strofa [44]. Da qui, Barend Sijmons deduceva che l'autore del Loddfáfnismál era anche quello del Gestaþáttr (Sijmons 1906). L'ipotesi è forse un po' eccessiva: nulla impedisce che, nella rielaborazione del materiale del Hávamál , gli stessi versi siano stati erroneamente ripetuti in due punti diversi. Nelle edizioni critiche, questi versi sono espuntati dalla strofa [44] (rimane il semiverso [44f] simile, ma non identico, al [119g]). 120 (g) Nem liknargaldr «impara incantesimi benefici» è la traduzione letterale ( galdr è infatti il canto magico). Poiché questa chiusa non è molto coerente col resto della strofa, Sijmons gioca sull'analogia tra magia e fascino e intende: «impara a renderti amabile» (Sijmons 1906). L'interpretazione ha il pregio di accordarsi al significato della strofa, ma il difetto di essere eccessivamente libera. 122 (g) Ósvinna apa, letteralmente «insavie scimmie» ma, in senso traslato, «idioti, folli». Il norreno api (cfr.anglosassone apa, inglese ape «scimmia») ha entrambi i significati; questo vocabolo non si trova nella poesia scaldica, né nella prosa popolare, ma si riscontra unicamente nella letteratura religiosa e sapienziale. 124 (a) Sifjum er þá blandat. Sif significa «relazione, parentela», in questo caso sta per «amicizia»; blanda è «mescolare, scambiare». Si intende qui una relazione di amicizia che è quasi un vincolo di parentela. Si potrebbe forse riferire alla «fratellanza di sangue», con la quale si mescolava il sangue in una solenne cerimonia (Leesthal 1939). 127 (f ) Nel testo kveðu þ' bölvi at . Nella sua edizione dell' Hávamál , Bugge espande la contrazione « þ' » in þér «a te» nel testo («afferma sia un'offesa a te»), ma in appendice propone una lettura alternativa þat «questo» («afferma sia questo un'offesa») (Bugge 1867). Qualunque sia la soluzione corretta, non inficia il senso della traduzione: «protesta ad alta voce per l'offesa che ricevi e non lasciar correre per viltà o debolezza».
129 (g) Gjalti glíkir è letteralmente «somiglianti a cinghiali». In genere viene inteso come «pazzi di terrore», nel senso dell'espressione norrena svín galinn «pazzo come un porco». Si è anche pensato, con scarsa verosimiglianza, a una possibile influenza dell'episodio evangelico dei dèmoni che entrano in un branco di porci (Vangelo secondo Matteo [8]). È anche possibile che questo semiverso e il successivo siano stati interpolati da un differente poema (Bellows 1923) . (i) Síðr itt of heilli halir . Jónsson suggerisce che þitt qui possa avere più senso come pronome accusativo ik «te» (Jónsson 1926). Evans emenda in þik (Evans 1986). Anche se abbiamo lasciato il testo norreno originale, in traduzione abbiamo tenuto conto dei suggerimenti. 131 (f ) Ok eigi ofváran. I due semiversi suonano letteralmente «prudente io ti consiglio di essere | e non troppo prudente», ma il passo suona meglio leggendo come fosse en «ma» invece di ok «e». Nonostante le argomentazioni di molti studiosi, non c'è tuttavia necessariamente da pensare che il testo sia corrotto (cfr. nota 70b). (f-j) È probabile che questi quattro semiversi siano stati interpolati da un differente poema (Bellows 1923). 133 Molti editori eliminano gli ultimi tre semiversi [133d-133f] di questa strofa come spuri, ponendo i primi tre semiversi [133a-133c] alla fine della strofa [132]. Altri, dopo aver spostato i semiversi [133d-133f] in coda alla strofa [132], li sostituiscono inserendo tre semiversi tratti da un tardo manoscritto e che suonano: «male e bene | i figli degli uomini | portano sempre mescolati in petto». (Bellows 1923). 134-134 (h-l) È possibile che gli ultimi cinque semiversi della strofa siano stati interpolati da un differente poema (il parallelismo tra gli ultimi tre indica la comune origine). Secondo Bellows, la loro interpolazione in questa strofa dipende dall'associazione tra la pelle grinzosa delle persone anziane e gli otri di cuoio appesi nelle antiche case di campagna vichinghe (Bellows 1923). (l) Il fermento che si formava nello stomaco dei vitelli veniva adoperato per la preparazione del latte rappreso e del formaggio, dopo essere stato lavato e appeso ad asciugare e affumicare. Vílmögr è lo stomaco che contiene appunto il vil , termine usato ancora oggi in Islanda per designare questo speciale fermento del latte (Sijmons 1906 | Leesthal 1939). 137 Questa strofa, lista di strani rimedi magici, è una delle più ardue e di difficile interpretazione. Secondo alcuni studiosi sarebbe stata probabilmente interpolata, ma – vista le oggettive difficoltà a penetrare le antiche pratiche magiche di uso quotidiano – è assai più probabile che siano gli studiosi stessi a non riuscire a capirci molto! Diamo nelle note seguenti qualche spiegazione riguardo ai versi più ardui. ( f-g) «Invoca per te la forza della terra! | perché la terra serve contro la birra». Secondo la spiegazione di Olga Gogala di Leesthal, questa coppia di semiversi farebbe riferimento al fatto che la birra che veniva distillata in casa conteneva spesso dei tossici, in quanto non si sapeva ben ripulire il grano dalle erbacce; si provvedeva dunque a mescolare la terra alla birra per neutralizzarne le eventuali qualità nocive (Leesthal 1939). È forse una spiegazione troppo pratica per un poema di argomento magico. È invece possibile, a nostro parere, che si faccia riferimento all'uso vichingo di versare in terra il primo sorso di birra in modo da nutrire gli spiriti del luogo [landvættir ] affinché potesse esserci armonia tra le forze sopr annaturali che vigilavano sul territorio e gli uomini che vi dimoravano. ( i) Tra i rimedi rimedi erboristici, la quercia [ fik ] e i suoi prodotti erano consigliati per le irregolarità intestinali (abbinde è la dissenteria); fino a tempi molto recenti si dava da bere ai bambini caffè di ghianda come astringente (Leesthal 1939) . ( j) Reichborn-Kjennerud ricorda al riguardo che in Norvegia e in Svezia la spiga di grano veniva utilizzata contro il mal di denti e altre malattie (ReichbornKjennerud 1923 | Leesthal 1939) . (k ) Höll við hýrógi. Il significato letterale è «la sala [agisce] contro le liti in famiglia». Anche se è vero che i litigi familiari si svolgono nel chiuso delle sale,
rimane difficile cogliere il senso della frase. Molti autori hanno proposte varie interpretazioni. Secondo Sijmons la parola höll «sala» andrebbe emendata in havll , nome nordico del sambuco [Sambucus nigra] (Sijmons 1906). Questa è la soluzione comunemente accettata dai traduttori. Si veda ad esempio la traduzione inglese di Henry Adams Bellows «la segale cura i dissidi» [ rye cures rupture] (Bellows 1923). In Italia, Olga Gogala di Leesthal traduce «il sambuco [sana] i dissidi familiari» e sana anche, aggiunge in nota, tutti i malanni che ne possono derivare, come l'itterizia, malattia associata alla collera e all'inquietudine (Leesthal 1939). Anche Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli traducono «il sambuco [si porta via] le liti familiari» (Scardigli 1982) . (m) Beiti við bitsóttum. Altra frase di ardua interpretazione. La parola bíta in norreno vuol dire «mordere» (bit è «morso»). Bitsótt è la «malattia del morso», probabilmente una malattia contagiosa trasmessa attraverso il morso di un animale. Traduciamo per brevità «rabbia», ma si tratta di una licenza. Quello che sfugge è il significato della prima parola, beiti, anch'essa legata all'area semantica del mordere. Rask. Sijmons la riferisce al lombrico [ Lumbricus terrestris], in quanto in norreno beitiskr indicava l'esca utilizzata nella pesca, tanto che – sempre secondo Sijmons – ancora ai primi del Novecento in alcuni dialetti norvegesi il lombrico sarebbe stato chiamato beite o bietel (Sijmons 1906). Da qui la traduzione di Olga Gogala di Leesthal che rende questo semiverso con «serve il lombrico per ferite e morsi», ricordando in nota come il lombrico venisse adoperato in medicina fin dai tempi remoti (Leesthal 1939). Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli traducono «l'allume [porta via] le malattie da morsi» (Scardigli 1982). Ci sembra che tali traduzioni siano eccessivamente cervellotiche, tanto più che il significato principale di beiti è «pascolo».Già ai primi dell'Ottocento, la traduzione svedese di Rasmus Rask riportava «il pascolo cura le malattie dei morsi» [bete mot bitsjuka] (pur conservando l'ambiguità, perché in svedese bete vuol dire anche «esca») (Rask 1818). Su questa linea la traduzione di Henry Bellows «l'erba cura la scabbia» [ grass cures the scab] (ma la scabbia si trasmette per contatto, non con i morsi) (Bellows 1923). Secondo il monumentale dizionario antico islandese di Richard Cleasby e Gudbrand Vigfússon, la parola beiti, oltre ad avere il significato generale di «pascolo», indica pure l'erica [ Erica vulgaris] (Cleasby ~ Vigfússon 1874). Ci sembra che sia questa la soluzione più semplice ed elegante . (o) Flóð in norreno significa «inondazione, diluvio, alluvione»; in poesia la parola può anche indicare un fiume o un mare. Di qui le traduzioni letterali, come quella inglese di Bellows «il campo assorbe gli allagamenti» [the field absorbs the flood ] (Bellows 1923). Più sottile quella italiana di Olga Gogala di Leesthal «il terreno gli umori assorbe» (Leesthal 1939). Interessante la traduzione di Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli che insinua la presenza dell'elemento magico: «la terra porta via il flusso maligno» (Scardigli 1982).
138-145 Questa sezione è intitolata Dissertazione sulle rune. Si allude al mito di come Óðinn sacrificò sé stesso per impossessarsi del potere delle rune, racconto che purtroppo non è riferito da altri documenti e del quale l' Hávamál rimane l'unica fonte. Questa la ragione per cui l'intero passo rimane oscuro e di ardua interpretazione. Se questo non bastasse, il brano sembra essere corrotto: le strofe [138 | 139 | 141] seguono la vicenda del sacrificio di Óðinn, mentre la [140] sembra provenga dalla sezione relativa alla seduzione di Gunnlöð e al furto dell'idromele della poesia [104-110]. Le strofe dalla [142] alla [145] provengono da fonti diverse e sembrano essere state inserite qui semplicemente perché trattano lo stesso argomento, la conoscenza delle rune e il potere che ne deriva. 138 (g-i) Questi tre semiversi sono anche presenti nello Svipdagsmál [30]. 140 Questa strofa, come detto, sembra provenga dalla sezione relativa alla seduzione di Gunnlöð [104-110], come si evince dal riferimento all'idromele della poesia contenuto nel vaso Óðrørir . Come sappiamo da Snorri (Gylfaginning [6]), Bestla fu la madre di Óðinn, Bölþorn ne fu il nonno.
Nulla tuttavia sappiamo di questo altro figlio di Bölþorn che, stando a quanto qui è detto, avrebbe insegnato a Óðinn nove «terribili canti magici» [ fimbulljóð]. Alcuni interpreti ritengono si tratti di Mímir che, in tal caso, diverrebbe zio di Óðinn. È un'ipotesi elegante ma, ahimé, rimane soltanto un'ipotesi.
142-143 Queste due strofe vengono probabilmente da un medesimo poema di argomento magico-runico, tanto che in alcune edizioni sono accorpate insieme in una strofa unica. Alcuni traduttori, seguendo il consiglio di Bugge, traspongono i semiversi della strofa [142] in quest'ordine: a, e, f, b, c, d, g (Bugge 1867) : ne risulta un periodare più scorrevole, ma è dubbio che sia stata questa l'intenzione del poeta (è noto quanto la poesia scaldica fosse involuta e complessa). Come già detto, il «metro strofico» qui utilizzato, presenta le medesimi varianti della strofa [80], anch'essa di argomento runico, così che è possibile che le tre strofe provengano da uno stesso poema. 142 (e) Il «terribile vate» [ fimbulþulr ] di cui qui si parla è evidentemente lo stesso Óðinn. Si noti che le rune, una volta incise nel legno, venivano dipinte di rosso. 143 I nomi Dáinn e Dvalinn compaiono entrambi come nomi di nani in Völuspá [14]. Il fatto che qui Dáinn venga detto un elfo potrebbe essere spiegato come la possibilità di una confusione tra i vari esseri che partecipavano alla sfera del soprannaturale: sappiamo infatti che gli elfi scuri [ Døkkálfar ] dimoravano sottoterra ed erano spesso confusi con i nani (così come in molti testi nani e troll e giganti sembrano confondersi gli uni con gli altri, nella vaga immagine di esseri primordiali legati al mondo litico). In ogni caso, Dáinn è l'unico nome di elfo che conosciamo, per quanto sia anche un nome di nano. Inoltre, i nomi Dáinn e Dvalinn compaiono insieme anche nel Grímnismál [33], anche se come nomi di due dei quattro cervi che rodono le foglie del frassino Yggdrasill. Del gigante Ásviðr «tutto saggio» non si hanno altre ricorrenze nella letteratura. 144 Questa strofa, che utilizza il «metro delle canzoni» [ málaháttr ], è un'interpolazione da una fonte ancora diversa. Nel manoscritto la frase «sai tu come» [ veistu hvé] è abbreviata. 145 Anche questa strofa è problematica. Si ritiene che i semiversi a-e e i semiversi f-i appartenessero in origine a due strofe diverse: Bugge pensa che questi ultimi provengano dalla fine della strofa [143] (Bugge 1867). (f ) Þundr , epiteto di Óðinn. 146-163 Questa sezione è intitolata Dissertazione sui canti magici. Óðinn parla di diciotto dei potenti canti magici che egli conosce, dei quali spiega le proprietà, pur non enunciando i canti stessi. L'enumerazione dei canti (primo, secondo, terzo, etc.) viene data nel testo in numeri romani. 147 (c) Nell'edizione tradotta da Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli si legge «di che cosa i figli degli uomini abbiano bisogno | se vogliono vivere da mendici» (Scardigli 1982). È sicuramente una svista: la parola corretta non è «mendici» ma «medici». È infatti quest'ultimo il significato del norreno læknar . Anche se val forse la pena di sottolineare che dall'anglosassone læce «guaritore» è derivata, in inglese moderno, la parola leech «sanguisuga» (anche in senso figurato), proprio grazie al largo impiego che la medicina antica faceva di questo animaletto per praticare salassi e simili. 149 Questa strofa riguardante la magica liberazione di un prigioniero da ceppi e catene, ricorda
una scena narrata dal Venerabile Beda e riguardante il nortumbriano Imma il quale, catturato dopo la battaglia di Trent (679), non poté essere legato in alcun modo in quanto corde e catene si scioglievano magicamente e cadevano a terra. La ragione di questo fatto era che suo fratello Tunna, avendo creduto che Imma fosse morto in battaglia, aveva fatto dire molte messe per liberare la sua anima: poiché Imma era vivo, quelle messe avevano invece l'effetto di liberarlo fisicamente dai ceppi. ( Historia ecclesiastica Anglorum [IV: 22])
151 (c) Á rotom rás viðar «con radici di un albero verdeggiante». Semiverso di difficile interpretazione: difficile dire quale sia il senso di ferire un uomo con la radice di un albero verde (si potrebbe ad esempio pensare a quanto narrato nella Grettis saga, in cui si causa la morte del protagonista incidendo rune su una radice che gli era stata mandata). Effettivamente è all'opera qualche tipo di arte magica, visto che Óðinn si dice in grado di ritorcere la fattura al nemico. Alcuni traduttori hanno proposto di emendare la problematica parola rás (qui interpretata «verdeggiante») con rams «forte», ma questo non riduce le perplessità. 155 (b) «Cavalcatrici dei recinti» [túnriður ] è una kenning per «streghe». 160 Secondo l'opinione di Müllenhoff, questa strofa sarebbe stata la conclusione originale dell' Hávamál e la frase «un quindicesimo» sarebbe stata aggiunta soltanto quando la strofa finì per essere inserita nella sezione dei canti magici (Müllenhoff 1908). Non è molto chiaro, tuttavia, su quali basi si possa sostenere tale ipotesi: non ci sembra che questa strofa abbia qualcosa di particolarmente significativo da giustificare tale asserzione. (b) Þjóðrörir non è menzionato altrove: non sappiamo chi fosse. ( f ) Hroptatýr è epiteto di Óðinn. 162 Quest a strofa è il risultato della giustapposizione di due strofe differenti. I primi tre semiversi di questa strofa (a-c) sono infatti quanto resta di una strofa originariamente indipendente, che è stata poi giustapposta alla strofa successiva (qui formata dai semiversi d-i). Molte edizioni le registrano infatti come due strofe differenti, la prima delle quali lacunosa. I tentativi di completare i versi mancanti non hanno dato risultati convincenti. Il richiamo a Loddfáfnir nella seconda parte della strofa fa capire che questa apparteneva in origine alla sezione del Discorso di Loddfáfnir. 163 (g-i) Cioè «se non, unica, a colei | che col braccio mi cinge | oppure è a me sorella». Chi è questa donna che viene detta essere l'«unica» [ einni] confidente di Óðinn per quanto riguarda le segrete arti magiche del dio? Alcuni interpreti intendono questo passo nel senso che, in qualche antica versione del mito nordico, la sposa di Óðinn fosse anche sua sorella (a volte con l'esplicito intento di «nobilitare» il mito nordico tracciando un parallelo classico con Iuppiter , la cui sposa Iuno era detta et soror et coniunx ( Eneide [I: 47])). Al contrario, nell' Hávamál i due attributi sono posti tra loro in una sorta di opposizione, in cui il secondo è introdotto dalla congiunzione eða «o». Il tono della strofa sembra essere generale: non pare che Óðinn si riferisca a qualcuno in particolare. Il senso è probabilmente: «non racconterei queste cose a nessun altro, tranne forse, unica persona, a mia moglie od a mia sorella». 164 La chiusa dell' Hávamál viene di nuovo dal Discorso di Loddfáfnir . È evidente che è slittata alla fine del poema a causa dell'inserzione della Dissertazione sulle rune e della Dissertazione sui canti magici. Vari traduttori tendono a rimetterla «a posto», dopo la strofa [137], così da concludere la sezione iniziata con la strofa [111] (Müllenhoff 1908 | Bellows 1923).
VAFÞRÚÐNISMÁL IL DISCORSO DI VAFÞRÚÐNIR Colloquio di Óðinn e Frigg (1-4) Partenza di Óðinn (5) Óðinn alla dimora di Vafþrúðnir (6-10) Vafþrúðnir mette alla prova la sapienza di Óðinn (11-19) Óðinn enumera a Vafþrúðnir dodici domande sulle cose primordiali (20-43) Óðinn pone a Vafþrúðnir cinque domande sul futuro del mondo (44-53) L'ultima domanda: vittoria di Óðinn (54-55) Note
Colloquio di Óðinn e Frigg 1
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VAFÞRÚÐNISMÁL
IL DISCORSO DI VAFÞRÚÐNIR
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Rád þú mér nú, Frigg, allz mik fara tiðir at vitja Vafþrúðnis; forvitni mikla kveð ek mér á fornom stöfom við þann inn alsvinna ötun».
«Ora consigliami, Frigg, di andare ho gran voglia a trovare Vafþrúðnir . Confesso che son curioso di disputare sulle cose remote con quel gigante onnisciente».
Frigg kvað:
Disse Frigg:
«Heima letja ek mynda Heriaföðr í görðom goða, þvíat engi jötun ek hugða jafnramman sem Vafþrúðni vera».
«A casa volentieri tratterrei Herjaföðr , nelle dimore degli dèi: nessun gigante credo sia tanto potente quanto è Vafþrúðnir ».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Fjölð ek fór, fjölð ek freistaða, fjölð ek reynda regin;
«Molto viaggiai, molto feci esperienza, molto misi alla prova gli
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Partenza di Óðinn 5
Óðinn alla dimora di Vafþrúðnir 6
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hitt vil ek vita, hvé Vafþrúðnis salakynni sé».
dèi. Questo io voglio sapere: come di Vafþrúðnir sia la dimora».
Frigg kvað:
Disse Frigg:
«Heill þú farir, heill þú aptr komir, heill þú á sinnom sér! æði þér dugi, hvars þú skalt, Aldaföðr, orðom mæla jötun.
«Salvo parti, salvo torna indietro, salvo tu sia nel cammino! La sapienza ti assista dovunque tu, Aldaföðr , ti rivolgerai al gigante.
Fór þá Óðinn at freista orðspeki þess ins alsvinna jötuns; at höllo hann kom, ok átti Íms faðir; inn gekk Yggr þegar».
Partì dunque Óðinn alla disputa di sapienza con quel gigante onnisciente. Giunse lui nella sala che fu del padre di Ímr. Subito Yggr vi fece ingresso.
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Heill þú nú, Vafþrúðnir! nú em ek í höll kominn, á þik sjálfan sjá; hitt vil ek fyrst vita, ef þú fróðr sér eða alsviðr, jötunn».
«Salute ora a te, Vafþrúðnir ! Eccomi or giunto alla sala a trovar proprio te. Voglio per primo sapere se tu sapiente sei e onnisciente, o gigante».
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Hvat er þat manna er í mínom sal verpomk orði á? út þú ne komir órom höllom frá, nema þú inn snotrari sér».
«Chi è tra gli uomini che nella mia corte si rivolge a me? Non uscirai da questa sala se non risulterai tu il più sapiente».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Gagnráðr ek heiti; nú emk af göngo kominn
«Gagnráðr mi chiamo, ora sono di strada giunto,
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Vafþrúðnir mette alla prova la sapienza di Óðinn
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þyrstr til þinna sala, laðar þurfi hefi ek lengi farit ok þinna andfanga, ötunn».
assetato, alla tua corte. Bisogno ho di ricovero - ho a lungo viaggiato e della tua accoglienza, o gigante».
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Hví þú þá, Gagnráðr, mæliz af gólfi fyrir? Farðu í sess í sal! þá skal freista, hvárr fleira viti, gestr eða inn gamli þulr».
«E perché allora, Gagnráðr , ti rivolgi a me dall'ingresso? Vieni a sedere in sala! E metteremo alla prova chi più cose conosca se l'ospite o il vecchio cantore».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Óauðigr maðr, er til auðigs kömr, mæli þarft eða þegi; ofrmælgi mikil hygg ek at illa geti hveim er við kaldrifjaðan kømr».
«L'uomo che non è ricco e che dal ricco va, parli poco o taccia. Credo che il parlar troppo non sia conveniente se sei venuto da chi è maldisposto».
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Segðú mér, Gagnráðr, allz þú á gólfi vill þíns um freista frama, hvé sá hestr heitir er hverjan dregr dag of dróttmögo?»
«Di' tu a me, Gagnráðr , se dall'atrio vuoi la tua sapienza provare. Come si chiama il destriero che uno ad uno trascina il giorno per le schiere umane?»
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Skinfaxi heitir, er inn skíra dregr dag um dróttmögu; hesta beztr þykkir hann með reiðgotom,
«Skinfaxi si chiama chi il chiaro trascina giorno per le schiere umane. Dei destrieri lo si stima il migliore tra i Reið-Goti.
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ey lýsir mön af mari».
Di quel cavallo risplende la criniera».
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Segðú mér, Gagnráðr, allz þú á gólfi vill þíns um freista frama, hvé sá jór heitir er östan dregr nott of nyt regin?»
«Di' tu a me, Gagnráðr , se dall'atrio vuoi la tua sapienza provare. Come si chiama il cavallo che da oriente trascina la notte sugli dèi propizi?»
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Hrímfaxi heitir, er hverja dregr nótt of nýt regin; méldropa fellir hann morgin hvern; þaðan kemr dögg um dala».
«Hrímfaxi si chiama chi una ad una trascina la notte sugli dèi propizi. La schiuma dai denti gocciola al mattino, da cui viene la rugiada sulle valli».
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Segðu þat, Gagnráðr, allz þú á gólfi vill þíns um freista frama, hvé sú á heitir er deilir með jötna sonom grund ok med goðom?»
«Di' tu a me, Gagnráðr , se dall'atrio vuoi la tua sapienza provare. Come quel fiume si chiama che divide tra i figli dei giganti la terra e tra gli dèi?
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Ífing heitir á, er deilir með jötna sonom grund ok með goðom; opin renna hón skal um aldrdaga, verðrat íss á á».
«Ífing si chiama il fiume che divide tra i figli dei giganti la terra e tra gli dèi. Libero scorrerà fino alla fine dei tempi: non gelerà mai quel fiume».
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Segðu þat, Gagnráðr,
«Di' tu a me, Gagnráðr ,
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Óðinn enumera a Vafþrúðnir dodici domande sulle cose primordiali
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allz þú á gólfi vill þíns um freista frama, hvé sá völlr heitir er finnaz vígi at Surtr ok in sváso goð?»
se dall'atrio vuoi la tua sapienza provare. Come il campo si chiama dove scenderanno a battaglia Surtr e gli dèi soavi?»
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Vígriðr heitir völlr, er finnaz vígi at Surt ok in sváso goð; hundrað rasta hann er a hverjan veg, sá er þeim völlr vitaðr».
«Vígriðr si chiama il campo dove scenderanno a battaglia Surtr e gli dèi soavi. Cento leghe misura da ogni lato il campo a loro destinato».
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Fróðr ertu nú, gestr, far þú á bekk jötuns, ok mælomk í sessi saman, hövði veðja vit skolom höllo í, gestr, um geðspeki».
«Sapiente sei tu ora, ospite, vieni alla panca del gigante e converseremo seduti insieme. La testa noi due ci giocheremo nella sala, ospite, in gara di sapienza».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Segðu þat it eina, ef þitt æði dugir ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvaðan jörð um kom eða uphiminn fyrst, inn fróði jötunn?»
«Di' tu questo per primo se hai sufficiente saggezza e tu, Vafþrúðnir , sai. Da dove la terra provenne e il cielo in alto in principio, o saggio gigante?»
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Ór Ymis holdi var jörð um sköpuð, en ór beinom björg, himinn ór hausi
«Dalla carne di Ymir fu la terra creata e dalle ossa i monti; il cielo dal cranio
ins hrímkalda jötuns, en ór sveita sjór».
del gigante freddo di brina e dal sangue il mare».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Segðu þat annat, ef þítt æði dugir ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvaðan máni um kom, svá at ferr menn yfir, eða sól it sama?»
«Di' tu questo per secondo se hai sufficiente saggezza e tu, Vafþrúðnir , sai. Da dove la luna è venuta, lei che sugli uomini va, e il sole ugualmente?»
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Mundilfǿri heitir, hann er mána faðir ok svá Sólar it sama; himin hverfa þau skolo hverjan dag öldom at ártali».
«Mundilfǿri si chiama colui che fu il padre della luna e del sole ugualmente; il cielo percorreranno quei due ogni giorno per segnare agli uomini il tempo».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Segðu þat it þríðja, allz þik svinnan kveða ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvaðan dagr um kom, sá er ferr drótt yfir, eða nótt med niðom?»
«Di' tu questo per terzo se tutti ti chiamano accorto e tu, Vafþrúðnir , sai. Da dove il giorno è venuto, lui che sulla schiera degli uomini va, e la notte e le fasi lunari?»
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
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«Dellingr heitir, hann er Dags faðir, en Nótt var Nörvi borin; ný ok nið skópo nýt regin öldom at ártali».
«Dellingr si chiama colui che fu il padre di Dagr , e Nótt da Nörfi nacque; luna piena e luna nuova crearono gli dèi propizi per segnare agli uomini il tempo».
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Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
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«Segðu þat it fjórða, allz þik fróðan kveða ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvaðan vetr um kom eða varmt sumar fyrst með fróð regin?»
«Di' tu questo per quarto se tutti ti chiamano sapiente e tu, Vafþrúðnir , sai. Da dove l'inverno è venuto, e la calda estate, in principio tra gli dèi sapienti?»
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Vindsvalr «Vindsvalr heitir, hann er Vetrar faðir, en Svásuðr sumars».
«Vindsvalr Vindsvalr si si chiama, colui che fu il padre di Vetr , e Svásuðr Svásuðr di di Sumar ». ».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn Óðinn::
«Segþu þat it fimat, allz þik fróðan kveða ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hverr ása elztr eða Ymis niðja yrði í árdaga».
«Di' tu questo per quinto se tutti ti chiamano sapiente e tu, Vafþrúðnir , sai. Chi era il più vecchio degli sir e della stirpe di Ymir al principio dei tempi?»
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Örófi vetra áðr væri jörð sköpuð, þá var Bergelmir Bergelmir borinn, Þrúðgelmir var þess faðir, en Aurgelmir afi».
«Innumerevoli inverni, prima che fosse fosse la terra creata, allora venne Bergelmir alla luce, Þrúðgelmir gli fu padre e Aurgelmir Aurgelmir nonno». nonno».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn Óðinn::
«Segðu þat it sétta, allz þik svinnan kveða ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvaðan Aurgelmir kom með jötna sonom fyrst, inn fróði jötunn?»
«Di' tu questo per sesto se tutti ti chiamano accorto e tu, Vafþrúðnir , sai. Da dove Aurgelmir Aurgelmir venne venne tra i figli dei giganti in principio, il sapiente
gigante?»
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Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Ór Élivagom stukkoo eitrdropar, svá óx, unz varð ór jötunn; [þar órar ættir kómu allar saman, því er þat æ allt allt til atalt]».
«Fuori dagli Elivágar schizzavano gocce di veleno, e crebbero finché ne sortì un gigante. [Di là le nostre stirpi vennero tutte del pari originate, sono per questo progenie perversa]».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn Óðinn::
«Segðu þat it sjaunda, allz þik svinnan kveða ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvé sá börn gat, enn baldni jötunn, er hann hafðit gýgjar gaman».
«Di' tu questo per settimo se tutti ti chiamano accorto e tu, Vafþrúðnir , sai. Come generò figli il possente gigante se non si unì ad alcuna gigantessa?»
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Undir hendi vaxa kvaðu hrímþursi mey ok mög saman; fótr við fæti gat ins fróða jötuns sexhöfðaðan sexhöfðaðan son».
«Sotto il braccio crebbero, dicono, del gigante di brina la figlia e il figlio del pari. Piede con piede generò il sapiente gigante il figlio dalle sei teste».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn Óðinn::
«Segðu þat it átta, allz þik svinnan kveða ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvat þú fyrst mant eða fremst um veitzt, þú ert alsviðr, alsviðr, jötunn».
«Di' tu questo per ottavo se tutti ti chiamano accorto e tu, Vafþrúðnir , sai. Cosa tu per primo ricordi o innanzi a tutto conosci? Tu sei onnisciente, o gigante».
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
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«Örófi vetra áðr væri jörð om sköpuð, þá var Bergelmir Bergelmir borinn; þat ek fyrst fyrst um man er sá inn fróði jötunn var á lúðr um lagiðr».
«Innumerevoli inverni, prima che fosse fosse la terra creata, allora venne Bergelmir alla luce. Questo per primo io rammento: che lo vidi, quel saggio gigante, che giaceva su un mulino».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn Óðinn::
«Segðu þat it níunda, allz þik svinnan kveða ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvaðan vindr um kömr, svá at ferr vág yfir; æ menn han sjálfan um sjá».
«Di' tu questo per nono se tutti ti chiamano accorto e tu, Vafþrúðnir , sai. Da dove il vento proviene che spira sul mare in burrasca? Mai gli uomini riescono a scorgerlo».
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Hræsvelgr heitir, er sitr á himins enda, ötunn í arnar ham; af hans vængjom kvæða vind koma alla menn yfir».
«Hræsvelgr Hræsvelgr si si chiama colui che sta alla fine del cielo, gigante dalle sembianze d'aquila: dalle sue ali, dicono, venga il vento su tutti gli uomini».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn Óðinn::
«Segðu þat it tíunda, allz þú tíva rök öll, Vafþruðnir, vitir, vitir, hvaðan Njörðr um kom með ása sonom, hofom og hörgom hann ræðr hunnmörgom, ok varðat hann ásom alinn».
«Di' tu questo per decimo se il destino degli dèi tutto, Vafþrúðnir , conosci. Da dove Njörðr dove Njörðr provenne provenne tra i figli degli Æsir degli Æsir ? Templi e altari regge in gran numero ed egli non è stato dagli sir generato». sir generato».
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
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«Í Vanaheimi skópo hann vís regin ok seldo at gíslingo goðum; í aldar rök hann mun aprt koma heim með vísom vönom».
«In Vanaheimr lo crearono i saggi numi e lo diedero in ostaggio agli dèi. Alla fine del tempo egli di nuovo tornerà a casa, tra i saggi Vanir ».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Segðu þat et ellipta hvar ýtar túnom í höggvaz hverjan dag?»
«Di' tu questo per undicesimo dove nelle corti gli uomini si battono ogni giorno?»
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Allir einherjar Óðins túnum í höggvaz hverjan dag; val þeir kjósa ok ríða vígi frá, sitja meirr um sáttir saman».
«Tutti gli Einherjar alla corte di Óðinn si battono ogni giorno. Scelgono i caduti poi dalla mischia cavalcano via e riconciliati siedono insieme».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Segðu þat it tólfta, hví þú tíva rök öll, Vafþrúðnir, vitir; frá jötna rúnom ok allra goða segir þú it sannasta, inn alsvinni jötunn».
«Di' tu questo per dodicesimo come mai il destino degli dèi tutto, Vafþrúðnir , conosci? Delle rune dei giganti e di tutti gli dèi, dici tu quel che è vero, onnisciente gigante».
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Frá jötna rúnom ok allra goða ek kann segja satt, þvíat hvern hefi ek heim um komit; nío kom ek heima fyr Níflhel neðan,
«Delle rune dei giganti e di tutti gli dèi, posso dire il vero, poiché in ogni mondo son giunto: giunsi nei nove mondi fino al Niflhel in basso,
Óðinn pone a Vafþrúðnir cinque domande sul futuro del mondo
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hinig deyja ór heljo halir».
presso Hel, dove vanno i morti».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Fjölð ek fór, fjölð ek freistaðak, fjölð ek reynda regin; hvat lifir manna, þá er inn mæra líðr fimbulvetr með firom?»
«Molto viaggiai, molto feci esperienza, molto misi alla prova gli dèi. Chi vivrà degli uomini quando sarà trascorso quel famoso Fimbulvetr tra i mortali?
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Líf ok Lifþrasir, en þau leynaz muno í holti Hoddmímis; morgindöggvar þau sér at mat hafa; þaðan af aldir alaz».
«Líf e Lifþrasir , devono nascondersi nel bosco di Hoddmímir. Le rugiade del mattino avranno per nutrimento; da qui torneranno a sorgere le stirpi».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Fjölð ek fór, fjölð ek freistaðak, fjölð ek reynda regin; hvaðan kömr sól á inn slétta himin, þá er þessa hefir Fenrir farit?»
«Molto viaggiai, molto feci esperienza, molto misi alla prova gli dèi. Da dove verrà un sole nel liscio cielo quando questo Fenrir l'avrà divorato?»
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Eina dóttur berr Álfröðull, áðr hana Fenrir fari; sú skal ríða, þá er regin deyja, móður brautir, mær».
«Una figlia genera Álfröðull, prima che Fenrir la divori; cavalcherà quando gli dèi moriranno, i sentieri della madre, la fanciulla».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
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«Fjölð ek fór, fjölð ek freistaðak, fjölð ek reynda regin; hverjar ro þær meyjar er líða mar yfir, fróðgeðjaðar fara?»
«Molto viaggiai, molto feci esperienza, molto misi alla prova gli dèi. Quali sono le fanciulle che scivolano sul mare, viaggiando con animo saggio?»
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Þrjár þjóðár falla þorp yfir meyja Mögþrasis, hamingjor einar þeira í heimi ero þó þær með jötnom alaz».
«Tre stirpi giungono in campo delle fanciulle di Mögþrasir. Sole protettrici sono esse nel mondo anche se tra i giganti nutrite».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Fjölð ek fór fjölð ek freistaðak, fjölð ek reynða regin; hverir ráða æsir eignom goða, þá er sloknar Surtalogi?»
«Molto viaggiai, molto feci esperienza, molto misi alla prova gli dèi. Quali æsir reggono le proprietà degli dèi, una volta spenta la fiamma di Surtr ?»
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Víðarr ok Váli byggja vé goða, þá er sloknar Surtalogi, Móði ok Magni skolo Mjöllni hafa Vingnis at vígþroti».
«Víðarr e Váli abitano i santuari degli dèi quando si spegnerà la fiamma di Surtr . Móði e Magni possederanno Mjöllnir di Vingnir, alla fine delle battaglie».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Fjölð ek fór fjölð ek freistaðak, fjölð ek reynða regin;
«Molto viaggiai, molto feci esperienza, molto misi alla prova gli
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L'ultima domanda: vittoria di Óðinn 54
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hvat verðr Óðni at aldrlagi, þá er rjúfaz regin?»
dèi. Che ne sarà di Óðinn, alla fine dei tempi quando gli dèi mancheranno?»
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Úlfr gleypa mun Aldaföðr, þess mun Víðarr reka; kalda kjapta hann klyfja mun vitnis vígi at».
«Il lupo sbranerà con le fauci Aldaföðr . Víðarr lo vendicherà. Le fredde mascelle egli farà a pezzi combattendo col lupo».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Fjölð ek fór fjölð ek freistaðak, fjölð ek reynða regin; hvat mælti Óðinn, áðr á bál stigi, sjálfr í eyra syni?»
«Molto viaggiai, molto feci esperienza, molto misi alla prova gli dèi. Che cosa disse Óðinn, a chi saliva sul rogo lui stesso nell'orecchio del figlio?»
Vafþrúðnir kvað:
Disse Vafþrúðnir :
«Ey manne þat veit, hvat þú í ardaga sagðir í eyra syni; feigom munni mælta ek mína forna stafi ok um ragna rök; nú ek við Oðin deildak mína orðspeki; þú ert æ vísastr vera!»
«Nessun uomo sa quel che tu in principio dicesti nell'orecchio del figlio. Con la bocca di chi sta per morire ho parlato sulle cose antiche e sul destino degli dèi. Adesso con Óðinn ho provato la mia conoscenza. Sei tu il più sapiente».
NOTE 1 Óðinn kvað, Vafþrúðnir kvað. Tutte le strofe sono introdotte da una frase che informa a chi vada attribuito il dialogo seguente («disse Óðinn», «disse Vafþrúðnir»), In entrambi i manoscritti del Vafþrúðnismál , tuttavia, la frase appare in forma abbreviata. 2 (b) Herjaföðr «Padre dell'esercito», epiteto di Óðinn. 4 (e) Aldaföðr «Padre degli uomini», epiteto di Óðinn. 5 È l'unica strofa narrativa (non dialogica) del poemetto, che alcuni presumono essere un'interpolazione più tarda rispetto al resto del testo (Bellows 1936) . (e) Ímr «Scuro», presumibilmente il nome del figlio di Vafþrúðnir . (f ) Yggr «Terribile», è epiteto di Óðinn. 8 (a) Gagnráðr (nelle þulur , Gangráðr ) «Che conosce la via». Nei suoi viaggi, Óðinn si dissimula sempre sotto diversi epiteti. 10 Questa sentenza, «L'uomo che non è ricco e che dal ri cco va...», ricorda molto da vicino il genere di consigli che Óðinn dispensa nella prima parte dell' Hávamál . È probabile che questa strofa sia stata introdotta qui da qualche fonte di quel genere. 12 e 14 Skinfaxi e Hrímfaxi, i cavalli che trascinano rispettivamente il giorno e la notte, sono citati da Snorri (Gylfaginning [10]). [MITO] 13 Nel manoscritto originale, in questo e in altri passi del poemetto, la formula che introduce la strofa - e che viene ripetuta per molte strofe successive - è sovente abbreviata. 16 (a) Il fiume Ífing non è attestato in altre fonti. 18 Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [51 {54}]). (d) «Cento leghe» si è tradotto letteralmente ma bisogna ricordare che il norreno classico utilizzava una numerazione duodecimale e hundrað significava «centoventi» (solo in epoca tarda venne a indicare «cento» ma per lungo tempo i due sistemi di numerazione convissero l'uno accanto all'altro). In ogni caso il numero qui è una cifra simbolica. 19 Vafþrúðnir , impressionato dalla sapienza del suo ospite, lo invita ad accedere in sala. Egli propone di rendere interessante la gara giocando la testa su chi dei due sia il più sapiente. 20 La versione del Vafþrúðnismál tramandata dal Codex Arnamagnæanus inizia dal secondo semiverso del primo verso di questa strofa. 21 Il dettaglio della creazione del mondo a partire dal sacrificio di Ymir è ripreso nel Grímnismál [21], in una strofa talmente simile da far pensare a un'interpolazione. Queste sono le fonti citate da Snorri (Gylfaginning [10]). [MITO] 23 Il mito della nascita del sole e della luna ( Sól e Máni) è narrato da Snorri (Gylfaginning [1011]) [SAGGIO ]. Tuttavia in Snorri, Mundilfǿri non fu padre tanto del sole e della luna, quanto di due ragazzi che vennero chiamati Sól e Máni poiché erano talmente belli e splendenti da essere
paragonabili al sole e alla luna. Per questo Óðinn li rapì e li pose in cielo a guidare rispettivamente il carro solare e il carro lunare. [MITO]
27 Questa strofa è formata soltanto di due versi (uno lungo e uno pieno), e così la troviamo sia nel Codex Regius che nel Codex Arnamagnæanus. Vi è probabilmente una lacuna, come è testimoniata dall'esempio della strofa [31], formata anch'essa di soli due versi ma a cui Snorri aggiunge i due mancanti. In alcuni manoscritti recenti, la strofa è «completata» con questi due versi: «e questi due rimarranno per sempre | finché gli dèi andranno alla distruzione». Ingegnosamente, ma con scarsa verosimiglianza, Sophus Bugge propone di integrare la parte difettiva della strofa con una presunta parafrasi tratta da Snorri (Gylfaginning [19]), e scrive: «Vásaðr si chiamava il padre di Vindsvalr | gelida nell'intimo la loro schiatta» (Bugge 1867). 29 (d) Si ritiene comunemente - pur senza prove esplicite - che questo Þrúðgelmir sia il gigante dalle sei teste generato da Ymir «piede con piede» di cui si parla qui (Vafþrúðnismál [33]) e in Snorri (Gylfaginning [6]). (f ) Secondo Snorri, Aurgelmir è il nome con cui i giganti di brina chiamavano Ymir (Gylfaginning [5]). 30-31 La seconda metà della strofa [30] e tutta la [31] vengono citate da Snorri (Gylfaginning [5 {8}]). Si noti chenei due manoscritti del Vafþrúðnismál , la strofa [31] conteneva soltanto la prima metà: «Fuori dagli Elivágar | schizzavano gocce di veleno | e crebbero finché ne sortì un gigante». È Snorri a citare la strofa completa, aggiungendo: la seconda metà del verso: «Di là le nostre stirpi | vennero tutte del pari originate, | sono per questo progenie perversa.». Che noi abbiamo integrato. 35 Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [7 {9}]). L'interpretazione del passo su Bergelmir è molto discussa e la spiegazione di Snorri sembra allontanarsi dalle intenzioni del passo originale [MITO]. Si veda qui per un'interpretazione più dettagliata del testo [ SAGGIO ]. 37 Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [18 {28}]). 38 Con questa strofa la formula introduttiva cambia leggermente: ma è molto interessante notare il gioco di variazioni nelle varie formule, che preludono al finale. 41 Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [41 {48}]). 42 (d) Si è preferito letteralmente con «rune» la parola originale rúnar . Naturalmente si può anche intendere questo rúnar , come fanno molti commentatori, in senso traslato. Piergiuseppe Scardigli traduce ad esempio «dei misteri dei giganti e degli dèi tutti tu dici quel ch'è senz'ombra vero» (Scardigli 1982). Ma in questa parola rúnar è compresa, in più, la conoscenza delle cose occulte e profonde. Più etimologicamente, ma un po' forzando il significato, si può ancora intendere rúnar con quelle parole di conoscenza e di potere di cui si può soltanto sussurrare a bassa voce. «Riguardo a cosa mormorano tra loro gli dèi e i giganti tu, Vafþrúðnir , dici il vero». La parola rúnar comprende insieme tutto questo: quindi la nostra decisione di tradurre con «rune». Stessa traduzione al verso [43a]. 45 Strofa citata da Snorri ( Gylfaginning [53]). 47 Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [53]). (b) Alfröðull «Splendore degli elfi, gloria degli
elfi» è una kenning , o forse un epiteto, di Sól. Il sostantivo röðull indica l'aureola o la gloria regale. Si tratta di un concetto-chiave del pensiero indoeuropeo col quale viene intesa l'aura di maestà che ammantava i legittimi sovrani; ne troviamo un perfetto parallelo in antico persiano, dove questo concetto veniva indicata col termine xvarənāh, a cui corrispondeva il termine xvarə- «sole». Anche in norreno, come nel nostro caso, il termine viene utilizzato nei costrutti poetici col significato di «sole».
49 (c) Chi sono le «fanciulle di Mögþrasir »? Quest'ultimo nome, il cui significato è «desideroso di figli», non è citato in nessun'altra fonte. Si tratta di un riferimento a un mito sconosciuto, su cui non si può dir nulla. 51 Strofa citata da Snorri ( Gylfaginning [53]). (f ) Vingnir è epiteto di Þórr . 53 (b) Qui, come in precedenza al verso [4e], Aldaföðr «Padre degli uomini» è epiteto di Óðinn. 54 (f ) Il figlio di Óðinn è Baldr , di cui Snorri narra diffusamente il funerale (Gylfaginning [49]), anche se il dettaglio delle parole misteriose che Óðinn avrebbe sussurrato all'orecchio del figlio morto, è presente soltanto in questa fonte. 55 Solo Óðinn può sapere cosa ha egli sussurrato alle orecchie di Baldr : da questo dettaglio, Vafþrúðnir comprende che la persona che ha di fronte altri non è che Óðinn stesso. Naturalmente il gigante non può rispondere alla domanda che il dio gli ha posto, diciamo pure, un po' slealmente. Ma quale fosse quella domanda, i testi hanno mantenuto il segreto.
GRÍMNISMÁL IL DISCORSO DI GRÍMNIR Prologo Grímnir inizia a parlare (1-3) Descrizione delle dimore divine (4-17) La Valhöll (9-10) La cucina della Valhöll (18) Lupi e corvi (19-20) Ancora sulla Valhöll (21-26) I fiumi dell'universo (27-29) I destrieri degli dèi (30) Il frassino Yggdrasill (31-35) Le valchirie (36) Il sole e la luna (37-39) Il sacrificio di Ymir (40-42) Le cose migliori (43-44) I nomi di Óðinn (45-50) Si rivela Óðinn (51-54) Epilogo Note
Prologo
GRÍMNISMÁL
IL DISCORSO DI GRÍMNIR
Hrauðungr konungr átti tvá sono; hét annarr Agnarr, en annarr Geirrøðr. Agnarr var x. vetra, en Geirrøðr viii. vetra. Þeir rero tveir á báti með dorgar sínar at smáfiski. Vindr rak þá í haf út. Í náttmyrkri bruto þeir við land ok gengo upp, fundo kotbónda einn. Þar vóro þeir um vetrinn. Kerling fóstraði Agnar, en karl Geirrøð. At vári fekk karl þeim skip. En er þau kerling leiddo þá til
Re Hrauðungr aveva due figli: l'uno si chiamava Agnarr, l'altro Geirrøðr. Agnarr era di dieci inverni, Geirrøðr di otto inverni. I due remavano in una barca, con lenze per piccoli pesci. Il vento li spinse al largo. Nell'oscurità della notte toccarono terra; scesero e trovarono una masseria. Là trascorsero l'inverno. La padrona della masseria si prese cura di Agnarr, il padrone di Geirrøðr.
strandar, þá mælti karl einmæli við Geirrøð.
Giunta la primavera, l'uomo procurò loro un battello. Mentre la donna li guidava alle spiagge, l'uomo si fermò a parlare da solo con Geirrøðr.
Þeir fengo byr ok kvómo til stöðva föðurs síns. Geirrøðr var fram í skipi; hann hljóp upp á land, en hratt út skipino ok mælti: «Farðu þar er smyl hafi þik!» Skipit rak út, en Geirrøðr gekk upp til bæjar. Hánom var vel fagnat; þá var faðir hans andaðr. Var þá Geirrøðr til konungs tekinn ok varð maðr ágætr.
[I due fratelli] ebbero un vento favorevole e raggiunsero la casa del padre loro. Geirrøðr stava a prua; balzò sulla riva e spinse via la barca dicendo: «Vattene dove ti piglino gli spiriti maligni!» Il battello fu trascinato al largo mentre Geirrøðr saliva verso le case. Vi venne ben accolto, ché suo padre era morto. Geirrøðr venne fatto re e si fece gran fama tra gli uomini.
Óðinn ok Frigg sáto í Hliðskjálfo ok sá um heim alla. Óðinn mælti: «Sér þu Agnar fóstra þinn, hvar hann elr börn við gýgi í hellinom? En Geirrøðr fóstri minn er konungr ok sitr nú at landi».
Óðinn e Frigg sedevano in Hliðskjálfr e da là scrutavano tutto il mondo. Óðinn disse: «Guarda Agnarr, il tuo figliastro, che genera mostri con una gigantessa in quella caverna. Invece il mio figliastro Geirrøðr è ora un sovrano e regna sulla terra».
Frigg segir: «Hann er matníðingr sá, at hann kvelr gesti sína ef hánom þikkja of margir koma». Óðinn segir at þat er in mesta lygi. Þau veðja um þetta mál.
Frigg disse: «[Geirrøðr] è così avaro che al banchetto maltratta gli ospiti, se gli sembra che vengano in troppi». Óðinn disse che questa era una menzogna e i due dèi fecero una scommessa.
Frigg sendi eskismey sína, Fullo, til Geirrøðar. Hón bað konung varaz at eigi fyrirgerði hánom
Frigg inviò la sua damigella Fulla da Geirrøðr. Ella invitò il re a diffidare di un uomo
fjöllkunnigr maðr, sá er þar var kominn í land, og sagði þat mark á, at engi hundr var svá ólmr at á hann myndi hlaupa.
Grímnir inizia a parlare
1
2
esperto in incantesimi, giunto nelle sue terre. E aggiunse che aveva un segno riconoscimento: nessun cane, per quanto aggressivo, gli si sarebbe avventato.
En þat var inn mesti hégómi at Geirrøðr væri eigi matgóðr. Ok þó lætr hann handtaka þann mann er eigi vildo hundar á ráða. Sá var í feldi blám ok nefndiz Grímnir, ok sagði ekki fleira frá sér, þótt hann væri at spurðr. Konungr lét hann pína til sagna ok setja milli elda tveggja, ok sat hann þar viii. nætr.
La calunnia più grande era che Geirrøðr non fosse ospitale. Il re fece dunque catturare l'uomo che i cani non vollero aggredire. Avvolto in un mantello azzurro, questi disse di chiamarsi Grímnir e non disse altro, sebbene venisse duramente interrogato. Il re lo fece torturare affinché parlasse, facendolo sedere tra due fuochi e lì egli rimase seduto per otto notti.
Geirrøðr konungr átti son x. vetra gamlan, ok hét Agnarr eptir bróður hans. Agnarr gekk at Grímni ok gaf hánom horn fult at drekka, sagði at konungr gørði illa er hann lét pína hann saklausan. Grímnir drakk af. Þá var eldrinn svá kominn at feldrdinn brann af Grímni.
Re Geirrøðr aveva un figlio di dieci inverni, che si chiamava Agnarr, come suo fratello. Agnarr andò da Grímnir e gli porse un corno ricolmo da bere. Disse che il re sbagliava a torturare un innocente. Grímnir bevve. Le fiamme si erano avvicinate così tanto che il mantello di Grímnir prese fuoco.
Hann kvað:
Egli disse:
Heitr ertu, hripuðr, ok heldr til mikill; göngomk firr, funi! loði sviðnar, þótt ek á lopt berak, brennomk feldr fyrir.
Sei caldo, o tu che m'incalzi, e davvero troppo grande! Vattene da me, o fuoco! La stoffa si è incendiata nonostante io la scosti, mi si brucia il mantello!
Átta nætr
Otto notti
Descrizione delle dimore divine
sat ek milli elda hér, svá at mér mangi mat ne bauð, nema einn Ágnarr er einn skal ráða, Geirrøðar sonr, gotna lande.
seduto tra i fuochi, e nessuno mi ha portato cibo. Tranne uno, Agnarr, che unico regnerà, il figlio di Geirrøðr, sulla terra dei Goti.
3
Heill skaltu, Agnarr, allz þik heilan biðr Veratýr vera; eins drykkjar þú skalt aldregi betri gjöld geta.
Salute a te, Agnarr! Ché per te salute Veratýr invoca. Per una sola bevuta mai riceverai miglior ricompensa!
4
Land er heilagt er ek liggja sé ásom ok álfom nær; en í Þrúðheimi skal Þórr vera, unz um rjúfaz regin.
Sacra è la terra ch'io stendersi vedo agli Æsir e agli elfi vicina. In Þrúðheimr vi sarà Þórr finché non crolleranno gli dèi.
5
Ýdalir heita, þar er Ullr hefir sér um görva sali. Álfheim Frey gáfo i árdaga tívar at tannfé.
Ýdalir si chiama il luogo dove Ullr ha costruito per sé una corte. Álfheimr a Freyr donarono in principio gli dèi per il suo primo dente.
6
Bær er sá inn þriði, er blið regin silfri þökðo sali; Valaskjálfr heitir, er vélti ser áss i árdaga.
Altra dimora è la terza che gli dèi soavi con argento ricoprirono a farne una corte. Valaskjálf si chiama quel [palazzo] che costruì per sé l'áss al principio dei tempi.
7
Søkkvabekr heitir enn fjórði, en þar svalar knego unnir yfir glymja; þar þau Óðinn ok Sága drekka um alla daga glöð or gullnom kerom.
Søkkvabekkr si chiama la quarta, là dove possono gelide onde sopra scrosciare. Là Óðinn e Sága bevono tutti i giorni, lieti, in coppe d'oro.
Glaðsheimr heitir enn fimti, þars en gullbjarta Valhöll við of þrumir; en þar Hroptr kýss hverjan dag vápndauða vera.
Glaðsheimr si chiama la quinta in cui splendente d'oro la vasta Valhöll si trova; e là Hroptr sceglie ogni giorno gli uomini caduti nella mischia.
Mjök er auðkent þeim er til Óðins koma salkynni at sjá: sköptom er rann rept, skjöldom er salr þakiðr, brynjom un bekki strát.
È assai riconoscibile per quelli che vengono a Óðinn, l'aspetto del salone: da lance il tetto è sorretto, da scudi il salone è coperto, da corazze le panche son tratte.
Mjök er auðkent þeim er til Óðins koma salkynni at sjá: vargr hangir fyr vestan dyrr ok drúpir örn yfir.
È assai riconoscibile per quelli che vengono a Óðinn, l'aspetto del salone: un lupo è appeso dinanzi all'ingresso occidentale e si leva l'aquila sopra.
11
Þrymheimr heitir enn sétti, er Þjazi bjó, sá inn ámátki jötunn; en nú Skaði byggvir, skír brúðr goða, fornar tóptir föður.
Þrymheimr si chiama la sesta dove Þjazi viveva, quel detestabile gigante. Ora Skaði risiede, pura sposa degli dèi, nell'antica dimora del padre.
12
Breiðablik ero in sjundo, en þar Baldr hefir sér um gerva sali, á því landi er ek liggja veit fæsta feiknstafi.
Breiðablik è la settima là dove Baldr ha per sé innalzato una corte. In quella terra dove io so che si trovano pochissime rune malvagie.
13
Himinbjörg ero en átto, en þar Heimdall kveða valda véom; þar vörðr goða drekkr í væro ranni
Himinbjörg è l'ottava là dove Heimdallr – dicono – governi i templi. Là la sentinella degli dèi beve nella comoda dimora,
8
La Valhöll
9
10
glaðr inn góða mjöð.
lieto, il divino mjöðr .
Fólkvangr er inn níundi, en þar Freyja ræðr sessa kostom i sal; halfan val hon kýss hverjan dag en hálfan Óðinn á.
Fólkvangr è la nona, là dove Freyja stabilisce i posti al banchetto. La metà dei caduti ella sceglie ogni giorno; l'altra metà spetta a Óðinn.
15
Glitnir er inn tíundi, hann er gulli studdr ok silfri þakðr it sama; en þar Forseti byggir flestan dag ok svæfer allar sakir.
Glitnir è la decima, sorretta da pilastri d'oro e d'argento ancora ricoperta. Là Forseti abita la maggior parte del giorno e appiana tutte le contese.
16
Nóatún ero en ellipto, en þar Njörðr hefir sér um görva sali, manna þengill enn meins vani hátimbroðonm hörgi ræðr.
Nóatún è l'undicesima là dove Njörðr ha per sé innalzato una corte. Degli uomini sovrano il vanr immacolato su imponenti templi regna.
17
Hrísi vex ok há grasi Víðars land viði; en þar mögr of læzk af mars baki frækn at hefna föður.
Cespugli crescono ed erba alta nella boscosa terra di Víðarr . Là si farà il ragazzo in groppa ai destrieri abile a vendicare il padre.
18
Andhrímnir lætri í Eldhrímne Sæhrímne soðinn, fleska bezt; en þat fáir vito við hvat einherjar alaz.
Andhrímnir fa in Eldhrímnir Sæhrímnir bollire, la carne migliore. E questo in pochi lo sanno, di che cosa gli Einherjar si nutrano.
19
Gera ok Freka seðr gunntamiðr, hróðigr Herjaföðr; en við vín eitt vápngöfugr Óðinn æ lifir.
Geri e Freki nutre, avvezzo alla guerra, Herjaföðr glorioso. Ma soltanto col vino fiero nell'armatura, Óðinn vive per sempre.
14
La cucina della Valhöll
Lupi e corvi
Ancora sulla Valhöll
20
Huginn ok Muninn fljúga hverjan dag örmungrund yfir; óumk ek of Hugin at hann aptr ne komit, þó sjámk meirr um Munin.
Huginn e Muninn volano ogni giorno alti intorno alla terra. Io ho timore per Huginn che non ritorni; ma ho ancora più timore per Muninn.
21
Þýtr þund, unir þjóðvitnis fiskr flóði í; árstraumr þikkir ofmikill valglaui at vaða.
Il Þund rumoreggia, nuota di «Þjóðvitnir il pesce» nell'onda. Il vortice si mostra periglioso al guado della Valhöll.
Valgrind heitir, er stendr velli á heilög fyr helgom durom; forn er sú grind, en þat fáir vito, hvé hón er i lás lokin.
Valgrind si chiama quel che s'erge sul campo, sacro dinanzi alle sacre porte; antico è quel cancello: e in pochi sanno come funzioni il chiavistello.
23
Fimm hundruð gólfa ok um fjórom tøgom, svá hýgg ek Bilskirnni með bugom; ranna þeira er ek rept vita míns veit ek mest magar.
Cinquecento stanze e ancora quaranta credo vi siano in Bilskírnir , ricca d'archi; di tutti gli edifici che io sappia abbiano un tetto, so che il più grande è di mio figlio.
24
Fimm húndruð dura ok um fjórom tøgom, svá hygg ek at Vallhöllo vera; átta hundruð einherja ganga senn ór einom durom, þá er þeir fara at vitni at vega.
Cinquecento porte e ancora quaranta credo vi siano nella Valhöll; ottocento Einherjar usciranno insieme da ciascuna porta quando andranno a battersi col lupo.
25
Heiðrún heitir geit, er stendr höllo á [Herjaföðrs] ok bítr af læraðs limom;
Heiðrún si chiama la capra che si erge sulla sala [di Herjaföðr ] e bruca le fronde del
22
skapker fylla hón skal ins skíra mjaðar, knáat sú veig vanaz.
I fiumi dell'universo
Læraðr . Il calderone riempirà lei di quel chiaro idromele, un liquore che non può mancare.
26
Eikþyrnir heitir hjörtr, er stendr á höllo Herjaföðrs ok bítr af Læraðs limom; en af hans hornom drýpr i Hvergelmi, þaðan eigo vötn öll vega.
Eikþyrnir si chiama il cervo che si erge sulla sala di Herjaföðr e bruca le fronde del Læraðr . Dalle sue corna cadono gocce in Hvergelmir , da cui prendono le acque ogni via.
27
Síð ok Víð, Sækin ok Ækin, Svöl ok Gunnþró, Fjörm ok Fimbulþul, Rín ok Rennandi, Gipul ok Göpul, Gömul ok Geirvimul, þær hverfa um hodd goða, Þyn ok Vin, Þöll ok Höll, Gráð ok Gunnþorin.
Síð e Víð, Sekin ed Ekin, Svöl e Gunnþrá, Fjörm e Fimbulþul, Rín e Rennandi, Gipul e Göpul, Gömul e Geirvimul, questi scorrono accanto ai tesori divini. Þyn e Vin, Þöll e Höll, Gráð e Gunnþráin.
28
Vína heitir enn, önnor Vegsvinn, þriðja Þjóðnuma, Nyt ok Nöt, Nönn ok Hrönn, Slíð ok Hrið, Sylgr ok Ylgr, Víð ok Ván, Vönd ok Strönd, Gjöll ok Leiptr, þær falla gumnom nær, en falla til heilar heðan.
Vína si chiama l'uno, il secondo Vegsvinn, il terzo Þjóðnuma, Nýt e Nöt, Nönn e Hrönn, Slíðr e Hríð, Sylgr e Ylgr , Víð e Ván, Vönd e Strönd, Gjöll e Leiptr , questi scendono presso gli uomini e precipitano poi nel regno dei morti.
29
Körmt ok Örmt ok Kerlaugar tvær,
Körmt e Örmt e i due Kerlaugar ,
þær skal Þórr vaða hverjan dag er hann dæma ferr at aski Yggdrasils, þvíat Ásbrú brenn öll loga, heilög vötn hlóa.
I destrieri degli dèi
Il frassino Yggdrasill
questi deve Þórr guadare ogni giorno quando si reca al consiglio presso il frassino Yggdrasill, altrimenti l'ásbrú brucerebbe tutto in fiamme, le acque sacre ribollirebbero.
Glaðr ok Gyllir, Gler ok Skeiðbrimir, Silfrintoppr ok Sinir, Gísl ok Falhófnir, Gulltoppr ok Léttfeti, þeim ríða æsir jóm dag hvernn, er þeir dæma fara at aski Yggdrasils.
Glaðr e Gyllir, Gler e Skeiðbrimir, Silfrintoppr e Sinir, Gísl e Falhófnir, Gulltoppr e Léttfeti, su questi destrieri cavalcano gli Æsir ogni giorno quando si recano al consiglio presso il frassino Yggdrasill.
Þrjár rætr standa á þrjá vega undan aski Yggdrasils; Hel býr undir einni, annarri hrímþursar, þriðjo mennzkir menn.
Tre radici si estendono in tre direzioni sotto il frassino Yggdrasill; Hel sotto l'una dimora, sotto l'altra i giganti di brina, sotto la terza gli esseri umani.
32
Ratatoskr heitir íkorni, er renna skal at aski Yggrdrasils; arnar orð hann skal ofan bera ok segja Níðhöggvi niðr.
Ratatoskr si chiama lo scoiattolo che correrà sul frassino Yggdrasill; dell'aquila le parole dall'alto porterà e le riferirà a Níðhöggr in basso.
33
Hirtir ero ok fjórir, þeirs af hæfingar á gaghálsir gnaga: Dáinn ok Dvalinn, Dúneyrr ok Duraþrór.
Ci sono poi i cervi, quattro che i più alti ramoscelli (?) tendendo il collo brucano. Dáinn e Dvalinn, Dúneyrr e Duraþrór .
34
Ormar fleiri
Serpenti numerosi
30
31
liggja under aski Yggdrasils en þat uf hyggi hverr ósviðra apa: Góinn ok Móinn, þeir ero Grafvitnis synir, Grábakr ok Grafvölluðr, Ofnir ok Svafnir hygg ek at æ skyli meiðs kvisto má.
stanno sotto il frassino Yggdrasill, più di quanti credino gli insavi; Góinn e Móinn, (sono di Grafvitnir i figli) Grábakr e Grafvölluðr , Ofnir e Svafnir sempre dovranno, io credo, rodere i rami dell'albero.
Askr Yggdrasils drýgir erfiði meira enn menn viti: hjörtr bitr ofan, en á hliðo fúnar, skerðer Níðhöggr neðan.
Il frassino Yggdrasill sopporta pene più grandi di quanto gli uomini sappiano: il cervo lo bruca in alto, da un parte marcisce lo rode Níðhöggr da sotto.
36
Hrist ok Mist vil ek at mér horn beri, Skeggjöld ok Skögul, Hildi ok Þrúði, Hlökk ok Herfjötur, Göll ok Geirölul, Randgríð ok Ráðgríð ok Reginleif; þær bera einherjom öl.
Hrist e Mist voglio che mi portino il corno, Skeggjöld e Skögul, Hildi e Þrúði, Hlökk e Herfjötur, Göll e Geirölul, Randgríð e Ráðgríð e Reginleif; queste portano birra agli Einherjar .
37
Árvakr ok Alsviðr, þeir skolo upp heðan svangir sól draga; en und þeira bógóm fálo blíð regin æsir, ísarnkol.
Árvakr e Alsviðr , da qui devono trascinare faticosamente il sole; ma sotto i loro petti nascosero gli dèi sir , un riparo di ferro.
38
Svalinn heitir, hann stendr sólo fyrir, skjöldr, skínanda goði; björg ok brim ek veit at brenna skolo ef hann fellr í frá.
Svalinn si chiama quel che si leva davanti al sole, scudo, dinanzi alla divinità splendente; monti e mari lo so che brucerebbero se da lì cadesse.
39
Sköll heitir úlfr,
Skoll si chiama il lupo
35
Le valchirie
Il sole e la luna
Il sacrificio di Ymir
Le cose migliori
er fylgir eno skirleita goði til varna viðar; en annarr Hati, hann er Hróðvitnis sonr, sá skal fyr heiða brúði himins.
che insegue la divinità splendente al riparo tra i boschi; ma un secondo, Hati; (lui è di Hróðvitnir il figlio) precederà la chiara sposa del cielo.
40
Ór Ymis holdi var jörð um sköpuð, en ór sveita sær, björg ór beinom, haðmr ór hári, en ór hausi himinn.
Dalla carne di Ymir fu la terra creata dal sangue il mare, le montagne dalle ossa, gli alberi dai capelli, dal cranio il cielo.
41
En ór hans brám gerðo blið regin miðgarð manna sonom; en ór hans heila vóro þau in harðmóðgo ský öll um sköpuð.
Dalle sue sopracciglia fecero gli dèi benedetti Miðgarðr per i figli degli uomini; dal suo cervello vennero le tempestose nuvole tutte create.
42
Ullar hylli hefr ok allra goða hverr er tekr fyrstr á funa; þvíat opnir heimar verða um ása sonum, þá er hefja af hvera.
Di Ullr ha il favore e di tutti gli dèi chi tocca per primo il fuoco; poiché visibili si fanno le case dei figli degli Æsir , una volta tolti i calderoni.
43
Ívalda synir gengo í árdaga skíðblaðni at skapa, skipa bezt, skírom Frey, nýtom Njarðar bur.
I figli di Ívaldi andarono al principio a forgiare Skíðblaðnir, nave propizia per il luminoso Freyr , il benedetto figlio di Njörðr .
44
Askr Yggdrasils, hann er æztr viða, en Skíðblaðnir skipa, Óðinn ása, en jóa Sleipnir, Bilröst brúa, en Bragi skálda, Hábrók hauka,
Il frassino Yggdrasill è il migliore tra gli alberi, Skíðblaðnir tra le navi, Óðinn tra gli Æsir , e tra i cavalli Sleipnir, Bilröst tra i ponti e Bragi tra gli scaldi, Hábrók tra i falchi
I nomi di Óðinn
en hunda Garmr.
e tra i cani Garmr .
45
Svipom hefi ek nú ypt fyr sigtíva sonom, við þat skal vilbjörg vaka; öllom ásom þat skal inn koma Ægis bekki á, Ægis drekko at.
Il volto ho innalzato dinanzi ai figli degli dèi vittoriosi, con ciò si desterà la sospirata salvezza; per tutti gli Æsir , e questo verrà sulla panca di Ægir , nella taverna di Ægir .
46
Hétomk Grímr, hétomk Gangleri, Herjan ok Hjálmberi, Þekkr ok Þriði, Þuðr ok Uðr, Helblindi ok Hár;
Mi chiamo Grímr , mi chiamo Gangleri, Herjan e Hjálmberi, Þekkr e Þriði, Þuðr e Uðr , Helblindi e Hár ;
47
Saðr ok Svipall ok Sanngetall, Herteitr ok Hnikarr, Bileygr, Báleygr Bölverkr, Fjölnir, Grímr ok Grímnir, Glapsviðr ok Fjölsviðr;
Saðr e Svipall e Sanngetall, Herteitr e Hnikarr , Bileygr , Báleygr Bölverkr , Fjölnir , Grímr e Grímnir , Glapsviðr e Fjölsviðr ;
48
Síðhöttr, Síðskeggr, Sigföðr, Hnikuðr, Alföðr, Valföðr, Atríðr ok Farmatýr; eino nafni hétomk aldregi, síz ek með fólkom fór.
Síðhöttr , Síðskeggr , Sigföðr , Hnikuðr , Allföðr , Valföðr , Atríðr e Farmatýr ; con un nome soltanto non mi chiamo mai quando io tra le genti viaggio.
49
Grímne mik héto at Geirrøðar, en Jálk at Ásmundar, enn þá Kjalar, er ek kjálka dró; Þrór þingom at, Viðurr at vígom, Óski ok Ómi, Jafnhár ok Biflindi, Göndlir ok Hárbarðr með goðom;
Grímnir son chiamato presso le genti di Geirrøðr , e Jálkr presso le genti di Ásmundr, e poi Kjalarr , perché tirai una slitta, Þrór nelle assemblee Viðurr nelle battaglie, Óski e Ómi, Jafnhár e Biflindi, Göndlir e Hárbarðr tra gli dèi;
Si rivela Óðinn
50
Sviðurr ok Sviðrir er ek hét at Søkkmímis, ok dulða ek þann inn alda ötun, þá er ek Miðviðnis vark ins mæra burar orðinn einbani.
Sviðurr e Sviðrir sono chiamato presso Søkkmímir , e ingannai quell'antico gigante quando io stesso divenni del prode figlio di Miðviðnir il solo uccisore.
51
Ölr ertu, Geirrøðr! hefr þú ofdrukkit; miklo ertu hnugginn, er þú ert míno gengi, öllom einherjom ok Óðins hylli.
Ubriaco tu sei, Geirrøðr! Troppo tu hai bevuto. Di una gran cosa ti sei privato se lo sei del mio aiuto; e del favore di Óðinn di tutti gli Einherjar !
52
Fjölð ek þér sagða, en þú fátt um mant; of þik véla vinir; mæki liggja ek sé míns vinar alklan í dreyra drifinn.
Molto io ti ho detto e tu poco ricordi; ti ingannano gli amici; la spada giacere io vedo del mio amico tutta sporca di sangue.
Eggmóðan val nú mun Yggr hafa; þitt veit ek líf um liðit; úfar ro dísir, nú knáttu Óðin sjá, nálgaztu mik ef þú megir!
Un cadavere ucciso di spada ora questo avrà Yggr . So che la tua vita è trascorsa. Avverse ti sono le dísir : Ora puoi tu Óðinn vedere, avvicìnati a me, se ne hai forza!
Óðinn ek nú heiti, Yggr ek áðan hét, hétomk Þundr fyrir þat, Vakr ok Skilfingr, Váfuðr ok Hroptatýr, Gautr ok Jálkr með goðom, Ofnir ok Svafnir, er ek hygg at orðnir sé allir af einom mér.
Óðinn ora io chiamo, Yggr un tempo avevo nome; chiamato Þundr ancor prima, Vakr e Skilfingr , Váfuðr e Hroptatýr , Gautr e Jálkr tra gli dèi, Ófnir e Sváfnir , i cui pensieri vengono tutti da me soltanto!
Geirrøðr konungr sat ok
Re Geirrøðr sedeva con la
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Epilogo
hafði sverð um kné sér, ok spada sulle sue ginocchia, brugðit til miðs. En er hann sguainata a metà. Quando heyrði at Óðinn var þar egli udì che era venuto kominn, stóð hann upp ok Óðinn, si alzò con vildi taka Óðin frá eldinom. l'intenzione di togliere Sverðit slapp ór hendi Óðinn dal centro dei hánom, visso hjöltin niðr. fuochi. La spada gli cadde Konungr drap fæti ok di mano, l'elsa verso il steyptiz áfram, en sverðit basso. Il re mise un piede stóð í gögnom hann, ok in fallo e cadde in avanti, la fekk hann bana. Óðinn spada lo trafisse ed egli hvarf þá. En Agnarr var þar morì. Óðinn allora konungr lengi síðan. scomparve. E Agnarr fu re per lungo tempo.
NOTE Prologo — Mentre il testo del Grímnismál - che consiste nel monologo di Óðinn - è in poesia, il prologo e l'epilogo sono in prosa (si tratta di interpolazioni più tarde di due o tre secoli rispetto alla datazione del testo, il quale risale al X secolo). — Il padrone e la padrona della masseria nel testo originale sono indicati con le parole karl e kerling : i termini indicano due appartenenti alla classe degli uomini liberi, per quanto non di stirpe nobile (cfr. medio inglese carle «persona comune»). 2 — (g) Difficile è localizzare questa «terra dei Goti» [ Gotna lande]. Il Götland è principalmente una regione della Svezia occidentale, toponimo che presuppone la forma antica Gautar come designazione del popolo che la abitava. Da essi si sarebbero mossi, intorno al I secolo, genti destinate a formare il popolo germanico orientale dei Goti, distinto in Ostrogoti e Visigoti (Manganella 1979), a cui il testo potrebbe ancora riferirsi. Senza dimenticare che con «Goti» si intendeva spesso, in maniera generica, il complesso meridionale dei popoli germanici. 3 — (c) Veratýr «Dio degli uomini» è epiteto di Óðinn. 4 — (d) Þrúðheimr «casa della forza» è il nome del territorio celeste posseduto da Þórr . Nell' Edda in prosa, il suo nome, tuttavia, è Þrúðvangar «campi della forza» (Gylfaginning [21 | 47] | Skáldskaparmál [25]). Vi sorge la dimora del dio, Bilskírnir , descritta alla strofa [24]. 5 — (d-f ) Era usanza degli antichi Scandinavi di fare un dono al bambino quando metteva il suo primo dente, usanza che sembra si sia conservata in Islanda fino a tempi molto recenti. Per il suo primo dente, Freyr avrebbe ricevuto in dono l'intero mondo degli elfi [Álfheimr ], dettaglio che non ha riferimenti in altri testi. 6 — (d-f ) Valaskjálfr è la reggia di Óðinn. L' áss che la «costruì per sé» all'inizio dei tempi è
dunque lo stesso Óðinn.
8 — Hroptr , epiteto di Óðinn. 10 — Perché la formula d'apertura di questa strofa è identica a quella della strofa precedente, entrambi i manoscritti (sia il Codex Regius che il Codex Arnamagnæanus) la scrivono qui in forma abbreviata. 11 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [23 {33}]). 12 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [22 {32}]). 13 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [27 {37}]). 15 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [32 {39}]). 17 — (b) Seguendo la lezione dei migliori interpreti del testo, abbiamo tradotto Víðars land viði con «nella boscosa terra di Víðarr », dal norreno viðr «bosco» (cfr. inglese wood ). Alcuni studiosi ritengono tuttavia che la parola viði vada intesa come nome proprio: «in Viði, terra di Víðarr » (Bellows 1936). La difficoltà di tale interpretazione sta nel fatto che questo toponimo non compare in altre fonti mitologiche. 18 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [38 {44}]). 19 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [38 {45}]). — (c) Herjaföðr «Padre degli eserciti», è epiteto di Óðinn. 20 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [38 {46}]). 21 — Questa strofa è tra le più difficili da interpretare di tutto il poema, sulla quale sono stati versati i proverbiali fiumi d'inchiostro. Letta in progressione con le strofe successive (essendo la [23] un'interpolazione), sembra narrare la difficile ascesa in cielo degli Einherjar [21], che quindi attraversano i cancelli di Valgrind [22] e quindi accedono nella Valhöll [24]. — (c) Il Þund «tonante» è probabilmente un fiume che rende difficoltoso l'accesso alla Valhöll. — (b-c) Il nome Þjóðvitnir «lupo del popolo» è un hápax legómen, non comparendo in nessun altro testo conosciuto; gli studiosi tendono a interpretarlo come un appellativo di Fenrir , ma questo non spiega la kenning «pesce di Þjóðvitnir », della quale non si comprende il significato. Secondo l'elegante ipotesi di Eysteinn Björnsson, il nome Þjóðvitnir sarebbe invece un epiteto di Heimdallr . Il termine vitnir , infatti, prima di specializzarsi nel senso di «lupo», significava letteralmente «[colui che ha] i sensi aguzzi» (da vit «sensi»). Analogamente þjóð-, come prefisso nei nomi maschili, può fungere da accrescitivo. Interpretato in questo modo, il nome Þjóðvitnir può adattarsi perfettamente a Heimdallr , del quale appunto si diceva fosse in grado di scorgere qualsiasi cosa fino a cento leghe di distanza, e di percepire il rumore dell'erba che cresce sulla terra o quello della lana sul dorso delle pecore. In quanto al «pesce di Þjóðvitnir », secondo Eysteinn, sarebbe appunto il ponte Bifröst, alla cui estremità Heimdallr sta eternamente di vedetta. Per giustificare la sua asserzione, lo studioso nota che in norreno (ma anche in islandese moderno) la coda del pesce e la testa del ponte sono indicate con la medesima parola, sporðr (cfr. brúar sporði «l'estremità del ponte», in Sigrdrífumál [16]). L'intera strofa descriverebbe l'ascesa degli Einherjar lungo il ponte arcobaleno, il quale
permette loro di scavalcare i fiumi cosmici che scorrono in cielo, di cui il Þund – forse ipostasi dell'atmosfera percorsa dai venti e vibrante del rombo del tuoni – è evidentemente uno dei più difficili da guadare. [SAGGIO] (Björnsson 2000)
23 — La presenza di questa strofa [23] sulla sala Bílskirnir di Þrúðheimr, nel bel mezzo di una sezione di strofe incentrate sulla Valhöll [21-26], fa pensare a un'interpolazione. Né basta a giustificarla il parallelismo nel numero delle porte e delle stanze tra la sala di Bílskirnir (23) e la sala di Valhöll descritta nella strofa successiva [24]. È interessante che Snorri, pur citando entrambe le strofe, lo fa in contesti diversi: cita la [23] nel capitolo in cui tratta di Þórr (Gylfaginning [21]) ma la [24] molto più avanti, quando racconta del Ragnarøkr (Gylfaginning [40]). 24 — La difficoltà del calcolo è che húndruð in norreno significava originariamente «centoventi» e solo in seguito questa parola venne usata per «cento». Dunque, se si intende l' húndruð di «centoventi», seicentoquaranta sono le porte della Valhöll e novecentosessanta gli Einherjar che usciranno da ciascuna di esse (640 x 960 = 614.400); se si intende l' húndruð di «cento», cinquecentoquaranta sono le porte di Valhöll e ottocento gli Einherjar che usciranno da ciascuna di esse (540 x 800 = 432.000). Considerazioni legate alla durata del ciclo della precessione degli equinozi indicherebbero nel secondo calcolo le cifre corrette (De Santillana ~ Von Dechend 1969) , anche se i filologi preferiscono in genere attenersi al valore tradizionale di húndruð come «centoventi». 25 e 26 — (b) «Casa di Herjaföðr » è presumibilmente una kenning per indicare la Valhöll. 27-28 — Il novero dei fiumi cosmici è abbastanza confuso, l'ortografia dei nomi varia nei manoscritti del Grímnismál . Oltretutto nella sua opera Snorri riprende alcuni di questi nomi di fiumi, dandone due elenchi tra loro assai differenti (Gylfaginning [4 | 39]). Per un approfondimento sui fiumi cosmici, si veda il capitolo apposito [MITI]. — Secondo Sophus Bugge, le strofe [27-30] sarebbero in blocco un'interpolazione (Bugge 1867); altri editori che pure hanno accettato il passaggio, hanno invece espunto dei versi. 29 — (g) L'ásbrú «Ponte degli Æsir» è ovviamente il ponte Bilröst (secondo Snorri, Bifröst), l'arcobaleno che unisce la terra al cielo. Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [15 {22}]). — (h) Non si capisce perché il ponte vada a fuoco se vi transiti Þórr : forse vi è un riferimento a un mito che non conosciamo [MITI]. 33 — Alcuni studiosi, tra cui Sophus Bugge, pensano che questa strofa possa essere interpolata. Snorri, che pure riporta integralmente le due strofe successive [34-35], di questa fa soltanto una parafrasi (Gylfaginning [16]) ma senza aggiungere nulla di nuovo. — (b) «I più alti ramoscelli», che i cervi brucherebbero, sono soltanto una traduzione ipotetica (Bellows 1936): nel manoscritto originale il testo non è molto chiaro. 34-35 — Queste strofe sono citate da Snorri (Gylfaginning [16 {15-16}]), anche se in senso inverso rispetto al loro ordine nel Grímnismál . L'ordine Snorri appare essere più logico, rispetto a quello tramandato dal poema. 36 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [36 {42}]). 37-41 — Secondo Müllenhoff queste strofe sarebbero state interpolate ed Edzardi sospetta che esse
possano venire addirittura da una versione più antica del Vafþrúðnismál (si confronti Grímnismál [40] con Vafþrúðnismál [21]). Snorri parafrasa le strofe 37-39 (Gylfaginning [11]) e cita direttamente le strofe 40-41 (Gylfaginning [8 {11-12}]).
39 — (e) Hróðvitnir è un appellativo di Fenrir . — (c) In alcune traduzione il semiverso til varna viðar «al riparo tra i boschi» viene emendato in til Jarnviðar «al bosco di ferro», con riferimento alla località mitica di Jarnviðr , il bosco dagli alberi di ferro dove dimorano le streghe. — (f ) «Chiara sposa del cielo» [heiða brúði himins] è una kenning per indicare il sole. In norreno, sól è femminile. 40-41 — Come detto, queste due strofe sono citate da Snorri (Gylfaginning [8 {11-12}]). 42 — Il senso di questa strofa non è affatto chiaro. 44 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [41 {49}]). 45 — Ora Grímnir cessa la sua esibizione di sapienza e torna, d'un tratto, alla realtà immediata. Legato tra i fuochi, egli alza il capo a rivelare chi sia. La sequela di nomi che enumera, oltre a continuare in qualche modo il contenuto gnomico-sapienziale del poema, prelude alla rivelazione finale, chi sia davvero il viandante che Geirrøðr, in spregio alle sacre regole dell'ospitalità, sta torturando. I nomi che egli elenca in una serie di fittissime strofe sono infatti gli heiti di Óðinn. 46-49 — Il canone degli heiti di Óðinn viene citato da Snorri in una lunga sequenza (Gylfaginning [20 {30}]), privata delle parti discorsive che nel poema interrompono l'enumerazione dei nomi. La maggior parte di questi epiteti si riferiscono evidentemente a miti che non conosciamo, di cui anzi qua e là si fa qualche oscuro accenno (ad esempio deve essere esistito un mito dove Óðinn, sotto il nome di Jálkr , si recò presso le genti di un certo Ásmundr; oppure di quando, sotto il nome di Kjalarr , fu costretto a tirare una slitta). Per approfondire gli epiteti di Óðinn, si veda [SAGGIO]►. Epilogo — Dopo che Óðinn ha cessato di parlare e il suo lungo discorso si è chiuso, una piccola, tragica chiusa in prosa, conclude il poema.
SKÍRNISM KÍRNISMÁL IL DISCORSO DI SKÍRNIS Prologo I genitori di Freyr sono preoccupati (1-2) Skírnir si rivolge a Freyr (3-7) Freyr (3-7) Skírnir si offre di andare in Jötunheimr per conquistare la fanciulla (8-10) Skírnir in Jötunheimr (11-13) Jötunheimr (11-13) Cambio di scena: in casa di Gerðr (14-17) I doni di Skírnir (18-22) Skírnir (18-22) Skírnir passa alle minacce (23-36) Gerðr acconsente a incontrare Freyr (37-39) Freyr riceve la notizia (40-42) Note
SKÍRNISMÁL (FOR SKÍRNIS)
Prologo
I genitori di Freyr sono preoccupati. preoccupati.
1
IL DISCORSO DI SKÍRNIR (IL VIAGGIO DI SKÍRNIR)
Freyr, sonr Njarðar, hafði setzk í Hliðskjálf ok sá um heima alla. Hann sá í Jötunheima, ok sá þar mey fagra, þá er hón gekk frá skála föður síns til skemmo. Þar af fekk hann hugsóttir miklar.
Freyr , figlio di Njörðr di Njörðr , sedeva in Hliðskjálf Hliðskjálf ee guardava in tutti i mondi. Lanciò uno sguardo in Jötunheimr ee vide là una Jötunheimr meravigliosa fanciulla: ella usciva dalle stanze del padre suo per andare alla dispensa. Subito egli fu preso da pena d'amore.
Skírnir hét skósveinn Freys. Njörðr bað hann kveðja Frey máls.
Skírnir si chiamava il Skírnir si servitore di Freyr . Njörðr Njörðr lo lo pregò di interrogare interrogare Freyr .
Þá mælti Skaði:
Allora parlò Skaði Skaði::
Rístu nú, Skírnir, ok gakk at beiða okkarn mála mög ok þess at fregna, hveim enn fróði sé
«Àlzati, Skírnir , e veloce va' a chiedere un colloquio a nostro figlio, e fatti dire contro chi quel sapiente
2
Skírnir si rivolge a Freyr.
3
4
5
6
ofreiði afi.
sia adirato».
Skírnir kvað:
Skírnir disse: Skírnir disse:
Illra orða er mér ón at ykrom syni, ef ek geng at mæla við mög ok þess at fregna, hveim enn fróði sé ofreiði afi.
«Cattive parole mi aspetto di avere da vostro figlio se vado parlare col giovane per farmi dire contro chi quel sapiente sia adirato».
Skírnir:
Skírnir disse: Skírnir disse:
Segðu þat, Freyr, fólkvaldi goða, ok ek vilja vita, hví þú einn sitr ennlanga ennlanga sali, sa li, minn dróttinn, um daga.
«Dimmi questo, Freyr , condottiero fra gli dèi, e che io vorrei sapere, perché tu siedi siedi solo nella vasta sala, mio signore, tutti i giorni?»
Freyr
Freyr disse: Freyr disse:
Hví um segjak þér, seggr enn ungi, mikinn móðtrega? þvíat álfröðull lýsir um alla daga ok þeygi at mínom munom.
«Come posso dirti, giovane uomo, la mia pesante pena? La ―gloria degli Álfar ‖ dà luce a tutti i giorni ma non ai miei sentimenti».
Skírnir:
Skírnir disse: Skírnir disse:
Muni þína hykka ek svá mikla vera at þú mér, seggr, ne segir, þvíat ungir ungir saman várom i árdaga; vel mættim tveir trúask.
«I tuoi sentimenti non credo siano così grandi che tu, signore, non possa parlarne. Poiché giovani insieme fummo al principio del tempo; c'è fiducia tra noi due».
Freyr:
Freyr disse: Freyr disse:
Í Gymis görðom ek sá ganga mér tíða mey;
«Nella fortezza di Gymir ho visto andare una fanciulla che mi ispirò
7
Skírnir si offre di andare in Jötunheimr per parlare con la fanciulla.
8
9
10
Skírnir in Jötunheimr.
armar lýsto en af þaðan alt lopt ok lögr.
amore. Le sue braccia lucevano e da questa l'aria tutta e il mare.
Mær er mér tíðari en manni hveim ungom í árdaga; ása ok álfa þat vill engi maðr maðr at vit samt sém.
Fanciulla è a me più cara che a qualunque giovane uomo, al principio del tempo. Tra gli Æsir gli Æsir ee gli Álfar gli Álfar non vuole nessuno che noi si stia insieme».
Skírnir:
Skírnir disse: Skírnir disse:
Mar gefðu mér þá, þann er mik um myrkvan myrkvan beri vísan vafrloga, ok þat sverð er sjálft vegiz við jötna ætt.
«Il cavallo consegnami allora che per l'oscura mi porti guizzante fiamma famosa e quella spada che da sé combatte contro la stirpe dei giganti».
Freyr:
Freyr disse: Freyr disse:
Mar ek þér þann gef er þik um myrkvan berr visan vafrloga, ok þat sverð er sjálft mun vegaz, ef sá er horskr er hefir.
«Il cavallo ti consegn co nsegnoo che per l'oscura ti porti guizzante fiamma famosa, e questa spada che da sé combatterà se chi la tiene è accorto».
Skírnir mælti við hestinn:
Skírnir disse Skírnir disse al cavallo:
Myrkt er úti, mál kveð ek okr fara úrig fjöll yfir, þyrja þjóð yfir; yfir; báðír vit vit komumk, eða okr báða tekr sá inn ámátki jötunn.
«Buio è là fuori, è tempo, dico, di metterci in viaggio attraverso montagne montagne brumose, attraverso paesi di giganti. o entrambi passeremo O ci prenderà entrambi quel gigante oltremodo possente». possente».
Skírnir reið í Jötunheima til Gymis garða. Þar vóro
Skírnir cavalcò in Skírnir cavalcò Jötunheimr verso Jötunheimr verso la fortezza
11
12
13
Cambio di scena; in casa di Gerðr.
14
hundar ólmir, ok bundnir fyrir skíðgarðs hliði, þess er um sal Gerðar var. Hann reið at þar er féhirðir sat á haugi ok kvaddi hann:
di Gymir . C'erano là cani feroci, legati davanti alle porte del recinto che circondavano la dimora di Gerðr . [Skírnir ] cavalcò là dove un pastore sedeva su un tumulo e gli disse:
Segðu þat, hirðir, er þú á haugi sitr ok varðar alla vega, hvé ek at anspilli komumk ens unga mans fyr greyjom Gymis.
«Di' questo, pastore, tu che su quel tumulo siedi e sorvegli tutte le strade: come posso a colloquio venire con la giovane donna oltrepassando i cani di Gymir ?»
Hirðir kvað:
Il pastore disse:
Hvárt ertu feigr eða ertu framgenginn? [...] anspillis vanr þú skalt æ vera góðrar meyar Gymis.
«Moribondo sei tu o sei già trapassato [tu che cavalcasti fin qui]? Del colloquio privo sempre sarai con la buona figlia di Gymir ».
Skírnir kvað:
Skírnir disse:
Kostir ro betri heldr en at klökkva sé, hveim er fúss er fara; eino dægri mér var aldr um skapaðr ok alt líf um lagit.
«C'è meglio da scegliere che lamentarsi per chi è pronto a partire. Fino alla morte è la durata della mia vita fissata, e stabilita la mia esistenza».
Gerðr kvað:
Gerðr disse:
Hvat er þat hlym hlymja er ek heyri nú til ossom rönnom í? örð bifaz, en allir fyrir skjálfa garðar Gymis.
«Cos'è questo frastuono che sento ora rimbombare nelle nostre dimore? La terra trema e tutta rintrona la reggia di Gymir ».
Ambátt kvað:
La serva disse:
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16
17
I doni di Skírnir.
18
19
20
Maðr er hér úti stiginn af mars baki, ó lætr til jarðar taka.
«Un uomo è qui fuori smontato giù dal cavallo, che fa pascolare il suo destriero».
Gerðr kvað:
Gerðr disse:
Inn bið þú hann ganga í okkarn sal ok drekka inn mæra mjöd; þó ek hitt óumk at hér úti sé minn bróðurbani.
«Pregalo di venir dentro la nostra dimora e di bere il miglior idromele. Anche se questo io temo: che qui fuori vi sia l'assassino di mio fratello.
Hvat er þat álfa né ása sona né víssa vana? hví þú einn um komt eikinn fúr yfir ór salkynni at sjá?
Chi è tra gli Álfar , tra i figli degli Æsir o tra i sapienti Vanir ? Come da solo sei venuto attraverso la tremenda vampa a vedere la nostra dimora?»
Skírnir kvað:
Skírnir disse:
at ek álfa né ása sona né víssa vana; þó ek einn um komk eikinn fúr yfir yðor salkynni at sjá.
«Non sono io degli Álfar , né dei figli degli Æsir né dei sapienti Vanir , anche sa da solo son venuto attraverso la tremenda vampa a vedere la vostra dimora.
Epli ellifo hér hefi ek algullin, þau mun ek þér, Gerðr, gefa, frið at kaupa, at þú þér Frey kveðir óleiðastan lifa.
Undici mele ho qui, tutte d'oro, e le darò a te, Gerðr , in dono, per mercato d'amore, se tu dici che per te Freyr è il più caro dei viventi».
Gerðr kvað:
Gerðr disse:
Epli ellifo ek þigg aldregi at mannzkis munom, né vit freyr meðan okkart fjör lifir,
«Undici mele non accetterò mai per la passione di alcuno. Freyr e io per il tempo della nostra vita
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Skírnir passa alle minacce.
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byggjom bæði saman.
non vivremo mai, noi due, assieme».
Skírnir kvad:
Skírnir disse:
Baug ek þér þá gef, þann er brendr var með ungom Óðins syni; átta ero jafnhöfgir, er af drjúpa ena níundo hverja nótt.
«Un bracciale dono a te, che fu arso sul rogo col giovane figlio di Óðinn. Otto dello stesso peso gocciolano da esso ogni nona notte».
Gerðr kvað:
Gerðr disse:
Baug ek þikkak, þótt brendr sé með ungom Óðins syni; era mér gullz vant í görðom Gymis, at deila fé föður.
«Un bracciale non accetterò, anche se fu arso sul rogo col giovane figlio di Óðinn. Oro non mi manca nella fortezza di Gymir , mi bastano le ricchezze del padre».
Skírnir kvað:
Skírnir disse:
Sér þú þenna mæki, mær, mjóvan, málfán, er ek hefi í hendi hér? höfuð höggva ek mun þér hálsi af, nema þú mér sætt segir.
«Vedi questa spada, fanciulla, sottile, cesellata, che in pugno brandisco? La tua testa via ti mozzerò dal collo se a me non dirai un sì».
Gerðr kvað:
Gerðr disse:
Ánauð þola ek vil aldregi at mannzkis munom; þó ek hins get ef it Gymir finniz, vigs ótrauðir, at ykr vega tíði.
«Violenze io non tollero per la passione di alcuno. Io però sento che se Gymir ti trova, voi, impetuosi, avrete modo di battervi!»
Skírnir kvað:
Skírnir disse:
Sér þú þenna mæki, mær, mjóvan, málfán, er ek hefi í hendi hér?
«Vedi questa spada, fanciulla, sottile, cesellata,
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fyr þessom eggjom hnígr sá inn aldni jötunn, verðr þinn feigr faðir.
che in pugno brandisco? Sul morso di questa lama crollerà l'antico gigante, troverà la morte tuo padre.
Tamsvendi ek þik drep, en ek þik temja mun, mær, at mínom munom; þar skaltu ganga er þik gumna synir síðan æva sé.
Con la verga di potere ti colpisco e così ti piegherò, fanciulla, al mio volere. Tu andrai là dove i figli degli uomini non ti vedranno più.
Ara þúfo á skaltu ár sitja, horfa heimi ór, snugga heljar til; matr sé þér meirr leiðr en manna hveim enn fráni orm með firom.
Sul poggio dell'aquila sarai tu seduta: dal mondo guarderai giù protesa verso gli inferi. Il cibo ti sarà più disgustoso che per gli uomini il viscido serpente.
At undrsjónom þú verðir, er þú út kömr; á þik Hrímnir hari, á þik hotvetna stari; víðkunnari þú verðir en vörðr með goðom, gapi þú grindom frá.
Spettacolo orrendo darai se riuscirai a venirne fuori: ti guardi Hrímnir sogghignando, ti schernisca la gente! Sarai più osservata del guardiano degli dèi, a bocca aperta tra i cancelli rimarrai.
Tópi ok ópi, tjösull ok óþoli, vaxi þér tár með trega! Seztu niðr, en ek mun segja þér sváran súsbreka ok tvennan trega:
Pazzia e lamento, malocchio e tormento, con angoscia per te saranno lacrime! Rimani a sedere, ché io voglio narrarti il triste frantumarsi della tua gioia e un raddoppiato dolore.
Tramar gneypa þik skolo gerstan dag ötna görðom í; til hrímþursa hallar þú skalt hverjan dag kranga kosta laus, kranga kosta vön;
Ti strazieranno dèmoni quanto è lungo il giorno nei recinti dei giganti. Nelle sale dei giganti di brina tu dovrai, ogni giorno, strisciare senza letizia,
grát at gamni skaltu í gögn hafa ok leiða með tárom trega.
strisciare senza gioia. Lacrime per risa avrai tu in cambio e dolore in mezzo al pianto!
31
Með þursi þríhöfðuðom þú skalt æ nara eða verlaus vera! Þitt geð grípi, þik morn morni! Ver þú sem þistill, sá er var þrunginn í önn ofanverða!
Col gigante a tre teste passerai il tuo tempo e non partorirai un maschio! Il tuo senno s'infranga, la debolezza ti consumi! Sarai tu come il cardo preso nell'ultimo tempo della mietitura!
32
Til holtz ek gekk ok til hrás viðar, gambantein at geta; gambantein ek gat.
Al bosco sono andato nell'umida foresta la magica verga a prendere; la magica verga ho preso.
Reiðr er þér Óðinn, reiðr er þer Ásabragr, þik skal Freyr fjásk, en fyrinilla mær, en þú fengit hefir gambanreiði goða.
Ira ti viene da Óðinn, ira ti viene dal migliore degli sir , ti sarà Freyr eterno nemico. Perfida fanciulla, ti sei imbattuta nell'ira tremenda degli dèi.
Heyri jötnar, heyri hrímþursar, synir Suttunga, sjálfir ásliðar, hvé ek fyrirbýð, hvé ek fyrirbanna manna glaum mani, manna nyt mani!
Udite, giganti, udite, giganti di brina, figli di Suttungr , e voi stessi, campioni degli sir ! Come io qui vieto come io qui precludo a costei la gioia dell'uomo, a costei il piacere dell'uomo!
Hrímgrímnir heitir þurs, er þik hafa skal fyr nágrindr neðan; þar þér vílmegir á viðar rótom geita hland gefi; æðri drykkjo fá þú aldregi, mær, at þínom munom, mær, at mínom munom!
Hrímgrímnir si chiama il gigante che ti possiederà oltre il cancello dei morti. Là schiavi cenciosi tra le radici dell'albero ti daranno piscio di capra. Bevanda migliore tu non avrai mai, fanciulla, per mio volere, fanciulla, per tuo volere!
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Gerðr acconsente a incontrare Freyr.
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Freyr riceve la notizia.
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Þurs ríst ek þér ok þrjá stafi, ergi ok ǿði ok óþola; svá ek þat af ríst sem ek þat á reist, ef göraz þarfar þess.
La runa þurs incido per te e tre caratteri: lussuria e follia e tormento. Come io li incido così io, se mi conviene, li posso cancellare».
Gerðr kvað:
Gerðr disse:
Heill ver þú nú heldr, sveinn, ok tak við hrímkálki, fullom forns mjaðar; þó hafða ek þat ætlat, at myndak aldregi unna vaningja vel.
«Salute sia allora a te, o giovane, e prendi il calice di brina colmo dell'antico idromele! Pur se io avevo pensato che mai avrei potuto voler bene a stirpe di Vanir ».
Skírnir kvað:
Skírnir disse:
Örindi mín vill ek öll vita, áðr ek ríða heim heðan, nær þú á þingi munt enom þroska nenna Njarðar syni.
«La mia ambasciata voglio tutta conoscere prima che cavalchi verso casa. Quando un incontro tu gradirai col forte figlio di Njörðr ».
Gerðr kvað:
Gerðr disse:
Barri heitir, er vit bæði vitom, lundr lognfara; en ept nætr nío þar mun Njarðar syni Gerðr unna gamans.
«Barrey si chiama quel che entrambi conosciamo, bosco di silenti sentieri. E fra nove notti là col figlio di Njörðr , Gerðr scambierà passione d'amore».
Þa reið Skírnir heim. Freyr stóð úti ok kvaddi hann ok spurði tíðinda:
Allora cavalcò Skírnir a casa. Freyr stava fuori e a lui si rivolse e gli chiese notizie:
Segðu mér þat, Skírnir, áðr þú verpir söðli af mar ok þú stigir feti framarr, hvat þú árnaðir
«Dimmi questo, Skírnir , prima che tu tolga la sella al destriero e muova i tuoi passi:
41
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í jötunheima þíns eða míns munar.
che cosa hai concluso in Jötunheimr per tuo e mio volere?»
Skírnir kvað:
Skírnir disse:
Barri heitir, er vit báðir vitom, lundr lognfara; en ept nætr nío þar mun Njarðar syni gerðr unna gamans.
«Barrey si chiama quel che entrambi conosciamo, bosco di silenti sentieri. E fra nove notti là col figlio di Njörðr , Gerðr scambierà passione d'amore».
Freyr kvað:
Freyr disse:
Löng er nótt, langar ro tvær, hvé um þreyjak þrjár? opt mér mánaðr minni þótti en sjá hálf hýnott.
«Lunga è una notte, più lunghe sono due, come potrò reggerne tre? Spesso un mese mi è parso più breve di metà di questa notte d'attesa».
NOTE Titolo — Il titolo Skírnismál («Discorso di Skírnir») appartiene al Codex Arnamagnæanus. Nel Codex Regius il poema è intitolato For Skírnis («Viaggio di Skírnir»). Prologo — Hliðskjálf è il trono di Óðinn, sito nel palazzo di Valaskjálf , dal quale è possibile osservare tutto quanto accade nei nove mondi (Gylfaginning [9 | 17]). 1 — Nel prologo è Njörðr a chiedere a Skírnir di indagare riguardo alla melanconia di suo figlio Freyr : nel poema a rivolgersi a Skírnir è invece Skaði, sposa di Njörðr e madre adottiva di Freyr . Nella richiesta di Skaði, alcuni editori emendano il pronome possessivo accusativo duale okkarn «nostro» con il singolare várn «mio»; dunque «mio figlio» invece di «nostro figlio», in quanto il bisillabo duale comporterebbe un errore metrico. Stessa correzione viene fatta nella strofa successiva [2], dove la replica di Skírnir viene emendata in «tuo figlio» invece del duale originale «vostro figlio». Così traduce ad esempio Henry Adams Bellows [ my son / thy son] (Bellows 1936). Noi abbiamo lasciato la forma originale. 4 — (d) Álfröðull «gloria degli elfi», kenning per «sole», forse così chiamato perché la sua luce
sarebbe fatale a nani ed elfi. ( Alvíssmál [35])
6 — Ci informa Snorri, nella parafrasi che ci dà della vicenda: «Un uomo si chiamava Gymir e sua moglie Aurboða: ella era della stirpe dei giganti delle montagne. Loro figlia era Gerðr , la più bella di tutte le fanciulle» (Gylfaginning [37]). — Gymir sembra essere un gigante legato al mare (il suo nome è citato come uno degli heiti per «mare»). A una natura marina del personaggio si riferisce anche Þjóðólfr ór Hvíni che chiama lo scroscio delle onde del mare «canzoni di Gymir» [ Gymis ljóð] (Ynglingatal [25]). L'incipit del Lokasenna, inoltre, sembra identificare Gymir con il dio del mare Ægir . 7 — Nella parafrasi prosastica di Snorri è presente, a questo punto, l'esplicita richiesta di Freyr che Skírnir vada a corteggiare Gerðr in suo nome: «E tu devi andare a corteggiarla per me, e devi portarmela qui, che suo padre lo voglia o no: di ciò saprò bene ricompensarti», a cui segue la risposta di Skírnir che lo avrebbe fatto a patto che Freyr gli avesse ceduto il cavallo e la spada. Poiché il testo di Snorri è molto vicino a quello del poema, alcuni studiosi ritengono possibile che il testo originale dello Skírnismál avesse riportato le parole di Freyr , poi riprese da Snorri; è dunque possibile che una strofa sia stata omessa tra la [7] e la [8]. 8 e 9 — (d) Il dono, da parte di Freyr , della propria spada a Skírnir , spiega perché egli nel ragnarök , mancandogli una spada, sia destinato a soccombere nella battaglia contro Surtr (Völuspá [53]). Snorri aggiunge che, essendo Freyr senza spada, abbia ucciso un certo Beli con un corno di cervo (Gylfaginning [37]), ma di questo mito non abbiamo altri dettagli. 10 — (d) Þyrja þjóð yfir «attraverso paesi di giganti». Secondo alcuni studiosi, questo semiverso sarebbe spurio. 12 — (c) Il terzo semiverso di questa strofa è assente in tutti i manoscritti e non sembra esservi alcuna lacuna. Nella nostra traduzione abbiamo riportato l'emendamento congetturale di Nikolai Grundtvig (Grundtvig 1806). 13 — Questa strofa ricorda irresistibilmente i proverbi e le sentenze presenti nella prima parte del Hávamál . 15 — Questa strofa è formata soltanto da un verso lungo e uno pieno e nei manoscritti non c'è alcuna indicazione di una lacuna. Sophus Bugge ha suggerito di emendarla dal testo (Bugge 1806); Karl von Hildebrand ha suggerito invece di emendare, come spuri, gli ultimi tre semiversi della strofa [14] e di raccogliere insieme le strofe [14-15] come se formassero una singola strofa (Hildebrand 1876), ma si tratta di una soluzione poco convincente. 16 — (f ) Non sappiamo chi sia il fratello di Gerðr né tantomeno chi fosse stato a ucciderlo. Una possibile soluzione è che Gerðr si riferisca all'enigmatico mito dell'uccisione di Beli da parte di Freyr , di cui tratta rapidamente Snorri quando parla della spada che Freyr avrebbe ceduto a Skírnir : «Questa è la causa per cui Freyr era senza armi quando combatté contro Beli e lo uccise con un corno di cervo» (Gylfaginning [37]). Si può obiettare che, a questo punto del racconto, Freyr si è appena privato della sua spada cedendola a Skírnir e difficilmente avrebbe avuto il tempo di combattere contro Beli; in tal caso le parole di Gerðr potrebbero essere interpretate come un presagio. Ma rimane il fatto che l'uomo fuori della porta non è Freyr ma Skírnir , del quale non sono stati tramandati combattimenti od omicidi.
18 — Il Codex Arnamagnæanus omette questa strofa. 19 — (a-b) Skírnir si riferisce probabilmente alle mele d'oro coltivate dalla dea Iðunn, che dànno agli dèi l'eterna giovinezza; ma perché vengano donate in numero di undici non lo sappiamo. 21 — (a) Si tratta del bracciale Draupnir , che fu deposto sulla pira funebre di Baldr e che, in seguito, lo stesso Baldr rimandò a Óðinn dagli inferi (Gylfaginning [49]). Come il bracciale sia finito nelle mani di Freyr e Skírnir non lo sappiamo. — (d-f ) Gli ultimi tre semiversi sono omessi nel Codex Arnamagnæanus. 22 — (a-b) I primi due semiversi di questa strofa sono omessi nel Codex Arnamagnæanus. 25 — (a-c) I primi tre semiversi, ripetuti poi dalla strofa [23], sono abbreviati sia nel Codex Regius che nel Codex Arnamagnæanus. 27 — (a) Il «poggio dell'aquila» è forse la montagna ai confini del mondo dove si trova Hræsvelgr , il gigante in forma di aquila che col battito delle sue ali crea i venti che soffiano sul mondo (Vafþtrúðnismál [37]). — (c-d) Questi semiversi sono mutili in entrambi i manoscritti, la traduzione è congetturale. Hildebrand propone di emendare i due versi, ma così facendo il testo non appare completo (Hildebrand 1876). — (f-g) Nel Codex Arnamagnæanus la strofa manca degli ultimi due semiversi. 28 — (c) Hrímnir: evidentemente il nome di un gigante, oltre qui citato soltanto nel Hyndluljóð [33] (a meno che non sia da identificare con Hrímr, re dei giganti di brina). Il «guardiano degli dèi» [vörðr með goðom] è chiaramente Heimdallr , ma il senso della maledizione ci sfugge. Secondo alcuni il quarto semiverso sarebbe spurio. 29 — (a-b) «Pazzia e lamento | malocchio e tormento»: rendiamo così quattro parole [ Tópi ok ópi | tjösull ok óþoli], sapientemente allitterate, il cui significato non è chiaro, anche se le si ritiene relative a forme di squilibrio mentale. Il dizionario antico islandese di Cleasby e Vigfússon suggerisce le seguenti traduzioni: tópi «follia» (cfr. danese tåbe «matto»); ópi < óp «grido, lamento» (cfr. gotico wôpjan «gridare», anglosassone wōp, inglese whoop «gridare» e weep «piangere»); tjösull forse «incantamento» (cfr. anglosassone tæsel , inglese teasle, nome di un tipo di cardo [ Dispacus fullonum], erba anticamente usata per gli incatesimi; cfr. svedese tjusa/fortjusa «incantesimo, formula magica» e tjusning «fascino»); óþoli non è contemplato dal dizionario (Cleasby ~ Vigfússon 1874). Nella traduzione inglese, Bellows rende questi versi con «Furia e brama | schiavitù e ira» [ Rage and longin | fetters and wrath] (Bellows 1936). Tra i traduttori italiani, Giacomo Prampolini scrive «pazzia e perfidia | febbre e ferocia» (Prampolini 1949); Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli traducono «Frenesia e gemito | pena e tormento» (Scardigli 1982). Niedner e Barend Sijmons considerano l'intera strofa come interpolata (Sijmons 1906), Finnur Jónsson emenda l'ultimo semiverso (Jónsson 1926). 30 — Questa strofa e alcune delle successive appaiono un po' confuse. Seguiamo qui la lezione del Codex Regius, che è quella seguita dalla maggior parte degli editori del poema; il Codex rnamagnæanus distribuisce i versi in maniera diversa, riportando i quattro semiversi centrali di questa strofa nella strofa [35]. Alcuni studiosi, tra cui Niedner, Sijmons e Gering, si sono attenuti alla seconda lezione, a cui peraltro fa riferimento la traduzione inglese (Bellows 1936). — (a) La parola tramar , qui tradotta con «dèmoni», non ha un'etimologia non molto chiara; è probabilmente
connessa con lo svedese trommä e il danese tremmind «maligno»; la traduzione fornita dal dizionario antico islandese è «spirito maligno, demonio» (Cleasby ~ Vigfússon 1874). Hugo Gering, nella versione tedesca, traduceva con «Kobolde» (Gering 1892). Nella traduzione inglese, Bellows rende con un generico «vile things» (Bellows 1936), Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli traducono invece «esseri malvagi» (Scardigli 1982).
31 — (d-e) Anche questa strofa appare non del tutto chiara e ha subìto da parte degli studiosi vari arrangiamenti ed emendamenti. Il verso formato dal quarto e dal quinto semiverso [ þitt geð grípi | ik morn morni] presenta delle imperfezioni metriche che hanno fatto pensare a un'interpolazione. 32 — Strofa difettiva formata soltanto da un verso lungo e due versi pieni, ma non vi è alcuna lacuna nei manoscritti. In effetti l'intera strofa appare interpolata o fuori posto: è pr obabile che in origine andasse posta prima della strofa [25]. Infatti, mentre nella strofa [32] Skírnir afferma di recarsi nel bosco a prendere una verga magica per colpire la fanciulla riottosa, è nella strofa [25] che aveva già affermato di colpirla con la verga. 33 — (d) La parola fyrinilla, qui tradotta con «perfida», è oscura. Scardigli e Meli la rendono con «turpe» (Scardigli 1982), ma si tratta anche qui di una traduzione ipotetica. Secondo Jónsson l'intera strofa sarebbe interpolata (Jónsson 1926). 34 — Diversi studiosi ritengono che il quarto semiverso sia un'interpolazione; altri ancora espungono l'ultimo semiverso. Altri, al contrario, traducono il terzo e quarto semiverso come se appartenessero a un verso lungo che suonerebbe all'incirca «voi, dèi e figli di Suttungr ». Suttungr è il gigante di cui tratta l' Hávamál [104]. 35 — (a) Hrímgrímnir «ammantato di gelo»: evidentemente anche qui il nome di un gigante, non conosciuto in altre fonti. I versi di questa strofa appaiono combinati in maniera diversa a seconda dei manoscritti. 36 — (a) Þurs «gigante», era la quarta runa del fuþark , all'origine dell'attuale lettera islandese Þ (conosciuta come þorn). Anche questa strofa presenta nel testo delle difficoltà (ad esempio nei manoscritti inizia con la lettera minuscola) che fanno pensare a eventuali manipolazioni. 41 — Nei manoscritti questa strofa è abbreviata, ridotta alle sole iniziali. 42 — Questa strofa è citata da Snorri con una lieve variante. Mentre il testo del Codex Regius dice «lunga è una notte | più lunghe sono due» [ Löng er nótt | langar ro tvær ], Snorri riporta: «lunga è una notte | lunga è una seconda» [ Löng er nótt | löng er önnur ] (Gylfaginning [37]). È evidente che Snorri disponeva di un testo diverso di quello che ci è stato tramandato.
BALDRS DRAUMAR I SOGNI DI BALDR Discesa di Óðinn agli inferi Le domande di Óðinn e le risposte della veggente La veggente riconosce Óðinn Note
BALDRS DRAUMAR [VEGTAMSKVIÐA]
I SOGNI DI BALDR [CARME DEL VIANDANTE]
Senn váru æsir allir á þingi ok ásynjur allar á máli, ok um þat réðu ríkir tívar, hví væri Baldri ballir draumar.
Radunati erano tutti gli æsir in assemblea, e le ásynjur tutte a discutere, e si consultarono, gli dèi potenti, perché facesse Baldr sogni premonitori di rovina.
2
Upp reis Óðinn, alda gautr, ok hann á Sleipni söðul of lagði; reið hann niðr þaðan niflheljar til; mætti hann hvelpi, þeim er ór helju kom.
Si alzò Óðinn, autr dell'umanità, e mise la sella a Sleipnir . Cavalcò giù fino a Niflhel e incontrò il cane, che veniva da Hel.
3
Sá var blóðugr um brjóst framan ok galdrs föður gól of lengi; fram reið Óðinn, foldvegr dunði; hann kom at hávu Heljar ranni.
Era macchiato di sangue davanti sul petto e al padre degli incantesimi abbaiò a lungo. Continuò a cavalcare Óðinn, il solido suolo rimbombava; e all'alta dimora di Hel arrivò.
4
Þá reið Óðinn
Allora cavalcò Óðinn
Discesa di Óðinn agli inferi
1
fyrir austan dyrr, þar er hann vissi völu leiði; nam hann vittugri valgaldr kveða, unz nauðig reis, nás orð of kvað:
verso la porta orientale dove sapeva che era sepolta una veggente. Per la strega intonò l'incantesimo, finché ella costretta, risorse. Subito parlò la morta:
5
«Hvat er manna þat mér ókunnra, er mér hefir aukit erfitt sinni? Var ek snivin snævi ok slegin regni ok drifin döggu, dauð var ek lengi».
«Chi è colui, a me sconosciuto, che al duro viaggio mi costringe? Sono ricoperta di neve, sferzata dalla pioggia, e intrisa di rugiada: da tempo sono morta».
6
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Vegtamr ek heiti, sonr em ek Valtams; segðu mér ór helju, ek mun ór heimi: Hveim eru bekkir baugum sánir, flet fagrlig flóuð gulli?»
«Mi chiamo Vegtamr , e sono figlio di Valtamr . Parlami di Hel: dal mondo io te lo chiedo. Per chi sono le panche giuncate d'anelli e le belle pareti ricoperte d'oro?»
Völva kvað:
Disse la völva:
«Hér stendr Baldri of brugginn mjöðr, skírar veigar, liggr skjöldr yfir, en ásmegir í ofvæni; nauðug sagðak, nú mun ek þegja».
«Qui sta l'idromele preparato per Baldr , la chiara bevanda coperta da uno scudo. I figli degli æsir sono angosciati. Costretta ho parlato, ora voglio tacere».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Þegj-at-tu, völva, þik vil ek fregna, unz alkunna, vil ek enn vita: Hverr mun Baldri at bana verða
«Non zittirti, veggente! Io chiederò finché non saprò tutto. Questo voglio ancora sapere: chi sarà di Baldr l'assassino
Le domande di Óðinn e le risposte della veggente
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ok Óðins son aldri ræna?»
e priverà della vita il figlio di Óðinn?»
Völva kvað:
Disse la völva:
«Höðr berr hávan hróðrbaðm þinig, hann mun Baldri at bana verða ok Óðins son aldri ræna; nauðug sagðak, nú mun ek þegja».
«Höðr porterà quaggiù il grande eroe; lui sarà di Baldr l'assassino e priverà della vita il figlio di Óðinn. Costretta ho parlato, ora voglio tacere».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Þegj-at-tu, völva, þik vil ek fregna, unz alkunna, vil ek enn vita: Hverr mun heift Heði hefnt of vinna eða Baldrs bana á bál vega?»
«Non zittirti, veggente! Io chiederò finché non saprò tutto. Questo voglio ancora sapere: chi il misfatto di Höðr vendicherà o l'assassino di Baldr porterà sul rogo?»
Völva kvað:
Disse la völva:
«Rindr berr Vála í vestrsölum, sá mun Óðins sonr einnættr vega: hönd of þvær né höfuð kembir, áðr á bál of berr Baldrs andskota; nauðug sagðak, nú mun ek þegja».
«Rindr partorirà Váli in Vestrsalir. Il figlio di Óðinn combatterà nato da una sola notte: non si laverà le mani né si pettinerà la testa, prima che abbia portato sul rogo l'uccisore di Baldr . Costretta ho parlato, ora voglio tacere».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Þegj-at-tu, völva, þik vil ek fregna, unz alkunna, vil ek enn vita: Hverjar ro þær meyjar, er at muni gráta ok á himin verpa
«Non zittirti, veggente! Io chiederò finché non saprò tutto. Questo voglio ancora sapere: chi sono le fanciulle, che canteranno il lamento funebre
13 La veggente riconosce Óðinn
14
halsa skautum?»
gettando al cielo i loro veli?»
Völva kvað:
Disse la völva:
«Ert-at-tu Vegtamr, sem ek hugða, heldr ertu Óðinn, aldinn gautr».
«Tu non sei Vegtamr , come mi hai fatto credere, piuttosto Óðinn, autr dell'umanità».
Óðinn kvað:
Disse Óðinn:
«Ert-at-tu völva né vís kona, heldr ertu þriggja þursa móðir».
«Tu non sei una veggente, né una donna sapiente! Piuttosto sei di tre giganti la madre».
Völva kvað:
Disse la völva:
«Heim ríð þú, Óðinn, ok ver hróðigr, svá komir manna meir aftr á vit, er lauss Loki líðr ór böndum ok ragna rök rjúfendr koma».
«Tornatene a casa, Óðinn, a vantare il tuo orgoglio. Così che nessun altro mi rivedrà più fino al giorno in cui Loki si libererà dalle sue catene e quelli che distruggeranno tutto, verranno per il ragnarök ».
NOTE 1 — I primi sei semiversi di questa strofa li ritroviamo, formalmente identici, in una scena della Þrymskviða, dove gli dèi e le dee si riuniscono per discutere sul come recuperare il martello di Þórr , rubato dal gigante Þrymr . Senn váru æsir allir á þingi ok ásynjur allar á máli, ok um þat réðu ríkir tívar
Radunati erano tutti gli æsir in assemblea, e le ásynjur tutte a discutere. E si consultarono, gli dèi potenti,
hvé þeir Hlórriða hamar of sætti.
come di Hlórriði il martello riprendersi.
Edda poetica > Þrymskviða [14] Nel Baldrs Draumar , il þing divino è ovviamente finalizzato a un altro scopo: stabilire se gli inquietanti sogni che Baldr ha riferito loro, siano premonitori di una qualche sciagura. E, nel caso, quali provvedimenti prendere per salvaguardare la vita del dio. Questa scena era stata già narrata nell' Edda in prosa di Snorri. En þat er upphaf þessar sögu at Baldr inn góða dreymði drauma stóra ok hættliga um líf sitt. En er hann sagði ásunum draumana, þá báru þeir saman ráð sín, ok var þat ert at beiða griða Baldri fyrir alls konar háska.
Questa storia ebbe inizio quando Baldr il buono fece sogni grandiosi e terribili che riguardavano la sua vita. Egli raccontò questi sogni agli Æsir , ed essi si radunarono allora in consiglio e fu deciso di proteggere Baldr da ogni tipo di pericolo.
Snorri Sturluson: Edda in prosa > Gylfaginning [49] Nel racconto di Snorri, gli dèi sembrano subito consci della terribile premonizione contenuta nei sogni fatti da Baldr e subito stabiliscono di proteggere il dio da ogni tipo di pericolo. Al contrario, in questo poema, il senso dei sogni sembra rimanere ostico agli dèi e, prima di prendere qualunque decisione, Óðinn stabilisce di recarsi negli inferi per interrogare una defunta völva, affinché gli sveli il significato di quei sogni e gli riveli il destino che attende Baldr .
2 — (a) Gautr : epiteto di Óðinn, compare due volte in questo poema: in [2a] e in [13d], nella forma alda/aldinn gautr « gautr dell'umanità» (o «antico gautr », come prediligevano le vecchie traduzioni). Di non facile interpretazione, è probabilmente inerente a una qualificazione di Óðinn come dio o antenato dei Goti. L'epiteto si connette infatti con la regione del Götland (Svezia occidentale), toponimo che presuppone la forma antica Gautar come designazione del popolo che la abitava (cfr anglosassone Geātes). Da essi si sarebbero mossi, intorno al I secolo, genti destinate a formare il popolo germanico orientale dei Goti (Ostrogoti e Visigoti). Questo farebbe pensare a un possibile collegamento con Gapt , il progenitore degli Amali (famiglia reale degli Ostrogoti) secondo Giordane ( De origine actibusque Getarum [XIV: 79]). Nel testo, abbiamo preferito non tradurlo. — (2g-3b) È il cane che si erge di guardia sulla strada che conduce negli inferi, secondo un motivo ben conosciuto alla tradizione di tutto il mondo. Vi corrisponde ovviamente, quale archetipo classico, il cane a tre teste Kérberos, che nel mito greco è incatenato alle porte dell'Ade. Questi animali hanno il compito di impedire il passaggio, nei due sensi, tra il mondo dei vivi e quello dei morti. L'animale che qui compare viene in genere identificato con Garmr , il cane incatenato davanti a Gnipahellir , di cui la Völuspá [44 | 49 | 58] prevede lo scioglimento alla vigilia del ragnarök . Tale identificazione è tuttavia priva di elementi probanti, tantopiù che il cane citato nei Baldrs Draumar non risulta incatenato. Affatto nuovo, invece, è il motivo del petto insanguinato di questo cane, a indicarne l'assoluta ferocia e malvagità.
3 — (c) «Padre degli incantesimi» [ galdrs föður ], splendida kenning a indicare Óðinn, in virtù della sua sapienza e della sua capacità di dominare gli elementi e le creature con canti magici [ galdrar ]. Si veda in proposito l'impressionante quadro dei poteri magici del dio in Ynglingasaga [7]. — (e) Il manoscritto marca il quinto semiverso come inizio di una nuova strofa. Di conseguenza, alcune edizioni moderne combinano in maniera differente le strofe successive. È probabile che il testo, così come ci è pervenuto, sia piuttosto lacunoso. — (g-h) La dimora di Hel aveva nome Éljúðnir : era un palazzo dalla pareti e dal tetto fatti di serpenti intrecciati, protetto da un'alta quanto impenetrabile palizzata. Nel suo salone principale, gelido e triste, sedevano le anime di tutti coloro che, non essendo stati in vita dei guerrieri, non potevano accedere alla Valhöll. 4 — Questa strofa presenta un interessante quadro delle tecniche necromantiche e del linguaggio inerente. Che Óðinn fosse in grado di far parlare i morti è attestato nell 'Hávamál , dove si dice conoscesse un incantesimo che gli permettesse di discorrere con gli impiccati: Ef ek sé á tré uppi váfa virgilná, svá ek ríst ok í rúnum fák at sá gengr gumi ok mælir við mik.
Se io vedo su un albero in alto un impiccato oscillare, in tal modo incido e in rune dipingo così che quell'uomo cammini e parli con me. Edda poetica > Hávamál [157]
Anche Snorri ricorda che Óðinn «a volte resuscitava dalla terra i morti o si sedeva sotto i corpi penzolanti dalle forche; perciò era detto signore degli spiriti dei morti o degli impiccati» [ en stundum vakti hann upp dauða menn or jörðu, eða settist undir hanga; fyrir því var hann kallaðr drauga dróttinn eða hanga dróttinn] (Ynglingasaga [7]). — (g) Valgaldr , letteralmente «incantesimo dei caduti», è il termine qui attribuito al canto magico in grado di resuscitare i morti. — (h) Letteralmente: «pronunciò parole di cadavere». Nás orð sono le parole pronunciate da un defunto.
6 — (a-b) Óðinn si presenta alla völva con due epiteti piuttosto trasparenti. Vegtamr è «aduso alle vie», dunque «viandante», con riferimento al carattere pellegrino e vagabondo del dio. Valtamr , che nella presentazione fatta dal dio sarebbe il presunto padre di Vegtamr , è anch'esso epiteto inerente alla natura del dio: «aduso [alla scelta] dei caduti». Il fatto che Óðinn debba nascondere la sua identità è, in questo caso, abbastanza logico, visto che a quanto pare la völva appartiene alla razza dei giganti [13] e potrebbe non volere rispondere alle domande di un dio. — (e-h) «Per chi sono le panche giuncate d'anelli e le belle pareti ricoperte d'oro?» è la prima domanda che Óðinn pone alla völva. Il dio si riferisce al salone del palazzo di Hel, nel quale egli ha avuto evidentemente modo di gettare un'occhiata mentre vi cavalcava accanto. Il salone è stato addobbato per una festa di benvenuto, segno evidente che in Éljúðnir fervono i preparativi per accogliere un ospite di rango. Óðinn teme possa trattarsi di Baldr , e la risposta della völva conferma i suoi timori. 7 — (d) Uno scudo è qui usato come coperchio del calderone dell'idromele, forse per proteggerlo dal malocchio? (Gering 1927-1931). — (g-h) «Costretta ho parlato, | ora voglio tacere» [nauðug sagðak, | nú mun ek þegja]: la formula conclusiva nelle risposte della völva esprime l'estrema
riluttanza dei morti a essere risvegliati e obbligati a rivelare i segreti a loro accessibili. Nel manoscritto, tale formula è indicata con un acrostico nelle strofe [9] e [11].
8 — (a-c) «Non zittirti, veggente! | Io chiederò | finché non saprò tutto» [ Þegj-at-tu, völva, | þik vil ek fregna, | unz alkunna]: all'accorata preghiera della völva di tornare al suo sonno di morte, corrisponde la formula imperiosa con la quale Óðinn la obbliga a parlare. Nel manoscritto, tale formula è indicata con un acrostico nelle strofe [10] e [12]. 9 — (a-f ). Cfr. Edda in prosa > Gylfaginning [49]. Per i dettagli, vedi l'introduzione [SUPRA]. 11 — (a-f ). Del dio Váli, Snorri dice semplicemente: «Áli o Váli si chiama un áss figlio di Óðinn e di Rindr. Egli è coraggioso in battaglia e un esperto tiratore» [ Áli eða Váli heitir einn, sonr Óðins ok Rindar. Hann er djarfr í orrostum ok mjök happskeytr ]. Detto questo, Snorri ignora del tutto il ruolo di questo dio quale vendicatore di Baldr , nonostante il motivo sia citato in un passo della Völuspá: Baldrs bróðir vas of borinn snimma, sá nam Óðins sonr einnættr vega.
Era il fratello di Baldr nato precocemente; il figlio di Óðinn vecchio di una notte combatté.
Þó hann æva hendr Non lavò mai le mani né höfuð kembði, né si pettinò il capo áðr á bál of bar finché non trascinò sul rogo Baldrs andskota. il nemico di Baldr . Edda poetica > Völuspá [32-33] La somiglianza tra Völuspá [32e-33d] e Baldrs Draumar [11c-11j] mostra che entrambi i passi dipendono da una fonte comune. Baldrs bróðir vas Rindr berr Vála of borinn snimma, í vestrsölum, sá nam Óðins sonr sá mun Óðins sonr einnættr vega. einnættr vega: Þó hann æva hendr hönd of þvær né höfuð kembði, né höfuð kembir, áðr á bál of bar áðr á bál of berr Baldrs andskota. Baldrs andskota... Tra l'altro, è proprio dal confronto tra i due poemi che si evince che sia proprio Váli l'anonimo personaggio a cui il sopracitato passo della Völuspá attribuisce la vendetta dell'assassinio di Baldr . È possibile che, in qualche fase di interpolazione del passo nella Völuspá, sia caduto il verso in cui il vendicatore veniva presentato come Váli. Tale verso è stato invece conservato nel Baldrs Draumar ; se non disponessimo di quest'ultimo testo, dunque, avremmo serie difficoltà a comprendere a chi si riferisca la Völuspá. Forse Snorri non conosceva il Baldrs Draumar , ragione per cui evitò di citare la presenza di un vendicatore di cui non comprendeva l'identità. Sembra
comunque evidente che il brano originale sia pervenuto mutilo in entrambi i testi. Nel caso del Baldrs Draumar , si nota che l'aggiunta della formula di chiusura «Costretta ho parlato, | ora voglio tacere» porta la strofa a dieci semiversi, in luogo dei canonici otto. Questo suggerisce ancora una volta che il testo originale sia stato oggetto di pesanti manomissioni. — (b) Vestrsalir «sale d'occidente»: questo toponimo, dimora di Rindr , non è citato in nessun'altra fonte.
12 — Chi sono queste misteriose fanciulle che intonano il canto funebre e gettano al cielo i loro veli? Sophus Bugge rimanda alla scena del funerale di Baldr narrata da Snorri: Gli Æsir in seguito presero il corpo di En æsirnir tóku lík Baldrs ok Baldr e lo condussero al mare. luttu til sævar. Hringhorni hét Hringhorni si chiamava la nave di Baldr skip Baldrs. Hann var allra skipa e di tutte era la più grande [...]. Venne mestr [...]. Þá var borit út á skipit allora posto sulla nave il corpo di Baldr e lík Baldrs, ok er þat sá kona hans, quando lo vide sua moglie, Nanna figlia anna Nepsdóttir, þá sprakk hon di Nepr, per il dolore il cuore le cedette e af harmi ok dó. Var hon borin á morì. Fu posta anche ella sulla pira e bálit ok slegit í eldi. venne appiccato il fuoco. Snorri Sturluson: Edda in prosa > Gylfaginning [49] Sulla scolta di questo brano, Bugge identifica le fanciulle citate da Óðinn come le nove figlie di Ægir e Rán, personificazioni delle onde del mare, che sollevano la nave Hringhorni in modo che la vela arrivi a toccare il cielo, e vi vede un parallelo con Teti e le figlie di Nereo che piangono Achille (Bugge 1881-1889). Skaut , in norreno, è un lenzuolo, un velo, un mantello, o la vela di una nave; e secondo Gustav Neckel, però, l'espressione halsa skaut indicherebbe tanto il «fazzoletto da collo» che la «scotta della vela» (Neckel 1962). H.A. Bellows traduce in quest'ultimo senso: «Chi sono le fanciulle | che leveranno lamenti | e getteranno al cielo | i pennoni delle vele?» [ What maidens are they | who then shall weep, | and toss to the sky | the yards of the sails?] (Bellows 1923). Più attendibile ancora, il suggerimento di Finnur Jónnson, tuttavia, il quale spiega halsa skaut come kenning per la schiuma del mare proiettata in alto dalle onde (Jónsson 1913-1916). ( Ránar skaut «velo di Rán» è infatti una nota kenning per «onde». (Cleasby ~ Vigfússon 1874))
13 — Che cosa ha permesso alla völva di riconoscere Óðinn? La domanda che questi le aveva posto in [12] – chi siano le fanciulle che avrebbero intonato per Baldr il canto funebre – non sembra infatti così significativa da suscitare lo smascheramento del dio. Il parallelo va al certamen di sapienza tra Óðinn e il gigante Vafþrúðnir ; anche qui Óðinn si è presentato sotto mentite spoglie, ma quando chiede al gigante: «Che cosa disse Óðinn, | a chi saliva sul rogo | lui stesso nell'orecchio del figlio?» (Vafþrúðnismál [54]), viene immediatamente riconosciuto. È evidente che solo Óðinn può rispondere a un simile indovinello: Vafþrúðnir scopre l'identità del suo sfidante, ma intanto ha perduto la gara. Ma se nel Vafþrúðnismál le domande scambiate tra Óðinn e il gigante hanno lo scopo di mettersi la prova l'un l'altro, nel Baldrs Draumar hanno una ragione informativa: Óðinn chiede alla völva quanto desidera sapere sul destino di suo figlio. Ma non è chiaro che cosa, nella banale domanda sull'identità delle prefiche di Baldr , permetta alla völva di smascherare il dio. Sembra ragionevole presumere che la domanda giusta, quella destinata a suscitare il riconoscimento del dio, fosse in realtà la stessa già posta da Óðinn e Vafþrúðnir . La mecesima domanda ottiene il
medesimo effetto in una scena nella Hervarar saga ok Heiðreks, dove Óðinn, qui anche qui dissimulato sotto una falsa identità, intrattiene re Heiðrekr con un gioco di indovinelli; e quand'egli chiede: «Che cosa disse Óðinn | all'orecchio di Baldr | prima che fosse issato sul rogo?», il re riconosce il dio e tenta di colpirlo ( Hervarar saga ok Heiðreks [10]). È evidente che tale motivo che doveva essere ben noto alla poesia sapienziale norrena. È dunque possibile che, in un ipotetico antigrafo del Baldrs Draumar , Vegtamr chiedesse alla völva, alla fine di una lunga serie di domande riguardo al destino di Baldr , che cosa avrebbe mormorato Óðinn all'orecchio del figlio morto, e da questa domanda la veggente avrebbe riconosciuto il dio; in seguito, quando il poema venne redatto nella sua forma a noi nota, è possibile che questa parte sia andata perduta e la domanda di Óðinn sull'identità delle prefiche di Baldr e l'immediato riconoscimento da parte della völva siano stati disposti l'una di seguito all'altro per semplice giustapposizione dei due tronconi. Infine, il manoscritto del Codex Arnamagnæanus contrassegna il quinto semiverso [12e] come incipit di una nuova strofa, evidenziando la possibile presenza di una lacuna. — (d) Aldinn gautr «antico gautr »: v. nota 2 [SUPRA]. — (g-h) «Piuttosto sei di tre giganti la madre»: Óðinn risponde al riconoscimento da parte della völva identificandola a sua volta come un essere appartenente alla stirpe dei giganti. Alberto Mastrelli suggerisce si tratti forse di Angrboða, madre di Fenrir , Hel e Jörmungandr (Mastrelli 1951).
GROTTASÖNGR LA CANZONE DEL [MULINO] GROTTI Prologo La schiavitù di Fenja e Menja (1-3) Canto delle gigantesse e discorso di Menja (4-6) Sprezzante risposta del re (7) Il canto del mulino Grotti (8-22) Distruzione del mulino (23-24) Versi di Einar Skúlason Versi di Egill Skallagrímsson Note
Prologo
GROTTASÖNGR
LA CANZONE DEL GROTTI
(a)
Hví er gull kallat mjöl Fróða? Til þess er saga sjá at Skjöldr hét sonr Óðins er Skjöldungar eru frá komnir. Hann hafði atsetu ok réð löndum, þar sem nú er kölluð Danmörk, en þá var kallat Gotland.
Perché l'oro è detto la farina di Fróði? A proposito di questo narra una saga che un figlio di Óðinn era chiamato Skjöldr , dal quale sono discesi gli Skjöldungar . Egli aveva dimora e governava quelle terre che ora si chiamano Danmörk, ma allora si chiamavano Gotland.
(b)
Skjöldr átti þann son, er Friðleifr hét, er löndum réð eftir hann. Sonr Friðleifs hét Fróði.
Skjöldr aveva quel figlio che si chiamava Friðleifr , il quale regnò dopo di lui.
(c)
Mann tók konungdóm eftir föður sinn í þann tíð, er Ágústus keisari lagði frið of heim allan. Þá var Kristr borinn. E
Il figlio di Friðleifr si chiamò Fróði. Questi ereditò il regno dal padre all'epoca in cui l'imperatore Augusto
impose la pace a tutto il mondo e in cui nacque Cristo.
(d)
En fyrir því at Fróði var allra konunga ríkastr á Norðlöndum, þá var honum kenndr friðrinn um alla danska tungu, ok kalla menn það Fróðafrið. Engi maðr grandaði öðrum, þótt hann hitti fyrir sér föðurbana eða bróðurbana lausan eða bundinn. Þá var ok engi þjófr eða ránsmaðr, svá at gullhringr einn lá á Jalangrsheiði lengi.
Ma poiché Fróði era il re più potente di tutte le terre del nord, la pace venne chiamata con il suo nome in tutte le lingue danesi e gli uomini la chiamarono dunque la Pace di Fróði. Nessun uomo noceva all'altro, anche se avesse incontrato l'assassino del proprio padre o fratello, sia libero che imprigionato. Non c'erano ladri o briganti, tanto che un anello d'oro da tempo giaceva, intatto, sulla piana di Jalangr.
(e)
Fróði konungr sótti heimboð í Svíþjóð til þess konungs, er Fjölnir er nefndr. Þá keypti hann ambáttir tvær, er hétu Fenja ok Menja. Þær váru miklar ok sterkar.
Re Fróði si recò ad una festa in Svezia presso quel re che era chiamato Fjölnir . Là egli acquistò due serve che si chiamavano Fenja e Menja, le quali erano grandi e forti.
þann tíma fundust í Danmörku kvernsteinar tveir svá miklir, at engi var svá sterkr, at dregit gæti. En sú náttúra fylgði kvernunum, at þat mólst á kverninni, sem sá mælti fyrir, er mól. Sú kvern hét Grotti. Hengikjöptr er sá nefndr, er Fróða konungi gaf kvernina.
A quel tempo si trovavano in Danimarca due pietre da macina talmente grandi che nessuno era abbastanza forte da riuscire a muoverle. Tale era la natura di questo mulino, che esso produceva qualunque cosa che fosse prima stata richiesta da chi lo azionasse. Quel mulino si chiamava Grotti ed Hengikjöptr era il nome
(f)
di colui che lo donò a re Fróði.
(g)
La schiavitù di
1
Fróði konungr lét leiða ambáttirnar til kvernarinnar ok bað þær mala gull, ok svá gerðu þær, mólu fyrst gull ok frið ok sælu Fróða. Þá gaf hann þeim eigi lengri hvílð eða svefn en gaukrinn þagði eða hljóð mátti kveða. Þat er sagt, at þær kvæði ljóð þau, er kallat er Grottasöngr. Ok áðr létti kvæðinu, mólu þær her at Fróða, svá at á þeiri nótt kom þar sá sækonungr, er Mýsingr hét, ok drap Fróða, tók þar herfang mikit. Þá lagðist Fróðafriðr. Mýsingr hafði með sér Grotta ok svá Fenju ok Menju ok bað þær mala salt. Ok at miðri nótt spurðu þær, ef eigi leiddist Mýsingi salt. Hann bað þær mala lengr. Þær mólu litla hríð, áðr niðr sökk skipit, ok var þar eftir svelgr í hafinu, er særinn fellr í kvernaraugat. Þá varð sær saltr.
Re Fróði fece condurre le serve al mulino e ordinò loro di macinare oro e così esse fecero: macinarono l'oro per primo e in seguito pace e gioia per Fróði. Allora egli non concesse loro riposo o sonno più lungo del silenzio del cuculo o del canto di una canzone. Si narra che esse poi intonarono quel canto che si intitola Grottasöngr e che, prima di terminarlo, esse macinarono un esercito contro Fróði, cosicché quella notte giunse quel re del mare che si chiamava Mýsingr , il quale uccise Fróði ed ivi trovò un grande bottino. Fu allora che ebbe fine la pace di Fróði. Mýsingr prese con sé il Grotti ed anche Fenja e Menja, e ordinò loro di macinare del sale. Quando fu mezzanotte esse chiesero a Mýsingr se il sale fosse abbastanza. Egli ordinò di macinare ancora. Avevano macinato giusto un altro poco, quand'ecco che la nave sprofondò e da allora vi fu un gorgo nel mare, ove le acque cadono nell'occhio della macina. Per questo il mare è divenuto salato.
Nú erum komnar
Or siamo qui giunte
Fenja e Menja
Canto delle gigantesse e discorso di Menja.
til konungs húsa framvísar tvær, Fenja ok Menja. Þær eru at Fróða Friðleifs sonar máttkar meyjar at mani hafðar.
del re nella casa entrambe veggenti, noi due, Fenja Fenja e e Menja Menja.. Son esse da Fróði Fróði,, figliuol di Friðleifr , possenti possenti fanciulle qual serve tenute.
2
Þær at lúðri leiddar váru ok grjóts grjá gangs of beiddu. Hét hann hvárigri hvíld né ynði, áðr hann heyrði hljóm ambátta.
Le donne al mulino in ceppi fûr messe, i grigi macigni a fare girare. Il re non concesse né agio o riposo se pria non udisse il canto servile.
3
Þær þyt þulu þögnhorfinnar. þögnhorfinnar. «Leggjum lúðra, léttum steinum.» Bað hann enn meyjar, at þær mala skyldu.
Mossero il gemito del fugasilenzio. «Le casse posiamo, lasciamo le pietre.» Diss'egli alle dame ancor di molire.
4
Sungu ok slungu snúðgasteini svá at Fróða man flest sofnaði. Þá kvað þat Menja, var til meldrs komin:
Cantaron tirando la pietra girante ché i bravi di Fróði dormirono, in molti. Allor disse Menja Menja,, raggiunta la mola:
5
«Auð mölum Fróða, mölum alsælan, mölum fjölð fjár á feginslúðri. Siti hann á auði, sofi hann á dúni, vaki hann at vilja, þá er vel malit. malit.
«Tesori per Fróði moliamo fastosi, moliamo fortune dal gaio mulino. Sian seggio i tesori, giaciglio al suo sonno, si desti a piacere, qualor sia ben volto.
6
Hér skyli engi öðrum granda, til böls búa né til bana orka, né höggva því hvössu sverði, þó at bana bana bróður bundinn finni.» finni.»
Nessun qui qui potrebbe alcuno ferire, dolore arrecare né morte causare, né a filo passare di spada fendente, chi uccise il fratello foss'anco legato».
Sprezzante risposta del re
Il canto del mulino Grotti
7
En hann kvað ekki orð it fyrra: «Sofið eigi þit né of sal gaukar eða lengr en svá ljóð eitt kveðak.» kveðak.»
Parola non disse lui, salvo che questo: «Non più dormirete che i cùculi sopra la sala, o più a lungo d'un carme cantato».
8
«Vatattu, Fróði, fullspakr of þik, málvinr manna, er þú man keyptir. Kaustu at afli ok at álitum, en at ætterni ekki spurðir.
«Non fosti tu, Fróði Fróði,, di vasta saggezza, degli uomini amico, le serve acquirendo. La forza scegliesti ed il lor aspetto, ma della lor stirpe tu non domandasti.
9
Harðr var Hrungnir ok hans faðir, þó var Þjazi þeim öflgari, Iði ok Örnir, okkrir niðjar, brǿðr bergrisa: þeim erum bornar. bornar.
Possente era Hrungnir ed anche suo padre, però Þjázi Þjázi era era di loro maggiore, Iði ed Iði ed Aurnir ci furon parenti, giganti fratelli: da lor noi nascemmo.
10
Kǿmia Grotti ór gréa fjalli né sá inn harði hallr ór jörðu né mǿli svá mær bergrisa, ef vissi vit vætr til hennar.
Non Grotti sarebbe sarebbe da grigia alpe giunto, né qui il duro masso dal cuor della terra, né dama gigante l'avrebbe girato, se fossimo ignare di questa sua sorte.
11
Vér vetr níu várum leikur öflgar, alnar fyr jörð neðan. Stóðu meyjar at meginverkum, meginverkum, færðum sjalfar setberg ór stað.
Per nov'anni fummo compagne compagne di giochi, cresciute, possenti, giù sotto la terra. Compiron fanciulle imprese grandiose, da sole togliemmo macigni ai lor siti.
12
Veltum grjóti of garð risa, svá at fold fyrir fór skjalfandi. Svá sløngðum vit
Un masso spingemmo sul suol dei giganti, ch'avanti la terra fendeva tremante. Così noi volgemmo
snúðgasteini, höfgahalli, at halir tóku.
la pietra girante, la roccia possente perché uom prendesse prendesse..
13
En vit síðan á Svíþjóðu framvísar tvær í fólk stigum. Beiddum björnu, en brutum skjöldu, gengum í gegnum gráserkjat lið.
E dunque noi due in terra di Svezia, entrambe veggenti fra armate passammo. passammo. Gli orsi sfidammo, gli scudi frangemmo, incontro alle schiere di grigio bardate.
14
Steyptum stilli, studdum annan, veittum góðum Gothormi lið. Vara kyrrseta, áðr Knúi felli.
Un re rovesci ro vesciammo, ammo, un altro insediammo, insediammo, al fianco di Gothormr il buono noi fummo. Non ebbesi ebbesi tregua finché Knúi Knúi crollò. crollò.
15
Fram heldum því þau misseri, at vit at köppum kenndar várum. Þar skorðu vit skörpum geirum blóð ór benjum ok brand ruðum.
Così procedemmo, in quelle stagioni, al par di campioni noi fummo famose. Noi due ferivamo ferivamo con lance affilate, a sangue ferendo e rosse le spade.
16
Nú erum komnar komnar til konungs húsa miskunnlausar ok at mani hafðar. Aurr etr iljar, en ofan kulði, drögum dolgs sjötul. Daprt er at Fróða.
Or siamo qui giunte, del re nella casa, di grazia private e qual serve tenute. Argilla i piè rode, il gelo ci assale al chetabattaglie. È grama da Fróði Fróði!!
17
Hendr skulu hvílask, hallr standa mun, malit hefi ek fyr mik, mitt of létti. Nú muna höndum höndum hvíld vel gefa áðr fullmalit Fróða þykki.
Riposo alle mani, la pietra si fermi, io ho macinato, la parte mia basti. Per le mani ora non vi sarà sosta finché sfarinato ben Fróði ritenga.
18
Hendr skulu höndla
Avremo alle mani
Distruzione del mulino
harðar trjónur, vápn valdreyrug. Vaki þú, Fróði! Vaki þú, Fróði ef þú hlýða vill söngum okkrum ok sögnum fornum.
più dure le lance, e l'armi cruente. Or destati, Fróði! Or destati, Fróði se udire vorrai i nostri cantari e i canti degli avi.
19
Eld sé ek brenna fyr austan borg, vígspjöll vaka, þat mun viti kallaðr. Mun herr koma hinig af bragði ok brenna bǿ fyrir buðlungi.
Un rogo già vedo ad est del maniero: un vento di guerra che monito desta. Da lungi verrà la schiera veloce, ardendo la casa dinanzi al sovrano.
20
Munat þú halda Hleiðrar stóli, rauðum hringum né regingrjóti. Tökum á möndli mær, skarpara, eruma varmar í valdreyra.
Non tu manterrai il trono di Hleiðr, gli anelli scarlatti, né i sacri altari. La presa stringiamo, fanciulla, più salda; calor non avremo dal sangue dei morti.
21
Mól míns föður mær ramliga þvíat hon feigð fira fjölmargra sá. Stukku stórar steðr frá lúðri, árni varðar. Mölum enn framar!
Alacre la figlia del padre mio volge, poiché ella ha veduto di molti la fine. Ceduto ha il mulino nei grandi sostegni, di ferro coperti. Ancor maciniamo!
22
Mölum enn framar! Mun Yrsu sonr, niðr Halfdana hefna Fróða. Sá mun hennar heitinn verða burr ok bróðir. Vitum báðar þat.»
Ancor maciniamo! Il figlio di Yrsa nipote di Hálfdanr , giustizierà Fróði. Così della donna sarà egli chiamato figlio e fratello. Entrambe sappiamo.»
23
Mólu meyjar, megins kostuðu, váru ungar í jötunmóði.
Molivan, fanciulle, con sì sforzo immane, le giovani cadder in furia gigante.
24
Versi di Einarr Skúlason
Versi di Egill Skallagrímsson
Skulfu skaptré, skauzk lúðr ofan, hraut inn höfgi hallr sundr í tvau.
Il perno tremò, si ruppe la cassa, schiantò in frantumi il grande palmento.
En bergrisa brúðr orð of kvað: «Malit höfum, Fróði, sem munum hætta, hafa fullstaðit fljóð at meldri.»
La donna gigante offrì la parola: «Molimmo noi, Fróði, finché non finimmo, a lungo restaron le dame alla mola».
Einarr Skúlason kvað svá:
Einarr Skúlason disse così:
Frá ek at Fróða meyjar fullgóliga mólu lætr stillir grið gulli Grafvitnis beð slitna. Mjúks bera minnar øxar meldr þann við hlyn feldrar konungs dýrkar fé Fenju fögr hlýr bragar stýri.
Sepp'io che le dame di Fróði forti giravan la mola lasciò il re pace per oro giaciglio di Grafvitnir . Le gote, a tal acero atte, dell'ascia mia recan del re la farina, esalta il timon dello scaldo l'opra di Fenja.
Svá kvað Egill:
Così disse Egill:
Glaðar flotna fjölð við Fróða mjöl.
Eserciti d’uomini lui desta con la farina di Fróði, in festa.
NOTE a — Skjöldr : «scudo». Mitico capostipite dei re dei Dani. Trattava di lui una Skjöldunga saga, andata perduta, di cui è rimasto un riassunto in latino di Arngrímur Jónsson (1568-1648). Snorri afferma che Skjöldr sia figlio di Óðinn ( Edda > Prologo [4c]); costui sposò Gefjun dopo l'inganno da lei perpetrato ai danni di re Gylfi, e i due vissero insieme a Hleiðr (odierna Lejre, Danimarca)
(Ynglinga saga [5]). Tra i primi storici danesi, anche Svend Aggesen e Sassone Grammatico citano Skyoldus come un'antico re dei Dani, eponimo della dinastia degli Skjöldungar (Gesta Danorum [I: iii-iv]). Il personaggio compare come Scyld Scēfing nel prologo del Bēowulf , dove si narra la curiosa leggenda del suo arrivo dal mare su una barca priva di nocchiero. Il nome di Skjöldr è invece sconosciuto al Chronicon Lethrense, che pone Danr come capostipite della dinastia.
b — Friðleifr : «[colui che] vive in pace». Mitico sovrano danese. Snorri afferma fosse figlio di un certo Fróði inn mikilláti («il magnifico») o inn friðsami («il fecondo di pace»), successore a sua volta dell'eroe eponimo Danr . Friðleifr sale al trono alla morte del fratello Hálfdan, e gli succede a sua volta Fróði inn frǿkni («il prode») (Ynglinga saga [25-26]). Sassone Grammatico parla di un Fridlevus II, figlio di Frotho III e padre di Frotho IV (Gesta Danorum [VI: i-iv]), rispecchiando in qualche modo la successione genealogica già descritta da Snorri. I dati forniti sulle biografie dei personaggi non sono però confrontabili. c — Fróði: «saggio, avveduto». Il sovrano del Grottasöngr , è ampiamente conosciuto nelle fonti ma si presenta a noi in molte versioni contrastanti. Nel prologo che Snorri fa a questa composizione, viene detto figlio di Friðleifr e nipote di Dan, oltre che artefice della pax danica. Tuttavia, in nella Ynglinga saga, Snorri sembra dividere il personaggio in più figure distinte: dapprima afferma che fosse Freyr , re degli Svei (e non dei Dani), il sovrano che impose la pace nelle terre del nord, svelando così chi fosse la divinità alla base della figura di Fróði. Dopo la sua morte, Freyr fu sepolto ma per tre anni fu fatto credere agli Svei che fosse ancora in vita, e gli continuarono a venire versati tributi attraverso una feritoia nel tumulo: in questo modo poterono mantenersi la prosperità e la pace (Ynglinga saga [10]). Snorri cita poi un re dei Dani chiamato Fríð-Fróði («Fróði della pace»), «potente, fecondo e benedetto dalla pace», vissuto al tempo di Fjölnir figlio di Freyr , che sembra potersi in parte identificare col Fróði della Grottasöngr , ma del quale non racconta quasi nulla (Ynglinga saga [11]). Solo molto più tardi, Snorri cita un Fróði inn mikilláti o inn friðsami, padre di re Friðleifr , a cui succede un Fróði inn frǿkni (Ynglinga saga [25-26]). Seppure a rigore costoro non abbiano nulla a che vedere – nel racconto di Snorri – con la Pax Danica, i loro titoli o nomi rimandano a significati inerenti (inn friðsami è «fecondo di pace», Friðleifr è «[colui che] vive in pace»). Sembra ovvio che, nella rielaborazione fatta da Snorri delle genealogie reali danesi, un medesimo personaggio sia stato moltiplicato in più figure distinte. Questo è ancor più vero nella cronaca di Sassone Grammatico, dove i personaggi a nome Frotho sono ben sei, ripartendosi tra loro gli elementi che già avevamo trovato tra i vari Freyr /Fróði del testo di Snorri. In particolare, il secondo dei re con questo nome, Frotho II vegetus «vigoroso» (Gesta Danorum [IV: viii]), sembra assimilabile nell'epiteto al Fróði inn frǿkni di Snorri. Di Frotho III, figlio di Fridlevus I, si narra fosse contemporaneo di Cristo e stabilì la pace nelle terre del nord: alla sua morte, il suo corpo fu imbalsamato e fu fatto credere al popolo che fosse ancora vivo al fine di mantenere la pace (Gesta Danorum [V-VI]). A questi, succedette un figlio, Fridlevus II, il cui figlio è Frotho IV. Confrontando le varie successioni nelle due fonti snorriane e in Sassone, si notano non soltanto le incoerenze, ma anche come la Pax Danica venga attribuita a personaggi di nome Fróði/Frotho collocati via via in punti diversi della genealogia. ORRI (1)
SNORRI (2)
eyr - re degli Svei ax Danica) lnir
Fríð-Fróði ( Pax Danica) [...]
Skjöld ↓ Friðleifr ↓ Fróði
SASSONE GRAMMATICO Dan ↓ Fridlevus I ↓ Frotho III
Danr ↓ Fróði inn mikilláti o inn friðsami ↓ Hálfdanr ↓ Friðleifr ↓ Fróði inn fr ǿkni Ynglinga saga [11 | 25-26]
( Pax Danica)
Skáldskaparmál
( Pax Danica) ↓ Fridlevus II ↓ Frotho IV
Gesta Danorum [V-VI]
d — L'espressione «in tutte le lingue danesi» [ um alla danska tungu] significa qui «in tutte le lingue dei popoli scandinavi»; dansk tunga altri non è che l'antica denominazione della lingua norrena. e — Del re svedese Fjölnir e della sua amicizia con Fróði, trattano varie fonti. Secondo una leggenda, riferita da Þjóðólfr ór Hvínir e ripresa anche da Snorri, Fjölnir morì proprio mentre si trovava nel Danmörk quale ospite di Fróði: una notte, ubriaco fradico, precipitò da un ballatoio al piano rialzato del palazzo di Hleiðr, finì in una botte colma di idromele e annegò. (Ynglingatal [1] | Ynglinga saga [11]) f — Hengikjöptr , «mascella» o »guancia cadente», uno dei nomi di Óðinn riportato anche nelle ulur . — Re del mare [ sækonungr ]: re il cui regno è il mare, probabilmente un condottiero vichingo. 3 — (b) «Fugasilenzio» [ Þögnhorfinn]: si tratta di una parola composta di dubbio significato che letteralmente significa «silenzio scomparso», «abbandonato dal silenzio» o «privo di silenzio» dal verbo hverfa «girare, andarsene, abbandonare», da cui il participio passato horfinn «scomparso, abbandonato», e da þögn «silenzio». Þögnhorfinn è generalmente accettata come kenning per il mulino col valore di qualcosa di rumoroso, che cessa il silenzio per effetto del suo movimento. Il dizionario di Cleasby e Vigfússon, alla voce Þögnhorfinn: «an epithet of a mill […] the passage is not quite clear, and an alliteration seems to be wanting » (Cleasby ~ Vigfússon 1874). Si veda anche il Lexicon di Sveinbjörn e Jónsson, alla voce Þögnhorfinn: «adj, forsvunden med hensyn til tavshed, hvis tavshed er borte, om den surrende kværn (hvis ordet er rigtigt), þytr þögnhorfinnar» (Egilsson ~ Jónsson 1966). 5 — (d) «Gaio mulino»: kenning per il mulino di Fróði, dispensatore di pace e ricchezza. Si veda Cleasby-Vigfusson, alla voce Feginn: «á fegins-lúðri , on the mill of joy (poët.)» (Cleasby ~ Vigfússon 1874). 13 — (e) «Orsi sfidammo»: espressione che non si riferisce ai veri orsi, ma ai guerrieri vestiti di pelle d'orso [berserkir ]. — (g-h) «Le schiere di grigio bardate»: schiere vestite di grigio, ovvero rivestite con armature di ferro. 14 — (c) Gothormr : personaggio leggendario, forse da identificare col Guthormus citato da Sassone Grammatico (Gesta Danorum [I: v: 7]), reggente del Danmörk e padre del famoso re Hadingus. Da non confondere col personaggio omonimo della Völsungasaga (Faulkes ***).
16 — (g) «Chetaguerra» [dolgs sjötul ]: altra kenning per il mulino di Fróði. 20 — (b) Hleiðr(a): si tratta dell'attuale Lejre nella regione dello Sjælland, in Danimarca. Hleiðr era l'antica sede del cosiddetto Regno di Lejre, sviluppatosi durante l'età del ferro, che secondo le saghe e le leggende era dominato dalla dinastia degli Skjöldungar . È probabile che la Danimarca medievale abbia avuto origine proprio da questo regno. Si pensa inoltre che Hleiðr fosse la sede ove sorgeva anche Heorot , il «Cervo», ovvero la sala di re Hroðgar nel Bēowulf . Effettivamente in questo luogo sono stati trovati molti resti archeologici di antiche sale reali. Le leggende dei re di Hleiðr sono raccolte nel Chronicon Lethrense, raccolta composta nel XII secolo, che racconta degli antichi re danesi di epoca pre-cristiana e delle loro avventure. Fra questi re figura anche il famoso re Hrólfr Kraki. 22 — Ci si riferisce qui, con qualche variazione, a una truce leggenda narrata nella Hrólfs saga Kraka. In questa versione, Fróði uccise suo fratello Hálfdanr e divenne re al suo posto. Tempo dopo, tuttavia, Fróði cadde a sua volta, ucciso dai figli di Hálfdanr , Helgi e Hróarr , i quali vendicarono così loro padre. In seguito, Helgi, si spostò in Sassonia e qui violentò la regina Oluf , dalla quale era stato respinto e umiliato. In seguito la regina diede alla luce una figlia, a cui, per disprezzo, diede il nome della sua cagna: Yrsa. Tempo dopo, Helgi tornò alla corte di Oluf e si innamorò di Yrsa, non sapendo che si trattasse di sua figlia. Piena di rancore per lo stupro subito, la regina Oluf non gli rivelò la parentela, così Helgi sposò Yrsa e dall'incesto nacque un figlio, il futuro sovrano Hrólfr Kraki (il quale è perciò chiamato «figlio e fratello» di Yrsa). Si noti che nella versione della leggenda a cui accenna questa strofa del Grottasöngr , l'assassino di Fróði (identificato col re del mulino) sembra essere lo stesso Hrólfr Kraki. 23 — (d) Furia mostruosa: jötunmóðr , la furia del gigante. Versi di Einarr Skúlason — (c) «Lasciò il re pace per oro»: nel senso che re Fróði si fece prendere dalla bramosìa di ricchezze e trascurò di mantenere la pace. — (d) «Giaciglio di Grafvitnir» [Grafvitnis beð]: da intendersi come «giaciglio del serpente», tipica kenning per «oro». — (e-g) «Le gote, a tal acero atte, | dell'ascia mia recan del re | la farina»; una possibile parafrasi sarebbe: «le gote [le lame] della mia ascia, adatte ad abbattere un tale acero [cioè lo stesso Fróði], mi permettono di prendere il bottino del re». — (g-h) «Timon dello scaldo» [bragar stýri]: kenning per poesia. Versi di Egill Skallagrímsson — Come si narra nella saga a lui dedicata, lo scaldo vichingo Egill Skallagrímsson (ca 900-992) compose il poemetto encomiastico-propiziatorio Höfuðlausn, il «riscatto della testa», in una sola notte, per scongiurare l'ira di re Eiríkr Blóðøx «asciadisangue» contro di lui. Si tratta tra l'altro della prima composizione islandese in rima. I versi citati da Snorri appartengono a una strofa che così recita: Brýtr bógvita bjóðr hrammþvita, muna hodd-dofa hringbrjótr lofa; mjök's hánum föl haukstrandar möl; glaðar flotna fjöl við Fróða mjöl.
Infrange della spalla il segno ed offre della mano il pegno, non dovrà sull'oblio del tesoro l’armillifrago comporre un lodo; molto è il suo nevischio di sassi che alla riva del falco s'arresta; eserciti d’uomini lui desta con la farina di Fróði, in festa.
Saga di Egill Skallagrímsson [2] > Höfuðlausn [17] Fittissimo, il gioco delle kenningar : (a) ―della spalla il segno‖ è il bracciale, l'armilla; ( b) ―della mano il pegno‖ è l'oro; ( c) ―l'oblio del tesoro‖ è ugualmente l'oro; ( d) ―armillifrago‖ è il sovrano, che spezza le armille per donarne i frammenti agli uomini a lui fedeli e agli scaldi che lo hanno immortalato nei loro versi; ( e-f ) ―nevischio di sassi che alla riva del falco s'arresta‖ sono le armille (―nevischio di sassi‖) che stanno sul braccio (―la riva del falco‖); (h) infine, ―farina di Fróði‖ è l'oro. Parafrasi: «[Eiríkr blóðøx] spezza bracciali ed offre oro: il sovrano non deve essere avaro di oro (non deve indugiare sulle proprie ricchezze), poiché ha molti bracciali (conquista molto oro) e può così rendere felici i molti uomini al suo seguito».
SVIPDAGSMÁL IL DISCORSO DI SVIPDAGR
L'INCANTESIMO DI GRÓA Invocazione della madre morta (1-5) Gli incantesimi di Gróa (6-16)
IL DISCORSO DI FJÖLSVIÐR Arrivo alla fortezza (1-3) Presentazione degli interlocutori (4-8) Domande sul bastione che protegge la fortezza (9-12) Domande sull'albero Mímameiðr (19-24) Domande su come superare i guardiani (13-18 | 25-30) Domande sulla sala interna e sulla signora che la governa (31-42) Agnizione finale: incontro di Svipdagr e Menglöð (43-50) Note
Invocazione della madre morta 1
2
GRÓGALDR er hún gól syni sínum dauð.
L'INCANTESIMO DI GRÓA, che ella, morta, cantò a suo figlio.
Sonr kvað:
Disse il figlio:
«Vaki þú, Gróa, vaki þú, góð kona, vek ek þik dauðra dura, ef þú þat mant, at þú þinn mög bæðir til kumbldysjar koma».
«Svégliati, Gróa! svégliati, brava donna! io ti invoco innanzi alla porta dei morti. Se ti ricordi, hai esortato tuo figlio a venire al tumulo vicino alla tua tomba».
Gróa kvað:
Disse Gróa:
«Hvat er nú annt mínum eingasyni, hverju ertu nú bölvi borinn, er þú þá móður kallar,
«Cosa preoccupa il mio unico figlio? Che male ti affligge, tanto da chiamare tua madre che è giunta sotterra
3
4
5
Gli incantesimi di Gróa 6
er til moldar er komin ok ór ljóðheimum liðin?»
e vaga lontano dal mondo dei mortali?»
Sonr kvað:
Disse il figlio:
«Ljótu leikborði skaut fyr mik in lævísa kona, sú er faðmaði minn föður; þar bað hon mik koma, er kvæmtki veit, móti Menglöðu».
«Un compito pericoloso mi impone la donna perfida che ha sposato mio padre. Mi ordina di recarmi, là dove sa che è impossibile andare, per incontrarmi con Menglöð».
Gróa kvað:
Disse Gróa:
«Löng er för, langir ro farvegar, langir ro manna munir, ef þat verðr, at þú þinn vilja bíðr, ok skeikar þá Skuld at sköpum».
«Lungo è il viaggio, lungo il cammino, lungo il desiderio degli uomini. Se così accadrà, che si esaudirà il tuo volere, allora il decreto di Skuld è incerto».
Sonr kvað:
Disse il figlio:
«Galdra þú mér gal, þá er góðir eru, bjarg þú, móðir, megi; á vegum allr hygg ek, at ek verða muna, þykkjumk ek til ungr afi».
«Canta per me incantesimi, che siano buoni. Salva, madre, tuo figlio! Ho paura, per strada, di incappare nella sfortuna; sono ancora troppo giovane».
Gróa kvað:
Disse Gróa:
«Þann gel ek þér fyrstan, þann kveða fjölnýtan, – þann gól Rindi Rani, – at þú of öxl skjótir, því er þér atalt þykkir; sjalfr leið þú sjalfan
«Ti canterò il primo, che molti considerano vantaggioso – lo cantò Rindr per Rani – e dalle spalle ti scuoterai ciò che riterrai fastidioso. Ti lascerai guidare solo da te stesso.
þik.
7
Þann gel ek þér annan, ef þú árna skalt viljalauss á vegum, Urðar lokur haldi þér öllum megum, er þú á sinnum sér.
Il secondo ti canterò, se dovessi percorrere la strada senza gioia. La protezione di Urðr ti assista da ogni lato ovunque tu veda turpitudine.
8
Þann gel ek þér inn þriðja, ef þér þjóðáar falla at fjörlotum, Horn ok Ruðr snúisk til heljar meðan, en þverri æ fyr þér.
Il terzo ti canterò, se fiumi impetuosi scrosciando, mettessero in pericolo la tua vita. Horn e Ruðr scorrano verso Hel ma si acquietino sempre dinanzi a te.
9
Þann gel ek þér inn fjórða, ef þik fjándr standa görvir á galgvegi, hugr þeim hverfi til handa þér, ok snúisk þeim til sátta sefi.
Il quarto ti canterò, se i nemici stessero in agguato sulla via del capestro. Il loro cuore si muti in tuo favore, la loro mente volga all'amicizia.
10
Þann gel ek þér inn fimmta, ef þér fjöturr verðr borinn at boglimum, leysigaldr læt ek þér fyr legg of kveðinn, ok stökkr þá láss af limum, en af fótum fjöturr.
Il quinto ti canterò, se ti legassero con catene braccia e gambe. Farei cantare incantesimi di liberazione su di te: i ceppi ti cadrebbero dalle braccia, e dai piedi i vincoli.
11
Þann gel ek þér inn sétta, ef þú á sjó kemr meira en menn viti, logn ok lögr gangi þér í lúðr saman ok léi þér æ friðdrjúgrar farar.
Il sesto ti canterò, se sulla via del mare incontrassi una tempesta, mai vista da nessuno. L'aria sospesa sul mare si stiperà nella tua nave permettendoti un viaggio tranquillo.
12
Þann gel ek þér inn sjaunda, ef þik sækja kemr frost á fjalli háu, hræva kulði megi-t þínu holdi fara, ok haldisk æ lík at liðum.
Il settimo ti canterò, se tagliente ti pungesse il gelo in alta montagna. Il freddo fatale non morderà le tue carni né il corpo si raggrinzirà.
13
Þann gel ek þér inn átta, ef þik úti nemr nótt á niflvegi, at því firr megi þér til meins gera kristin dauð kona.
L'ottavo ti canterò, se sul sentiero nebbioso fossi sorpreso dalla notte. Non potrebbe farti del male nemmeno lo spettro di una donna cristiana morta.
14
Þann gel ek þér inn níunda, ef þú við inn naddgöfga orðum skiptir jötun, máls ok mannvits sé þér á minni ok hjarta gnóga of gefit.
Il nono ti canterò, se venissi a parole con un gigante armato. Misura e saggezza nel cuore e nella mente ti daranno molto aiuto.
15
Far þú nú æva, þar er forað þykkir, ok standi-t þér mein fyr munum; á jarðföstum steini stóð ek innan dura, meðan ek þér galdra gól.
Va' ora dove non ci sarà mai pericolo, e nessun maleficio ostacolerà il tuo amore. Su una pietra fissa nel terreno sono stata in piedi tra le porte, mentre ti cantavo gli incantesimi.
Móður orð ber þú, mögr, heðan ok lát þér í brjósti búa; iðgnóga heill skaltu of aldr hafa, meðan þú mín orð of mant».
Porta con te le parole di tua madre, figlio mio, e lascia che si fissino nel tuo petto, poiché piena fortuna avrai in vita, finché ricorderai le mie parole».
16
FJÖLSVINNSMÁL
Arrivo alla fortezza
1
2
3
IL DISCORSO DI FJÖLSVIÐR
Utan garða hann sá upp um koma þursa þjóðar sjöt:
Fuori dalla fortezza [Fjölsviðr ] vide uno giungere alla tana dei giganti.
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Úrgar brautir árnaðu aftur héðan; átt-at-tu hér, verndar vanur, veru!»
«Per le umide vie ritornatene a casa! Qui non c'è asilo per te, miserabile!»
Kómumaðr kvað:
Disse il sopraggiunto:
«Hvað er það flagða, er stendur fyr forgörðum, og hvarflar um hættan loga?»
«Che mostro sei, che stai fuori della proprietà e vai e vieni attorno alle fiamme pericolose?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Hvers þú leitar, eða hvers þú á leitum ert, eða hvað viltu, vinlaus, vita?»
«Chi stai cercando? che cosa vuoi? cosa desideri, tu, privo di amici?»
Kómumaðr kvað:
Disse il sopraggiunto:
«Hvat er þat flagða, er stendr fyr forgarði ok býðrat líðöndum löð?»
«Che mostro sei che stai fuori della proprietà e non offri ospitalità al viandante?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Sǿmðar orða lauss hefir þú seggr of lifat, ok haltu heim héðan.
«Neanche una parola d'onore è stata spesa per te: vattene a casa subito!
Presentazione degli interlocutori 4
Fjölsviðr ek heiti, en ek á fróðan sefa, þeygi em ek míns mildr matar; innan garða þú kemr hér aldregi, ok dríf þú nú vargr at vegi».
Fjölsviðr mi chiamo, e sono molto saggio anche se non sono prodigo del mio cibo. Entro questo bastione non entrerai mai, quindi vattene, lupo!»
5
Kómumaðr kvað:
Disse il sopraggiunto:
«Augna gamans fýsir aptr fán, hvars hann getr svást at sjá; garðar glóa mér þykkja of gullna sali, hér munda ek eðli una».
«Il piacere dell'occhio desidera ancora, colui che ha visto la bellezza. Mi sembra che risplenda questo bastione intorno a sale dorate. Qui ho voglia di vivere».
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Segðu mér hverjum ertu, sveinn! of borinn eða hverra ertu manna mögr?»
«Dimmi allora di chi, o giovane, sei figlio, da quale stirpe di uomini discendi?»
Kómumaðr kvað:
Disse il sopraggiunto:
«Vindkaldr ek heiti, Várkaldr hét minn faðir, þess var Fjörkaldr faðir.
«Mi chiamo Vindkald, Várkaldr si chiamava mio padre, Fjörkaldr era suo padre.
Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hverr hér ræðr ok ríki hefir eign ok auðsölum?»
Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: chi comanda e ha pieni poteri su queste terre e su queste lussuose sale?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
6
7
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Domande sul bastione che protegge la fortezza
9
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«Menglöð of heitir, en hana móðir of gat við Svafrþorins syni; hon hér ræðr ok ríki hefir eign ok auðsölum».
Menglöð si chiama sua madre l'ha generata col figlio di Svafrþorinn. Lei comanda e ha pieni poteri su queste terre e su queste lussuose sale».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvat sú grind heitir, er með goðum sáat menn it meira forað?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: come si chiama questo cancello, che tra gli dèi, nessun uomo ne ha mai visto uno più temibile?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Þrymgjöll hon heitir, en hana þrír gerðu Sólblinda synir; fjöturr fastr verðr við faranda hvern, er hana hefr frá hliði».
«Þrymgjöll si chiama; in tre l'hanno fabbricato, i figli di Sólblindi. Una catena si stringe su chiunque osi oltrepassarlo, su chiunque osi aprirlo».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvat sá garðr heitir, er með goðum sáat menn it meira forað?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: come si chiama questo bastione, che tra gli dèi, nessun uomo ne ha mai visto uno più temibile?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
Domande sull'albero Mímameiðr
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«Gastrópnir heitir, en ek hann görfan hefk ór Leirbrimis limum; svá hefik studdan, at hann standa mun æ meðan öld lifir».
«Gastrópnir si chiama e io stesso l'ho costruito dalle membra di Leirbrimir . L'ho così rinforzato che resterà saldo fino alla fine dei tempi».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvat þat barr heitir, er breiask um lönd öll limar?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: come si chiama il pino che stende i suoi rami su tutti i mondi?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Mímameiðr hann heitir, en þat mangi veit, af hverjum rótum renn; við þat hann fellr, er fæstan varir; fellirat hann eldr né járn».
«Si chiama Mímameiðr , ma molti non sanno da quali radici nasca. Pochi sanno come abbatterlo; né fiamma né ferro lo attaccano».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvat af móði verðr þess ins mæra viðar, er hann fellirat eldr né árn?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: quale frutto dona quell'albero possente, che non attaccato da né fiamma né ferro?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Út af hans aldni skal á eld bera fyr kelisjúkar konur; utar hverfa þaz þær innar skyli, sá er hann með mönnum
«Il suo frutto sarà posto sul fuoco per le donne in travaglio. Fuori sarà cacciato ciò che rimarrebbe dentro, tra gli uomini questo è il
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Domande su come superare i guardiani della fortezza
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mjötuðr».
suo uso».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvat sá hani heitir, er sitr í enum háva viði, allr hann við gull glóir?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: come si chiama quel gallo, che sta appollaiato sull'alto albero e risplende tutto d'oro?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Viðófnir hann heitir, en hann stendr veðrglasi á meiðs kvistum Míma; einn um ekka þryngr hann orófsaman Svartrar Sinmöru».
«Si chiama Viðófnir , e nel vento, splendente, sta, sui rami dell'albero di Mímir . Un tormento infligge inesorabile, di Surtr , a Sinmara».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvat þeir garmar heita, er gífrir rata ok varða fyr lundi lim?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: come si chiamano questi cani affamati, che vanno avanti e indietro e fanno la guardia al fogliame dell'albero?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Gífr heitir annarr, en Geri annarr, ef þu vilt þat vita; varðir elli lyf æ þeir varða, unz rjúfask regin».
«Uno si chiama Gífr , l'altro Geri, se ci tieni a saperlo. All'antico rimedio del guardiano faranno la guardia,
fino alla caduta degli dei».
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Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvárt sé manna nökkut, þat er megi inn koma, meðan sókndjarfir sofa?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: è possibile che qualcuno trovi il modo per entrare quando quei rapidi predatori dormono?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Missvefni mikit var þeim mjök of lagit, síðan þeim var varzla vituð; annarr of nætr sefr, en annarr of daga, ok kemsk þá vætr, ef þá kom».
«Sonno alterno gli fu imposto da quando furono assegnati alla guardia. Uno dorme di notte, l'altro di giorno, cosicché nessuno può entrare».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvárt sé matar nökkut, þat er menn hafi, ok hlaupi inn, meðan þeir eta?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: non c'è un qualche cibo che l'uomo possieda così da gettarglielo mentre mangiano?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Vegnbráðir tvær liggja í Víðófnis liðum, ef þú vilt þat vita: þat eitt er svá matar, at þeim menn of gefi, ok hlaupi inn, meðan þeir
«Due ali arrostite possiede Víðófnir , se ci tieni a saperlo. Sono l'unico cibo che si potrebbe dare ai cani
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eta».
e gettarglielo mentre mangiano».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvárt sé vápna nökkut, þat er knegi Viðófnir fyr hníga á Heljar sjöt?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: se c'è un'arma con cui Viðófnir possa essere precipitato in Hel?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Lævateinn hann heitir, en hann gerði Loptr rýninn fyr nágrindr neðan; í seigjárn keri liggr hann hjá Sinmöru, ok halda njarðlásar níu».
«Lævateinn si chiama, e l'ha creata Loptr con le rune giù dinanzi al cancello dei morti. In uno scrigno di ferro si trova vicino a Sinmara, ed è chiuso da nove serrature».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvárt aptr kemr, sá er eptir ferr ok vill þann tein taka?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: se ritorna colui il quale va in cerca e riesce a prendere la verga?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Aptr mun koma, sá er eptir ferr ok vill þann tein taka, ef þat fǿrir, er fáir eigu, eiri örglasis».
«Ritornerà colui il quale va in cerca e riesce a prendere la verga, se porta con sé ciò che pochi posseggono, per la dea dall'oro
splendente».
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Domande sulla sala interna e sulla signora che la governa
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Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvárt sé mæta nökkut, þat er menn hafi, ok verðr því hin fölva gýgr fegin?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: se c'è qualcosa di particolare che gli uomini posseggono e che può rallegrare la pallida gigantessa?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Ljósan ljá skaltu í lúðr bera, þann er í Viðofnis völum, Sinmöru at selja, áðr hon söm telisk vápn til vígs at ljá».
«La falce lucente, porterai nella bisaccia, che sta nella coda di Viðofnir . Dàlla a Sinmara; così diverrà servizievole e ti donerà l'arma da battaglia».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvat sá salr heitir, er slunginn er vísum vafrloga?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: come si chiama la sala circondata da magiche fiamme guizzanti?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Lýr hann heitir, en hann lengi mun á brodds oddi bifask; auðranns þess munu um aldr hafa frétt eina fírar».
Si chiama Lýr e per sempre tremerà come punta di spada. Di questa sala sontuosa, in tutte le epoche, le persone hanno saputo
poco».
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Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hverr þat görði, er ek fyr garð sák innan, ásmaga?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: chi l'ha costruita, tra coloro i quali vedo nella corte dei figli degli sir ?"
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr:
«Uni ok Íri, Bari ok Óri, Varr ok Vegdrasill; Dóri ok Úri, Dellingr, Atvarðr, Liðskjálfr, Loki».
Uni e Íri, Bari e Óri, Var e Vegdrasill, Dóri e Úri, Dellingr , Atvarðr , Liðskjálfr , Loki».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvat þat bjarg heitir, ver ek sé brúði á þjóðmæra þruma?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: come si chiama la montagna su cui vedo la fanciulla in alto seduta, splendida?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Lyfjaberg þat heitir, en þat hefir lengi verit sjúkum ok sárum gaman; heil verðr hver, þótt hafi árs sótt, ef þat klífr, kona».
«Si chiama Lyfjaberg e da tempo esiste per curare i feriti e i malati. Risana la donna, anche se da lungo malata, che vi sale sopra».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
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«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: vat þær meyjar heita, er fyr Menglaðar knjám sitja sáttar saman?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: come si chiamano le fanciulle che dinanzi alle ginocchia di Menglöð siedono in armonia insieme?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Hlíf heitir, önnur Hlífþrasa, þriðja Þjóðvarta, Björt ok Blíð, Blíðr, Fríð, Eir ok Örboða».
Una si chiama Hlíf , la seconda Hlífþrasa, la terza è conosciuta come Þjóðvarta, Björt e Bleik , Blíð, Fríð, Eir e Aurboða».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvart þær bjarga þeim er blóta þær, ef görask þarfar þess?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: se aiutano coloro che danno profferte, coloro che hanno bisogno di aiuto?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«[Bjarga] svinnar, hvar er menn blóta þær á stallhelgum stað; eigi svá hátt forað kemr at hölða sonum, hvern þær ór nauðum nema».
«Danno aiuto le sagge, se le si fanno sacrifici nei luoghi dove si trovano gli altari. Nessun male così grande minaccia i figli degli uomini, che non riescano a curare».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
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Agnizione finale: incontro di Svipdagr e Menglöð
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«Segðu mér þat, Fjölsviðr! er ek þik fregna mun ok ek vilja vita: hvárt sé manna nökkut, þat er knegi á Menglaðar svásum armi sofa?»
«Dimmi questo, Fjölsviðr ! Questo ti chiedo e questo voglio sapere: se c'è uomo che nelle braccia di Menglöð possa dormire in serenità?»
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Vætr er þat manna, er knegi á Menglaðar svásum armi sofa: nema Svipdagr einn, hánum var sú in sólbjarta brúðr at kván of kveðin».
«Non c'è uomo che nelle braccia di Menglöð possa dormire in serenità, tranne Svipdagr solo; la fanciulla bella come il sole a lui è promessa in sposa».
Vindkaldr kvað:
Disse Vindkaldr :
«Hrittu á hurðir, láttu hlið rúm, hér máttu Svipdag sjá; en þó vita far, ef vilja muni Menglöð mitt gaman».
«Aprite le porte! Spalancate i cancelli! Qui potete vedere Svipdagr . Va' a chiederle se accetta volentieri, Menglöð, il mio amore».
Fjölsviðr kvað:
Disse Fjölsviðr :
«Heyrðu, Menglöð! hér er maðr kominn, gakk þú á gest sjá! hundar fagna, hús hefir upp lokizk, hygg ek, at Svipdagr sé».
«Ascolta Menglöð! Un uomo è giunto qua; va' a dare un'occhiata all'ospite! I cani gli scodinzolano la casa si è aperta da sola sembra che sia Svipdagr ».
Menglöð kvað:
Disse Menglöð:
«Horskir hrafnar skulu þér á hám gálga slíta sjónir ór, ef þúþat lýgr, at hér sé langt kominn
«Saggi corvi ti strappino gli occhi sull'alta forca, se non dici il vero: che un giovane è giunto
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mögr til minna sala.
da lontano alle mie stanze.
Hvaðan þú fórt, hvaðan þú för görðir, hvé þik hétu hjú? at ætt ok nafni skal ek jartegn vita, ef ek var þér kván of kveðin».
Da dove vieni? Come sei arrivato qui? Come si chiamano le tue genti? Il tuo nome e la tua parentela devo conoscere, se sono stata promessa in sposa a te».
Svipdagr kvað:
Disse Svipdagr :
«Svipdagr ek heiti, Sólbjart hét minn faðir, þaðan ráumk vindar kalda vegu; Urðar orði kveðr engi maðr, þótt þat sé við löst lagit».
«Svipdagr mi chiamo, Sólbjart si chiama mio padre; il vento mi ha guidato lontano su vie fredde. Al decreto del destino nessuno si può opporre, anche se non è incline alla fortuna».
Menglöð kvað:
Disse Menglöð:
«Vel þú nú kominn! hefik minn vilja beðit, fylgja skal kveðju koss; forkunnar sýn mun flestan glaða, hvars hefir við annan ást.
«Fortunatamente sei arrivato! Ho sopportato il mio desiderio: come saluto un bacio affettuoso. In alcuni la vista fa felice in modo eccessivo quando si ama l'altro.
Lengi ek sat Lyfjabergi á, beið ek þín dǿgr ok daga; nú þat varð, er ek vætt hefi, at þú ert kominn, mögr, til
Per molto tempo sono stata seduta sul Lyfjaberg e ti ho atteso giorno dopo giorno. Ora si è realizzato
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minna sala.
ciò che ho desiderato, vederti arrivare a casa mia.
Þrár hafðar er ek hefi til þíns gamans, en þú til míns munar; nú er þat satt, er vit slíta skulum ævi ok aldr saman».
La sofferenza è finita, io ti ho pensato ardentemente e tu desideravi possedere il mio amore. Ora è certo, che insieme vivremo fino al nostro ultimo giorno».
NOTE Gli incantesimi di Gróa 1 Gróa è evidentemente la vecchia völva citata da Snorri nello Skáldskaparmál , a cui Þórr si rivolge per farsi estrarre dalla fronte il frammento della cote di Hrungnir che vi si è conficcato. Il nome potrebbe essere connesso al gallese groach «strega». 4 (d-f ) Il senso di questa helming non è molto chiaro. Il significato sembra essere che, quali che siano le possibilità di un uomo, o quale che sia l'aiuto che possa ricevere, si riesce nei propri sforzi solo se si è destinati al successo. 6 (c) «Rindr per Rani»: a seconda dei manoscritti, questi nomi possono trovarsi in relazione inversa Rindr è probabilmente la madre di Váli, nominata in Baldrs Draumar [11]. In quanto al nome Rani, non nominato altrove in letteratura, non possiamo aggiungere nulla. Si tratterebbe, forse, dello stesso Váli (Gering 1892), oppure di Óðinn, che ne fu il padre (Bellows 1936). 8 (c) Dei fiumi Horn e Ruðr non vi è traccia nelle lunghe e dettagliate descrizioni che i testi eddici dànno del sistema fluviale dell'universo [MITO]. Sophus Bugge emenda i due nomi in Hrönn «onda» e Hríð «tempestoso», citati in Grímnismál [28] come due dei fiumi che scorrono nel regno dei morti (Bugge 1867). 10 Quest a strofa è simile nel senso a una contenuta nella Dissertazione sui canti magici, nell' Hávamál :
Eef mér fyrðar bera bönd að boglimum, svá ek gel, at ek ganga má, sprettr mér af fótum fjöturr, en af höndum haft.
Se uomini impongono ceppi alle mie membra, così io canto che me ne possa andare: la catena salta via dai piedi e dalle mani il laccio.
Edda poetica > Hávamál [149] Anche se le due strofe non sono derivative, esse segnalano un'esigenza evidentemente avvertita dai popoli germanici, a cui si richiedeva una soluzione magica: quella di potersi liberare da corde e catene e sfuggire dai nemici. Ha questa funzione anche il primo dei due Incantesimi di Merseburgo, nel quale si invocano le Idisi pregandole di spezzare i ceppi dei prigionieri e liberarli dai nemici.
11 Questo incantesimo è simile nel senso a un altro contenuto nella Dissertazione sui canti magici, nell' Hávamál : Ef mik nauðr um stendr Se mi trovo in difficoltà at bjarga fari mínu á floti, per salvare la mia nave sui flutti, vind ek kyrri il vento io calmo vági á sulle onde ok svæfik allan sæ. e addormento tutto il mare. Edda poetica > Hávamál [154]
13 «Una donna cristiana morta» [ kristin dauð kona]: questo passaggio è stato eliminato da alcuni curatori, ed emendato con «una strega morta» o simili (Bellows 1923). Questo motivo, probabilmente più antico del poema in cui è stato incluso, testimonia un periodo in cui il cristianesimo cominciava a diffondersi nei paesi nordici e i pagani guardavano ai cristiani con sospetto. Si erano evidentemente diffuse strane superstizioni, come quella che i fantasmi delle donne cristiane fossero estremamente pericolosi. 14 Trovarsi a un certamen di sapienza con un gigante era una situazione topica di un certo tipo di letteratura mitico-sapienziale. Questo è in effetti l'argomento del Vafþrúðnismál . 15 Si riferisce qui all'amore di Svipdagr per Menglöð, di cui si tratta nel Fjölsvinnsmál , seconda composizione della sequenza dello Svipdagsmál . Il Fjölsvinnsmál 1 Sophus Bugge ha proposto una diversa disposizione dei primi quattro helmingar che rendano il dialogo più naturale. La sua ripartizione, seguita da alcuni editori, è la seguente: [1a-1c | 2a-2c];
[2d-2f | 1d-1f].
2 (c) Le «fiamme pericolose» [hættan loga] sembrano essere un elemento ricorrente al motivo della conquista di una sposa. In Skírnismál [8], l'eroe attraversa una «guizzante fiamma famosa» [vísan vafrloga] prima di giungere alla dimora di Gerðr . Nell'introduzione al Sigrdrífumál , si dice che Sigurdr dovette attraversare un muro di fiamme per raggiungere il luogo ove riposava la valchiria Sigrdrífa. 4 Fjölsviðr «molto saggio» è un epiteto di Óðinn (Grímnismál [47]). 6 (d-f ) Pur nascondendo la sua identità, l'eroe fornisce una falsa genealogia che sembra dissimulare la sua autentica natura. Vindkaldr è «vento freddo», Várkaldr è «primavera fredda», e Fjörkaldr è «molto freddo». Hugo Gering suggerisce che, fornendo questi nomi, Svipdagr voglia convincere Fjölsviðr che egli abbia natura di un gigante di brina. 8 (c) Svafrþorinn è un nome oscuro, interpretato come «audace nell'addormentare» (nel senso di «uccidere»), dove la prima parte della parola è un derivato di svapnir > svafnir «[colui che] addormenta» (cfr. latino sopitor ) e la seconda è connesso con il verbo þora «osare». Gianna Chiesa Isnardi propone di emendare þorinn in þorn «spina» e interpreta il nome come «spina che addormenta». Per quanto linguisticamente un po' forzata, questa lettura potrebbe però accordarsi al contesto del mito: Menglöð, che attende l'amato in una dimora circondata da un muro di fiamme, ricorda la figura di Brynhildr , che, in un luogo assai simile, attende l'arrivo di Sigurðr, sprofondata in un sonno magico provocato da Óðinn con una spina. (Isnardi 1991) 10 (a) Þrymgjöll è «che risuona con fragore», nome evidentemente adatto a un cancello lento e pesante che cigola nell'aprirsi. ( c) Sólblindi «accecato dal sole»; a giudicare dal nome, il padre dei tre operai che hanno innalzato il cancello della fortezza, sembrerebbe essere un nano, che la luce del sole può uccidere e trasformare in pietra, o un gigante come Vafþrúðnir . 12 (a) Gastrópnir , forse «che soffoca gli intrusi». ( a) Leirbrimir «Brimir d'argilla». L'aver costruito un bastione con le membra di un gigante fa ovviamente pensare al sacrificio di Ymir . In questo caso il bastione potrebbe anche avere un significato cosmologico: forse è quello che divide Miðgarðr da Jötunheimr ? 19 Seguendo la lezione di alcuni editori, anticipiamo la sezione [19-24] che introduce l'albero Mímameiðr e il gallo Víðófnir , in modo da giustificare la loro presenza, data per scontata nelle strofe [14-18]. 20 (a) Mímameiðr «albero di Mími(r )» (cfr. meiðs Míma [24]). Sicuramente, un nome o un'ipostasi del frassino Yggdrasill. Il motivo delle radici che nessuno sa dove si trovano, appartiene anche all'albero su cui Óðinn praticò il suo autosacrificio: ...Á þeim meiði er manngi veit hvers af rótum renn.
...Su quell'albero che nessuno sa dove dalle radici s'innalzi.
Edda poetica > Hávamál [138]
24 (a) Questo gallo Víðófnir «dal vasto canto», che compare soltanto in questo testo e nelle ulur , appartiene allo stesso mitologema di altri galli della mitologia scandinava, come Gullinkambi, che dimora presso gli Æsir e con il quale va forse identificato. Le sue strane caratteristiche sono descritte nelle strofe successive. ( b) L'aggettivo veðrglasir è di incerto significato. Henry Adams Bellows traduce «Víðófnir si chiama | e ora brilla» [ Vithofnir his name | and now he shines] (Bellows 1923), e su questa linea Gianna Chiesa Isnardi rende il verso con «Víðófnir si chiama | e sta luminoso nell'aria» (Isnardi 1991). Eysteinn Björnsson emenda il secondo semiverso in «en hann stendur Veðurglasi á» e traduce come toponimo: «Víðófnir si chiama | e sta sopra Veðrglasir» [ Vithofnir his name | and he stands upon Vedurglasir ] (Eysteinn 2005). (f ) Riguardo a Sinmara «incubo [che opprime con] crampi», sembra essere una gigantessa [ gýgr ]. Può darsi sia la sposa di Surtr . 13 (d) Nel testo norreno i due «cani affamati» sono definiti garmar , plurale del nome di Garmr , il ferocissimo cane legato sulla via per Hel. (e-f ) Gli ultimi due semiversi, che in originale suonano «er gífrari hefik | önga fyrr í löndum litit » sembrano non avere un senso. Henry Bellows traduce ipoteticamente con «che davanti alla casa | sono così aggressivi e affamati» [ that before the house | so fierce and angry are]. In genere però i due semiversi vengono emendati in: « er gífrir rata | ok varða fyr lundi lim» «che vanno avanti e indietro | e fanno la guardia al fogliame dell'albero». L'albero in questione, se la correzione al testo è giustificata, è forse il Mímameiðr di cui si parla alla strofa [20]. 14 (a-b) Gífr e Geri sono i nomi dei due cani che fanno la guardia al bastione di Fjölsviðr e all'albero Mímameiðr . Sono probabilmente una variante di Freki e Geri, i due lupi di Óðinn. (d) Questo semiverso, che in originale è varðir ellifu, sembra non avere un senso. La parola ellifu, che vuol dire «undici», viene in genere emendata in elli lyf «antica cura», con evidente riferimento alle strofe successive. Così ad esempio Eysteinn Björnsson traduce l'intera helming : «l'antica cura del guardiano | sempre terranno al sicuro | finché gli dèi non moriranno» [ the guardians' old-age remedy | they will ever keep safe | until the gods perish] (Eysteinn 2005), lasciandoci tuttavia perplessi sia riguardo l'identità del «guardiano» [varða], sia la natura della sua «cura», che comunque sembra riferirsi alle proprietà curative evidentemente attribuite al fogliame dell'albero Mímameiðr , oltre che ai suoi frutti. Altri traduttori rendono il semiverso in maniera diametralmente opposta. Ad esempio. così Henry Bellows traduce la stessa helming : «essi sono grossi | e la loro potenza crescerà | finché gli dèi non saranno destinati alla morte» [ great they are | and their might will grow | till the gods to death are doomed ] (Bellows 1923). Gianna Chiesa Isnardi la rende invece: «essi qui sempre | faranno la guardia | fino a che crollino gli dèi» (Isnardi 1991). 18 (a) La parola vegnbráðir è un hápax legómenon, comparendo soltanto in questo testo. Di difficile interpretazione, il termine viene generalmente interpretato come «ali arrostite». 26 (a-b) Lævateinn «ramo di male», unica arma in grado di uccidere il gallo Víðófnir , è probabilmente una verga magica, come risulta anche dalle strofe [27-28], dove l'arma è chiamata teinn «ramo, verga, bacchetta» (cfr. gotico tains, anglosassone tān, inglese tiny, danese teen). Non stupisce che questo malefico strumento sia stato creato da Loptr (cioè Loki) utilizzando rune e incantesimi, e si può senz'altro pensare al ramoscello di vischio col quale fu ucciso Baldr . (d) Questo verso è stato variamente interpretato, anche a causa delle difficoltà legate alla lettura dei
manoscritti. La parola ker può indicare, a seconda dei contesti, uno scrigno, un calice, un secchio, un recipiente di qualsiasi tipo, o addirittura il petto di una persona. L'altra parola, seigjárn, è invece piuttosto enigmatica e viene in genere interpretata come un composto di járn «ferro». Le traduzioni in questo senso variano dunque da uno «scrigno di ferro» (Isnardi 1991) a un «petto di ferro» (Eysteinn 2005), in questo caso attribuito a Sinmara. Altri hanno inteso la parola come nome proprio: Hjalmar Falk ritiene che il brano parli dello scrigno di Sægjarn, nome interpretabile come «amante del mare», ma privo di riscontri nella letteratura (Falk 1893). Henry Bellows emenda il termine in Lægjarn «amante dei mali» (Bellows 1923), epiteto applicato a Loki in Völuspá [35].
28 (f ) L'espressione eiri örglasis, evidentemente una kenning per Sinmara, è di difficile interpretazione e gli studiosi hanno cercato di penetrarla con lambiccate traduzioni. Viktor Rydberg traduce «dea dall'armilla splendente» [ dis of the shining arm-ring ] (Rydberg 1886), emendando la prima parola eiri nel nome della dea Eir e quindi intendendo quest'ultimo come metafora per indicare una «dea» in generale, in base a un noto procedimento della poesia scaldica (esemplificato da Snorri in Skáldskaparmál [7e-7f]). Henry Bellows riprende la lettura di eiri come «dea» e traduce l'espressione eiri örglasis con «dea dell'oro splendente», che lo studioso considera una kenning per «donna» (Bellows 1923). Tuttavia la traduzione di ör con «oro» è però una grave forzatura, che presuppone un prestito dal latino aurus o da una forma da esso derivata. Ora, è vero che in norreno è attestata una parola aurar «monete» (che però al singolare è eyrir e nei composti assume la forma aura-), ma la parola per «oro» è piuttosto gull , radice che appartiene al più antico registro delle lingue germaniche (cfr. gotico gulþ, inglese gold , danese guld ). Al contrario, in norreno ör significa innanzitutto «freccia» (cfr. anglosassone aruwe, inglese arrow), da cui una traduzione più attinente della kenning potrebbe essere «dea dalla freccia splendente». Un'altra possibilità è intendere il secondo termine come *aurglsis. Poiché aurr è l'«argilla umida», l'espressione significherebbe a questo punto «dea dell'argilla splendente», che non ha maggior senso. Eysteinn Björnsson intende il secondo termine come toponimo, traduce il verso con «dea di Aurglasir» (Eysteinn 2005). 29 (f ) Sinmara è detta fölva gýgr «pallida gigantessa» perché probabilmente vive in caverne o tumuli, al riparo della luce del sole, che potrebbe esserle fatale. Þórr , in Alvíssmál [2], investe il nano dicendogli: «perché sei così pallido sul naso? | sei stato di notte tra i cadaveri?» [ hví ertu svá ölr um nasar? | vartu í nótt með ná?]. La parola fölr < fölvir «pallido» appartiene al registro indoeuropeo, essendo corradicale col latino flavus. 30 (a-c) Versi di difficile interpretazione. Cos'è la «falce lucente [...] che sta nella coda di Viðofnir »? Non convince l'ipotesi di Gianna Chiesa Isnardi, secondo la quale la falce corrisponderebbe alla coda stessa del gallo (Isnardi 1991). D'altra parte nulla vieta di ipotizzare che lo stesso Viðofnir possa effettivamente portare una vera e propria falce nella coda (nelle fiabe e nelle leggende si trovano animali che portano oggetti o strumenti nel loro corpo). Si tratta in ogni caso di un oggetto particolare, visto che deve essere portato in una speciale bisaccia. Ma perché questa falce fa gola a Sinmara, la quale è disposta a dare in cambio la verga Lævateinn? Non conosciamo il mito che sta alla base di questi versi, e qualsiasi interpretazione rimane altamente ipotetica. 32 (a) È il verso stesso ad avvertirci che di questa sala escatologica ne sappiamo poco, a partire dal suo stesso nome. Lýr è infatti il pesce merlano [Gadus pollachius], ragione per cui il nome della sala viene a volte emendato in Hýr(r) «luminosa», inteso a causa del fuoco che la circonda (Eysteinn 2005).